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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Poesia della settimana

Questa poesia è proposta dal 23/07/2012 12:00:00
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Geografie - tre inediti

di Riccardo Raimondo (Biografia/notizie)

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Se mercanti europei partivano per “impossessarsi” di punti lontani del globo, potevano prendere le

loro risoluzioni soltanto nella misura in cui lo spazio locale globalizzato veniva concepito come un Fuori aperto e praticabile […] Avendo abbandonato la loro casa, i conquistatori attraversano lo spazio spianato dinanzi a loro, senza per questo aver preso a calcare un “sentiero” in senso buddhista.

 

(Peter Sloterdijk, L’ultima sfera)






Sempre caro mi fu quest’ermo colle,/ e questa siepe, che da tanta parte/ de l’ultimo orizzonte il guardo esclude.
(Giacomo Leopardi, L’infinito)

 

 

Villa Bellini

 

Sempre sarà per me un mistero:

i passerotti miagolare nel gioco dell’amore,

l’aria, le foglie dolcemente

disordinare.

 

Sul viale

occhiali da sole griffati

inquietano donnebambine passanti

di rosa e bianco vestite

come pin-up delle pubblicità.

Tredici anni è già il trucco,

la voglia generosa e la civetta,

sedici anni è già il drago con rossetto

e i tacchi, le gonne corte.

 

Ecco, la primavera inaugura

l’amore:

e sono le botte

fra due passerotte:

l’una becca lo scalpo dell’altra

che le ha rubato il bel gallo,

e sono i morsi

delle formiche centauresse,

amazzoni dei quartieri popolari

indefesse, dentro gli stivali

Fornarina.

 

Le giostre colorate luccicanti

– torri d’avanguardia d’un nuovo accampamento

per gli zingari del parco –

si stagliano come tende nomadi

sulla radura sabbiosa,

polverosa di niente

dove spesso i ragazzi

giocano a palla.

 

Le grida delle mammeborsetta

zittiscono il pigolare dei bimbi

– e disperdono le piume fra le foglie –,

in lontananza schiaffopadre

intrappola Sofia la principessa

fra le sbarre di sicurezza

della carrozzetta.

 

Dei canti berberi, delle morne greche,

delle danze fiamminghe rimane solo

emtivvì disottofondo

a un altro giro di giostra

– il nonno allunga un euro

alla mano dello zingaro

e un altro euro, «nonno, un altro giro!».

 

Il mio cucciolo di cuore

s’è accasciato dolcemente

sul verde panchina,

– a pochi metri

ma distante enormemente dalla scena –

e io qui mi faccio

passero solitario

e miro

oltre il colle

 

il sospiro di più alte foglie,

 

il colore che fa il cielo all’orizzonte,

la sostanza delle nuvole che musica

la Villa

e mi parla della rotta delle rondini.

 

Miro

oltre la siepe

e assume un altro senso

il confine, l’orizzonte

un altro colore

e lo sguardo è la soglia,

 

la siepe l’errore l’errore l’errore




Londra

 

Ci sono i flipper per giocare

e quelli grandigrandi

dove

abitare.

 

Luciluciluci scoglionanti,
mammiferi distratti,

disordinati, stanchi,

tanti!

 

Trafalgar dovrebbe esser la vittoria,

il jack pot dell’Europa civile:

homo sapiens libertario,

liberissimo, liberale,

democratico, veniale,

londinese, emancipato

– forse un poco frocio,

ma forse è solo moda.

 

I Mc Donald’s sono pieni di alieni.

 

Benvenuta, principessa,

la Torre dice «e un quarto»,

io faccio le sei.

Ci stiamo lavorando, siamo stanchi

di considerarlo ancora

fissa convenzione, il tempo, l’ora.

 

Lo spazio qui è già squagliato,

in affitto, monopolizzato,

i loghi si comprano anche il cielo,

anche l’aria, e la luce,

e il pavimento,

e tu sei tutto preso da questa

dolce voglia passionaria:
comprarecomprarecomprare.

 

Solo a volte

qualche distratta volpe,

poverina avventurosa fra l’asfalto,

ci grida in faccia la santa

legge della giungla.

Ci ringhia la folle necessaria

ingerenza del bosco,

il bisogno del bosco.

Ma non possono nutrirsi di pattume,

queste furbe sorelline del sole,

non c’è posto per loro

– quegli occhi spaventati

s’allumano nei vicoli

e mi fanno tremare di vergogna,

perché anch’io un tempo sono stato

ferino, selvatico lupo, pulcino

rapace, magnifica aquila,

leone di luce.




Geo-tele-visioni

 

Verità di verità, tutto è verità

in mondovisione in democratico spi

rito di discussione, d’Annunciazione, di

reputazione, di rappresentazione,

di sottomissione
scorgo grammatiche anche nel caos

 

E cos’è il tempo, cos’è lo spazio?

 

Geografie del potere pazzo,

giochi di plastilina, teoremi ad hoc,

esercizi di stile, jet set

per i demòni dell’aria:

 

New York è sempre boom!,

Israele poverinigliebreipoverini!

Milano sempre dabere, l’expo si sorseggia

già fra i bicchieri dell’happy hour.

 

E i cavalieri delle nuove logge

importano le nuovissime armi ideologiche,

ateismi, taoismi, cineserie selvagge,

e a ben vedere... oltre Damasco che c’è?

O meglio: cos’è rimasto del Sole?

Mi dicono draghi, filosofi cannibali,

che speculano il vuoto e le sue vertigini.

 

E il senso cos’è allora? Cos’è la forma?

 

...oggi che la vita ha sostanza astratta, codicale,

s-ostentamento equazionale – bot, bond, spread, plus!

Oggi che la Parola è stilistica, invenzione pubblicitaria

special offert, gratis, packet, business, smart, mission, target!

E la Storia è sempre più libera, liberale, libertaria,

(solo) apparentemente controcorrente...

mentre i novissimi giornalistici talenti

confondono le acque, le vite,

e le modernissime nervose scritture

iper-moderne, a-narrative, generazionali, emozionali!

impastano le menti, i sentimenti... oggi,

oggi che la tecnica è trappola per gli angeli,

il demonio ha natura numerica,

sulle macerie delle postmetropoli

– ciò che resta dell’uomomangiauomo:

la nuova giungla real-cibernetica.

 

Io, dal mio canto, resto sempre appollaiato

come un falco stanco a sgranchire il becco

su questo scoglio universale

sull’isola di sempre, sostanzialmente

isola continentale.


E mentre Catania è uno smeraldo di fuoco

sotto la cenere che lo ricopre,

aggiungo solco al solco,

attizzo la fiamma, affilo la voce,

curo il mio campo

 

temo la notte che si propaga

laggiù dov’è più densa la falcidia

e resta solo la conoscenza

per ardore o il buio



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