« indietro :: stampa
incollalo [Racconto]
Testo iniziato da Giuseppe Terracciano il 02/06/2016 17:55:00
Se scrivi una poesia, dice: perché scrivi una poesia?
Se scrivi un romanzo dice: perché scrivi un romanzo?
Se scrivi un aforisma dice: perché scrivi un aforisma?
Se non scrivi proprio dice: perché non scrivi proprio?
Quel giorno tutto poteva sembrare tranne che avesse l'indirizzo buono.
Lui voleva divertirsi è vero, ma vederla che si faceva coraggio per non piangere, gli rattristava il cuore.
L'aveva colpito proprio quella faccia; quella faccia da schiaffi, che riusciva a strappargli un sorriso... e adesso se ne stava andando senza neanche un saluto
Qualche giorno dopo, svegliandosi di soprassalto, si chiese perché non l'avesse fatto prima. Fare cosa?
Di nuovo lasciò perdere qualsiasi pensiero, continuando ad essere turbato e ignaro allo stesso tempo.
L'immagine di lei era come capovolta e schiacciata verso gli angoli dello spettro visivo eppure resisteva come un brillio intermittente.
Tentò di riaddormentarsi.
è vero, quando hai la coscienza sporca, tutto fai tranne che trovare pace.
Buttò all'aria le coperte. Spalancò la finestra. Oltre a cambiare aria, bisognava cambiare pure registro.
Quegli occhi, quel viso di donna l'aveva colpito.
Risolutamente si alzò, si lavò, indossò gli abiti più nuovi.
Nell'agenda telefonica aveva in memoria il suo numero, associato a un nomignolo insolito.
Quasi si vergognò di non aver osato memorizzare esattamente il suo nome. Gli sembrò di non essere stato limpido con se stesso, ma evitò di indagarne i motivi profondi.
Le telefonò perché sentiva il bisogno di sentire la sua voce... la struggente necessità, dopo giorni a pensarla.
Il cuore gli batteva forte perché non sapeva da dove cominciare; ma dall'altra parte non c'era risposta.
Che avesse visto il suo numero e non voleva sentirlo?
:"Ei, lo sai che te me manchi? " invece esclamò con quel suo tipico accento, che colpo azzardato aveva fatto a chiamarla o forse per divertirsi era necessario spingere il piede sull'acceleratore, cosa che in quell'istante non fece, perché si limitò a sorridere, senza emettere suono; solo uno strano sospiro.
"E tu!"
"Come?"
"Si dice: e tu mi manchi!"
Le sembrò di sentire un sorriso soffocato, o forse era piuttosto un ridacchiare. Sì era di certo una risatina. E ora, sì, che si sentiva davvero cretina. Era chiaro che lui fosse in compagnia, magari di qualche irreprensibile linguista, una tipa di quelle che sua nonna avrebbe definito "fatte e messe lì", tipo principesse consorti, ecco.
"Senti, tu..."
"Dimmi"
Senti, io..."
"Insomma, tu o io?"
"Casomai: tu o me" anche stavolta, la gioia di una rivincita breve le aveva sfuocato l'obiettivo, eppure lo sapeva che era permaloso.
"Senti, dai, era per ridere, mi manchi e"
Troppo tardi, anche stavolta il traguardo si era spostato altrove. Fra ostacoli di pronomi, aggettivi, aforismi scontati, poesie sritmate - licenza poetica - e romanzi senza coda, si ritrovava da capo. E si sforzava di sembrare seria.