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Commenti al testo di Redazione LaRecherche.it
Roberto Deidier

Sei nella sezione Commenti
 

 Antonio De Marchi-Gherini - 06/06/2012 15:29:00 [ leggi altri commenti di Antonio De Marchi-Gherini » ]

L’intervento del carissimo Leopoldo Attolico non fa che confermare quanto ripetutamente detto, se i ’Maggiori’ non interagiscono con i ’minori’ perde di senso tutto quello che ruota attorno a larecherche.

 Leopoldo Attolico - 04/06/2012 17:03:00 [ leggi altri commenti di Leopoldo Attolico » ]

La chiosa di Antonio De Marchi-Gherini credo possa essere estensibilmente rivolta a tutti ( o quasi ) i cosiddetti poeti "laureati" o "diplomati" in circolazione , che si guardano bene dal riscontrare ( neanche telegraficamente ) commenti riflessioni e quant’altro possa riguardare il loro lavoro . Sono poi gli stessi che brillano per assenza quando si tratta di rivolgere un minimo di attenzione critica alle presenze altrui , salvo derogare se si tratti di omologhi "laureati" o "diplomati".
Non credo ci sia bisogno di scomodare uno psicologo della devianza per individuare in questo comportamento l’espressione di un ego ingessato da una autoreferenzialità decisamente triste , emancipata dalla generosità partecipativa che l’atto poetico dovrebbe sempre sollecitare e promuovere .

 Antonio De Marchi-Gherini - 12/05/2012 23:10:00 [ leggi altri commenti di Antonio De Marchi-Gherini » ]

Ma il DEIder se ne sta come Giove Tonante sull’Olimpo o scende come Giove Pluvio tra noi mortali a confutare, ringraziare, chiosare tutto il popò di roba qui scritta...o siamo di nuovo alla passerella?

 Lino - 12/05/2012 16:37:00 [ leggi altri commenti di Lino » ]

Caro Ferdinando Battaglia,
sono stato tentato di rispondere a questa intervista di Deider non appena è stata pubblicata. Poi, per evitare di dimostrarmi il solito bastian contrario della net poetry, l’ho evitato. Ora, però, questo tuo onesto commento mi fa vergognare del mio silenzio.
"Quando faccio poesia (e accade quando vuole accadere: non sono un versificatore da tavolino) devo cercare di dimenticare l’eco dei poeti che amo e leggo e magari studio", ha detto Deider. Una cretinata, questa, se riferita da un professore: quando mai Dante ha cercato di dimenticare Virgilio e i precedenti viaggi oltremondani? Vogliamo, nella storia millenaria della poesia, ricercare le evocazioni e i richiami dei poeti ai loro avi? Vogliamo citare i precedenti delle foglie di “Soldati” di Ungaretti, nell’Iliade e altrove?
Mi ero chiesto, di questa intervista: come si può immaginare di poter dimenticare i poeti che si sono letti, e il loro eco? Se non avessi conosciuto altri che Francesco Petrarca, potrei scrivere in altro stile, in altra metrica, in altra concezione della poesia?
Ho conosciuto Roberto Deider, in uno dei tre concorsi ai quali ho partecipato nella mia vita. Fui finalista, a Procida, con Deider nella giuria ed Elio Pecora presidente della stessa per due volte. Guarda caso: Elio Pecora. A ricercare in Internet i due nomi, sono spesso abbinati, insieme ad altri citati nell’intervista. Non è che s’influenzano l’uno con l’altro?
Dopo l’esperienza di Procida ho evitato ogni altro concorso di poesia, pur essendo stato due volte finalista, in uno con l’ultima poesia che qui ho pubblicato “Al pianista di Roman Polanski”. Non l’hanno capita, né formalmente né per i contenuti, nonostante l’abbiano portata in finale: lo afferma l’autore, del quale intenzione vale più di quella del lettore.
Non giudico né il poeta né il critico Deider, naturalmente, soltanto questa sua intervista, chiosando l’ottimo intervento di Guglielmo Peralta: "Perché è all’opera e solo all’opera che bisogna rispondere".
Il problema, a mio avviso, sta nella solita tiritera, nella contrapposizione a Internet, nel solito problema del "chi giudica". Ne discutemmo qui con gli ottimi Maurizio Soldini e Roberto Maggiani, a proposito di George Orwell, del suo “Lear, Tolstoj e il Matto” e del giudizio Tolstoj su Shakespeare.
Pare che il giudizio sia il sommo problema dei poeti moderni che si fanno critici per sospingere la propria poesia, forse perché amano più il ruolo di professionisti delle giurie che non quello di poeta; la poesia va oltre, perdonatemi la volgarità: la poesia se ne fotte dei giudizi.
Fortini? Mi spieghi Deider: forse Fortini giudicò Pasolini per la poetica di "Valle Giulia", oppure lo criticò per la contrapposizione ideologica a Valle Giulia? Perché introdurre, in un’intervista, il riferimento all’omosessualità? L’omosessualità concerne l’autore, oppure l’opera? "Valle Giulia" è omo ed etera al massimo, nel suo pensiero!
Questa storia del giudizio sta cominciando a corrompere anche Internet: eppure, storicamente - scusatemi per l’anafora triviale - ce ne siamo sempre fottuti. In Internet non si giudica, si pubblica e si legge, i commenti sono un di più ininfluente. Non sarà una mia critica negativa a inibire l’ottimo Nando, né sappiamo se qualche verso di Nando – un poeta passa alla storia anche per un solo verso d’amore, leggasi Borges nel suo libro “La misura della mia speranza” – vivrà più di quelli di Elio Pecora. A giudicare la Poesia è il tempo, non le giurie contemporanee.

