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Puparetto

di Teresa Cassani
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Pubblicato il 23/08/2018 18:41:47

PUPARETTO

Ha afferrato la brocca maiolicata e l’ha posta sotto la finestra.
I piatti bianchi e blu vanno sistemati di fronte alla porta perché ricevano la luce dall’esterno.
Bisogna spolverare gli scaffali.
I turisti, e in genere tutti i clienti, devono percepire una buona sensazione di pulito.
Rina ha già preso lo straccio e lo sta passando sulle mensole quando la proprietaria la chiama di là, perché l’aiuti a togliere dagli imballaggi l’ultima infornata.
Rina è paziente. Si china sui pacchi e taglia le strisce di nylon con le forbici.
Il vasellame è pesante e i pezzi devono essere appoggiati lentamente sul pavimento.
Nuccio le dice di fare attenzione al tornio per evitare di urtarlo.
Rina lo sa e lo guarda con aria di sufficienza.
Salvatrice, la proprietaria, le lancia un’occhiata d’intesa. Con Nuccio bisogna essere tolleranti, altrimenti si litiga.
Rina continua ad aprire le confezioni e posa le terraglie sul tavolone scuro posto al centro della sala.
Intanto sono entrati alcuni turisti francesi: vogliono vedere dei portagioie.
Salvatrice mostra quelli che provengono da Caltagirone. Sono formosi, piuttosto capienti, con i colori giallo e blu che ricordano il gusto arabo.
I francesi se li passano tra le mani e commentano.
Rina ha ricevuto il primo messaggio del mattino: Cosimo Belluomo ha bisogno di cinquanta euro per pagare un residuo di bolletta. L’aspetta fuori.
Rina mette da parte i cartoni, esce dal negozio, attraversa la strada infuocata e trafficata per raggiungere il marciapiedi opposto.
Lui sfoggia la mise del mattino: camicia e pantaloni bianchi.
Le passa la punta dell’indice e del medio sotto il mento.
Lei gli dà i soldi senza chiedere.
-Grazie…- lui le strizza l’occhio e fa dietro front.
Rina riattraversa la strada.
I capelli grigi e scomposti fluttuano all’aria. Le gambe magre, che escono dagli short, articolano con decisione i passi.
Rientra nella bottega. Il caldo si fa sentire, nonostante i ventilatori, e all’interno c’è odore di trementina perché a Nuccio è venuto lo sfizio di restaurare vecchi pezzi di imbarcazioni per arredare i locali.
La proprietaria osserva Rina. I vetri delle porte hanno riflesso la camicia e i pantaloni bianchi. Nel tardo pomeriggio si vedrà una giacca nera con alcuni fiori di campo nelle tasche. Per l’occasione.
Stasera i pupari, arrivati da Palermo, metteranno in scena le storie dei paladini e Cosimo Belluomo avrà modo di chiedere una sigaretta a qualcuno e degli spiccioli a qualcun altro.
Rina lavora e si spezza la schiena tutti i giorni per spostare terrecotte ma lui, lui che deve fare?
Ha avuto o non ha avuto l’infarto un anno fa?
E’ stato o non è stato dichiarato invalido?

