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Sotto falsa bandiera

di Glauco Ballantini
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Pubblicato il 12/03/2015 16:22:52

Il notaio Di Girolamo entrò nella stanza, dove fu fatto accomodare su una poltroncina davanti alla scrivania.

“Prego notaio, leggiamo questa lettera postuma del Saccaccini, sono curioso” disse il commissario Sacco.

Il notaio cominciò la lettura della lettera…

 

Cari concittadini,

a distanza di trenta anni ho chiesto allo studio del notaio Di Girolamo, di rendere nota questa mia.

Tutti sappiamo della mia morte avvenuta per mano del regime che oggi ci tiene sotto il suo giogo. Spero vivamente che, a distanza di tanti anni, la dittatura sia finita attraverso la progressiva presa di coscienza della popolazione sulla natura del regime che oggi ci opprime.

La mia morte avrà certamente provocato un ampliarsi dei sentimenti di ostilità, che vedo oggi  sempre più manifestarsi nella nostra città e nella nazione in generale.

Per rendere omaggio alla realtà, però, voglio confessarvi, anche se in maniera postuma, la realtà di questi giorni. 

La causa della democrazia e del riscatto di tutto il nostro popolo, sono stati per me la pietra miliare, il faro a cui volgere sempre il mio sguardo, il fine da perseguire senza incertezze e con tutti i mezzi. Non è stato lo spirito machiavellico che mi ha spinto a progettare ciò che ho fatto, ma quello di rendere un servigio, di essere agevolatore, di dare un contributo alla fine della dittatura.

La sostanza della giusta causa, non può interferire con l’azione delle persone per mano delle quali procede, né con le loro motivazioni personali.

 

Vi confesso oggi che la mia uccisione, trenta anni fa’, non sarà stata opera del regime che combattevo, ma dei miei stessi compagni di lotta. D’accordo con me.

Il Danti, il Marchi e lo Scotti hanno eseguito ciò che io gli avevo ordinato.

Oramai mi restano pochi mesi di vita lucida, prima che la malattia mi renda estraneo a me stesso, così ho pensato di fare della mia vita una vita martirizzata per una causa superiore.

L’omicidio, lo sapete, avverrà nel bar in piazza, come previsto. Il Danti mi sparerà e gli altri due si occuperanno di testimoniare che l’omicida sarà scappato dal retrobottega, concordando con le caratteristiche somatiche non identificabili. La colpa del misfatto cadrà su un complotto del regime al quale mi sono sempre opposto.

La scelta dell’assassinio è stata mia, potevo scegliere di uccidere qualcuno, di preparare un piano per assassinare il dittatore, magari con l’aiuto degli amici, ma non eravamo in grado.

Era una questione pratica, non ci si può ingannare sulle proprie capacità al punto di rendere inutile anche il sacrificio. Non sarebbero stati capaci. Non saremmo stati capaci. In fondo siamo solo dei contadini; sarebbe stato difficile ordire un piano complesso, coordinarci senza tradirsi, usare le armi in maniera opportuna, magari anche contro altri. Ci saremo bloccati, e avremo fallito.

L’orrendo crimine sarà, lo spero, comunque ascritto al regime, a maggior ragione non trovandosi un colpevole.

 

Non mi dilungo oltre. Da ultimo sollevo, esplicitamente, il Danti, il Marchi e lo Scotti, che non sono a conoscenza della presente, da ogni responsabilità, se sono ancora vivi, e li saluto con affetto, certo che il mio sacrificio non sia stato comunque vano.

 

Saccaccini Olindo, 9 settembre 1936

 

 

Il silenzio era calato nell’ufficio del commissario Sacco, seduto accanto al notaio, che con un filo di voce disse:

“Che facciamo?”

 

Il Questore allora si alzò dalla comoda poltrona, dove era sprofondato durante la lettura della lettera, mise le mani sulla scrivania e con voce ufficiale disse: “Bene, innanzi tutto ringrazio l’intuito del nostro notaio Di Girolamo che ci permette di risolvere, a distanza di pochi giorni, il caso di questo misterioso omicidio Saccaccini, che sta recando danno all’immagine del nostro paese e sta sconvolgendo la nostra comunità.”

“I traditori della patria hanno fatto i conti senza l’oste, contadini! Ecco cosa sono!” Si sono improvvisati e ne pagheranno le conseguenze.”

“Sveleremo tutto, ma non subito. Li faremo protestare un po’ accusandoci di questo, come già lo chiamano “efferato delitto”, prima di risolverlo.” 

“Dirò a Sua Eccellenza che il caso sta per essere chiuso.”Nel frattempo lei, commissario Sacco, metta sotto torchio i tre amici del Saccaccini e ne ricavi delle adeguate confessioni, dicendo a ognuno che qualcuno di loro ha parlato e che sappiamo tutto.”

 

“La lettera la custodisco io, fino al termine delle condanne, che saranno esemplari!”

”Non mancherò ovviamente di comunicare, con chi di dovere, per i giusti riconoscimenti del caso per l’efficienza dimostrata.”

 

“Signori, grazie a tutti della collaborazione.”

 

Il notaio Di Girolamo, dopo essere uscito dalla stanza, percorse il lungo corridoio che lo separava dalla scalinata della questura, la scese, e si avviò verso il suo studio.

Era il 15 settembre 1936.


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