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Il regno nascosto di Scozia

di Savino Del Giudice
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Pubblicato il 20/02/2012 12:32:39

SCOZIA, TERRA D’INCANTO

 

 

 

 

 

 

 

PREFAZIONE

 

 

Esistono nel mondo terre sconfinate, luoghi magici dove l’uomo non vi ha mai messo piede, dove la mente non ha mai raggiunto il confine tra ragione e natura. Vi sono tra di noi terre incantate dove gli spiriti della natura gioiscono e narrano ancora di vite passate e destini che si compiranno; uno di questi luoghi è la Scozia. Terra selvaggia e di incantevole bellezza dove si può assaporare tutto ciò che è in ognuno di noi. L’aria che si respira, le innumerevoli sensazioni e la terra che si calpesta in ogni angolo, ha il profumo della vita e di tutto ciò che un uomo può desiderare poiché in quei luoghi sperduti e magici, si può ancora assaporare la vera essenza della madre terra e di tutto quello che vi si nasconde in essa.

 

 

                                                                 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 1

 

 

Tutto ebbe inizio alcuni anni fa: Scozia…2004.

 In quell’anno per me piuttosto incerto e buio, mi ritrovai catapultato senza rendermene conto in un luogo magnifico, al di fuori dello spazio e dal tempo dove non avrei mai creduto che si potesse ritrovare tutto quello che avevo perduto. Quel breve periodo della mia esistenza fu alquanto affascinante ma ahimè, allo stesso tempo doloroso e pieno di ricordi e risentimenti. Non capii il motivo per cui intrapresi quell’assurdo viaggio, forse per fuggire dalle mie paure o molto più semplicemente per ritrovare me stesso. Due anni prima da quell’imminente partenza, precisamente nel mese di gennaio dopo mesi di sofferenze, il cancro portò via mio padre; gli stetti accanto fino alla fine dei suoi giorni…trascurando me stesso e tutto quello che mi circondava. In quel frangente della mia esistenza non esisteva nulla tranne che lui…il pensiero e la speranza che forse sarei riuscito a cambiare le cose, finché non esalò l’ultimo respiro in un letto di ospedale e lo stesso destino, toccò a mia madre quattro mesi dopo. Non trovai mai le parole per descrivere il mio stato d’animo in quel periodo; il mondo mi era letteralmente crollato addosso e non riuscii a trovare più un punto di riferimento dove aggrapparmi e ritrovare la tranquillità di un tempo.

Le persone a me care mi stettero vicino confortandomi e consigliandomi al meglio la strada più plausibile che avrei dovuto intraprendere e a settembre di quell’anno, mi trasferii in Liguria per questioni affettive rendendomi conto che ormai non potevo più sopportare di restare in quella casa; troppi ricordi e troppi sentimenti che si accumularono inesorabilmente nella mia testa e che solo il tempo avrebbe potuto lenire, ma nel mio intimo sapevo benissimo che non sarebbe stato facile superare tutto.

Pensavo che se fossi rimasto ancora lì, tutto quello che mi circondava mi avrebbe portato all’esasperazione. Per un lungo periodo trascorsi la mia permanenza in Liguria contemplando quel luogo stupendo e confortevole, familiarizzai con parecchia gente e feci molte amicizie che gradatamente mi fecero alleviare il dolore e poco alla volta, mi ricostruii una vita…ma i ricordi riaffioravano ogni volta che chiudevo gli occhi e per quanto cercai di distogliere la mia mente da quell’estenuante ricordo, mi resi conto che non arrivavo a nulla di concreto.

Dovevo fare assolutamente qualcosa.

Un giorno come tanti altri presi qualche ora di permesso dal lavoro per svolgere alcune commissioni; mi recai in comune per prelevare dei documenti, acquistai alcune cose per la casa e visto che mi era rimasta qualche ora libera, mi fermai per strada davanti alla vetrina di un agenzia di viaggi.

La giornata era piuttosto soleggiata e una leggera brezza spirava tra le nude montagne scuotendo le chiome degli alberi intorno alle strade e nonostante fosse metà pomeriggio, le vie del paese erano ancora ghermite di gente girovaga freneticamente intenzionate a fare gli ultimi acquisti.

Osservai quasi svogliatamente le varie offerte proposte dalle compagnie aeree e in quel momento pensai che mi sarebbe piaciuto prendermi qualche giorno di ferie per visitare qualche luogo lontano; vagai con lo sguardo e alla fine intravidi un’occasione che fece proprio al caso mio.

