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Cielo indiviso

Poesia

Roberto Maggiani (Biografia)
Manni Editori


Recensione proposta da LaRecherche.it

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Pubblicato il 26/09/2008 17:50:00

Proponiamo tre note critiche, Eugenio Nastasi, Stelvio Di Spigno, Anna Pennisi.

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Cielo indiviso è un libro realmante classico, ha un nitore e una purezza che non leggevo da tanto tempo, e che me lo fanno sentire molto vicino. La ricerca di una parola rotonda, con suo peso specifico, ma al contempo trasparente, accogliente, rasserenante, è la stessa che cerco di fare io (se leggi le poesie su LaRcherche tratte da Formazione del Bianco capirai meglio di quanto io ti sappia spiegare ciò che intendo). La misura di questa ricerca si misura anche nella grande scommessa che tu fai e vinci riguardo alla componente strutturale filosofica, che attinge e suggerisce l’indivisibilità delle cose, la loro unità segreta attraverso dei legami che sono aperti solo dalla parola poetica, mentre restano esclusi dal pensiero razionale. La luce ancestrale, una luce che trasporta il tuo discorso prima e al di là delle fratture della modernità, è la dimensione che mi attrae di più in tutto il tuo discorso, verso dopo verso. La classicità non è una nozione, nel tuo libro. È la direzione che prende lo sguardo quando si distacca dai ritmi tarantolati della società attuale per restituire alla poesia una sua peculiare stabilità, ovvero la sua essenziale alterità rispetto alle altre forme di comunicazione. Se la poesia è l’alternativa alla realtà, i tuoi versi la celebrano sotto la forma parmenidea di un raggiungimento estatico e a volte mistico di vera contemplazione.

Stelvio Di Spigno

*

Il tentativo di dare una cornice ermeneutica alla raccolta di poesie dal titolo “Cielo indiviso” di Roberto Maggiani deve partire dal presupposto che tra l’eponimo del libro e quello delle parti che lo compongono corrono significati e traslazioni in oscillazione progressiva e condivisa, come a dire che a tanta vastità di oceano e mari corrisponde tanto cielo indiviso. Ha ragione Cara quando scrive nella prefazione: “C’è in questi versi la fascinazione di ciò che è ritaglio di una vicenda ‘indivisa’ tra esistenza e itinerario, nostalgia (non del tutto vaga o ferita) del visto, gli ascolti di un passaggio in un ristretto ‘ovunque’ circondato d’oltremare, lunghezze d’onda del suono e di trasparenti visioni”.
Maggiani, nel primo tempo del suo poema marino, si concede al verso con slancio e stupore da testimone oculare che non sa mentire e investiga con scanzonata irriverenza la chiave biologica del paesaggio e degli attori che lo animano, utilizzando anche stilemi di chiara derivazione impressionistica quali “crepuscola”, “carambola”, “s’impunta”: “…C’era da aspettarsi così tanta festa di balli e canti/ nella piazza dei portoghesi -/ la musica fermenta il paese/ anziani signori avvinti dalla gioia/ battono i piedi sul selciato/ la loro giovinezza vedendo nella sera” ( Festa ) dove il dato bozzettistico è solo apparentemente un omaggio al folklore. In effetti, il fondale su cui si staccano le sue concrete immagini è steso, di pagina in pagina, in accenti mitologici e metaforici non tanto per necessità documentaria quanto per dilatazione semantica delle proiezioni poetiche stesse, come in Un dio portoghese o nella terna Trasfigurazione, Mano di madre e Pasto a Quarteira in cui il poeta aderisce ad una sensualità concreta, dinamica ma anche metafisica.
Insieme ad un assemblaggio di soluzioni poetiche a forte varietà icastica, egli tende agguati suggestivi a vocaboli specifici come oceano o ponente, un lessema insistito nella raccolta di cui ci stiamo occupando, che diviene una interpretazione sia cardinale che direzionale, con significato concreto da rosa dei venti, per capirci, ma anche come suggestione e mistero del concetto di ovest che per noi europei vuol dire tante cose: finis terrae, conquista dell’Atlantico, passaggio a nord-ovest, civiltà occidentale e tanto altro: “…è un oceano immenso e ferito// è dove oscure origini hanno eterno inizio”, “…sono l’Oceano e il Ponente/ che affondano il loro inesausto delirio”, (Carapateira, Capo de Sao Vicente, Navigazioni dal lembo d’Europa più a ovest ).
In Mare Mediterraneo e più emblematicamente in Mare Invisibile, seconda e terza parte della silloge, la penna di Maggiani si raccoglie in predomini soggettivi a valenza variabile, ora ancora mitologica dove il frammento si fa epigramma, ora più scopertamente esistenziale dove il poetare diviene ulisside ricerca dell’altrove. Ma viene fuori anche il motivo ordinatore dell’intera raccolta che doveva, dentro al proprio armamentario psicologico e morale e dentro alla propria ricerca letteraria, essere affidato ad una intima connessione della sua coscienza d’uomo con quella di poeta e artista, coscienza finissima e articolata.
Maggiani non teme il sole, né l’avventura amorosa, né gli spazi celesti o quelli speculari degli oceani: coi suoi versi esprime un carattere umano in grado di ricondurre alle giuste misure l’istinto e la riflessione, la scansione immaginosa e la bellezza nascosta dei teoremi.
Nonostante affiorano qua e là alcuni passaggi dove il cuore pare smarrirsi (La morte, Il nulla) l’infinita fiducia nelle radici e nell’esperienza della luce di fede conduce il Nostro a scandagliare il segreto dell’essere e del dire fino ad approdare, senza smagliature, alla riva dell’aperta e confidente preghiera: “Dammi impercettibili mani /che tocchino il cuore delle cose/ e occhi ultraterreni che vedano/ le invisibili schiere che le affiancano” e oltre, per chiudere, o meglio per aprire alla comprensione dei lettori il suo “cielo indiviso”, coi bellissimi versi: “Il dover essere delle cose create/ diventi visibile/ ché ormai è nuovo il mondo/ e la sua pienezza emerge dalle infinità oscure”. Dove converge anche il nostro modo di intendere e coltivare la non intrinseca deframmentazione dell’anima umana.

