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Aspettando l’alba

di Ettore Lomaglio Silvestri
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Pubblicato il 07/03/2015 14:01:39

Aspettando l’alba

 
Voglio vedere l’alba

Di questa mattina

L’alba di un agosto,

per me che vado a letto tardi,

e tardi mi sveglio,

l’alba mi trova sognante

ed incapace di visitarla,

nella mia vita ho visto

molti più vesperi,

l’inverno ne è pieno,

ma oggi la luna,

calante verso la scomparsa,

c’era già prima del tramonto,

pochi giorni fa

essa era piena alta nel cielo,

che illuminava le acque del porto,

poco dopo il calar del sole,

chissà se ci sarà,

domani alle lodi,

all’alba che ora attendo,

sveglio e chino

su questo foglio

nel mio letto che non mi rinfresca,

sento il desiderio dell’acqua

or ora mi son sciacquato

il volto forse stanco 

che da diciassette ore

è teso con lo sguardo,

e mostra il color bianco

ma non sente il dolore

per non esser codardo

e lotto, ancora tre ore,

forse meno,

ed il sole 

sorgerà da lontano,

annunciando l’agosto,    
mese torrido,

ma oggi ha piovuto,

che strano il tempo quest’anno

non ci lascia liberi,

ancora non ho visto il mare,

ed oggi che potevo andarci

le nuvole m’hanno bloccato

nella mia casa,

grande ma senza balconi,

da dove si vedono auto

che vanno e vengono

su un’autostrada di città,

un po’ gli occhi mi bruciano,

ma resisto,

e dalla mia casa di città,

dieci stanze

ma tutta cucina e camera da letto

sono andato al parco pubblico,

per vedere un po’ di amici, 

che lì si reincontrano ogni sera,

chi racconta il bagno sotto la pioggia, 

chi progetta una partita,

chi chiama due ragazze

per attaccare discorso,

ma tutti ci muoviamo

verso le nostre case,

quando giunge la notte,

perché c’è chi domani va a lavorare,

io, invece, rimango qui,

e posso dormire o vivere,

come voglio,

domani nessuno mi sveglierà,

nessuno mi vorrà,

ed io, libero,

potrò alzarmi quando vorrò,

o non alzarmi,

solo il pranzo mi richiama,

rito solenne a cui nessuno  
rifiuta di partecipare,

il piatto è pieno,

fra un po’ sarà vuoto,

e mi riposerò a volontà dopo,

fino all’ora del parco, 

così è trascorso questo luglio già terminato,

e così trascorrerà il resto dell’estate,

magnifica stagione,

ma poi giungerà un autunno,

che toglierà tanto alla libertà,

si ricomincia a studiare,

anch’io dovrò lavorare,

non potrò rivederla più l’alba,

ogni giorno sarà più corto,

si andrà a letto presto, 

il freddo metterà le coperte

al mio leggerissimo letto, vestirà le mie frettolose carni,

di pesanti abiti di lana,

tornerà la stufa riposta in cantina,

le finestre rimarranno chiuse,

il parco non ci sarà più,

tristi pagine di libri 

di diritto romano mi attendono,

fredde aule di università,

nemmeno il calore delle mie vecchie amicizie

mi riscalderà,

chi è partito per luoghi lontani

chi rimarrà nella mia città

ma ciascuno per la sua strada

inesorabilmente perso l’amico,

l’inverno si avvicinerà ancora,

più freddo alla mia casa,

e forse mi sveglierò allo scuro,

e dopo il pranzo ancora tornerà  il buio,

il letto sempre più pesante,
lo studio più forte,

ma un’altra alba vedrò, 

al Natale che giunge,

ed ancora un nuovo anno

tornerà a far gioire

per l’amico che ritorna

due lieti settimane attendono,

e poi,

dopo l’Epifania,

di nuovo a lavorare,

ma con uno spirito diverso,

qualcosa cambia,

ma la Pasqua è ancora lontana,

ancora il freddo attende,

più forte,

eppure la primavera è vicina,

dopo le tremende nevi,

le piogge del mese pazzerello,

e finalmente il dolce dormire

ed il ristoro della

prima vera stagione

forse più bella,

i letti si alleggeriscono,

più gioioso torna lo studio,

e di più splenderà il sole, 

riscaldandoci sempre più

fino alle vacanze,

quando,

come stanotte,

tornerò ad attendere l’alba, 

per una notte almeno.

