La diatriba frettolosa tra l' anima e la rosa
si punge con le spine
palati a fosse, avvolti da nuvole vicine
nascondono labbra dalla pioggia
per la voglia di non dire
e stare zitte, nell' infinito della notte
che conduce a nuove stelle
ogni volta che produce chiare tenebre
a denti stretti, per trattenere le parole
che svelerebbero l'amore clandestino per la Luna,
la miseria vergine dei pensieri controluce
la tradizionale solitudine di un' anima cupa
si tengono alle caviglie del tempo che fugge
pur di tirare il collo alla fortuna
nemiche amiche in fin di vita
radici di pianura, rami al vento che consuma
la sua voce tra le foglie
con dita ancora forti scava a terra le sue tombe
da cui nascano fiori e meraviglie
ogni santa primavera, che lo voglia o non lo voglia
come il mare che si sente
in una conchiglia colta in spiaggia.
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