Eugenio Nastasi


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Cielo indiviso è la quarta raccolta di poesie di Roberto Maggiani, pubblicata dall’editore Manni nella collana Occasioni curata da Anna Grazia D’Oria. La densa prefazione del poeta Domenico Cara introduce il lettore a cogliere nei versi di Maggiani le estasi indivise, quel senso panico di annullamento del proprio esistere, quel farsi mare e cielo in una dimensione quasi mitica per acquistare una nuova e diversa fisicità, che non è più esperienza storica, ma ansia e bisogno d’Infinito. Le poesie sono raggruppate in tre raccolte, Oceano atlantico, Mare mediterraneo, Mare invisibile, quasi a tracciare un percorso dalla poesia dei luoghi, quelli appunto in cui sono state scritte – il Portogallo e la Sicilia -, alla poesia dell’anima, dove è sempre il mare a improntare di sé il verso, ma con il tono pacato della riflessione, che sa farsi talora mestizia, talora pacificazione con l’Eterno.
Il mare ha da sempre ispirato i poeti, ma qui si fa creatura, è tutt’uno con colui che lo guarda, la sua vastità dilata il tempo e lo priva della storicità dei giorni dell’uomo (l’ora dell’oceano / si dilata tra i faraglioni /questa notte) in una fissità grandiosa e indifferente (s’allunga si ritira / s’allunga si ritira /s’allunga si ritira / e non smette). La luce del mare: ha la forza della violenza (schianta al suolo), o l’ardore festoso del calore (scintillio di sole), ma è anche il timido raggio che accarezza e racchiude in un abbraccio, come in Mano di madre.
La grandiosità del mare, che assurge a significato del divenire umano nella poesia Destino (Una distesa liquida in fuga / e il nulla che resta / nelle onde che si susseguono) pare non lasciare spazio a raffigurazioni di uomini e donne. Le poche presenze umane sono ritratti antichi, senza storia e vicini al Mito, come la figura de Il giovane ballerino, a cui la gioiosa ingenuità del ballo conferisce la freschezza dell’essere senza tempo, o la donna della poesia Gravidanza in cui le parole acquistano potenza e diventano materia. L’amore è sentimento toccato con la delicatezza di un vago sorriso e con l’allontanarsi di una ragazza che se ne va da te / allungando i suoi piedi sulla spiaggia / i suoi capelli precedendola nella brezza; ne L’inizio e la fine Un ragazzo legge una lettera d’amore / con la schiena appoggiata alla parete di una casa / in un vicolo tra la folla andante: la vicenda di un amore deluso diventa storia solo in forza dell’ambiente riemerso nella memoria del poeta, che ha vissuto sulla costa atlantica e ne traccia luoghi e colori (La città [Lisbona] è intarsiata da scalinate vicoli e rotaie / sulle quali procede, giallo e sbilenco / un pesce assonnato / pescato da turisti in assalto).
I versi di Maggiani sono fluidi come il “suo mare”, non hanno arguta ricercatezza di stili inesplorati, piuttosto antica e rassicurante sapienza delle parole, a cui è data consistenza di immagine e di pensiero, potere di evocazione attraverso assonanze classiche e sentire dell’uomo contemporaneo. Non è poesia per se stessa, non intimista nel senso di uno sguardo ritratto sull’interiore ma comunicativa, poesia per essere letta e goduta, riletta e portata nell’anima, come un dono. L’ansia di Assoluto del poeta è nel desiderio di perdersi e annullarsi tra cielo e mare (Sprofondo /nella sabbia vellutata - / i piedi le caviglie le gambe / finché tutto sommerso / trovo Anima – non v’è parola né suono né respiro), ma ha la castità della preghiera nell’anelito all’Eternità: nella poesia A Rimabud, che vuol essere un omaggio al poeta amato, il silenzio e il chiarore sono lì a placare l’ansia del vivere: Io lo capisco quel silenzio del mare / e quel chiarore del cielo / che parte da me / e non dal mare e non dal sole / ed è l’eternità / c’est la mer allée avec le soleil.

Anna Pennisi
Responsabile della Biblioteca Civica del Comune di Carrara


(il sito internet del libro è www.cieloindiviso.it)

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