 Antonio De Marchi-Gherini - 10/05/2012 16:51:00 [ leggi altri commenti di Antonio De Marchi-Gherini » ]

Ne consegue, e mi scuso per la seconda battuta, ma mi era rimasto nella tastiera, che condivido in pieno anche il ragionamento di Maria Musik.

 Antonio De Marchi-Gherini - 10/05/2012 16:31:00 [ leggi altri commenti di Antonio De Marchi-Gherini » ]

Non conosco Ferdinando Battaglia, ma condivido in pieno l’analisi e le sue riflessioni.Questo senza nulla togliere al contributo, senz’altro positivo, al dibattito su cos’è la poesie e chi sono i poeti, dell’intervista di Roberto Deidier

 Ferdinando Battaglia - 09/05/2012 19:33:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Con un pò di timore mi conduco tremante al commento, perché in fondo sono stato un testimone inconsapevole di qualcosa che non avrei dovuto vedere o sapere, perché davvero la poesia è così alta da diventare quel qualcosa di misterioso per soli iniziati. E le argomentazioni di Deider sono per lo più condivisibili; come per la musica, la pittura e il fabbrro! Perché alla fine anche per svolgere un lavoro artigianale occorre predisposizione, conoscenze e abilità. Però non ho mai sentito i falegnami indignarsi per il bricolage domenicale dei signori. Invero neanche i musicisti si sono mai lamentati perché un’intera generazione si ritrovava intorno ad una chitarra suonata più o meno bene da chi l’aveva imparata come autodidatta(o almeno non ne ho testimonianza documentale). Per la poesia: sì! La poesia è intoccabile, inaccessibile. Questo atteggiamento, a mio avviso, danneggia la poesia, perché la rende distante, un po’ con la "puzza" sotto il naso. Adesso, mi scuso di questa mia esternazione, non sono in discussione gli argomenti che volgiono difendere la genuinità di un prodotto dello spirito umano dalle mistificazioni anche involontarie, ma senza necessariamente rinchiudere in recinti ciò che comunque neanche è possibile rinchiudere. Perché a parte i dilettanti e i pessimi dilettanti(chi scrive è della seconda categoria), Voi critici esperti dovreste spiegarmi la grandezza di un Charles Bukowski oppure perché una poetessa come la Szymborska non è stata subito riconosciuta come un premio Nobel. Voglio dire: si può indirizzare ed educare un gusto, si può favorire un approccio alla lettura, ma mai riuscirà qualcuno a dire ciò che per me sarà esperienza di poesia o no. Creare categorie troppo rigide o steccati, non solo è falsificare il reale, ma è esercitare un "potere" che non appartiene alla poesia. Ai poeti e agli accademici della poesia può appartenere non il potere, ma l’onore di custodire e trasmettere la memoria poetica e la cultura poetica. Quinid, non mi preoccuperei d’impedire le varie scritture, saranno lettori consapevoli e preparati a selezionare la qualità, se vorranno. Non serve mettere i bavagli, bisogna sempre ricordarsi della relatà delle classi sociali e le loro diverse possibilità d’accesso alla cultura. Impedire l’espressione dei meno dotati non è un servizio alla democrazia del sapere. Ciò non significa cancellare i giudizi. Altro è la malsana voglia di un successo e una visibilità immediata, altra è l’illusione tutta mediatica del "basta esserci" per essere qualcuno. La poesia può anche dar da mangiare, prima di tutto però è tutta un’altra cosa: rompe ogni mutismo, bella o brutta che sia. Io, lettore libero, posso poi scegliere quale rileggere e quale abbandonare come pessima.
Come sempre, Vi ringrazio e mi scuso per queste pubbliche (ir)riflessioni inopportune.

