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Salomè

di Marina Pacifici
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Pubblicato il 31/12/2010 08:45:33

Danzo la giava dell’inquietudine.
I miei sguardi dall’universo desolato
della mia solitudine
ti colpiscono come infuocati dardi
in questi giorni mestamente muti e sordi.

Vorticano al passo di fremente danza
i miei veli,
ammantano di lutto
i tuoi feriti pensieri.

Oltre ogni vicinanza
inesorabile l’infinita, incolmabile distanza.
E tutto diviene cena di beffa, follia e ipocrisia
nella sera invernale abbrunata dalla nostra malinconia.

Frastuono nell’inganno della torre di Babele
odi il mio disperato grido
nell’assordante, rassegnato silenzio
d’interminabili, oscure sere.

Eccomi,
sul palcoscenico vuoto
disincantata Salomè.

Cala il sipario
il pubblico va via.
Ho perduto anche Te
nel male di vivere della mia tenebrosa frenesia .

Mi celo dietro le quinte
dei miei tramontati sogni.

Stella mia lontana,
all’ultimo passo di giava
non saprai mai
fra lacrime di fuoco e pietrificata lava
quanto infinitamente nel rimpianto io T’agogni.

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