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O ciecho mondo.. - laude in tempore paschali

Argomento: Cultura

Saggio di Gio-Ma 

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Pubblicato il 26/03/2016 06:56:04

‘O CIECHO MONDO …’- laude in tempore paschali

Dal ‘Codice Musicale Panciatichi 26’, folio 65 recto (Sec. XV) della Biblioteca Nazionale di Firenze. Su musica di Jacopo da Bologna, incluso nel ‘Instrumental-Variation’ del Codex Faenza Biblioteca Comunale Ms 117 (Sec. XV).

‘O ciecho mondo di lusinghe
pieno
Mortal veleno in ciascun
tuo dilecto
Fallace pien d’inganni e
con sospetto
Però giàmai dite colui non
curi
Che’l frutto vuol gustar di
dolci fiori
Foll’è colui c’ha te diriga’l
freno
Quando a per men che
nulla quel ben perde
che sopra ogni altre amor
luç’è sta verde
Però … ‘

Da il ‘Primo Libro delle Laudi Spirituali a tre voci’ – Roma 1585

‘Chi vuol seguir la guerra
per far del Ciel’acquisto
su levisi da terra
e venga à farsi cavallier di
Christo.
Tu dolce mio Signore
perch’io non fussi vinto
soffristi ogni dolore
e’in campo aperto rimanesti
estinto.
Et io per te ne foco
sopporto ne flagello
ma tempo un picciol gioco
de fanciulli che dican’vello
vello.
Or che grave cordoglio
lo scudo che gittai
hoggi ripigliar voglio
ripigliar voglio e non
lasciarlo mai’.

Da ‘Tutti li otto toni a falso bordone’ di Vincenzo Ruffo – Vineggia 1578

‘Giorno orrendo ch’in faville
disfarà campagne e ville
scrive’l Re con le Sibille.
Alme che gran terrore
darà’l Giudice’n furore
giudicando con rigore.
Raccorrà l’orribile Tromba
tutti i morti d’ogni tomba
al Giudizio con gran romba.
Stupirà Morte e Natura
nel resurger Creatura
dall’antica sepoltura.
O tremenda Maestade
che l’uom salvi per bontade
salva me per tua pietade…
Tribunal di punizione
dona à me remissione
nanzi al dì, di far ragione.
Maddalena tu assolvestii
al Ladron pietate avesti
et à me speranza desti.
Condennate i maladetti
et al fuoco eterno strette
chiama me fra’ Benedetti.
Ch’io non sia all’eterno danno
condennat’in tanto affanno
quandoi morti surgeranno.
Et in quel giorno angoscioso
o Giesù giusto e pietoso
dona a lor pace e riposo’.

Il ‘Codex Faenza’ è un codice musicale manoscritto del XV secolo contenente una della più antiche collezioni di musica per tastiera al mondo è attualmente conservato alla Biblioteca comunale di Faenza; contiene 52 intavolature a due voci. La maggior parte delle composizioni sono adattamenti di pezzi vocali italiani e francesi della fine del secolo XIV di compositori celebri come Francesco Landini, Guillaume de Machaut e Jacopo da Bologna, oltreché alcuni brani di anonimi. Di alcuni pezzi si è persa la parte vocale, resta quindi la sola parte per tastiera. La maggiore parte dei pezzi trattano temi profani, ma figurano anche tematiche religiose, come un adattamento della ‘Missa Cunctipontens genitor Deus’.

Il ‘Manoscritto Panciatichi 26’ della Biblioteca Nazionale di Firenze tra le testimonianze del Trecento musicale italiano giuntici maggiormente integri, noto da sempre e da subito riconosciuto come uno dei più antichi – come qui di seguito illustra lo studioso Stefano Campagnolo – si allarga progressivamente in senso retrospettivo a comprendere i principali autori toscani del XIV secolo, per concludersi con una collezione di cacce e madrigali canonici. Pur facendo fede a un ordinamento per generi e autori, ma non cronologico di quella che inizialmente sembra essere una collezione delle musiche di Landini. Più esattamente, si succedono, con studiata disposizione, dapprima le ballate di Landini a due voci (I e II fascicolo) e quelle a tre (III e IV), seguite da suoi madrigali e quelli di Giovanni da Cascia (V), con i quali si apre una sezione miscellanea dove troviamo mescolate insieme una lunga e omogenea sequenza di opere di Jacopo da Bologna e pezzi dei fiorentini Lorenzo Masini, Donato, Gherardello e ancora un madrigale di Landini. Inframmezzate anche da singoli componimenti di Ser Feo e Nicolò del Preposto; due composizioni anonime su testo francese e due su testo italiano e, inoltre, un fascicolo nel quale sono riuniti in maggioranza cacce e madrigali a canone; fascicolo che costituisce la più ricca selezione esistente del genere.

