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Ditirambo D’una Notte D’inverno

di Domenico De Ferraro
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Pubblicato il 20/01/2019 19:19:07

Ditirambo  D’una Notte D’inverno

 

 

 

Il tempo ha ferito il nostro spirito , la  trascinato  dentro  un delirio di versi,  la  trascinato lontano dove nulla ha più senso , dove il mondo rifugge in frasi fatte in movimenti asincroni che inducono all’incertezza , dove ripiega la vita  in un amore troppo povero per volare aggrappati in  due. Dove finiscono i nostri sogni , dove rimaniamo  nudi , dove tutto è  incominciato.  In un vento solitario  che ci trasporta lontano nei giorni essenziali  in quella malia che libera noi stessi dal male legato a molte vite spese in un destino duro , freddo  al tatto . In punta di piedi guardare il mondo dormire con tutti i suoi strani desideri con la bocca aperta con una donna accanto.

 

Questo tempo  mi ha portato in case,  in ospedali , mi ha portato per mano lungo strade solitarie nella tua bellezza nel tuo coito,  nell’amore ramingo che muta pelle che brama assettato il sesso ed il senso di una frase scolpita nell’anima , nello spirito di mille canzoni che s’elevano nel vago udire nella sorte infame,  falsa fuggiasca che schiuma spreme le cervella e canta la sua misera vita.  Rimanere  fuori al balcone , affacciato a  guardare  la città addormentata , senza chiedere cosa siamo.  Io in  questo mio dolore in rima pronto a partire,  pronto a cedere in  dolce e meste  rimembranze,  vado via nel vento , sono quello che sono,  proverò a volare,  proverò a cambiare.  Quando tutto il mondo mi avrà dato un altro nome,  quando sarò vicino al tuo cuore,  sarò pari  ad un gigante del pensiero , sarò la speranza spezzata in mille pezzi , sarò l’altro che ti siede accanto nel tram, sarò la tua ancora di  salvezza.

 

Conquisterai  il mio cuore

Sarò veloce nel baciarti

Non basta essere ciò che siamo

Salgo sulla nave  di corsa

Sono malato  d’amore

Il mare ci spinge con le sue onde , oltre il porto

Chiedimi chi sono,  nella sera che bussa alla porta

Vorrei ritornare bambino come un tempo crescere nei miei sogni

Sei rimasto li per ore ad ascoltare le voci della  città

Volevo afferrare il senso della realtà

Nulla ha  più senso di  noi stessi

Mi muovo nella mia vita con il peso degli anni

Baciami adesso

Non posso,  sono sul punto di una vita spesa in fretta

Hai perso il tuo tempo

Lo ricorro nel vento

Afferra le mie mani

Ti prego non sporcare questo sogno di sangue

Chiedimi dove andremo

C’è mia madre che m’attende

Sono sola nel mio amore

Ridi. I sogni che dal cuore mi fiorivano come triste, come triste dileguare,

alba, io veggo a 'l mar, flottiglie candide di náutili!

Io sono il frutto di un amore acerbò che maturò  al sole di giugno in un pugno di parole legate ad un amore fantasma.  Fuggo nella furia dei sensi  dall’origine del male che mi perseguita poscia mi conduce ignaro per foschi  colli  nelle  profondità  del  vivere moderno. Lama  conficcata  nel cranio di un vecchio dio che dorme su un  letto d’alloro,  sulla sponda di un fiume che scorre e trascina i corpi dei vagabondi , dei derelitti , dei senza tetto , di chi giace già in una fossa.  

La vita è  crudele quando questo marcio amore .

Mi ronzano pe 'l capo sonnolente in quest'arsura immensa i versi a sciame senza pietà, qual turbine lucente di scarabei da putrido carcame.

Sono sul punto dal non capire chi sono, un fuggire lasso in   una forma triste che mi perseguita  mi conduce nel  caso  infame,  nella notte dai mille  volti , sul  tuo corpo nudo.  Ingrata  stagione,  figlia dei miei lascivi versi,  figlia di ciò che amai in  una sola notte , in  me stesso,  nel principio che assimila le memorie degli eroi  e mi trasforma in un leone o in  in un vile essere che  per  meste esperienze  bruciano  come la stoppa sopra al fuoco delle passioni.

