Armando Bettozzi
Calvario di resurrezione
Poche lacrime dagli occhi pe’ una morte d’innocente.
Ma cocente è quello strazio muto e asciutto d’una madre.
Per volere di suo padre che apparir può duro e ingiusto.
Né una marcia d’accompagno atta a sostentare i passi
tra la polvere ed i sassi, colle spine conficcate,
le frustate e gli sberleffi e i dolori lancinanti.
Le cadute sotto il peso, con la terra nella bocca,
no una brocca, un sorso d’acqua, col sudor che si fa sangue;
ancorato al legno, langue, che lo pigia…che lo schiaccia.
Lance, chiodi, mazze, fiele…Questo è quel che ha meritato
pe’ esser nato qual mortale, per salvare il mondo, perso,
con l’amor suo grande e terso…fino al tragico momento.
Non è affatto disperato, sta morendo, ma è sereno
ché la fede non vien meno, che s’avveri la scrittura
pur se dura e tanto atroce è la sofferenza in croce.
E - inchiodato - è lì che spira Gesù Cristo per far dono
d’una vita - la più santa - pel perdono dei peccati
e ai suoi piedi – costernati – stan Maria con Giovanni.
Piange pure la natura, il ciel si oscura…è il terremoto.
E s’avverte un grande vuoto mentre il corpo vien disteso
nella tomba, da cui illeso se n’è uscito il terzo giorno.
È passato dagli amici per mostrare la sua gloria,
la vittoria sulla morte, e Tommaso ha...messo il dito…
“Sì, son io risuscitato, come avevo già avvertito.”
“Ora andate a dire al mondo tutto quel che avete visto,
dite a tutti: Gesù Cristo figlio vero del Dio vero
per davvero è nato uomo, per davvero è morto…e è vivo!
E da vivo – mi vedete – sto tornando in paradiso.
Ma il mio viso ve lo lascio stampigliato in un sudario.
Il perdono, anche, ho lasciato dalla croce sul Calvario”.
Ma non tutti hanno creduto…Ma non tuti hanno capito.
Però…il dito non più è ammesso…e beato è ognun che crede.
Va cercato, o ritrovato, nel tesoro della Fede!
Armando Bettozzi - Pasqua
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