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al testo di Emilia Filocamo
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Vorresti dragarmi con quel tuo modo sapiente di prenderti le cose: non facendoci caso. Ma tu, giocoliere, hai il tuo angelo custode a cui non metto una coda in finale per non sciuparne la santità. Ha dormito più notti con te della notte stessa e perfino guardandoti adesso, in piedi od orizzontale non farebbe differenza, ne avverto l'odore e la sua ombra dorata, opalescente testuggine, pampino d'età indecifrabile, ti segna irrimediabilmente le spalle. Tu vorresti guarirmi, proporti come garum consolatorio ed anestetico propiziatorio di tagli necessari, ma puoi solo offrire un pacchetto di torsoli dalle date di fame confuse, parure di rimasugli spolpati da corazzate vittoriose, un'ispida dadolata di bionde contestazioni, di affinità superiori e sabbie che io non tollererei mai. Quindi, davvero, non importa: lasciami alla fanghiglia e all'inverno, ai nodi ed al torace serio dei castagni. Le strade che conosco non fanno mai rima con le sue e, se anche ci fossimo incontrati allora, scommetto che un dislivello da niente o forse perfino la virata balorda dell'insetto destinato all'impatto, ci avrebbero fatti bersaglio di indifferenza mentre infilavamo la vita nella stessa direzione ma con la faccia piantata nel panorama di un estraneo.
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