Cordiali saluti

p.s Versione del commento non riveduta(altrimenti avrei forse rinunciato poi alla sua pubblicazione)

 Maria Musik - 09/05/2012 07:09:00 [ leggi altri commenti di Maria Musik » ]

Mi piace questa intervista e molto. Direi che gli spunti sono troppi per entrare nel merito di ciascuno ma, in quanto parte (minore) della redazione di un sito che si autodefinisce rivista letteraria libera, mi sento convocata dall’ampio discorso su Internet che ne esce maluccio. Come negare alcune verità esternate da Deidier quali "Internet, poi, è divenuto nel tempo un luogo pericoloso dove si creano illusioni, perché non ha filtri qualitativi. E c’è pure chi è pronto a spararti se non rispondi subito. Il primo parere sulle mie poesie l’ho atteso quasi un anno… "? Spesso anche a noi, specie a Roberto Maggiani, succede d’essere attaccati e, a volte, insultati, perchè non rispondiamo, in termini di tempistica o di esplicita attenzione, alle aspettative dei nostri "utenti". Ed è anche vero che bisogna tenere sempre presente il pericolo insito nella mancanza di filtri. Ma è vero anche il contrario. Internet riesce dove reading, laboratori sporatici e a numero chiuso, esperienze (più o meno salottiere), scuola e riviste per i soli addetti hanno fallito: ha dato la possibilità di avvicinarsi alla poesia a tanti che, altrimenti, non avrebbero mai aperto un libro di versi tanto la scuola li aveva "scocciati" con i suoi programmi noiosi e vetusti. Non nego che siamo in troppi a cimentarci con la poesia senza averne i numeri ma rappresentiamo, comunque, un "filone popolare", forse troppo maldestro ed autoreferenziale, che però non va cancellato con un colpo di spugna perchè animato da dilettanti. Se ci si "concede" il tempo di frugare fra il troppo, si trova il poco di qualità. Ed, a mio avviso, non si può liquidare come negativa, l’espressione di una moltitudine: ad essa ci si deve offrire, specie se si è "grandi", per indirizzare e aiutare e far crescere. Tutti abbiamo bisogno di maestri severi da amare e seguire.

 Paolo Ottaviani - 07/05/2012 17:38:00 [ leggi altri commenti di Paolo Ottaviani » ]

Chiedo, sinceramente dispiaciuto, scusa per il refuso "Letizia" per Patrizia Stagnitta.

