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Raccolta di articoli di Alessio Tesi
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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- Società

Lettera a Babbo Natale

Caro Babbo Natale o San Nicola? Come preferisci essere chiamato? Quest’anno credo di aver fatto il bravo, o almeno così mi dicono. Ho studiato tanto e mi sono laureato; i miei parenti sono davvero tanto orgogliosi, mi dicevano sempre “studia figliolo”. Ora io non so avevano proprio proprio ragione, ma certo non voglio mettere in discussione la loro parola! Però, mi dispiace dirlo ma qualche dubbio mi rimane. Vedi, caro Babbo Natale, io ho come l’impressione che noi giovani studiamo perché non sappiamo proprio che fare, siccome abbiamo tanto tempo da spendere ci piace immaginare il nostro futuro e vogliamo proprio che sia bello, sogniamo ad occhi aperti e pensiamo che un giorno saremo Ingegneri, Dottori e Architetti! Anche perché, diciamocelo, nel presente è proprio brutto sognare. Se non ci credi prova un po’ ad accendere la televisione o guardare i giornali ogni tanto?! Vedrai solo facce tristi, politici distratti dalle loro faccende e strani indici economici accompagnati da parole come “Spread, Bund, Bot, PPT”, una signora alla televisione ha detto anche che siamo “Choosy”, mah, cosa avrà voluto dire?; in ogni caso, io dico, queste parole le ha inventate l’uomo, perché le ha scelte proprio così? Suonano così male! Sembrano prese da un fumetto; sai, quando c’è il cattivone di turno che picchia un povero innocente sfortnunato: “Stonk”. Ora, a me piacciono i fumetti, ma ho sempre saputo che non sono la vita reale e che Batman non arriva sempre a punire i cattivi. Comunque, scusami per questa piccola digressione ma come vedrai non è stata per niente fuori luogo; allora, dicevamo: il presente. Non solo è brutto sognare ma è assai difficile starci. Mi dicono che devo essere produttivo e che se non sono produttivo non lavoro. Ora, scusami se ti posso sembrare un pochino volgare, ma quando vado in bagno la mattina produco qualcosa, io mi sento produttivo! Ma la produttività che cercano da me è un’altra, personalmente io non l’ho capita tanto bene: produttiva è una macchina, un robot, un utensile che deve realizzare una determinata cosa in un determinato tempo; le macchine e gli oggetti sono al nostro servizio. Ma una persona? Si può essere al servizio di qualcuno come il mio telefonino lo è con me? E’ quindi quello essere produttivi? Ma se il mio telefonino domani si rompe, o diventa troppo vecchio oppure non mi serve più io lo butto via! Quindi si può fare questo anche con le persone? Tu cosa dici? Io mi ricordo un vecchio film dove un simpatico signore con i baffi avvitava bulloni in continuazione proprio come farebbe una macchina, si incastrava negli ingranaggi e veniva sgridato dai suoi superiori. Mi sembra si chiamasse Tempi Moderni: era molto buffo e mi faceva tanto ridere, ma adesso mica tanto sai, mi fa quasi tenerezza. Mi devi scusare se ti scrivo certe cose e non sono tanto esaustivo nelle spiegazioni, ma è semplicemente perché non le capisco, ma ti prometto che per il prossimo anno mi informerò meglio! Quindi, insomma, mi sento un po’ confuso, mi impegno e sogno per il futuro un sacco di cose magnifiche ma non so se lo faccio perché ci credo o perché il presente è così strano che forse è meglio distogliere lo sguardo. E in tutta questa situazione anche le persone sembrano sempre più strane, troppo indaffarate a mantenere il potere sulle macchine (o sulle altre persone, boh?), ad arrivare per primi, sempre di corsa, uno contro l’altro, in continua competizione per ottenere la loro fetta di soddisfazione. A me viene il dubbio che tutti lo fanno perché anche i sogni stanno cambiando e non sono più tali, ma sono diventati un qualcosa che si è trasformato in funzione di questo presente. Quindi adesso crediamo che per diventare Dottori, Architetti e Ingegneri dobbiamo azzuffarci tra di noi come succede nei documentari alla televisione, dove nella Savana i leoni e le iene lottano tra di loro per il loro pezzettino di carne. Ora mi torna in mente che un certo Charles Darwin scrisse qualcosa in proposito e sicuramente aveva ragione, è stato un grande scienziato, anche se a me piace credere che la scienza ogni tanto si può sbagliare, seppur di poco. In fondo siamo persone ed “errare humanum est” e lo stesso Darwin era uno di noi e pure lui avrà avuto i suoi sogni, almeno io credo, e forse, sotto sotto, sperava per noi anche in qualcosa di diverso. Ora vorrei parlarti un po’ del futuro ma a dire la verità non ho molti argomenti a riguardo e poi non vorrei confonderti ulteriormente con queste faccende. Caro Babbo Natale, venendo al dunque, da piccolo ti chiedevo spesso le costruzioni ma poi ho smesso perché sono cresciuto, ma a dire la verità quest’anno ho deciso di ritornare un po’ indietro nel tempo e chiedertele nuovamente. Da piccolo sognavo di diventare muratore.