E’ arrivato il tardo pomeriggio.
Stanno inchiodando delle assi per formare il palco che verrà posto al centro del corso.
Cosimo Belluomo è già in abito da sera.
Esce dal piccolo market all’angolo con una bottiglia di birra in una mano e nell’altra il guinzaglio del pastore maremmano che, tra poco, legherà al palo segnaletico.
Bell’animale. Affettuoso come nessun altro. Peccato che abbia sempre fame.
Cosimo Belluomo vede che muove la coda e guaisce. Sembra volersi avventare sulla bottiglia di birra.
Si caccia la mano in tasca. Qualche spicciolo c’è, sufficiente a comprare una confezione di wurstel.
Rientra nel market. Esce dopo poco con un pacchetto in mano che agita sotto il muso del cane.
Rina si è affacciata alla porta del negozio. Lungo il marciapiedi c’è il solito movimento di gente che sosta e chiacchiera. Cerca con lo sguardo Cosimo e il pastore maremmano. Li vede.
Adesso si concede un momento di pausa. Andrà a comprarsi un panino e delle crocchette.
Intanto stanno issando i fondali sul palco.
L’assessore con il casco e la motoretta si è accostato agli organizzatori. Confabulano.
Rina pensa che non potrà assistere allo spettacolo perché gli esercenti sono invitati dall’Amministrazione a tenere i negozi aperti.
E’ sera inoltrata. La gente confluisce lungo la via principale e si assembra davanti al palco.
Cosimo Belluomo si aggira tra i tavolini e le sedie, posti sulla strada. Con una mano stringe il collo di una bottiglia di birra.
Gira la testa di qua e di là: ha un’espressione vaga e divertita.
Rina lo raggiunge per consegnargli mezzo pacchetto di sigarette.
-Picca sono…- le dice aggrottando leggermente la fronte.
Rina non gli risponde: forse ne ha fumato qualcuna in più durante la mattinata.
Lui le sorride leggermente.
Lei ritorna alla bottega.
Lui accartoccia il pacchetto per sistemarlo in una tasca della giacca accanto al fodero degli occhiali da sole. Nell’altra tasca ci sono i fiori di campo.
Il tempo dell’esibizione è giunto. La folla si è accresciuta e attende impaziente.
Finalmente ha inizio lo spettacolo.
I pupi sono bellissimi. Con le spadine e gli elmi d’oro e i costumi di stoffa colorata che avvolgono la cartapesta. Sono allineati e spenzolanti da una travicella di metallo inforcata da due pilastrini.
Il puparo li preleva a turno, in base alle esigenze sceniche, e li muove con perizia affiancato dall’aiutante. Fa le voci, riproduce il suono del corno con una conchiglia e, per enfatizzare i duelli, batte il legno delle assi con uno zoccolo che indossa al piede sinistro.
Il paladino Orlando è sempre vittorioso contro i nemici ma piange per la bella Angelica che gli sfugge.
Cosimo Belluomo tracanna l’ultimo sorso di birra. Lo esalta il rumore di quel tac tac dei legni.
-Bravi, bravi sono!- commenta a voce alta. Ride tra sé.
Il puparo prosegue il racconto nominando altri protagonisti del poema ariosteo.
E’ un professionista. Ha invitato il cantastorie a inframmezzare e adesso conclude la narrazione.
Poi, ringrazia la cittadinanza, loda il paese che l’ha ospitato, omaggia le autorità.
Il sipario sull’indiscusso regista si chiude tra gli applausi.
Cosimo ha applaudito. Poi si è accorto di avere le tasche della giacca scucite, con le fodere interne sfondate, e una macchia di dubbia origine.
Si sfila l’indumento e lo mette dentro il sacchetto del market, dopo aver tolto le due bottiglie di birra. Si incammina verso il negozio.
Rina sta prendendo i piatti dall’espositore esterno: deve chiudere il locale.
-Bello lo spettacolo?- gli chiede, aprendo la bocca sui denti piccoli. Lei ha sentito solo indistinti rumori.
-Bellissimo!- risponde lui.
Le porge la borsa con la giacca.
Lei appoggia un piatto sul marciapiedi.
Afferra il sacchetto.
-Mi serve per la festa di domani- le dice lui che le si avvicina di più. Con l’indice le accarezza il naso e il mento. Osserva la pelle diafana della donna sotto i lampioni.
La guarda supplichevole.
Lei ha capito. Apre il sacchetto. Guarda: è un lavoro semplice, lo farà appena rientrata. Stasera stessa.
Gli sorride dimessa.
Lui ricambia, le strizza l’occhio e gira le spalle.
Adesso pensa che deve parlare con l’assessore. Vuole proporgli, per l’anno venturo, di addobbare la base dei lampioni che illuminano il corso con i vasi del negozio di Rina.
La proprietaria gli sarà grata e Rina accrescerà la sua considerazione per lui.
E’ soddisfatto. Sente il petto che si gonfia mentre riprende a camminare lungo il marciapiedi.
Lui non manca di idee e, questa volta, ne ha avuto una veramente buona.


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