Prima di entrare a chiedere ulteriori informazioni, sostai davanti alla vetrina assorto nei miei pensieri. Personalmente non avrei mai pensato di intraprendere un viaggio senza valutarne bene la destinazione e le eventuali conseguenze.

La Scozia; decisi di scegliere quella destinazione dopo essermi informato bene su i costumi e le usanze di quel luogo sconfinato e proprio in quel periodo, mi capitò l’occasione e la fortuna di andarci.

Il suono di un clacson a poca distanza, mi fece rinsavire dai miei pensieri e mi accinsi ad entrare in agenzia voltandomi distrattamente con il pensiero che qualcuno in quel momento fosse a conoscenza dei miei desideri.

L’interno del locale era molto piccolo; espositori di varie dimensioni tappezzavano le pareti mostrando ogni tipo di depliant e offerte low coast, erano visibili su cartelloni pubblicitari appoggiati sugli scaffali a muro. Al centro del locale troneggiava un bancone con una graziosa commessa che appena incrociò il mio sguardo sorrise cordialmente:

«Desidera?» chiese giocherellando con una penna intorno alle dita. Quel gesto mi parve molto seducente e le sorrisi in tutta risposta ammirando il suo modo di comportarsi nei miei confronti.

«Si, desidererei trascorrere qualche giorno in Scozia.»

«Complimenti, lei ha buon gusto!» rispose alzandosi prontamente dalla sedia pensando che ovviamente il suo complimento fosse scontato. La ragazza si avviò verso alcuni scaffali e prese avidamente due opuscoli dopo averne scelti alcuni con cura, si avvicinò a me sempre con il suo sorriso stampato in viso e me li porse per poi tornare a sedersi dietro al bancone.

«Ha già un’idea di dove voler alloggiare?» Con un gesto della mano mi fece accomodare su una sedia davanti a lei. Istintivamente sorrisi scuotendo la testa al pensiero che la commessa non fosse interessata al viaggio in se, ma solo all’introito economico che sicuramente avevano con i loro alberghi e ostelli convenzionati.

«Avrei deciso di visitare tutta la Scozia pernottando a Glasgow per poi trascorrere il resto dei giorni verso nord.»

Trascorse una mezz’oretta prima che decidemmo finalmente l’itinerario da seguire dopodiché la commessa, stampò il biglietto aereo e mi informò scrupolosamente sulle ultime faccende burocratiche che avrei dovuto conoscere prima di partire.

In quel momento la mia mente era altrove; udii il rumore gracchiante della stampante mentre fissavo le pale del ventilatore fissato sul soffitto che giravano freneticamente producendo un rumore soffuso e ovattato. Pensai a che cosa avrei potuto trovare una volta atterrato in Scozia e riflettei sul fatto di ricorrere a qualche mezzo per potermi districare tra le innumerevoli vie della città che avrei visitato in ogni suo aspetto.

Nel tardo pomeriggio tornai a casa con il biglietto stretto tra le mani.

 

La notte di Santo Stefano; a metà estate tutte le entità fatate si riuniscono al chiaro di luna per far festa. Festeggiano cavalcando pecore e i cani dei pastore facendo scorribande fino a notte fonda.

 

«Ma ti sei ammattito?» si infuriò un mio collega.

«Cosa ti salta in mente, perché vuoi andare da solo?»

Come ogni mattina mi recai sul posto di lavoro di buon ora dato che l’azienda era a poca distanza dalla mia abitazione e non trovai quasi mai traffico lungo il tragitto. Nell’ambito lavorativo mi trovai a mio agio; era un ambiente stupendo e tutti i miei colleghi mi trattavano come uno di famiglia. Grazie al passaparola seppero anche loro dell’accaduto e cercavano in ogni modo di distrarmi dai miei pensieri ricorrenti che ogni volta, mi invadevano come demoni pronti ad approfittare delle mie paure e delle mie debolezze ma, non volevo essere assolutamente compatito per cui quasi sempre mi comportavo come se non fosse accaduto nulla.

«Non ci sei mai stato in Scozia, ti sentiresti sicuramente disorientato in un ambiente molto diverso dal nostro. Con chi è che ti confiderai, a chi chiederai tutte le informazioni che hai bisogno…il tuo inglese ormai sarà arrugginito!» ammise Andrea agitando freneticamente le mani. Stetti ad ascoltarlo in silenzio e dopo che ebbe terminato di parlare, aprii bocca:

«Me la caverò, non ti devi preoccupare. Guarda che mica mi trasferisco. Starò lì solo per qualche giorno» mi giustificai cercando di tranquillizzarlo.

