(Dal libro "Nelle trasparenze caotiche di nuvola perpetua")
Girerò il mondo quattordici volte
e dirò a quattordici stelle il tuo nome
e quattordici volte dirò ti amo
ad ogni metro che percorrerò
per raggiungere la meta.
Quattordici è il giorno nel quale sei sbocciata.
La terra ti ha donato il suo grembo,
il cielo ti ha battezzato,
i crespi torrenti ti hanno cresciuta,
ed ora io ti colgo, ti rubo,
ti pianto nel mio povero giardino
e sei così rossa, così bella,
da non poter più fare a meno
di accarezzare i tuoi petali
e solleticare il tuo gambo.
Ma devo ancora partire
e il tuo profumo sarà la mia guida.
E al ritorno mangeremo lo stesso pane,
berremo dallo stesso bicchiere
e ammazzeremo il tempo giocando nudi,
coprendoci di orgasmi e carezze,
sconfinando i suoi limiti,
unendo il dì alla sera
come i nostri corpi incollati, incastrati.
Ci seppelliremo così.
Ci faremo seppellire così,
nudi, ricoperti d'orgasmo, incastrati.
Così ci addormenteremo;
stesi nelle città del tempo,
nei meandri delle colonne di Babele,
sulle coste di Itaca
e su quattordici stelle,
dove avremo lo spazio
di non dividerci mai.
Anche la morte ci avrà uniti e vivi.
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