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La casa del silenzio

 

Nessun'altra casa

era altrettanto rumorosa.

La vita che vi si svolgeva

manifestava con baccano

il suo decorso. Era come

se non potessero vivere

senza far sentire che vivevano.

Così ogni loro gesto era chiassoso,

anche quando silenziosamente

avrebbe potuto trovare svolgimento.

 

Se scrivevano declamavano

quello che scrivevano

e se leggevano facevano altrettanto,

addirittura sfogliando le pagine con forza,

fin quasi a strapparle,

pur di affermare con fragore

la loro presenza,

la loro partecipazione alla vita

che ormai consisteva, quasi del tutto,

nell'esprimere vitalità.

 

Così fortemente presi

da tale occupazione 

(testimoniare caoticamente

la loro esistenza),

e da tale occupazione

per nulla spossati

(mai stanchi si sentivano

ma sempre pù rinvigoriti),

arrivarono a pensare all'immortalità

come obiettivo della loro lotta.

Addirittura all'immortalità.

Pensarono che vivendo

tumultuosamente e

nel tumulto manifestando

la propria vita, si potesse

sconfiggere la morte,

e se ne convinsero.

 

Con maggiore forza, allora,

ripresero a far chiasso,

confondendo il chiasso con la vita.

Sfidarono la morte col frastuono,

col fracasso pretesero di vincerla.

E per secoli continuarono,

nella loro baraonda,

ad uccidere il silenzio 

che, tuttavia, mai morì.

 

Lentamente i rumori,

pur restando forti,

meno intensi si fecero.

Gli abitanti della casa

non smettevano mai

quel loro putiferio,

ma iniziarono a dubitare

della possibilità della vittoria,

fino a rendersi conto

dell'ineluttabile sconfitta.

 

Non smisero però di far rumore.

Dopo una vita trascorsa nel

frastuono, inaudita appariva la quiete.

E nella loro disperata gazzarra

finirono per morire, uno a uno,

fino a che, morti tutti,

ogni suono ebbe fine.

 

Vuota rimase la casa rumorosa.

Ed il silenzio ne restò padrone. 

 

 

  Cristina Bizzarri - 16/04/2013 15:35:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Fiaba molto saggia e di grande purezza. Scompare col finale. Piaciutissima.


 Franca Alaimo - 15/04/2013 23:38:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

E’ una poesia narrativa, che ha il sapore di certe atmosfere proprie dei racconti di Buzzati. Un eccesso di particolari concretri, suoni e runori che finiscono, però, con il costruire una realtà "irreale", sulla quale si stende l’eterna verità della morte.
Una poesia ben costruita che centra con grande fluidità l’effetto surreale.

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