Pubblicato il 01/08/2015 17:59:08
La parola può restaurare il mondo
Cosa spero di aggiungere alla fusoliera del cielo che si staglia con il suo scafo appena affrescato da uno scroscio di pioggia? Cosa spero di aggiungere alla civetta che si tiene a un segnale di stop e sembra guidare il flusso interiore della prima notte d’agosto? Quale vanità mi spinge a restare seduto nell’alcova dello schermo a pigiare parole a corrente alternata convinto che il segreto sia celato nel baco accecante dell’ammaccatura? Quale grandezza mi spoglia fino al punto da farmi bramare trucioli di mondo infuocati, emboli di sicomori, bramiti di amori mancati per sempre? Quale mistero tiene in piedi una poesia sul crinale del foglio? Forse le fondamenta di cetra nascoste nel calcestruzzo, forse niente di più di un’oscura combinazione, la stessa che fa sostare i rondoni nella tane d’amianto dei tetti scaduti, la stessa che tiene la foglia ostaggio del ramo più alto. Cosa spero di aggiungere allora? Niente davvero, posso solo offrire intensa attenzione alle ustioni nascoste, liberare un esile squarcio da una retina oziosa, estirpare le erbacce proliferate sul contorno delle imbarcazioni.
La parola lavora al restauro del mondo solo se rinasce come interna azione.
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