Pubblicato il 25/12/2017 12:33:23
«Ho ripassato piú volte gli Austriaci che non è cosa da leggersi corsivamente, va studiata passo per passo e non si è ancora finito. Approssimativamente: sono davanti a un’opera del ciclo classico, nel genere dei Satirici, piú verso Persio mi sembra che verso Orazio. Riesco cosí ad ammettere e comprendere qualche bad word, come quello che non proviene dal magma linguistico né poetico né impoetico: costituisce espressione, insieme ai frequenti nomi di farmaci e la chiamata del proprio stato fisico; anche qui resto nella tradizione satirica. Il proprio, ed il contemporaneo, lo vedo nel sollevamento di pezzi di realtà cone stanno, quasi un ready made poetico, un iperrealismo. Tutto sostenuto dalla grande e rara cultura, e dunque ben distinto dalla consuetudine lirica (lirica?) simile alle orchidee delicate che non hanno suolo. Vede che cerco di esprimermi, per dire che consento con questa dizione di cose che stanno come stanno, la rugueuse réalité di Rimbaud. Problema: il testo eccolo qua, non è impossibile che spiriti illuminati e coltivati lo comprendano, e cosí sarebbe data soddisfazione alla missione, dico missione, educativa della poesia. Giunge il punto che un tempo si diceva editoriale, oggi non so. La pubblicazione delle diverse antologie - sono antologie - prepara i movimenti prossimi, lo spero, dico forse, lo voglio almeno. Questo discorso è secondario, il fatto primario è che l'opera esiste, si fa leggere e calamita lo spirito come ha fatto con me [commento di Francesco Piselli a Qui gli Austriaci sono più severi dei Borboni, email 28/06/2015].
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