Vorrei  vivere

Mi spoglio del mio bene

Calato lo  panaro signora

Siamo qui , non ci vedete

Tutti pronti a cantare una nuova canzone

Tutti come un dio senza nome

Che vile vita

Mi offendi,  non credi

Sei rimasto da solo

Non dispero ne oso parlare degli altri

Sei come ieri

Sono nel gioco del dare e dell’avere

Sei mio figlio

Sono il tuo principe azzurro

Non farmi ridere te ne prego

Perché non getti via questa maschera

Brucio dentro le mie passioni

Forse dovremmo smettere di vederci

Lo credo anch’io

Siamo troppo vecchi ormai

Sei rimasta la stessa di ieri

Io cerco a bocca aperta, avidamente, un po' di rezzo qui sotto le rame: dinanzi, l'Adriatico silente

ha barbagli terribili di lame

Lungo questo  costa andai , immemore di ciò che ero,  con ardore con lo zaino pieno di mesti canti  che danzano per me come nibelunghi  ubriachi  d’itali amori. Lungo il mio cuore solitario nella festa delle ninfe , nella bramosia del peccato nel punto in cui sono,  come un assolo  jazz che mi conduce per disgrazie ed estremi lirismi , isterismi impropri , oggetto d’amori carnali . Oggi sono il fuoco , sono la tua passione verace,  l’ultimo amore che brami a braccia aperte dentro un letto di spine,  con il tuo animo ferito con la vita che ti trascina dentro una bara.

Ho cercato di cambiare

Ci sei riuscito in parte

Prendi un caffè ?

Sono troppo pudica per essere nuda davanti a te

Sei rimasta una bambina

Sono qui che piango me stessa

Il modo non ha colpa

Ero pronta a partire con te verso altre terre

Rimane  il mio spirito , il mio amore segreto

Non mi guardi e ne mi aduli più come un tempo

Viviamo di illusioni mia cara

Sei bello dentro il tuo odio

Sono un uomo dentro al suo  destino

Mi conduci in dimensioni inopportune

Sei qui con me non basta

Prendi la mia mano

Tu afferra il mio corpo

Lasso,  meschino scherzo senza comprendere che  la sorte ci ha reso cosi simile al nostro peccato nella vana gloria degli atti , uniti al desiderio di una vita infame,  forse fatta di sole parole legate al carro d’apollo . Fuori la porta di un epoca troppo cattiva,  troppo caotica che accumula fortune e falsi miti , industrie,  palazzi , edifici pubblici , alcove segrete,  letti d’ospedali.

Vien per la spiaggia lento il funereo corteo seguendo croce e cadavere:

sol qualche risucchio di fiotto, qualche singhiozzo di strozza umana

Pazzo , sono nel non aver compreso me stesso , il mio dolore di padre,  pazzo sono stato a cadere nel pozzo con tutti i miei desideri , con la sorte stracca  che danza intorno ad una croce in fiamme.  Solo dentro una sagrestia , con un sconosciuto chierico,  che mi domanda quando sono morto. Ed ora non provo dolore,  neppure compassione,   piango  sul talamo nuziale la mia speme,  il frutto del mio amore venale, ed elevo il mio canto nell’inverno , inoltrato sopra il vivere spezzato dall’alito del chierico .  Fuggo dalla sorte megera , dal dannarsi per nulla,  come un trottola giro e rigiro dentro le mie storie perduto in questo amore. Un  mosaico che tiene in se mille pezzi diversi di versi e sostanze effimere figlie delle mie illusioni , figlie dell’ acerbo bene  che mi trascinerà dove il sole muore,  dove tutti hanno qualcosa  da dire.  Sarò nel mio vivere un amo gettato dentro il mare , sarò li in attesa che qualche pesce abbocchi ,  mi trascini ancora più in fondo alle mie storie ed in mille leggende vivrò di un amore grande quanto il mare .

Ora a  tratti a tratti  si rompe il silenzio greve; ne 'l cielo non una nuvola, non alberi a 'l piano, non vele spezzano  il  fascino de l'azzurro...

Fuggo dall’orrore dei giorni , dai morti messi ad essiccare al sole , fuggo nel mite azzurro , nella bellezza che presume ed induce nella forma che governa il mondo . Come un bambino bagnato di pianto come un figlio perduto dentro un sacco uterino, sotto   mille coperte di lana , in un amore severo , verso un altra storia,  lasso ed esule , figlio della mia sorte, perduto  nel canto di eurione che prova ad ammaliare gli dei ed incredulo suona la sua lira nel bel giardino delle esperidi,  tra  bionde dee,  tra cherubini e miti immemore del male . Con la bocca colma di  versi arcigni    freddi sollucheri  metri di nostra vita che ci conducono per mondi disordinati in oltretomba ed urbe desolate . Questa mia vita è un lungo viaggio nell’immagine di te che riempie il mondo d’amore , questo mio sogno è l’attimo di mille vite e sarò incredulo , forse bandito dalla città dei poeti e nei falsi miti sarò il signore dai mille volti.

Dietro la croce, dietro il cadavere, con litanie lunghe, allontanasi, va la pia carovana sotto la tragica luce immensa.

Ho bevuto l’assenzio,  ho bevuto dalle mani della vita,  dolci versi sugosi , mi sono tuffato nel tuo spirito nella morte di un tempo che attanaglia il vivere di memorie elleniche,  chete scemenze  fino all’osso nell’ossesso del sesso nella forma avulsa alla speranza alla mesta melodia di un mondo che continua a dormire nella  bella fiaba  d’Ermione.

