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Il sacrificio dei fiori dai petali dispari

di Adielle
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Pubblicato il 20/01/2013 03:34:16

Quel voltagabbana del tempo

 

ha lasciato una manata sul tuo volto

 

distratta com'eri da tutti quei discorsi

 

che prendevano il largo

 

dal duplice porto dei tuoi occhi

 

non te ne sei accorta che domani

 

guardandoti allo specchio

 

quella volta che era troppo tardi

 

per continuare a tradirsi

 

a farsi avanti a gonfiare il petto

 

e sperare che fossero dispari i petali

 

di quel fiore che hai reciso

 

non è bastato

 

a conservarti bella

 

solo la terra del prato lo piange ancora come un figlio

 

con lacrime di coccodrillo e nessuna ghirlanda

 

quante foglie hai visto cadere quest'anno?

 

Tante da farne almeno un giaciglio

 

su cui consumare due corpi acerbi di cera 

 

tesi nello spasmo ingenuo 

 

di un confidenziale reciproco "ti voglio"

 

nuvole di desiderio  a lume di candela

 

sottratte al fango appena in tempo

 

dal sottile velo della pelle

 

con le vene tutte in superficie

 

a metter radici nella carne

 

prima che vengano i vermi a mangiarne 

 

e farne bottino.

 

 

 

Dove andremo a finire

 

quando anche queste bocche sanguinarie

 

non avranno più di cosa dire?

 

Dal pozzo della memoria io non attingo

 

che per bere di piccoli sorsi

 

il resto è sete e oblio, al limite del ridicolo

 

sete d'oblio.

 

 

 

La vanagloria dei ricordi t'assottiglia le caviglie Caramia

 

rendendo giustizia alla straordinaria fattura delle ossa

 

e ti schizzano gli zigomi come ai tossici

 

le tue giunture nodose

 

verranno al pettine delle mie dita

 

come corteccia

 

c'è ancora chi la taglia

 

per lasciare piccoli cuori nel bosco

 

ad arrugginire disadorni

 

di tutte quelle carezze

 

che non abbiamo meritato di farci.

 

 

 

Certo, quando il ruggire nervoso

 

della falena sonnambula

 

ci colse di sorpresa sulla soglia di casa

 

col suo sbatter d'ali e d'ancore

 

demmo la colpa alla luce dimenticata accesa

 

alla finestra aperta

 

e all'innata voglia di schiantare

 

dell'insetto senza sonno

 

ma la colpa è sempre nostra

 

se facciamo quello che facciamo

 

e qualcuno si fa male

 

volava più non vola, la sua condanna

 

e la nostra?

 

 

 

Ammettere che il cuore ti bruci in seno

 

quando ti guardo negli occhi

 

e te li spoglio coi miei occhi nudi

 

risulta anacronistico e fuori tema

 

di questi tempi

 

si finge di fingere e comunque non si è veri.

 

Filosofo dentro e puttana fuori

 

sarebbe una combinazione micidiale

 

con cui affrontare la stagione decisiva

 

per capire chi governa il mondo e come

 

tu ci vai vicina, devi aggiustare le proporzioni.

 

Di tutt'erba un fascio e del fascio un rogo

 

per scaldarmi le mani

 

io la Luna e i falò

 

impegnati in un discorso senza fondo.

 

 

 

Conquistare un posto di non freddo, di non morte

 

per dare la possibiltà al pensiero

 

di farsi sangue e vento

 

magari tra le tue cosce testarde

 

leccarle come ferite a lingua avvelenata

 

per contagiarsi e sopravvivere malati

 

alla ferocia di questi giorni

 

che hanno deposto il loro senso 

 

come veste sulla riva

 

più bugiardi della notte.

 

Nuotavi dove non si tocca

 

dando la tua forma all'acqua

 

lasciando che passassero dalla bocca

 

solo quelle parole che potevano servire

 

ad accorciare le distanze

 

< vieni a Me> cantava la sirena

 

ed io ero sordo paralizzato e basta

 

la mia anima ancora ne trema

 

continuando a cercare i suoi cocci

 

tra le sabbie di quella spiaggia

 

una clessidra rotta          

 

vado e vengo dai miei stati d'assenza come l'onda

 

senza sosta

 

quanto ho pregato quando ti ho vista 

 

scrollarti di dosso quell'estate

 

come se niente ti avesse scalfita a parte il sole

 

che un dio qualunque ti comprasse per me

 

ma non si muove foglia che dio non voglia

 

e lui non vuole

 

a quanto pare non è questa la stagione che mi consola.

 

 

 

Tornano le rondini per un ultimo passaggio

 

le loro ali hanno punte dappertutto

 

s'affilano con l'aria

 

ci bucano le nuvole

 

e si aprono le vene

 

mentre prendiamo la mira per colmare il bicchiere

 

col nostro stesso sangue:

 

cara la Luna sta sera falcia ancora

 

non c'è pienezza in lei

 

che non possa deporre le sue forme

 

nello sguardo del pastore

 

o nel canto del lupo

 

solo ali di farfalle nere e corteccia intorno

 

per dirti che sei bella

 

ma già l'ombra ti consuma

 

sembri un vuoto da riempire, un'ansa

 

e il desiderio di essere fiume

 

ti avessi presa almeno una volta

 

ora potrei dire di averti persa e farne la mia croce

 

invece conto le mosche

 

volare via di mio pugno.

 

 

 

Ride di me quel voltagabbana del tempo

 

mentre mi guardo sotto il tuo stesso cielo

 

riflesso nello stagno del mio inconscio

 

e non mi riconosco

 

non grido, non piango, non chiedo perdono

 

vivo sospeso: chi sono? dove mi trovo?

 

e tu non mi rispondi dall'altra parte dello specchio

 

ma vaffanculo

 

ad alta voce un' altra volta

 

sto parlando da solo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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