Nel call center “Voce Serena”, un ambiente che di sereno aveva solo il nome, lavoravano cinque colleghi, tanto sorridenti quanto perfidi: Elsa, Mattia, Rossella, Luigi e Sofia. Apparentemente, erano uniti come una famiglia, ma dietro quegli abbracci forzati e i sorrisi di circostanza si nascondeva una giungla di sotterfugi e cattiverie quotidiane.
Elsa era la regina della sottigliezza. Il suo motto era: “Colpisci con dolcezza e nessuno ti accuserà”. Ogni mattina arrivava con una scatola di biscotti fatti in casa, ma non li offriva mai senza secondi fini. Li sbriciolava sulla scrivania di Rossella, quando questa non c’era, per far sembrare che non si prendesse cura del suo spazio. Poi, con un tono falsamente premuroso, le diceva: “Tesoro, hai un caos qui! Non è che distrai anche i clienti con tutta questa confusione?”. Rossella, fingendo di sorridere, rispondeva con un laconico “Grazie, ci penserò”. Ma sotto sotto, la sua mente già tramava vendetta.
Mattia, il “simpaticone” del gruppo, era esperto nell’arte del pugnalare alle spalle. Spesso, inviava mail anonime al supervisore, segnalando presunti errori nei report di Luigi, ma con un’abilità tale che nessuno sospettava di lui. Poi si avvicinava a lui con fare cordiale e gli diceva: “Se hai bisogno di aiuto con quei numeri, sono qui per te! Sai, siamo una squadra”. Luigi lo ringraziava con un sorriso tirato, mentre in mente lo immaginava già come protagonista di un disastro, nel sistema informatico.
Rossella, la “pacata” del gruppo, era in realtà un’artista della vendetta silenziosa. Ogni volta che Sofia lasciava incustodita la sua tazza di tè, Rossella non perdeva l’occasione per sostituire lo zucchero con il sale. Quando prendeva il primo sorso e sputava tutto con disgusto, Rossella si avvicinava con aria angelica: “Oh, Sofia, stai bene? Ti vedo un po’ stressata, forse dovresti rilassarti”.
Luigi, apparentemente il più tranquillo, era invece il sabotatore tecnologico del gruppo. Il suo passatempo preferito era modificare i file statistici di Elsa, alterando i suoi dati per far sembrare che avesse sbagliato le previsioni di vendita. Quando il supervisore notava le incongruenze, Luigi, con espressione di finta sorpresa, si offriva di aiutare Elsa a “risolvere” i problemi. “Elsa, sai che ti rispetto tantissimo, ma forse dovresti controllare meglio i dettagli”.
Sofia, dal canto suo, si specializzava in gossip tossico. Quando le arrivavano alcune indiscrezioni, le elaborava con un tocco di fantasia prima di riportarle agli interessati. “Elsa, lo sapevi che Mattia pensa che tu sia un po’ troppo concentrata su te stessa? Ma non credo volesse essere cattivo. Sai com’è, la gente parla…”. Poi, con la stessa innocenza, riferiva a Mattia che Elsa aveva insinuato che lui fosse pigro.
Il culmine arrivò un venerdì mattina, quando il supervisore, esasperato dai continui litigi sotterranei, convocò i cinque nella sala riunioni. “Sembra che ci siano tensioni nel team. Voglio che risolviate i vostri problemi subito. Non possiamo permettere che questo ambiente diventi tossico!”
Dopo uno scambio di sguardi taglienti e qualche minuto di silenzio imbarazzato, Elsa si fece avanti, con un sorriso che avrebbe ingannato anche un monaco. “Direi che possiamo mettere tutto da parte, vero? Siamo una squadra!”.
Mattia annuì con entusiasmo, fingendo di essere sinceramente pentito. “Certo, siamo adulti. Lasciamo tutto alle spalle e ripartiamo!”
Gli altri seguirono a ruota con dichiarazioni di pace altrettanto false: “Mai più dispetti!”, “Da oggi saremo uniti!”, “Un team vincente, vero?”. Si strinsero la mano, giurarono amore eterno e tornarono alle loro scrivanie con l’aria soddisfatta di chi ha appena siglato un trattato di pace.
Ma la tregua durò meno di cinque minuti. Elsa, tornando al suo posto, si mise a preparare una nuova ricetta di biscotti con un “ingrediente segreto”. Mattia iniziò subito a scrivere un’altra mail anonima, questa volta contro Rossella. Luigi si dedicò a sabotare un documento Excel di Sofia, mentre quest’ultima si appuntava mentalmente una lista di nuovi pettegolezzi da diffondere. Rossella, nel frattempo, si aggirava furtiva con un nuovo piano per rendere la pausa tè di Sofia ancora più “indimenticabile”.
In fondo, il lavoro in un call center era già abbastanza monotono. E loro, “lupi travestiti da agnelli”, avevano trovato l’unico modo per sopravvivere: una guerra fredda fatta di sorrisi falsi, dispetti nascosti e ipocrisia quotidiana. Perché, come si dice, è meglio un nemico sincero che un amico falso… ma al call center “Voce Serena”, i nemici sinceri non si trovavano mai.
N.d.A.: Nomi e fatti sono frutto di fantasia, ogni riferimento è puramente casuale.
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