Franca Colozzo
- 18/10/2018 00:41:00
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Roberto, cosa dirti? Dopo il commento esaustivo di Maria Musik, ricco di spunti preziosi, ed il testo di ampio respiro di Franca Alaimo, credo che sia stato tracciato di te un quadro poliedrico dalle mille sfaccettature, non statico sulla parete del tempo, così come mimmagino da sempre un dipinto. La tua natura complessa, direi rinascimentale nella sua completezza, guarda al sapere scientifico ed umanistico con la certezza che essi formano un inscindibile legame, avulso dalle etichettature di superiorità delluno sullaltro. In questa tua silloge, così ben commentata da Franca, il tempo appare dilatato dal respiro poetico che infondi alluniverso in cui viaggiamo, piccoli atomi ignari e spaventati dagli abissi siderali. Un grande abbraccio nella speranza che ogni piccolo tassello serva a formare unimmagine del nostro mondo più giusta, armoniosa ed umana.
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Roberto Maggiani
- 14/10/2018 13:55:00
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Cara Maria, grazie per questa tua nota di lettura ampia e sentita, con cui tratteggi, nel tuo caratteristico stile empatico, il tuo percorso di lettura di Angoli interni, lettura che conferma quella sintonia di sentimenti che anche caratterizza la nostra amicizia... amicizia che, sono certo, non mi avrebbe comunque risparmiato, ed è questo il bello dellamicizia, eventuali annotazioni. Un abbraccio.
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Maria Musik
- 14/10/2018 11:36:00
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“Angoli interni” è appena cominciato e già finito. Un nuovo libro eppure, lo sento, già superato perché Roberto Maggiani, da bravo cosmonauta, è già altrove. Ma, per altro verso, è anche del tutto presente; è come Dio: qui e ora, in ogni altrove e nel fluire del tempo ma, assurdo quanto volete, prima e dopo il tempo. È nello scorrere dell’essere e del non essere, ne “l’esserci e non esserci”. Un trasformista? Non credo perché non veste e dismette abiti ma abita una pluralità a molti di noi sconosciuta. È come la sua terra: montagna squarciata dal lavoro, dura, maestosa e mare, ora calmo, ora furioso, sempre profondo, vicino solo alle orme di piedi amati, lontano come le stelle. Ah, le stelle: agognate, studiate, ammirate… luci/segnale nell’infinito spazio espanso da popolare passando attraverso accessi cosmici, grazie a un corpo amato, conquistato e abitato. Corretto quanto scritto da Deidier: questa silloge, anzi, viaggio poetico disvela una maturità e, aggiungerei, una completezza che in altre opere di Maggiani si avvertivano ma non così compiute. L’ingrediente che più mi conquista è la Verità: il poeta si racconta e racconta l’altro da sé con una schiettezza tersa, scevra da nascondimenti o da sapienti veli che indulgano nel finto mistero modaiolo atto ad accaparrare plausi. E la Bellezza, questa ossessione, questa benedetta maledizione, l’eterna tentazione in cui indulgere rimanendo fedeli alla propria virtù pur nella “contemplazione del vizio”. Anche questa così autentica come la passione. E fra scienza e storia, fra teologia della “contemporanea Riforma” e denuncia civile ecco spuntare come fiori, ora carnosi ora delicati alcuni essiccati dalla caducità dell’essere, i suoi amori esaltati da una istantanea, da una ricetta, da una ferita, da un “lascito” ricevuto e ridonato a un bambino che è già cosmo… sono vita e morte allo stato puro, senza additivi o diluenti. E quegli occhi, angelici e demoniaci, sempre in movimento o fissi nell’assentarsi per trasferirsi altrove, dolcissimi nell’ammirare l’Amato, furiosi d’ira contro l’Ingiusto, puri e inclementi nel guardarsi dentro. Questo non è un dipinto… è una scultura di carne e intelligenza, pulsante di frequenze cosmiche e fiottante liquidi corporei. Un tutto tondo ma in continua metamorfosi: solidità fluida, mai fissa.
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