Conquista il mio corpo

Rendi il mio dire felice

Non vendo parole

Sono io che cerco amore

Mi turbi con il tuo sguardo sornione

Mi svesto lesta e sono da te

Mi prendi per il deretano troppo onore poco gioco di squadra

Mi hai vista attendere  un amore maledetto

Ero sul punto di credere che fossi mia per sempre,

Sei rimasto ad aspettarmi

Ero deciso  d' andare fino in fondo

Mi hai baciate poi bruciata

Non volevo ferirti cercavo un  nuovo amore

Illegale vorrai dire come le rime senza lima

Come te che mi guardi con la bocca colma di baci

Sei tutto ciò che  sento

io credo d'essere l’odio che ti trascini seco

Respira  l’aria dei monti

Se potrei sarei un dio

Sei rimasto ad aspettare una nave carica di sogni

Ero  quello che cercavo

Non continuare a dannarti per un nome intriso di amori passati

Provo a convivere con il mio tempo con quello che sono

Sei troppo piccola nell’ordine delle cose

Sono l’ultimo amore , forse l’alba che s’affaccia

Canteremo con il resto dell’umanità la nostra storia

Sono qui che t’attendo con un cero in mano

Brucio nelle mie  passioni nell’insignificante foga amorosa

Pochi battiti d’ali  mi conducono lontano nel tempo in cui fummo,  nel passo di una danza nel vortice di versi  colorati in  volo come una farfalla sopra un mondo distrutto dall’odio

 

Si frangono le acque odorose con fievole musica a 'l lido; scintillano l'Orse ne 'l cielo profondo: un filo di luna su 'l mar tramontò.

Ed io veggente   andrò  in   volo come un gabbiano ubriaco d’amore,  ubriaco di canti , esule,  verso l’ossesso perso  nel  tempo in cui fui , come fosse me stesso o un altro , come nel  gioco delle ombre come sul  treno che passa,  come questo vivere disprezzato, diviso da mille misteri,  archetipi di un gioco verbale, confuso,  strano,  pazzo  forse più  folle di mia madre , forse più  bello del dio nascosto dentro di noi  luce  calante,  falce di luna sopra le nostre teste. Le nuvole mostrando il sorriso di un dio fedifrago , falso mito,  falso sogno ingordo ed  ingoio l’odio e l’amore del mondo,  dormo sotto un ponte come un  re di picche , il mio  canto  attraversa il tempo che porta oltre.  Verso Ladispoli, verso Bologna magna , note  dalle mille maglie colorate,  figlie  dell’ulivo del volgo dell’amore mosso  nel superbo cammino.

A tratti da le aie lontane mi giungono i canti co 'l vento; io veglio: da 'l cuore germoglia la strofe, ma bianca dinanzi la pagina sta.

Sono teso  nel testo,   apostolo , seggo dentro il caos dei mie versi,  nel soffrire  d’ amore che non regala all'animo pace.  Cerco dentro il mio verso sagace , spiegazioni , strofe amorfe fatte di  forme consone a  viluppi canori , ore morenti , mors tua vita mea.  E fingo dal credere nella possibilità di una redenzione ed azione il cambio , ingrano la marcia e vado di corsa per le strade della mia piccola  città . Sono li tra le meste tombe,  tra nomi altisonanti , sono dove ebbi modo di capire,  dove questa vita fumosa , falsa ed in fasce,  scema nella storia decantata  di un  inganno morale .  Nell'aurora l’ora tarda a venire , lesta pregna di buoni propositi,  tra  incerte rime,  eremite mitiche figlie di anni d’oro legate alla virtù di molti amori .

Ed ecco, supine le membra distendo a 'l richiamo de' sogni... Oh, vienmi su 'l petto, gentile vampiro; ti dono il mio sangue, la mia gioventù́.

Donami  l’ordine delle cose,   le molle membra,  belle a letto  che  dormono accanto al mio corpo come nel tempo dei signori della guerra.  Il sangue  scorre nelle mie vene , come il verso  greco   che preme contro il mio ventre  .  Mite  senza peccato con la morte accanto , con te sul mio seno,  nella mia vita  creo l’amore e fuggo dalla morte e  da ciò che sono.  Non voglio cadere in tranelli in anelli in molte rime  bisbetiche ,  eclettiche chete , tutte sole come verghe erette pronte a fare la guerra alle folte  fighe dell’isola di Samo. Sono sulla bocca di un fiume  che vedo  scorrere,   mi trascina a valle,  veggo immortale nella mia presunta genealogia l’amore che  mi conduce oltre ogni termine,  oltre ogni illusione , sopra il monte di venere . Seggo  e li rimango incredulo di molti amori mai assaporati ,  fuggo  e fingo di essere me stesso nel mio verseggiare,  originale,  svelto come il vigile vicino alla fiamma che doma con il suo idrante . Ed infine mi chiedo se mai   io  sarò  salvo,  nel  tempo che ha  arso il corso della mia povera storia .


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