 

Ti aspetto

 

Un abbraccio

Un ragazzo dai 19 ai 30 anni.


Id: 685 Data: 07/12/2012 16:15:13

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- Psicologia

Scongelamento, cambiamento, ricongelamento

La parola cambiamento implica tutta una serie di circostanze molto importanti. Si potrebbe concettualizzare il cambiamento come frutto di un processo di:

 

scongelamento --- > cambiamento ---> ricongelamento

 

Questo schema ci aiuta a capire la portata del cambiamento del tipo più duraturo (perché il passare da uno stato di cose ad un altro può avere diverse sfaccettature, che si stagliano su un continuum che va dal "mutamento nell'immediatezza", e quindi connotato di profonda transitorietà, al cambiamento potenzialmente eterno, o quantomeno fino alla morte di uno stato di cose, che comunque rappresenta anch'esso un cambiamento). Il cambiamento che intendo trattare in queste righe è quello di tipo duraturo. Quando si accende in noi la scintilla cerchiamo di trasformare uno stato di cose attuale in quanto sentiamo un tipo di pressione proveniente dall'esterno, dall'ambiente, dalla cultura, dalla socialità, che ci opprime e ci appesantisce. A questo punto interviene la fase dello scongelamento, che è forse la più difficile da trattare, in quanto implica il superamento di quelle che sono delle "ansie persecutorie" dovute al particolare tipo di mutamento e che minano la sensazione di piacevolezza che accompagna il mantenimento di un determinato status quo. Gli uomini sono esseri prevedibili che si prodigano essenzialmente in comportamenti standard e stereotipati perché questi riescono a donare sicurezza e "senso" al loro mondo, un senso che non si farebbe strada in un procedere degli eventi di tipo caotico. Uscire dalla routine significa uscire da questo circolo, aprire nuove strade, nuovi orizzonti, rompere la standardizzazione significa intraprendere un viaggio verso l'insicurezza e verso tutto quello che è sconosciuto. Superata questa fase ci adoperiamo nel cambiamento vero e proprio, ovvero nella messa in atto dell'azione stessa portatrice di cambimento: in questa fase l'intenzione è superata e la motivazione diventa il cardine della prosecuzione (o persecuzione...). L'ultima fase, "il ricongelamento", implica il ritorno ad un mantenimento dello status quo dopo che il cambiamento è avvenuto. Con questa sorta di modello - che non è farina del mio sacco (ma che ho preso in prestito - e riadattato - da un certo Kurt Lewin, uno dei padri della Psicolgia Sociale) riusciamo meglio a comprendere che la vita è un susseguirsi di fasi transitive che scandiscono momenti in cui si alternano delle "crisi" - o perturbazioni che minano un determinato equilibrio personale (omeostasi) e per le quali vengono messi in atto dei processi di trasformazione in risposta a delle pressioni ambientali percepite come eccessive - e delle fasi dove viene mantenuto uno status quo in quanto le pressioni esercitate dal sitema non riescono a minare l'equilibrio o quantomeno rientrano in una finestra di tolleranza. Queste pressioni possono essere di tipo endogeno (ovvero provengono dall'interno dell'individuo) e di tipo esogeno (ovvero provengono dall'esterno e da situazioni che non dipendono direttamente dal nostro controllo) come ad esempio alcune malattie. Il cambiamento in ogni caso può seguire numerose strade che semplicemente si rivelano nel suo essere, qualunque esso sia, solo a fatto compiuto (e infatti chi può dire veramente cosa sia giusto o cosa sia sbagliato?). Il segreto sta nella motivazione, nel coraggio, nel credere nelle proprie forze, nell'autoefficacia, nello scongelamento di quel macigno/iceberg troppo pesante da poter trasportare sulle proprie spalle senza che venga in qualche maniera livellato, scongelato. La metafora dell'iceberg potrebbe essere calzante per riuscire a comprendere come il peso degli eventi (esogeni o endogeni) creino questa sorta di enorme ammasso ghiacciato che grava sulle nostre schiene. Sta a noi decidere se portarlo con fatica nei cunicoli di una grotta oscura e marmorea - dove non può in alcun modo discogliersi, in un viaggio prestabilito ma faticoso - oppure cercare di uscire per rivelarsi alla calda luce del sole, innestando così il processo di scongelamento e sentendo una ad una le gocce trasudare da questo imponente e gravoso ammasso; e nel lento scorrere e cadere a terra restituirci il pieno significato delle nostre scelte, ovvero del processo di cambiamento che stiamo cercando di mettere in atto in noi, ma anche nel mondo stesso, in quanto esseri immersi in un sistema che comprende contesti e relazioni.