Lo fissai per un istante e la cosa mi sembrò alquanto strana; non mi sentivo euforico come avrei sperato di essere, speravo che la permanenza in quel luogo lontano da tutto quello che mi circondava sarebbe servita a qualcosa ma dentro di me, sapevo che non sarebbe stato così…nessuno mi conosceva meglio di me stesso.

«Vuoi che venga con te?» chiese Andrea dopo un momento di pausa.

«No, voglio andare da solo.»

Ero fermamente deciso, e a meno che non fosse accaduto qualcosa che mi avrebbe fatto cambiare idea, sarei partito comunque senza alcun ripensamento.

Quella sera tornai a casa stanco e spossato; era ancora presto, il sole stava tramontato colorando il cielo di un rosso tenue e sinceramente non mi sentii in vena di trascorrere il resto della giornata sdraiato sul divano a guardare la televisione e rimuginare sul passato. Uscii e presi la macchina dirigendomi in paese;  parcheggiai in centro e mi inoltrai a piedi tra le vie trafficate.

Le strade proliferavano di gente che andava e veniva da ogni angolo e intravidi alcuni ragazzi in costume da bagno che si diressero verso le spiagge vicine a prendere gli ultimi raggi di sole. Il traffico era intenso e vagando per le strade incrociai la vetrina di una libreria. Pensai che forse sarebbe stato meglio munirsi almeno di una guida turistica per il viaggio dato che l’agenzia dove acquistai il biglietto ne era sprovvista e sinceramente, non avrei voluto trovarmi all’aeroporto di Prestwich senza sapere dove andare.

Appena entrai all’interno della libreria mi pervase un odore gradevole che mi solleticò il naso; una fragranza di incenso misto all’odore della carta dei libri, difatti, allungando lo sguardo tra gli scaffali intravidi sul bancone uno di quei curiosi bastoncini etnici che bruciava disperdendo un rivolo di fumo che si disperse nell’aria. Percorsi tutto il locale alla ricerca del reparto dove avrei sperato di trovare le guide turistiche, mentre ogni tanto i miei occhi si destreggiavano tra libri storici e racconti fantastici e dopo alcuni minuti, mi ritrovai di fronte al reparto desiderato dopo aver letto qualche trama interessante; vi erano una moltitudine di guide, cartine di ogni dimensione e svariati opuscoli. A volte mi sentivo combattuto sul fatto di partire veramente o restarmene al sicuro avvolto nella razionalità di tutti i giorni, ma ormai avevo deciso; tutto quello che avevo di più caro se n’era andato, ma era anche vero che intorno a me vi erano ancora persone che mi volevano bene e che avrebbero fatto di tutto per me, in qualunque momento non mi avrebbero mai lasciato solo.

I miei occhi affabili cercavano di individuare qualche guida dell’isola mentre il tempo intorno a me era come se si fosse fermato; non udii più il trambusto cittadino all’esterno della libreria e le persone che mi circondavano erano come anime inquiete alla ricerca di chissà che cosa.

«Ecco!» sospirai allungando la mano. Afferrai con avidità una guida del luogo, cominciai a sfogliarla lentamente e mi concentrai su quello che stavo lentamente apprendendo. I capitoli erano divisi in storia del paese, una dettagliata cartina topografica e curiosità piuttosto che itinerari da percorrere per chi ovviamente non conosceva la Scozia in tutta la sua bellezza. Soffermandomi sui capitoli in verità, non vidi nulla di particolarmente nuovo dato che tempo a dietro lessi alcuni libri a riguardo e in quel momento, sperai vi fosse qualche notizia che mi sarebbe potuta ulteriormente interessare.

Trascorsero alcuni minuti durante i quali mi concentrai sulla cartina per seguire i percorsi che mi sarebbero piaciuti percorrere quando notai con la coda dell’occhio, una figura che mi stava osservando da poca distanza. Quasi d’istinto chiusi la guida tra le mani e mi voltai in direzione dell’uomo che inspiegabilmente era interessato a quello che stavo leggendo pensando che fosse stata una delle tante persone che a tutti i costi volevano intromettersi nei fatti altrui.

«Mi scusi?» chiese accorgendosi di essere stato notato.

«Mi chiedevo se lei fosse stato già in Scozia nella sua vita?» aggiunse sorridendo.

Era un uomo di mezza età piuttosto grosso e sfoggiava una prorompente barba brizzolata e ispida che gli cadeva lungo il petto. La cosa strana e curiosa che notai era una singolare luce nei suoi occhi, forse era stato il riflesso di qualche luce ma cercai di non metterlo a disagio…strana sensazione!

«No per me è la seconda volta, perché?» chiesi.

