BLOODY FEBRUARY,
OR BURNING HELL
Simulacri le case della città, lungo strade e viali, attorno a piazze e se c'è il sole sulle facciate, d'universo tetto testa, terrazza spirito, occhi finestre, le porte disserrate all'insulto oppure al bacio su marmi e piastrelle di sangue attivo, in un salire e scendere sfalsati secondo umore, rumore, silenzi.
Non ero lontano, ma dopo zigzagamenti infruttuosi da slarghi a viottoli già tutto gelido d'ira: successo, insuccesso, giustizia, ingiustizia, vantaggio, svantaggio... insignificanti per me. Più mordace della verità sul cammino d'uno stanco buono a nulla in trance.
Adesso stavo sognando; d'un sognare piacevole... sogno d'auto, come gemono alle svolte di un porticato, nella notte che s'aggiorna al saluto sbrigativo d'una quinta torrefatta stagione per anno, al turchinio di migliaia di soli spezzati da un fottivento, a fàtica fatica fisso in cielo.
LOCUS POCUS – l'A.
Lì una mattina specchiata:
cielo terso, la terra blu.
Riordina dentro la tana,
RIEN VOILÀ L'ORDRE, ses jours.
Profuma, NO (Daumal), la febbre
rossa del radicchio infornato.
Sera pommes à la boulangère.
E questo esiste e non esiste,
giù, nel punto del suo sogno.
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