Parentesi
inedito
È la Storia a insegnarci
la possibilità di ricordare,
davanti alle immense macerie
ci sono i gesti più consueti
di un’animalità narrata, in-
enarrabile. Gli spettri procacciano
sostentamento dentro la carcassa
della nostra memoria,
carena spolpata e poi rimpinguata
da storie più recenti.
Strato dopo strato,
frammento su frammento, si coagula
la coscienza distinguendo,
tra miseria e rovine, il necessario,
l’angolo di vita, la luce serale
attraverso cui, per un istante,
traspare, succo di dolore, appiglio,
il bimbo che gioca
scalciando la testa del proprio cane
strappata al nemico.
La resa
Sul viso queste linee perfette
che la luce bagna appena.
Linee dall’alto che sfaldano la luce
ricadendo sulla bambina che dorme,
sui lineamenti dritti, dolci, verticali;
il viso della bambina è diverso
cambia come il giorno
come ogni giorno cambia
per somigliare a se stessa, diversa,
al diverso che cederà nel nulla
che già l’accompagna, rendendo
possibile la sua presenza attuale,
eterna.
Sul viso quelle linee perfette
ogni giorno perfette nella loro incoerenza
col perfetto che è sempre visione.
La visione è qualcosa che si arrende;
ancora, ogni tanto, combatto
con la mia resa,
la lingua diventa l’eco di un campo,
una lancia sospesa nel lancio,
non cade, salta.
La resa non ha obiettivi,
non sa definirsi, si bagna appena
rendendo.
Autunni d’interno (o Cubismi)
inedito
La luce, quella propizia, l’Autunno,
l’arancione di un’epoca,
il tramestio nelle pareti, l’eco
interna, nella stanza,
l’Autunno è dentro i passi in Messi il cane,
il nuovo sembra eterno nel sopore –
ogni suono è un ronzio che squillando
preme le pareti facendo uscire
un brodo melenso, una polta
che rincuora l’immagine ferma.
Il camino non c’è,
un ricordo cola materia
sul presente, il sopore rimane.