«Beh, una scelta piuttosto bizzarra. Effettivamente in questo periodo dell’anno non fa molto freddo, ma la Scozia è bella visitarla durante l’inverno. In questi mesi perde tutto il suo fascino.»

Non risposi nulla; appurai che forse a quell’uomo gli mancava qualche rotella, gli sorrisi gentilmente e lo ringraziai per il consiglio datomi.

«Forse un giorno ci rincontreremo…forse proprio lì!» terminò il discorso strizzandomi l’occhio per poi dileguarsi tra gli scaffali della libreria.

Ero perplesso; fissai il vuoto cercando di capire che cosa avesse voluto intendere e soprattutto il motivo per il quale si era rivolto a me con tanta gentilezza; d'altronde, non lo avevo mai visto e con il suo volto impresso nei miei occhi mi avvicinai alla cassa.

«Ventun’euro con lo sconto!» Una signora mi fissò da dietro il bancone attendendo che prendessi il portafoglio per pagare, dopodiché prese un sacchettino e mi ringraziò regalandomi alcuni segnalibri che infilò frettolosamente tra le pagine della guida. Uscii dalla libreria e mi sbrigai a fare gli ultimi acquisti per il viaggio che secondo le mie aspettative si sarebbe prospettato interessante dopodiché, mi avviai verso casa.

Quella sera nessuno si azzardò ad aprire bocca dato che già erano a conoscenza della mia imminente partenza e sapendo com’era fatto il mio carattere, volevano discuterne con me cautamente per non farmi sentire troppo in colpa o alla peggio farmi irritare; mi sdraiai sul letto della stanza a guardare un po’ di televisione poiché in quel momento non mi andava di parlarne, sicuramente a tempo debito, avrei dato loro tutte le spiegazioni che avrebbero voluto sapere.

L’indomani, mi misi d’accordo con dei miei colleghi per trascorrere un fine settimana in montagna, ne approfittai visto che quei giorni erano ancora caldi e soleggiati e chissà quando avrei potuto trovare il tempo per andare a fare una scampagnata tra gli immensi e intricati boschi della Liguria.

«Sei proprio sicuro di andare in Scozia?» mi chiese Marco mentre si dondolava su una sedia nella sala.

«Che c’è di strano?» risposi alzando le spalle. Conoscevo molto bene Marco e sapevo che era molto provato da quando ricevette la notizia della scomparsa dei miei genitori. Comprendevo che era in ansia e feci di tutto per non nascondergli nulla; lui mi fece un cenno con la mano quasi a zittirmi.

«Lascia che venga con te.» incalzò socchiudendo gli occhi e fissandomi in silenzio sperando accettassi la sua proposta.

«Beh, non ti nascondo che mi piacerebbe almeno mi faresti un po’ di compagnia. Ma come faresti per il lavoro?» chiesi. Lui mi osservò con quell’aria da chi cade dalle nuvole.

«Dovresti prendere qualche giorno di ferie?» aggiusti sperando di fargli capire che avrebbe dovuto pensarci bene.

«Tu non ti preoccupare per le ferie e poi, sono sempre stato curioso di visitare qualche paese nordico.» Il pensiero che il mio collega sarebbe stato disposto ad accompagnarmi mi fece molto piacere, anche se sapevo che probabilmente lo avrebbe fatto per pura compassione nei miei confronti e per volermi starmi vicino a tutti i costi. Tra di noi con il passare del tempo, si era instaurata una profonda amicizia basata sulla fiducia e il rispetto reciproco, ne avevamo fatte di tutti i colori e sapevo che in qualsiasi momento, non mi avrebbe lasciato in balia dei miei pensieri ossessivi.

In quel momento eravamo in sala che stavamo sorseggiando un bicchiere di vino mentre stavamo navigando su internet alla ricerca di qualsiasi informazione utile riguardo ai luoghi dove era nostra premura visitare. Ci divertimmo molto e restammo alzati fino a tardi poiché non avevamo tanto sonno e sapevo che se mi fossi appoggiato sul letto, non mi sarei addormentato tanto eccitato da una moltitudine di sensazioni che albergavano nella mia testa.

«Quand’è che hai l’aereo?» mi chiese prendendomi alla sprovvista.

«Il ventidue alle 16:30» risposi leggendo la data sul biglietto appoggiato sul tavolo. Marco sollevò lo sguardo come a ricordare qualcosa.

Ormai le tenebre erano calate e il sottile canto dei grilli sovrastava i nostri discorsi, voltai lo sguardo fuori dalla finestra e notai le luci del palazzo di fronte che cominciarono a spegnersi una dopo l’altra.

