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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Interview with the poet


Testo proposto da LaRecherche.it

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Pubblicato il 27/02/2012 12:00:00

(Nella versione in inglese di Angharad Price)


Looking back I blame translation.
I began in nineteen seventy three
on the school yard. A bit of fun
it was at the beginning - a swear word
for the thrill of it -fuck off- and I liked to feel the smoke
of a second language at the back of my throat and the bitter
bite of its chemistry. I moved on
to whole sentences behind the shed
and suddenly the lessons in Welsh
were very boring. I then started with print,
read Jeeves & Wooster, the stories of James Bond
hidden between Welsh covers.
This worked for a while, until Mum
found Dick Francis inside the Bardd Cwsg
one night after chapel. I was told off,
was beaten. She was a pure woman:
one language for life. But it was too late
for me by then. I went on
to French and savoured Simenon's words
and Flaubert' s. I read more
for the same effect now and between every meal
devoured vocabularies so that I would not be bathed in sweat
in the cIassroom. One night I was made sick with fear.
After reading far too much Proust
I fainted. I returned to Welsh exclusively
for a while. But it was Ii1ce unsalted
porridge after the sugary taste
of those foreign sweets. Before long
I was translating but three languages
were not enough. I turned to German
and Rilke because the 'ch' sound
was already familiar. Gender
is part of the problem far a language fetishist
like me. An umlaut would make me sweat
far hours. I need a multilingual
man, but they are rare
in this area. Married. If I
had kept myself clean and my taste
more simple, the Welsh language would still
be alive today.

        Detective. You come from ]apan,
utter a word or two in my ear of your native Japanese
to give me an idea. Please, detective. I beg...


*

Interrogatorio alla poetessa

Guardando al passato, incolpo la traduzione.
Cominciai nel 73 nel cortile della scuola.
Fu persino divertente all'inizio
- Una parolaccia per il gusto del suo suono,
Fuck off - e mi piacque sentire l'odore
Di una seconda lingua in fondo alla gola,
Il morso amaro della sua chimica.
Passai così a frasi intere dietro la baracca
E tutto a un tratto molto noiose
Divennero le lezioni in gallese.
Allora passai alla scrittura,
Lessi Jeeves & Wooster e le storie di James Bond
Nascoste sotto copertine gallesi.
Funzionò per un po', finché la mamma
Trovò Dick Francis dentro il Bardd Cwsg
Una sera dopo la funzione. Fui sgridata, percossa.
Era una donna pura, la mamma:
Una lingua per la vita.
Per me era ormai troppo tardi, continuai
Con il francese e le parole saporite
Di Flaubert e Simenon. Dovetti però aumentare le dosi
Perché facessero effetto, trangugiavo dizionari
Dopo i pasti, non volevo fare
Brutte figure a lezione. Una notte mi salì la febbre,
Avevo esagerato con Proust
E svenni. Tornai solo al gaelico per un po'.
Ma ormai lo sentivo come porridge sciapo
Dopo il sapore forte di quei dolci stranieri.
Cominciai così a tradurre, ma tre lingue
Non bastavano più. Mi volsi anche al tedesco,
A Rilke, perché il suono col ci acca
Mi era già familiare. E il genere fa parte del gioco
Per una feticista della lingua come me:
Su un umlaut ero capace di sudare per ore.
Avrei bisogno di un partner poliglotta
Ma sono scarsi in questa zona. Sposàti.
Se mi fossi mantenuta pura, coi gusti semplici,
La lingua gallese oggi sarebbe ancora viva.
 
      Detective che vieni dal Giappone,
Insufflami all'orecchio una parola o due del tuo
Originale giapponese, solo per farmi un'idea.
Per favore, detective, ti prego...



[ Poesia tratta da Una piccola tabaccheria (Quaderno di traduzioni), a cura di Franco Buffoni, Marcos y Marcos, 2012 (pag. 284) ]



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