Pubblicato il 28/08/2016 09:46:41
Dopo, il mattino cominciò a vagare Intorno alla bellezza di una sola rosa alta sullo sfarinamento delle facciate e dei balconi sempre coniugati all’aria. L’inspiegabile mistero della persistenza del colore e del suo bellissimo aroma piovve sul convulso dolore degli occhi che guardavano il mistero del finire: il bagliore rossiccio della polvere là dove c’era il ricordo di tanti gesti buoni e di un nugolo di rondini volate via dal melograno verso il settentrione. Sul davanzale di quella finestra due bambine cantavano così allegramente, ieri, nella luce del sole che illumina adesso i profili irregolari dei muri come la loro scrittura infantile. Tutto si è spalancato alle parole “mai più”, ai fiumi che nella notte sono bende d’argento sulla fronte dei morti così fermi e silenti, sulla loro materia stanca che più non vacillerà di desideri. Io non posso, non posso altro che farmi conca che accoglie la breve fiamma delle vostre vite, lingua che mette in fila i vostri nomi come grani di un rosario d’amore. Posso restarvi accanto questa notte come una mandorla sgusciata, come un destino ineluttabile, un intimo sentimento primordiale. Quella rosa così rossa che cresce senza acqua, senza giardino, senza cura, ci ricorda che nessuno è al sicuro, che su tutto e su tutti sempre si stende lo struggimento di una bellezza solitaria, un bagliore di luce che si perde.
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