«Allora sarà meglio che domani chieda qualche giorno di ferie. Mancano due giorni e dovrei anche sbrigarmi ad acquistare il biglietto.» Sorrisi per un attimo al pensiero di quello che Marco stava facendo per me; non credevo avesse avuto il coraggio di arrivare a tanto. Oggigiorno è difficile trovare persone che siano disposte a condividere parte della vita con chi è intorno a loro e pensai che forse, sarebbe stato uno sbaglio approfittare della sua bontà. Mi alzai dal letto e mi avviai verso l’orologio a parete per poi rendermi conto di quanto effettivamente fosse tardi e mi rivolsi dopo qualche minuto al mio collega.

«Si è fatto piuttosto tardi, ci vediamo domani.» Lui si alzò alquanto costernato e si avvicinò a me; mi fissò con aria compassionevole e accennando un sorriso smorzato mi disse:

«Mi dispiace tanto per i tuoi Fulvio, ma cerca di farti forza e soprattutto non fare colpi di testa.»

«Grazie di tutto Marco, ma non ti devi preoccupare. Me la dovrò cavare da solo, anche se mi rendo conto che non sarà facile e solo il tempo forse, potrà alleviare il mio dolore» risposi abbassando lo sguardo.

«Ci sono persone intorno a te che ti sono ancora vicine e devi pensare a loro adesso, non devi trascurarle capisci?» sussurrò.

«Un giorno non molto lontano ti farai una famiglia e vedrai che sarà tutta un’altra cosa, non intendo che li dimenticherai, ma quando ti sarà concesso di avere un figlio vedrai che assaporerai la vita sotto un’altro aspetto.» Dopo un attimo allargò le braccia e mi strinse forte, mi premette la mano e si avviò verso l’uscita di casa.

Il rumore assordante della porta sbattuta, mi fece sussultare; forse non mi sarei mai abituato al pensiero di stare da solo, ma sapevo benissimo che ormai me ne dovevo fare una ragione.

Quella notte nonostante gli sforzi non riuscii a prendere sonno, una moltitudine di sogni confusi e senza senso mi agitarono. Visioni di vite passate e desideri incompiuti. Non capii la ragione per cui scelsi come destinazione del mio viaggio la Scozia; terra incantata e così magica…forse lì, in quei luoghi misteriosi e incontaminati avrei trovato le risposte alle mie domande. Alla fine dopo pochi minuti piombai in un sonno profondo.

«Ti vuoi decidere ad alzarti o vuoi stare ancora lì a poltrire sotto le coperte?» Senza che me ne accorgessi squillò il cellulare; mi sollevai dal letto ancora intorpidito dal sonno, mi voltai verso il comodino e guardai l’ora quando poco dopo mi premetti la testa sbuffando.

«Arrivo! Scusa, ho dimenticato di puntare la sveglia» risposi tirando frettolosamente su la tapparella.

«Muoviti Fulvio, sono le nove» aggiunse Marco dall’altra parte del cellulare; chiusi la chiamata senza lasciarlo proseguire e mi massaggiai gli occhi cercando di riprendermi. Una colazione abbondante mi aspettava sul tavolo della cucina, ero di fretta, mangiai il necessario e uscii di casa salutando Angela per poi avviarmi al parcheggio sotto casa per prendere la macchina. Il lavoro era già cominciato da un pezzo e tutti gli operai del magazzino stavano svolgendo le proprie mansioni; entrai all’interno della portineria dell’azienda e mi voltai verso il piazzale. I camion dei fornitori erano già in fila attendendo che i dipendenti svuotassero i loro mezzi per poi far ritorno alle loro faccende quotidiane. Timbrai il cartellino e mi avviai alla svelta verso il magazzino sperando di non ricevere nessun rimprovero da parte del mio capo per via del ritardo. Conoscevo benissimo il mio datore di lavoro e sapevo che era un uomo piuttosto diligente; se vi era una cosa che non sopportava più di tutte erano i ritardi da parte dei suoi dipendenti.

In quel preciso istante, dopo aver salutato alcuni miei colleghi salii sul muletto e mio malgrado lo scorsi con la coda dell’occhio che si stava avvicinando a me con aria spazientita.

«Si può sapere perché sei arrivato in ritardo? Almeno abbi la cortesia di avvertire!» alzò la voce incrociando le braccia con aria di sfida.

«Mi scusi non succederà più, è che purtroppo ho incrociato un po’ di traffico per strada» fu l’unica scusa che mi venne in mente.