Ora mancano due ore,

meno duro è il sonno,

non so se resisterò,

fra un po’ aprirò le finestre,

e come l’anno scorso 

sentii cantare i galli dopo di me,

in una mattina di giugno,

oggi godrò del fresco mattutino,

che rinfranca l’animo,

e sento musica,
forse mi terrà sveglio.

 

Ti prego,

vieni presto alba,

e sii luminosa

come per la prima  mattina d’agosto,

sii fresca

che non abbia a soffrire

il caldo durante il giorno,

sono le quattro,

un po’ di chiaro trasparirà all’orizzonte,

alba di città,

tardiva appari allo sguardo,

forse non sei suggestiva 

vista dal basso,

ma io m’accontento

di scrutarti dalla mia finestra,

col silenzio sulla strada che non fa dormire,

ma che ora sembra chiusa,

sei la mia alba questa notte,

di cui ho visto il tramonto,

questa mia notte,

fresca come una notte di mezz’estate,

breve da vivere,

vorrei essere su una  dorata spiaggia sabbiosa,

infinita per scrutare il sole che sorge dal mare,

accarezzato da una dolce brezza,

vorrei essere su un monte

per vedere ancora prima

emergere dallo spartiacque

il primo fugace raggio,

ancora più luminoso

delle bianche nevi ancora persistenti

sui ghiacciai da cui sembra scivolare il sole,

vorrei poter volare

per andare incontro al sole 

mentre sorge,
vorrei essere un pesce

per sentire il suo calore

prima che da terra sia visibile,

sono qui sul mio letto

a centodieci minuti dall’alba

col rischio di addormentarmi

e penso

ad uno stupendo tramonto

su una sublime spiaggia

col mio vecchio Amore di un anno fa

in una gita a maggio,

i suoi occhi lucevano,

al rosso del sole,

e la sua voce era splendida,

ed i miei occhi piangenti

fissavano il tramonto nelle sue pupille,

peccato che è rimasto solo quel ricordo,

non lo meritava,

mai più così bei tramonti

il mio cuore ha passato,

e se ci fosse lei ora,

forse non scriverei,

ma l’alba sarebbe giunta più veloce

su quella spiaggia,

ed ancora cento i minuti che mi distaccano,

riascolto ora una stupenda canzone

di vent’anni fa

mi ricorda

la più bella città da me conosciuta,

l’Eterna,

la Caput mundi,

l’Irripetibile,

le più belle albe le ho vissute lì,

quella del gallo, 

quella della Stazione,

incredibile crocevia di mille civiltà,

molti non pensavano
ad un’alba che sorgeva su Roma,

ma io giungevo colla corriera proprio all’alba,

e piangevo vedendo pian piano

l’Eterna buia dal milione di luci insieme accese,

che pian piano si schiariva, 

ed entrando da Cinecittà chiusa

ma così piena di ricordi

ed attraversando Roma mentre si svegliava,

le strade si riempivano

e si giungeva al centro

già alle otto del mattino,

quando i Palazzacci si riempivano di impiegati,

e la Stazione già brulicava

di stranieri ricchi e straccioni,

di coloro che scappavano,

e di coloro che ci vivevano

chissà da quando

forse ancora per poco,

i treni che arrivavano e partivano,

e per me che amo la gente

era uno spettacolo stupendo,

nei sotterranei,

per la metro

i lunghi corridoi

a volte percorsi lentamente

perché non si attendeva mai a lungo,

e l’alba era veramente 

l’inizio della vita,

non era solo il sole

che sorgeva lontano

ma era la luce di quella città che sorgeva,

e con essa

la vita di un popolo

a cui io appartengo
ed ogni alba mi ricorda quella di Roma,

con gli autobus

che partivano a centinaia

verso le mille strade di Roma

che portano in tutto il mondo,

con i taxi che fuggono

con i primi clienti,

con me,

che forse volevo godere il sogno romano

e andavo verso le più belle vie a piedi,

verso il meraviglioso Pincio,

alto sui colli.

 

L’alba è come un ritorno 

a vivere, 

ma spesso è dimenticata,

ed il sole trova pochi a dargli il benvenuto,

da cento minuti scrivo,

e fra ottanta sorge il sole,

vado a farmi un the,

sarà dolce quest’alba?   

 


Scritta il primo di agosto del 1991..


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