Le cose da dirti.
Ah, le cose da dirti.
Credo siano ancora là,
imbrigliate con muso di cavalli
e gobba di dromedari
fra alberi che oggi non erano i miei.
E' buffa la sensazione di non
sentirmi più di questa terra,
di esserle scivolata via dal ventre
con l'inghippo doloroso di un aborto,
di un travaso finito male.
Ma non le somiglio più, amore,
da quando mi hai versata fra
costole e fianco.
Non ricordo la filettatura dei pini
verso Gaeta, quante volte ho visto
Roma, il rumore che gonfia sotto
i vial idi Venafro.
Credo che faticherei anche
a riconoscere il profilo di certe
usanze con cui sono nata.
Adesso ho i tuoi odori e
le tue congetture,
il tuo passo di palazzi e angoli con la
gola arrossata dai passanti, dal vociare
della fretta, dalla maleducazione
impaziente dell'ora di punta.
Adesso non mi somigliano
il fiordo ed i gomiti di bouganville,
i gradini brillati contro natura fra le rocce,
le scorciatoie/ nascondino,
i bui intestini saraceni di Amalfi,
le feritoie sgorbiate lungo i sentieri,
e queste case a picco che sembrano
gatti appena partoriti,
ciechi agglomerati ancora
caldi di voglia e di spinta.
Adesso sono tua,
e sono tue le mie ossa:
puoi rimpiazzarle a piacimento
con il disegno che preferisci,
puoi, credo, perfino smontarmi
e ricompormi laddove
ti sembro più idonea.
Non appartengo se non alle cose
che mi hai affidato.
E se fosse solo un giorno,
mi accontenterò.
Accudendolo.
Madre almeno allora.
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