«Vediamo di sbrigarci, i tuoi colleghi sono già al lavoro. Ricordati che ti ho dato una settimana di ferie, non farmi pentire di avertela data, ok?» Ci fissammo per qualche minuto studiandoci a vicenda mentre alcuni dipendenti si divertivano ad osservare la scena. Scrollò la testa e si avviò verso il suo ufficio sbattendosi la porta dietro le spalle. Lo seguii con lo sguardo attraverso il vetro a parete e cominciò ad agitarsi con un suo collega seduto dietro ad una scrivania scrollando la testa; appurai che stavano discutendo riguardo il mio comportamento durante l’ultimo periodo e mi allontanai poiché non mi sembrò il caso di origliare.

«Tutto bene?» mi chiese Marco inclinando la testa.

«Se ti riferisci a la strigliata di poco fa, beh, d'altronde non aveva tutti i torti.»

«Non ci fare caso, per lui è un brutto periodo e cerca ogni scusa per prendersela con gli altri» aggiunse tirandomi scherzosamente una pacca sulla schiena.

«Allora, sei pronto a partire?» sorrise. Intanto, di lì a poco sarebbe arrivata l’ora di pausa. Le macchinette del caffè si trovavano all’entrata del magazzino e ne approfittai per andare a prendere qualcosa da bere. Tra gli svariati argomenti di cui discutemmo, mi rivelò che aveva uno zio a Fort William che ogni tanto lo invitava a trascorrere qualche giorno da lui e a quanto capii voleva usufruire anche di quell’occasione che come lui disse, non seppe quanto gli sarebbe più capitata. Dedussi che in quel momento il mio collega stava rimuginando qualcosa in testa, dato che rimase assorto nei suoi pensieri per qualche minuto distogliendo lo sguardo; i suoi occhi si illuminarono e continuava a voltarsi in continuazione alla ricerca di qualcosa che solo lui poteva sapere.

«Non ti preoccupare per mio zio» mi rassicurò.

«Lui sarà contento quando mi vedrà e soprattutto in compagnia di qualche suo amico» aggiunse. La giornata era meravigliosa, il sole riscaldava l’aria tanto che dovemmo metterci a maniche corte. Il lavoro proseguì inesorabile come ogni giorno e ormai mancavano pochi minuti all’ora di pranzo. Marco mi confidò che non vedeva l’ora di partire:

«Mi farà molto piacere la tua compagnia, ma devi sbrigarti ad acquistare il biglietto. La commessa dell’agenzia mi ha avvertito che sono gli ultimi giorni per le offerte e quindi ti conviene muoverti!»

«Non so se Marco avrà il coraggio e la pazienza di trascorrere la vacanza con me, si troverebbe così a disagio in un luogo che forse a lui non piacerebbe» pensai.

Approfittando del fatto che quel giorno vi era poco lavoro, il nostro responsabile ci diede qualche ora libera. Terminammo le nostre mansioni e appena suonò il campanello che ogni giorno avvertiva l’orario di fine turno, mi cambiai di fretta e tornai a casa poco prima dell’ora di pranzo.

 

Nei meandri più nascosti delle foreste o in alcuni punti delle Highlands scozzesi, esistono strani e sinistri “cerchi delle fate”. Questi cerchi di terra sono spesso circondati da funghi e privi di vegetazione all’interno di essi. Un giorno si raccontò che un contadino,  della provincia di Ullapol disgraziatamente vi entrò all’interno in uno di essi; ammise che quella fu stata l’avventura più straordinaria e al tempo stesso più pericolosa della sua vita:

«Mi ero imbattuto in strane creature alte poco più di dieci centimetri; esse cominciarono a vorticarmi intorno lasciandosi dietro risa divertite e raccapriccianti. Poco dopo si avvicinò a me un destriero di color nero come la notte dalla muscolatura assai possente. Resistetti al suo potere ammaliante per alcuni minuti dopodiché gli salì in groppa, lo cavalcai in una corsa sfrenata per parecchie miglia attraversando gran parte delle Highlands del nord e durante il tragitto, percorsi un mondo al di fuori della razionalità. Divertitosi e stufatosi del suo capriccio, mi lasciò sfinito in una brughiera erbosa per poi svanire nell’ombra pronunciando un arcigna risata.

 

Ero in automobile imbottigliato nel traffico, ogni giorno a quell’ora le strade per arrivare in centro erano ghermite di macchine e motociclette che tornavano dalla periferia della città . Mi misi l’anima in pace e attesi che diminuisse quel trambusto infernale per poi svoltare in un vicolo dove sapevo che dopo pochi minuti sarei arrivato a casa.

