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Le piccole piante dell’orto
si combattono subdole alle radici,
tentando di espandere il proprio territorio.
Con occhio interiore,
indovini le loro lente, mortali
strategie sotto terra.
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L’iperbole l’ha inventata lui,
si può dire, quando si andava al fiume.
All’improvviso si voltava col cazzo in mano
e quel crescere del sesso
veniva paragonato agli oggetti più strani
e non era che l’umana espressione,
divenuta carne, del desiderio
di non morire e di replicarsi
all’infinito.
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I corpi fanno natura, sono natura,
chiusi in quel carcere buio senza conoscersi,
aspettando l’uscita, la resurrezione.
Il corpo con nessun corpo coincide.
Animata da un’energia silente,
persona, animale, ogni presenza
partecipa di questo mistero
che vede tutto finire
e tutto iniziare, e noi inseguiamo
quelle ombre, enigma del cominciamento,
pazienti, impazzendo piano,
pronti a qualsiasi umiliazione,
pur di essere vivi e innocenti,
in eterno.
[ Da Il corpo e l’orto, La Vita Felice, 2014 ]