 Paolo Ottaviani - 06/05/2012 12:13:00 [ leggi altri commenti di Paolo Ottaviani » ]

Gran bella intervista! Di altissimo spessore umano e intellettuale. Da rileggere e meditare. Ricca anche di notazioni, suggerimenti, episodi apparentemente minimali o secondari ma in realtà decisivi nel disegnare un panorama potente, vibrante di poesia. Grazie Roberto. Grazie Letizia per la tua curatela che è “amore e fatica”. E grazie anche ad Elio Pecora di cui tra le righe aleggia lo spirito!

 Narda Fattori - 06/05/2012 10:27:00 [ leggi altri commenti di Narda Fattori » ]

L’intervistatrice ha trovato un interlocutore che le ha facilitato il lavoro. Tutt’altro che reticente Deider afferra la domanda e la sminuzza lasciandoci la sensazione di una completezza, chiara e abbastanza inusuale.
L’opera appartiene all’autore finché sta chiusa in un cassetto o in una cartella del computer; una volta deciso di donarla al mondo, la si fornisce di gambe e si osserva dove va, spingendo un po’ la direzione.
Didier è stato anche un poeta fortunato perché ha incontrato dei grandi che lo hanno osservato scrivere, gli hanno indicato una molteplicità di percorsi fra cui orientarsi; gli fa onore ricordarli ed esserne grato; non succede spesso. Però per arrivare a scrivere poesia occorre averci del proprio, una visione, una ricerca,un confronto serrato e la capacità di evolversi senza rinnegare, così come quando si fa un lungo viaggio in terre poco note.
Narda

 annamaria Vanalesti - 06/05/2012 10:24:00 [ leggi altri commenti di annamaria Vanalesti » ]

Deidier non mi delude mai, né con i suoi versi, nè col suo pensiero, che profondamente condivido, per l’autenticità con cui esprime la sua idea di poesia. Sta diventando un meraviglioso maestro per i giovani che scrivono poesia, li sta educando alla "qualità" della scelta, scoraggiandoli da false illusioni e indirizzandoli ad un serio studio e ad un confronto indispensabile con i veri poeti. In Deidier è sempre rimasta intatta l’umiltà del ragazzo che conobbi anni fa e che cercava se stesso, in punta di piedi, "leggendosi" con diffidenza, ma leggendo i grandi con abbandono.

 Guglielmo Peralta - 05/05/2012 23:44:00 [ leggi altri commenti di Guglielmo Peralta » ]

Mi chiedo: che cosa ha a che fare la poesia con il suo poeta che vuole a tutti i costi “porsi all’attenzione di un pubblico”? Sono convinto, con Mallarmé e con i suoi “epigoni”, che un’opera, una volta scritta, congeda il suo autore. Pertanto, questi può solo parteciparla, farla conoscere, “porla all’attenzione” con la coscienza di essere solo e ancora una volta un tramite tra l’angelo e l’opera concepita. Rendere pubblica l’opera, “pubblicizzarla”, significa fare le veci dell’angelo e annunciarla una seconda volta, nella speranza che essa sia un dono fecondo per qualcuno e sopravviva in una nuova nascita. Ogni opera è una visita ricevuta e l’autore non può trat-tenerla in grembo; deve liberarla e ritenersi congedato da essa, deve amarla sapendo di doversene separare, di doverla donare, affidare, o “dare in pasto” a critici ed editori i quali possono nutrirsene o ri-gettarla, sapendo che solo l’opera può mettere da parte l’autore e perciò essa va accolta senza prevenzione nei confronti di costui e va accolta, soprattutto e a maggior ragione, se l’autore è un illustre sconosciuto e non perché rientra nella cerchia delle amicizie baronali. Perché è all’opera e solo all’opera che bisogna rispondere.

 Redazione LaRecherche.it - 05/05/2012 20:55:00 [ leggi altri commenti di Redazione LaRecherche.it » ]

Gentile Letizia Battaglia, la firma dell’intervistatrice è posta all’inizio dell’intervista stessa, dove sta scritto: [ Intervista di Patrizia Stagnitta ].

