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Discorsi

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Ci accorgemmo del suono del missile

solo quando il cielo si fece antichissimo

e perdemmo il senso del discorso

non appena cadde il muro

poi di traverso le scale del duomo

fino a prima di curvare a sinistra

verso le radici dell'olmo, dove la fontana è vuota

ma un canto bellissimo come appeso ad un cielo antichissimo

ci prese ancora in volo.

Sulla piazza, dalla terrazza da cui si affacciano gli sposi

che si sposano in comune.

La fanfara coi suoi leoni mansueti a poetare

chini.

Stavamo parlando dei gruppi che ci piacciono e se conoscevo Iacampo

le litanie salmodiate a costituire la matrice

di una dinamica confortevole

o di quanto fosse sperimentale Anima Latina di Battisti

e che Carmelo Bene esagera a prendersela coi vivi.

Convenimmo, di buona lena, con le Moretti sui gradini

vuoti a rendere l'anima a Cristo.

Per un tozzo di pane, un bacio sul collo, una mano al culo

due seni sodi e una cuccia dove dormire.

Le manette di rame, la chiave tra le labbra.

Dobbiamo scappare, prima che campino in aria.

Certi discorsi che non finiscono mai

l'alba e le rincorse tardive

ma va bene così se la montagna ci sta saziando

mentre la guardiamo da qui

e quello che ci qualifica non è materia che possa essere data via.

Con un solo si.

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