Stesa, come una rosa spampanata come la neonata che dev’esser cambiata come una rosea fettina, di fesa di tacchino. Stesa come una nuvola striata, come una donna sul divano, in attesa, come la pasta all’uovo, appena tirata. Stesa come la landa desolata del deserto dei Gobi, come l’artigiano che ha perso l’uso delle mani, come nel fondo della pentola i sali quando si sciolgono i dadi. Stesa come un ampio pareo sul bagnasciuga, come la volta celeste sulla pianura della tua schiena; come una crepa che cresce come un ansimo, d’incanto, che inedia procura.
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Nando
- 28/05/2016 19:36:00
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La trovo una poesia penetrante, capace di leggere la realtà senza fingimenti, dove il participio passato del titolo ovvero il sostantivo femminile, non distinguono ancora leros di una possibile attesa (qui vi può essere un transfert proiettivo di me lettore) dalla menomazione dellartigiano trovando però in entrambe le tipologie di destino, la "salvezza" proprio nella narrazione trasfigurante il vissuto che opera la poesia.
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Loredana Savelli
- 28/05/2016 09:25:00
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Immagini originali, una bella padronanza poetica!
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Klara Rubino
- 28/05/2016 08:19:00
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Grazie mille, poeta cortese!
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Salvatore Pizzo
- 27/05/2016 19:34:00
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Una"Stesa"che senzaltro stende con un sorriso,riuscendo a magnificare con rime, che sono delizia, pure la gustosa fesa di tacchino... Piaciuta moltissimo per quanto risuona delegante ironia... Un saluto ed un fiore...
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Klara Rubino
- 27/05/2016 14:56:00
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Appositamente non ho specificato,così che si ricami come si vuole il velo di Maya;...con tutta questa smania di produrre, più che un artigiano, un artista! Grazie per lattenzione.
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Franco Bonvini
- 27/05/2016 11:52:00
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Tutti i come azzeccati! Si può vedere il deserto, o la schiena stellata, o il cielo striato.. La donna sul divano però non si sa che Maya è. Forse l artigiano non lo stendi. Cè chi usa i piedi, chi la bocca, o altro.
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