Pubblicato il 27/09/2015 17:26:26
Verso dove
Certa solitudine si accalca alla miseria, alla clausura taciuta come un peccato di lupara. Certa solitudine serpeggia nelle vite restate residue, deforma i nostri accenti infantili, si diffonde nei viali alberati adibiti a conforme successo.
Questo incedere del mercato globale assomiglia un’efficiente camicia di forza dove tutto rimane impellente e sedato agitato dalla sola diffusione virale. Staccati dai nostri segmenti vitali restiamo stranieri ambulanti privati di un fiume che scorre.
In Giappone, sulle porte di settembre, molti giovani muoiono suicidi, accasciati samurai ripudiati dal tepore del coraggio. I nostri vecchi se ne stanno scostati confinati con i cellulari comprati per segnalare la loro presenza, hanno lenti spesse e numeri ampi sulla tastiera della memoria. Questo perduto raccordo, questo profondo patire ha radici lontane, ha corpi a lungo saziati, ma menti smarrite d’ali senzienti.
Tornare alla terra umana, ai pulsanti capillari dispiegati a fuoco lento nella vocazione della faccia. Tornare alla bellezza lievitata nella torsione del pane invisibile, fino a saldare al cosmo il solco dell’anima irrigua.
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