All’improvviso squillò il cellulare, guardai il display e vidi che Marco mi stava chiamando. Intuii che mi voleva informare sicuramente riguardo la prenotazione del biglietto e istintivamente afferrai il cellulare che continuava a vibrare imperterrito sul sedile di fianco. Volsi lo sguardo sulla strada sperando vi fosse stata qualche piazzola di sosta dove fermarmi poiché in quel momento, mi superò una pattuglia della polizia stradale e non era mia intenzione farmi fare qualche multa.

«Ehi Fulvio ti aspetto all’agenzia, ho ancora pochi minuti e mi piacerebbe che mi raggiungessi.»

«No Marco scusami, ma voglio tornare subito a casa a farmi una doccia e riposarmi un po’ che ho avuto una giornata pesante.»

Mi rassicurò che non vi sarebbero stati problemi e che ci saremmo visti l’indomani al lavoro, inoltre mi chiese se quella sera volevo uscire con lui a prendere qualcosa da bere; accettai anche se lo avvertii che non volevo fare tardi.

Mentre guardai fisso oltre il parabrezza, in quel momento stranamente il cielo cominciò ad annuvolarsi e si alzò un vento che fece scuotere le chiome degli alberi adiacenti alle strade. Dopo qualche minuto alcune gocce d’acqua caddero persistenti tamburellando sul tetto della macchina. Mi affrettai a rientrare sperando che la pioggia non sarebbe aumentata ulteriormente quando non seppi il perché, in quel momento pensai al mio collega chiedendomi se non si sarebbe pentito riguardo a quello che stava facendo.

Mi sentivo già catapultato nelle verdi e rigogliose Highlands scozzesi le quali fino ad allora avevo sentito narrare come luoghi incantati e mistici; fate, folletti…il fantastico ed enigmatico suono delle cornamuse e il trascorrere della vita nella semplicità e umiltà degli abitanti di quelle terre incontaminate.

Dopo aver percorso una piccola strada sterrata a senso unico, finalmente arrivai al parcheggio sotto casa.

La villetta era in cima ad una collina verdeggiante e data la posizione dominava su tutto il paese. Era una vista stupenda e nonostante tutte le vallate intorno ad essa, il sole la illuminava tutto il giorno riscaldando ogni cosa. Da lontano si poteva intravedere l’immensa distesa del mar ligure come un infinito manto vivente spinto dalla tramontata a alle spalle di essa, cominciò a stendersi uno stupendo e intricato bosco dove spesso ci si inoltrava a trascorrere giornate tranquille e spensierate. Ero stanco, e una volta arrivato sull’uscio di casa, aprii il portone ed vi entrai.

«Benvenuto!»

Udii dalla stanza a fianco un gioioso grido di benvenuto, allungai lo sguardo e vidi la madre della mia compagna con un sorriso che le illuminò il volto. In quell’istante, ripensai a tutta la mia vita vissuta durante l’ultimo periodo; ormai mi sentivo escluso da tutto. La relazione con la mia fidanzata ormai non era più quella di prima, il sentimento con il passare del tempo si era affievolito e non trovai più nessuno stimolo per restare a fianco a lei. Forse era anche per questo motivo che volevo allontanarmi da tutta quella situazione che per me stava poco a poco degenerando. Non ne parlai mai anche perché capii che il mio carattere mio malgrado, stava cambiando; diventai più introverso e malfidente nei confronti di chi mi stava vicino e qualunque problema mi insorgeva, cercavo in tutti i modi di risolverlo da solo per quanto fosse stato difficile. Salii gli scalini ed entrai in cucina dove mi aspettava Angela.

«Com’è andata oggi?» mi chiese con aria dubbiosa ma sempre con i suoi modi pacati e gentili.

«Bene, un po’ stanco. Infatti non vedo l’ora di andare a stendermi sul letto.»

Mi resi conto che fui piuttosto evasivo e lei se ne accorse anche se non ci fece quasi caso; mi fissò con uno sguardo di rassegnazione assumendo un falso sorriso.

«Francesca dov’è?»

«Non lo so, ha detto che forse sarebbe andata all’università per compilare certi documenti e poi sarebbe tornata per cena» rispose asciugando dei piatti presi dalla dispensa. Non era mia intenzione, ma mi resi conto che l’avevo in qualche modo ferita e ripensandoci, potevo benissimo evitare certi comportamenti, ma ormai non potevo più tornare sui miei passi.

«Vuoi veramente partire?» mi chiese restando con lo sguardo fisso sul piatto che aveva in mano, restai per un attimo in silenzio mentre udii l’imperterrito ticchettio dell’orologio a parete e vagando con lo sguardo in cerca di una risposta che avrebbe potuto giustificare le mie scelte.

