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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Poesia della settimana

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Midbar

di Raffaela Fazio

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Dabar


Ogni parola è un passo.
Cambia nel dirsi e nell’ascolto
come una distanza
raggiunta con il corpo
                         e superata.
Fonda flessuosa luce le cresce dentro
se in alto
o nella misura dell’appoggio
più spazio riesce a separare
l’immagine dal nome.


E il nome pronunciato
è già percorso.
Non c’è certezza di un inizio
sul cammino.
         L’origine ci sfugge
come l’istante
in cui tutta la lingua si dispiega
e il bambino
di colpo sa parlare.


Ogni parola è un balbettare
forte dell’inciampo
con cui il suono
l’invera mano a mano.


Nasce dal deserto e non lo lascia:
mentre lo attraversa
ne spinge il confine più lontano.
E nel silenzio si vede
riflessa, incinta di echi
             come il profeta
che muore
carico di futuro
sulla soglia
della terra promessa.


 

 

Ai piedi del monte


“Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli
orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro
mani, li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello
di metallo fuso” (Es 32,3).

 

Conosci l’abbandono
il deserto?
Non eri forse il fuoco
e noi le volpi?
Sei tu
che ci hai voluti
            allo scoperto.


Avevo piedi stanchi
fiato corto


perché ti ho amato?


Te ne sei andato
portandoti la nube. Con te
la nostra sola guida
la sua voce.


Conosci
il laccio
della nostalgia?

L’assenza di riparo?


Sì, ho dato tutto l’oro
in cambio di una danza
e di un corpo che rimane.
            È immobile
bello
guardiano di ricordi
e docile alla mano
come un vitello.


 

 

La preferita


“Al tempo della mietitura del grano, Ruben uscì e trovò
delle mandragore, che portò alla madre Lea. Rachele disse a
Lea: «Dammi un po’ delle mandragore di tuo figlio»”. […]
Riprese Rachele: «Ebbene, Giacobbe si corichi pure con te
questa notte, ma dammi in cambio le mandragore di tuo
figlio»” (Gn 30,14-15).

 

Che lunga lotta la notte
in cui ti cedetti
             il nome
e il sogno che mi spettava!
Sorella mia
           quale forza
quale disperazione
mi dava la giovinezza
e il freddo della tua vergogna
di una tua esclusione!

 

Anche nel corpo privato di baci
inchiodato dal buio
all’ascolto
come il segugio dei vostri respiri
sentivo
          vivo
          il privilegio.

 

Ora il corpo è cambiato.

Il lutto
non è più delle labbra
ma del mio seno asciutto.


Dalla soglia ho visto
             il dono
al ritorno.
Mille notti in baratto
varrebbe
             l’amore di un figlio.


 

 

[ da Midbar, Raffaela Fazio, Raffaelli Editore ]


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