«La letteratura delle laude contiene musica per una o più voci e i testi sono in lingua volgare. Le laude sono state cantate dal Duecento in poi, nelle riunioni dei cosidetti ìlaudesi’, i ‘Disciplinati di Gesù Cristo’. Queste vonfraternite furono fondate a Perugia da Ranieri Fasani nel 1258 ed erano formate da semplici artigiani, la struttura sociale dei laudesi assomigliava alle ‘gilde’ tedesche. Erano molto popolari nell’Italia del Quattrocento e Cinquecento. La sola Perugia, all’inizio del quindicesimo secolo, contava più di 40 laudesi. A Firenze, alla fine del ‘500, c’erano 137 confraternite. Nel Seicento e Settecento la tradizione dei laudesi continuò nella ‘Congregazione dell’Oratorio’ , fondata da Filippo Neri (!515-1595), nel corso della controriforma quale ordine di sacerdoti secolari.» - scrive Paul van Nevel nell’introduzione al libretto di “Die Italienische Lauda C.1400-1700”.

Nel centro delle riunioni dei laudesi stavano la parola e la musica. i testi delle canzoni, in lingua semplice, figurativa e forte, trattano della morte, del giudizio universale, della fugacità della vita terrena. Oltre alle canzoni con testi estratti dal nuovo testamento si trovano anche inni a Maria e canti processionali. La musica delle laude commuove con la sua semplicità ed è chiaramente strutturata. Sillabico e omofono è lo stile, specialmente nel repertorio di laude del ‘400 e ‘500. Le laude del Trecento invece sono composti nello stile del secolo, con ricche linee melismatiche di melodia, le quali ne sottolineano la complessità. I laudesi usavano anche il cosidetto ‘travestimento spirituale’, canti popolari erano alla base dei testi delle laude. Le prime raccolte di laude tra il 1480 e il 1512, non hanno nessuna musica notata. Ogni laude infatti, porta l’indicazione: ‘Cantarsi come..’ sull’aria di una più erudita lauda latina, o di una ben nota melodia, o anche, di una ballata in voga. Quelle qui raccolte, stranamente contengono accanto al testo semplice, reminescenze di arie oratoriane, marcate da una lirica spontanea e sincera che ha le sue radici nella colorita tradizione polifonica a più voci, più spesso desunta dall’accompagnamento strumentale popolare tipicamente italiano. Difatti alle riunioni dei laudesi erano sempre presenti alcuni strumenti, i quali, pur rappresentati sulle pagine miniate dei codici, in realtà erano proibiti negli ambienti ecclesiastici d’allora.

La scelta di ‘O ciecho mondo..’ non è casuale, la cui rilettura in tempi come quelli attuali, vuole riferire del ricorrere nella storia di momenti eguali ad altri di passata memoria che dovrebbero far riflettere sulla caducità dell’esistenza umana, sulla transitorietà della breve vita che ci accomuna tutti in un’unica ‘realtà’ possibile che non va sprecata. Troppe sono le contrarietà cui soccombiamo ogni giorno: violenza, fame, incidenti, mortalità infantile, stupri, diffamazioni, che stravolgono la troppa fragilità dei sentimenti per i quali stiamo al mondo come la pace, la fratellanza, l’amore. Quell’amore che si vuole un giorno ‘salverà il mondo’ ma del quale non si vede che qualche misera traccia subito cancellata dai turbinosi venti di guerra e dagli attentati terroristici che spazzano via la speranza, che non va mai taciuta, in un mondo migliore.

‘O ciecho mondo …’

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