«Ho preso la mia decisione già qualche giorno fa e non voglio cambiare idea. Non è mia intenzione procurarti un dolore credimi!» Angela abbassò lo sguardo deglutendo, annuì con la testa e si volse verso di me.

«Stai attento!» accennò un sorriso e dopo un istante, mi avvicinai a lei abbracciandola per rassicurarla e confortarla. Non riuscii mai a capire cosa quella donna pensasse, il suo carattere piuttosto che le sue aspettative ma percepii in lei una certa preoccupazione che non riuscii a comprendere; d’altronde, si trattava solo di pochi giorni e non vi sarebbe stato nulla di sbagliato allontanarsi un po’ dalla vita di tutti i giorni. Sbadigliai e mi avviai verso la camera da letto per cambiarmi e mettermi a mio agio.

All’interno della stanza vi era un silenzio innaturale; sotto le coperte e con la luce della abat-jour accesa, osservavo il soffitto cercando di rilassarmi.

Francesca intanto, era arrivata e si chiuse in cucina assieme alla madre; si misero a discutere riguardo la mia decisione di partire per la Scozia e nel frattempo, le mie palpebre si appesantirono addormentandomi e sentendomi piuttosto in colpa per tutta quella situazione.

«Fulvio, Fulvio!» Quella notte sognai mio padre. Nel sogno vidi che era felice, stava abbracciando mia madre nella casa dove loro se ne andarono pochi mesi prima. Era stata una sensazione strana, fino a quel momento, non ebbi più sognato i miei genitori da quando scomparvero e non mi spiegai mai il motivo per cui proprio in quel periodo la mia mente li fece riapparire. Nel dormiveglia udii le gocce di pioggia ticchettare sul tetto di casa e il vento che fece sbattere le persiane della stanza con un rumore sordo e ovattavo. Non ricordai quanto restai sul letto a dormire, ma quando mi alzai agitato, mi avvicinai alla finestra e notai che il cielo si era già liberato dalle nubi oscure lasciando il posto ad un immenso manto stellato, ma per il resto la notte trascorse tranquilla.

«Svegliati dormiglione, sono già le otto e se vuoi che rimanga qualcosa da mangiare, è meglio che vai di sotto in cucina.»

Francesca senza dire nient’altro, proseguì verso la cucina dopo avermi dato un bacio affettuoso. Mangiai le poche cose rimaste sul tavolo e mi sdraiai sul divano a guardare le ultime notizie del telegiornale. Cambiai canale continuamente con la sensazione che da un momento all’altro, sarebbe accaduto qualcosa quando ad un certo punto, Francesca entrò in sala con aria impassibile e quasi rassegnata; si sedette a fianco a me e mi appoggiò una mano sulla gamba.

«Posso fare qualcosa per farti cambiare idea?» mi chiese per cercare di distogliermi dai miei pensieri. In cuor suo sapeva che la nostra relazione in quel periodo non era delle migliori e cercò di fare l’impossibile per non farmi allontanare da lei; mi fece capire che mi sarebbe stata vicina comunque fossero andate le cose.

«No, la mia decisione è questa e lo sai che non la cambierò…forse è meglio così per tutti e due.» La fissai carezzandole il viso, lei chinò il capo e si alzò dal divano per tornare in cucina ad aiutare la madre a sparecchiare la tavola. Ero molto affezionato a quella ragazza e alla sua famiglia ma ormai non mi sembrava più il caso di continuare una relazione basata solo sull’aspetto patologico.

La giornata la organizzai minuziosamente per l’imminente viaggio dell’indomani; la mattina la trascorsi in azienda e il pomeriggio passeggiai per le vie del centro a fare gli ultimi acquisti che mi sarebbero serviti durante la permanenza in Scozia. Non mi feci mancare nulla, non volevo partire sprovvisto di quelle cose essenziali che mi sarebbero potute servire con il timore, che una volta atterrato avrei potuto dimenticare qualcosa. Feci mente locale riguardo tutti gli indumenti che avevo e che eventualmente avrei dovuto acquistare.

«Telecamera e macchina fotografica!» pensai tra me facendo un elenco delle cose. Ma per quanto cercai di organizzare minuziosamente ogni cosa, il pensiero di Francesca e soprattutto dei miei genitori occluse la mia mente; ripensai a tutti gli anni trascorsi in loro compagnia, le piccole e insignificanti cose le quali mi fecero sorridere e in quel momento scuotere la testa oppresso dal fatto che ormai, non potevo più tornare indietro…il passato ormai era passato e per quanto cercai di trovare una soluzione per ribaltare la situazione, seppi benissimo che non dovevo rassegnarmi ai fatti compiuti.



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