 Letizia Battaglia - 05/05/2012 19:25:00 [ leggi altri commenti di Letizia Battaglia » ]

Patrizia non ci posso credere! E’ tua questa intervista così completa e colta al nostro splendido poeta? E non ti sei neanche firmata!
Insisto, perchè non l’hai firmata?
Sei troppo riservata quando fai qualcosa.

 Stelvio Di Spigno - 05/05/2012 16:45:00 [ leggi altri commenti di Stelvio Di Spigno » ]

Una dose non indifferente di informazioni su uno dei poeti più interessante del panorama poetico italiano, fornitaci dalla sua stessa persona. Grazie all’intervistatrice e un caro saluto a Roberto.

 Danilo Manocchio - 05/05/2012 14:10:00 [ leggi altri commenti di Danilo Manocchio » ]

La poesia non è morta, è morta la nostra anima oggi troppo distante dal restante corpo...dopo aver composto oltre 5000 poesia auguro a tutti i poeti che mi seguiranno un futuro successo... io ? ho perso ma ho combattuto...

Danilo Manocchio

 Eugenio Nastasi - 05/05/2012 13:47:00 [ leggi altri commenti di Eugenio Nastasi » ]

Onestamente trovo una rara trasparenza nelle cose che dice di sè e/o della poesia Roberto Deidier, soprattutto viene a galla il lavorio denso e pensoso di chi dinanzi al talento che sente di avere non brucia le sue carte con la fretta di arrivare. Ma Deidier appartiene a una generazione che, come scrive lui stesso e come molto opportunamente mette in risalto Franca Alaimo, ha reso onore ai "padri" putativi in poesia con lo studio e con l’ascolto, con le prove di scrittura allenate a una razionalità forte quando si traduce in atteggiamento di umiltà, di sintesi tra soggettività dei desideri e universalità dei principi. Si tratta di una dote rara ma non per questo impossibile da esportare: costa molto in moneta di rigore intellettuale, di applicazione e studio, ma anche di ricerca d’identità e di misura nell’elaborazione del prodotto finale.
Avendo poi speso molta parte della mia vita nella scuola primaria concordo con Deidier quanto scrive degli alunni delle "elementari" quali splendidi "poeti", pronti sempre a capire il soffio poetico, a lanciarsi con esuberanza anche tra le metafore e, purtroppo, a perdere gran parte del fenomeno una volta approdati alle superiori.
Certo piacerebbe anche a me avere contatti con un autore come Deidier "a dimensione umana", non fosse altro che per la pulizia delle motivazioni intenzionali che animano l’intervista.

 Franca Alaimo - 05/05/2012 11:02:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

La filigrana di questa bella intervista è la biografia dell’intervistato, Roberto Deidier, che vive nella mia città da più di dieci anni e che spesso mi capita di incontrare ed ascoltare come relatore durante la presentazione di libri o in occasione di qualche convegno.
Parlo di una biografia come filigrana, perché, nonostante si possa dedurre dall’intervista una buona quantità d’informazioni sulla sua vita privata, quest’ultima è tutta condotta verso le ragioni della passione letteraria.
Deidier mi ha sempre interessata per la limpidezza razionale con cui sa gestire la parola e l’emozione, sia in qualità di scrittore che di lettore. Ché, d’altra parte, lettura e scrittura costituiscono ( e mi sembra il tema di fondo di tutta l’intervista, dal quale scaturiscono tutti gli altri ) un binomio inscindibile, se davvero si vuole seriamente fare ed occuparsi di poesia. L’ascolto per Deidier diventa, allora, ( come non si può condividere?) fondamento dell’ascoltarsi.
Mi permetto di fare un’osservazione: quello che accade su Intenet, accade anche sulla pagina scritta. Riviste, piccole case editrici, ma anche grandi ( penso ai libri di certi vip assolutamente non scrittori, agli scrittori-fantasma che scrivono per gli altri e via dicendo ) pubblicano di tutto pur di fare soldi. Il "male" della democrazia è una macchia dilagante, purtroppo.
La pluralità delle espressioni, che è di per sé un bene, spesso finisce con il rendere arduo il giudizio e l’autogiudizio, ed è difficile, allora, avere orecchie libere ed "indipendenti".
Inoltre, mi piace molto che Deidier abbia parlato di maestri in un periodo in cui ognuno si crede maestro.
Devo anche dire che l’intervista, essendo io una palermitana, mi ha coinvolta anche dal punto di vista emozionale: vi sono ricordati, infatti, luoghi e nomi che conosco ed apprezzo,a cominciare dalla vecchia ed affascinante Palermo dei quattro storici quartieri per finire a personalità come quella di un Antonio Presti, che lavora ancora per l’arte credendo negli ideali di cui si fa ( o dovrebbe farsi) portavoce.
Concludo: Deidier dice che è facile trovarlo. Io lo inseguo da tempo, ma non ci sono mai riuscita. E’ maggiore la mia timidezza o la mia "indegnità"?

