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Sanremo Wince - cronaca

Argomento: Società

di Giorgio Mancinelli
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Pubblicato il 10/02/2018 11:37:28

SANREMO 2018 WINCE

Eleganza, charm, raffinatezza, cordialità, Sanremo riscopre se stessa e la canzone italiana. Non si era mai visto un festival così, malgrado qualche piccolo scivolone di stile, scusabilissimo in una ‘diretta’ di più di cinque ore ogni sera. Del resto se il da farsi sul palco per i pur bravissimi Pierfrancesco Favino e Michelle Hutzigher, come si è visto è stato esorbitante, non si riesce a pensare cosa dev’essere stato dietro le quinte, visto il numero degli addetti ai lavori che, stando ai ritmi frenetici, hanno reso lo spettacolo effervescente e dinamico. Certo, si può dire che questo 68 Festival è stato il festival di Baglioni per Baglioni, visto che da solo ha diretto, cantato, duettato, presentato, più di tutti i concorrenti e presentatori messi insieme. Ma è andata bene così, è indubbiamente l’autore/cantante più preparato, più eloquente in fatto di musica, compositore e paroliere di grande successo come se ne conoscono pochi; colui che ha fatto cantare generazioni di innamorati, più giovani e diversamente giovani, conoscitori delle sue canzoni fin da saperle tutte a memoria (chi di noi no). Ma la vera voncitrice del festival è la Canzone Italiana che sembra aver ritrovata la sua vena migliore. Testi bellissimi e coerenti con l’attualità, con i problemi sociali e intimistici che ci portiamo dentro, ed anche con la risolutezza dell’amore vissuto ogni giorno, la diversità degli approcci con la realtà, tutta la bellezza di cui siamo capaci di dire con le parole che, se non è paragonabile alla poesia, chi saprà mai dirci perché, le è sorella d’istintiva emozione. È infatti all’emozione che vanno riferite quelle ‘che non sono solo canzonette’ e che il mondo intero spesso riconosce essere frutto di una sensibilità tutta italiana di esprimere i sentimenti, le angustie e le paure, le passioni come i desideri, portatrici di un profumo avvolgente e sensuale. Possibile che siano solo pulsazioni del garbo e della raffinatezza che, seppure non la si riscontra quasi più nei gesti, riusciamo però quasi a intravederla negli animi dove è riposta. Sono ancora le parole, le frasi, la concordanza di note che accompagna anche il più arrabbiato dei cantanti, la corrispondenza degli intenti ‘spezzati’ musicalmente, l’armonia che regna in quelli di loro più dimessi. Perché, malgrado le problematiche di un festival così concepito, ciò che è più rilevante è l’aver riscoperto la padronanza di una lingua ricca di espressività, carica di una tradizione che non ci ha abbandonati mai, e che ritroviamo anche nella riscoperta di alcune frasi dialettali che bene si attagliano nel contesto dei propri intenti, così vicini alla gente qualunque, alla tanto detestata lingua parlata d’ogni giorno, a Roma (Pasame er sale) come a Napoli (Il coraggio di ogni giorno), o alle tante flessioni linguistiche presenti in ogni singolo idioma regionale ed extra nazionale ascoltato dagli ospiti internazionali intervenuti alla manifestazione che hanno reso omaggio all’Italia cantando nella nostra lingua (Sting, Skin, Daby Touré, Taylor, Shaggy). E che dire delle interpretazioni, se Ornella Vanoni ci fa regalo di una così raffinata presenza; se Mario Biondi, sornione come sempre, sussurra più che cantare l’intimistica ‘rivederti’; se Nina Zilli ‘senza appartenere’ cin rende partecipi del suo essere donna oggi, mentre Noemi in ‘non smettere mai di cercarmi’ riferisce della peculiarità tutta femminile di un voler essere comunque al centro dell’attenzione. Se Ron con ‘almeno pensami’ recupera quell’affetto amicale che per lungo tempo lo ha legato all’incommensurabile Lucio Dalla di cui noi tutti, oggi più che mai, sentiamo la mancanza. Se gli altri, giovani e meno giovani, hanno portato sul palco di questa ennesima kermesse l’attualità delle mode, una ventata dei suoni e dei ritmi, di questo nostro secolo che canta con disinvolta sfontatezza e che, ognuno a suo modo, ha dimostrato di essere all’altezza di un successo che se non pieno almeno li sfiorerà. Basta una volta nella vita per fare la differenza e chissà che in ognuno di loro non risplenda la fiammella dell’affermazione e della popolarità. Glielo auguro con affetto se non altro per ripagarli di averci creduto; di aver creduto che una canzone può, a volte, cambiarci la vita. Questa vita che rincorriamo a denti stretti e col fiatone che irrompe nei polmoni per la corsa a voler cambiare tutto. Panta rei, dicevano gli antichi per dire che tutto scorre e tutto resta fermo, mentre siamo solo noi a continuare nella nostra pazza corsa. Di fatto, un festival così, che a 68anni sperpera emozioni a non finire come ‘il segreto del tempo’ significa che crede ancora nell’amicizia; che contro le guerre ‘non mi avete fatto niente’, che ‘custodire’ in fondo non è poi così ‘sbagliato’ ci riscatta dall’essersi disfatti di un bagaglio fin troppo pesante. E che, non in ultimo, ‘ognuno ha il suo racconto’ da narrare; che in fondo ‘la leggenda di Cristalda e Pizzomunno’ è un’autentica e commovente storia d’amore pugliese, ci affranca a quell’amore universale che ci da vita. Così come Ultimo risultato Primo fra i giovani, vincitore quindi, risveglia in noi quel ‘ballo delle incertezze’ cui siamo propensi a risvegliare il ‘senso’ della vita; che Mirkoeilcane (peccato senza il cane sulla scena) sarcasticamente ci fa cantare ‘stiamo tutti bene’ , malgrado tutto il resto non vada bene affatto. È adesso che dobbiamo re-‘imparare ad amarci’, ‘adesso’, prima che sia troppo tardi … e che / “reinventarla dobbiamo la vita / cogliere ciò che intorno sorride / ridisegnare dobbiamo orizzonti / cancellare dobbiamo frontiere / reinventare dobbiamo l’amore / dare un posto ai sogni / sapendo che infine / nulla è per sempre / come il poeta platonico si bea delle parole”. (Gioma)

Per ricomnciare dai ‘passame er sale’, e anziche dirci addio, diciamoci ‘arrivedolci’.


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