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Quasimodo parla ancora al cuore dei giovani?

di Angela Caruso
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Pubblicato il 22/06/2014 17:21:01

Mi colpiscono le considerazioni del prof. Luperini apparse sul sito www.laletteraturaenoi, dal titolo Sulle prove di Italiano dell’Esame di Stato: la poesia di Quasimodo; alcune mi trovano d’accordo, altre no. In linea generale, il professore ha ragione: bisogna proporre ai nostri alunni testi che facciano amare la letteratura, ma concludere il suo intervento con l’osservazione: “Offrendo ai giovani testi come questi, li si allontana fatalmente dalla letteratura”, si “stronca” un poeta che, secondo noi, non merita, ancora oggi, una “persecuzione” che dura dall’assegnazione del premio Nobel: prima i suoi contemporanei (invidiosi?!), ora i critici letterari.
Ma andiamo con ordine. La prima considerazione mi trova pienamente d’accordo: tutte queste tipologie di prove confondono l’alunno e complicano il lavoro del docente; la prova d’esame deve essere finalizzata proprio a “capire un testo, comprenderlo, commentarlo, interpretarlo, storicizzarlo, vederne le implicazioni attuali, ed esporre tutto ciò in modo argomentato, chiaro e corretto”.
Sulla seconda considerazione non sono d’accordo, perché non è vero che molte antologie riportano la lirica Ride la gazza, nera sugli aranci, forse, è solo l’antologia curata dal Luperini e mi permetto di dire che non è una delle liriche più felici e più significative del percorso poetico di Quasimodo.
Passando alla terza considerazione, vorrei puntualizzare ciò che mi vede in disaccordo: innanzitutto, non mi sembra che Quasimodo sia molto presente nelle antologie scolastiche e, quando è presente, sono sempre le solite liriche, spesso non le migliori, o la solita Milano, agosto 1943, e le poesie vengono accostate per antitesi e falsando la linea evolutiva del poeta; mi trova d’accordo, invece, la constatazione dell’assenza del poeta siciliano nella “attenzione e nella valorizzazione della critica”, di cui trovo conferma proprio nelle righe successive quando si legge che “oggi Quasimodo è reputato un notevole traduttore dei lirici greci, ma in quanto autore in proprio è un poeta di secondo rango”. “Un poeta di secondo rango”: è un giudizio del prof. Luperini o è un giudizio genericamente attribuito ai critici contemporanei, ma non condiviso dal prof. Luperini? L’impressione è che il giudizio sia condiviso dal nostro professore, se poco prima riporta la discutibile e squallida battuta (attribuita a Carlo Bo): “A caval donato non si guarda in bocca”! E qui, mi permetto di dissentire e di protestare con forza! Mi sembra un colpo veramente basso, e mi viene in mente la favola della volpe e dell’uva troppo acerba!
In merito alle osservazioni fatte al punto quattro, nulla da dire sulla prima parte, ma il riferimento a Monti mi fa saltare in aria! Leggo Monti o Foscolo? Avrà sbagliato il professore, non possiamo pensare a Monti! Forse a Foscolo, sì, a lui: è una bella intuizione, tra l’altro, vedo diverse affinità: l’amore per il mondo ellenico, la cura della forma, l’esilio, la vita raminga, la necessità di doversi adattare ad una realtà meschina, la fuga.
Infine, l’ultimo punto: “Quale rapporto può avere questo testo con la sensibilità e la mentalità degli studenti di oggi?”. Risposta del professore: “Ovviamente, nessuno”. Aggiungo io che, se l’analisi si dovesse fare su un testo anonimo, sarei d’accordo, ma se l’analisi, prevede la contestualizzazione all’interno di un percorso esistenziale oltre che storico, la risposta non può essere quella del prof. Luperini. Qui, mi si conceda di fare delle osservazioni personali: quale poeta italiano ha amato in modo viscerale la propria terra, concependo continue “parole d’amore” per essa, per la sua isola, “terra impareggiabile”? Parole necessariamente curate, scelte per impedire al sentimento di traboccare, parole che, nonostante tutto, colpiscono e turbano: Io non ho che te, / cuore della mia razza / Di te amore m’attrista, / mia terra […] (Isola). Leggendo questa ed altre liriche i miei alunni si sono appassionati, hanno scoperto il valore dell’appartenenza ad una terra illustre, hanno fatto entrare Quasimodo nel loro cuore, ritrovando nelle sue poesie e nella sua figura uno stimolo per ripensare la propria identità in termini positivi ed ottimistici, liberandosi dal peso di pregiudizi di chi artatamente vorrebbe alimentare ancora l’ennesimo complesso di inferiorità.
Angela Caruso

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