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Tentativo autobiografico in cinque movimenti

di Antonio Ciavolino
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Pubblicato il 02/09/2014 15:39:19





i - Ho tessuto trame di speranza
per rammendare l`anima mia 
lisa nel cuore del mondo;

ho cantato canzoni liete
al mare silenzioso del mattino 
mentre calava la luna di marzo. 

Con la veste lacerata di scirocco,
ho contemplato nubi a perdifiato. 
Ho conosciuto le danze della musica,
le coppe del vino, i baci dell'amata.

Ora lascio:
lascio l`ombra dell'albero, 

gli usignoli in giardino, il respiro 
tenue del tempo. Roma, New York:

il passato, il futuro; il presente 
rivoltato, abbattuto dal nulla; 
la mia fantasia insana, 
le strade secondarie,


le pozze della marea; 
il pianto lontano dei gatti. 
Sussurri, l'anima mia, 
tutta la notte.

^

 

ii - La quota della somma mia m'è vana:

      che vuoi che ti racconti: i salti d'anima
      sul ciglio della strada nell'attesa
      di un'altra morte nuova? Il fondo
      dopo il fondo; il sangue che rovina?

      Fammi ragazzo ed olio sopra l'acqua,
      chè tale resta, a galleggiare,
      dopo i naufragi, le derive,
      troppe navigazioni, la zattera ed il fato,
      la mia sopravvivenza.

^

 iii - Passo in rassegna i ricordi

come un usuraio, il suo oro:

 

rammento

 

i giorni del mio tempo
già tersamente oltre
la cuspide del giro:

 

le esaltazioni alate,
fragili e le cadute;
l'oblio delle moderazioni
nell'eccesso, l'età degli ori;

 

lo scacco matto
e più, le privazioni
nel disagio senza soccorso
o tregua. Un capitolo d'anni
sfogliati in fretta,
lentamente: tenebre e luci.


Rammendo

 

questi sette squarci laceri
sul manto mio consunto,
indefinito, che a nominar,
potrei azzardare:

anima.

Il ciclo che continua
intorno al nucleo,
prego che non s'arresti,

se non è dato il caso,

ogni uomo è prigioniero
dei suoi dèi.

 

^




iiii - Quando la giostra 
delle occasioni mancate 
vortica senza freni 
e non c'è altare 
né consolazione, 
alcuna voce in coro, 
solo, 
io sono l'uomo: 

sono l'uomo del desiderio,
guido l'anima all'inferno 
ad esaudirsi 
e la discesa tiene obliqua 
mente agli inferi e discende, 
scortata d'angeli e diavoli incatenati

allo stesso mistero,

tra la notte e l'alba, insostenibili, 
a centomila piedi,
io sono l'uomo:

sono l'uomo delle chimere,
troppo distante al cielo 
che si fa più chiaro, forse indicibile, 
penetrando il ventre della terra, 
in attimo angolare, 
incandescente magma 
nel cuore di pietra della madre 
e non c'è nulla, niente 

che voglio significare
ad esclusione di 
un'immersione a fondo 
nelle memorie di questo mondo 
là dove la parola si fa follia ed io

sono l'uomo delle promesse, 
senza sapere come.

 

^

 

v - Uso del mare fare mio rifugio
e naufragando inabissarvi l'indole
o navigando, in un delirio d'albatri.
Sangue salmastro a scorrere le vene
e sale e sole ad affondare rughe.
Lungo il nuraghe ai muri dell'acanto,
campo celeste e limite del cielo.

Sono rinato d'acque
che schiarano lo sguardo,
son rete di tonnara
e vela senza tempo
o notte di bonaccia,


urlo di fortunale.
Cuore colmo d'oceano
che frange palpitando,
tavola del mio olio,
talora goccia in pianto.


***


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