Quella volta che dissi d'averla vinta in premio mi corse incontro una luna azzurra e fiduciosa. Chiedeva per me e per se' spazi di tenerezza per quel moto che sorge in noi usando la parola. Giocando così come bambini, inconsapevoli del nostro esserci, non riuscimmo a trovare il luogo e la dimora delle nostre carezze scritte. Ma una foglia scese da un tiglio senza toccare suolo e, seguendone l'incerta rotta sospesa tra la malinconia diffusa, che si raccoglie di ramo in ramo e per i tetti di velate case, forse incontrammo il punto di una follia felice.
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Marco G. Maggi
- 03/01/2016 14:15:00
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La poesia di Gianfranco Isetta mi ricorda sempre, seppure nella sua interiore complessità, che i veri poeti trattengono nel loro cuore lo stesso candore dei bambini. Questo ne è un purissimo esempio: una poesia che dà gioia, che fa sentire il tintinnio dei campanelli, come in una fiaba, nonostante. Grazie
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