Arcangelo Galante
- 10/04/2020 19:09:00
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Chissà è un avverbio adoperato per esprimere dubbio o incertezza, e il poeta lo usa coerentemente nel modo di esprimersi dell’uomo. Esso potrebbe interpretarsi proprio come una sua sospensione tra un tempo di memorie ed uno imminente, del quale poco si conosce. Cosicché quel filosofico “chissà” che battezza il testo, risulta unardua domanda che imbarazza, poiché fa abbastanza vacillare le certezze acquisite in passato. Pertanto, pronunciare quell’avverbio, non mi pare del tutto fuori luogo: anzi, fa parte addirittura del significato stesso e della lezione di vita che, all’uomo, insegna. E se fosse utopia, sarebbe unidea difficile da trattenere sempre con se stessi, trovandosi dentro il cuore di chi lha concepita. Davanti allutopia del chissà, gli uomini si lacerano interi, giacché, forse, lo stesso non si realizzerà, malgrado si sia disposti, inconsciamente, a volerci credere fino in fondo. Concludendo le mie riflessioni suscitate dalla lettura, ho trovato il chissà dell’autore, che occupa tutto il messaggio, molto ingombrante, in quanto realistico e quindi attuale. Oggi siamo carenti nellaspirare ad intuire l’essenza di quel chissà che, parecchie volte, appare come un segnale della fine di qualcosa. Spero di non avere annoiato il poeta, trattenendomi a lungo nell’esternare suddette convinzioni personali. Un sincero complimento al bravo autore, per la capacità di saper creare componimenti, davvero stimolanti la riflessione.
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