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Manuel Rueda

Argomento: Poesia

di Manuel Paolino
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Pubblicato il 12/07/2016 13:58:12

Manuel Rueda nacque a Montecristi in Repubblica Dominicana il 27 agosto del 1921. Pianista di grande talento, diplomatosi a Santiago del Cile, dopo il suo ritorno in patria diresse il Conservatorio Nazionale di Santo Domingo per vent’anni. Autore di opere di teatro, di narrativa e di critica, poeta “prima di tutto” (in questo modo amava definirsi), fu intellettuale di spicco del panorama letterario dominicano, come lo testimoniano anche i numerosi riconoscimenti ricevuti, e membro della corrente della poesia sorprendida, al quale si incorporò nel 1944. Creò inoltre negli anni ’70 il movimento letterario chiamato Pluralismo. Si spense nel 1999 a Santo Domingo.

Nella nostra terra, lo scrittore continua a soffrire le conseguenze, vivendo e morendo ogni giorno, pagando col suo sangue la grande colpa di essere nato uomo e artista in un mondo indifferente...” (Manuel Rueda)

 

  

A LA POESIA


Voy hacia ti. Derribo los cerrojos
que guardan tu morada. Entreabro puertas
que dan a salas frías y desiertas
sólo encendidas por celajes rojos.

La memoria me guía, de tus ojos
la luz de tus verdades encubiertas,
y tiemblan celosías casi muertas
cuando voy tras tu soplo y tus sonrojos.

Dónde estás, dónde estás, tú, la que ansío,
forma de mi desvelo y mi vacío
susurrando en mis últimas estancias.

Dura carne de amor en el espejo
donde vives dormida entre distancias
entregándome sólo tu reflejo.

 

 

ALLA POESIA

 

Vado verso di te. Abbatto i chiavistelli

che chiudono la tua dimora. Apro un poco le porte

che danno su sale fredde e deserte

solo accese da abbaini rossi.

 

La memoria mi guida, dai tuoi occhi

la luce delle tue verità ammantate,

e tremano gelosie quasi morte

quando ascolto il tuo respiro ed i tuoi rossori.

 

Dove sei, dove sei, tu, colei che bramo,

forma della mia insonnia e del mio vuoto

sussurando nei miei ultimi soggiorni.

 

Dura carne d’amore nello specchio

dove vivi addormentata tra distanze

consegnandomi solo il tuo riflesso.

 

 

 

CONSEJA DE LA MUERTE HERMOSA 


«Entonces la muerte le hizo una visita...»
Cuento folklórico

I

La muerte me visita cierto día.
Es hermosa la muerte: tiene senos
robustos, fino talle y ojos llenos
de un azul de cristal en lejanía.

En llegando ya sé que es muerte mía.
Con movimientos lánguidos y obscenos
me enloquece y sorbiendo sus venenos
siento, a ratos, que el alma se me enfría.

Lee mis libros, se adapta a mis costumbres,
repite mis ideas y sus gestos
ponen en mí gozosas pesadumbres.

Cuando se va, me deja bien escrita
su dirección y dice: «Un día de éstos
quiero que me devuelvas la visita».

II

Advierto, entonces, que ya no hay salida,
pues su mirada clara me importuna
y sé que cogeré, a sol o a luna,
el camino que lleva a su guarida.

Y aunque empiezo a engañarla con la vida,
a darme plazos, a pensar en una
tarde feliz de cara a la fortuna,
bien yo sé que la muerte no me olvida,

que tengo que tocar, al fin, su puerta
con la valija hecha y el sombrero
en la mano marchita y entreabierta.

Me despido de todos mis amigos
después de tanto ardid y a su agujero
húmedo me abalanzo, sin testigos.

 

 

FAVOLA DELLA MORTE BELLA

 

«Quindi la morte gli fece visita... »

Racconto folcloristico

 

I

 

La morte mi visita un giorno.

È bella la morte: ha seni

robusti, fina corporatura e occhi pieni

di un azzurro di cristallo in lontananza.

 

Arrivando già so che è la mia morte.

Con movimenti languidi e osceni

mi fa impazzire e sorseggiando i suoi veleni

sento, a momenti, che la mia anima si raffredda.

 

Legge i miei libri, si adatta alle mie abitudini,

ripete le mie idee ed i suoi gesti

pone nei miei gioiosi dolori.

 

Quando se ne va, mi lascia ben scritto

il suo indirizzo e dice: «Uno di questi giorni

voglio che mi restituisca la visita».

 

II

 

Avverto, allora, che non c’è via d’uscita,

dopo che il suo sguardo chiaro m’importuna

e so che prenderò, verso il sole o verso la luna,

il cammino che porta alla sua tana.

 

E anche se incomincio ad ingannarla con la vita,

a darmi delle scadenze, a pensare ad un

pomeriggio felice in braccio alla fortuna,

so bene che la morte non mi dimentica,

 

che devo bussare, infine, alla sua porta

con la valigia fatta e il cappello

nella mano marcia e lacerata.

 

Saluto tutti i miei amici

dopo tanta astuzia e nel suo buco

umido mi calo, senza testimoni.

 

 

 

 

 


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