 patrizia pagnoncelli - 05/05/2012 07:26:00 [ leggi altri commenti di patrizia pagnoncelli » ]

mi trovo perfettamente d’accordo con ciò che lei sostiene durante l’intervista sia per quanto riguarda la sordità assoluta dei media verso la poesia sia per il rapporto con internet che dà l’illusione a molti di credersi poeti e in alcuni casi di totale immodestia anche grandi.Mi dispiace solo di no far parte del gruppo di persone di cui si è parlato cioè i giovani.Io non lo sono angraficamente anche se lo sono dentro e sono pronta sempre a nuove sfide e a nuove sperimentazioni perché credo che la poesia non sia un monologo ma un dialogo con chi legge se legge con l’anima o come la si vuole chiamare.Anche i miei testi sono approdati sula rivista di Elio Pecora seza che lo chiedessi e che mi affacciassi col cappello in mano ( non lo farei mai) anzi mi sono spesso chiesta come mai questa disponibilità verso di me proprio perché in fondo ho 66 anni e solo da 4 sono arrivata a pubblicare dei libri cioè a diffondere parole e pensieri.Mi piace molto quello che lei ha scritto e la ringrazio per tutte le informazioni che ne ho tratte e che tra parentesi mi hanno fatto capire l’abisso profondo di ignoranza in cui vivo o se vogliamo che il miotreno della poesia si è fermato troppo tempo fà.Grazie ancora.

 Giorgio Mancinelli - 05/05/2012 06:47:00 [ leggi altri commenti di Giorgio Mancinelli » ]

Dire semplicemente: interessante! di questa intervista è davvero dir poco, se si prendono in considerazione le risposte a domande che di per sé sempbrano semplicistiche,e che non lo sono affatto. Ma è proprio nelle risposte che ritroviamo il senso del significato di ’poesia’, nell’impegno di una vita spesa al servizio di, e con, nell’ottimizzazione delle parole e delle frasi prese a ’soggetto’ di un lavorio stancante perché ripetitivo e talvolta così impersonale che porta lontano dal proprio estimo a causa dell’emotività degli altri. Sono del parere che non sempre per un critico (o come si vuole chiamare chi esercita questo mestiere), ovviamente non inteso in senso negativo,poter dire ciò che si pensa è facilitato dalla ragione di altri che pensano diversamente e si distinguono dal qualunquismo. C’è nelle risposte qui contenute la consapevolezza di un vissuto che va ben al di là della ragione comune e che apre a una solidarietà attiva, improntata sulla conoscenza, di esperienza di lotte e di vittorie (in parte) ottenute. Tuttavia c’è nel dialogare con l’intervistatore quanto ci aspettavamo o che avremmo voluto sentirci dire. Niente di scontato, bensì ciò che conferma e da giusta importanza all’impegno preso con se stessi e con gli altri: la società, la comunità di chi scrive di e per la ’poesia’. Grazie a Roberto Deidier, al quale personalmente auguro di proseguire felicemnte nella strada intrapresa e grazie alla Recherche che con la pubblicazione di interviste mirate, mantiene il controllo della situazione ’poetica’ oggi in Italia con le sue proposte sempre più originali e ficcanti.