 

"Dissolve"di Nancy Eckels


Id: 677 Data: 24/11/2012 04:23:33

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- Esperienze di vita

La Dimensione Del Contatto e l’orgasmo artistico

Il tatto. Uno dei sensi meno discussi ma più abusati in maniera (spesso) insconsapevole. Frequentemente capita di avvertire questo impulso a dover toccare le cose. E' la dimensione dal con-tatto, che deriva dal tatto che è a sua volta strumento di contatto. Significa con-tattare ovvero toccare in due, condividere il tocco. Significa empatizzare fisicamente con qualcuno o con qualcosa. La sintonizzazione contattuale è l'aura di due materie che si mischiano, di atomi che collidono. M'immagino corpi e oggetti come circondati ad una sorta di fuoco fatuo, da un'aura mistica e carica d'energia che rappresenta la manifestazione del proprio "ego", qualunque esso sia: fattuale, amorfo oppure concreto e tangibile, con caratteristiche peculiari riprese dal patrimonio genetico, un'aura contraddistinta da un preciso corredo "cromosomico", una manifestazione unica e peculiare della personalità di una data materia. Il contatto tra due "cose", in questo senso, è una sorta di rapporto sessuale dove si incontrano i "gameti" delle auree, un rapporto fantasmatico che simboleggia una nuova nascita, un piacere, un'intimità, una voglia di condividere, quasi un'amore/odio (l'ambivalenza è caratteristica di ogni emozione/sensazione, non esiste un polo senza l'esistenza dell'altro polo che ne esalta le particolarità antitetiche). Il contatto con un'opera d'arte può assumere varie forme altrettanto pregnanti (visive, uditive) ma, laddove possibile, il con-tatto - tattile - rappresenta il summit della condivisione, il ritrovamento della dimensione, inteso in ogni sfaccettatura, sia dinamico/metafisica che concreta/dimensionale e quindi puramente materiale. Questo ci porta a comprendere come mai il contatto sia un argomento spinoso anche fra individui; a volte non è tollerato, a volte è gradito, a volte è sgradito, a volte è forzato, a volte è ricercato. Se lo simboleggiamo come una sorta di rapporto intimo viene naturale pensare che a tutti non è permesso toccare, alcune volte si può arrivare a parlare persino di stupro perpetrato attraverso il contatto; ovvero quando quest'ultimo diventa  coercitivo, forzato, inaccettabile. La prossemica ci indica il grado di intimità che siamo disposti a tollerare e scandisce i ritmi comunicativi e i livelli diamicizia/intimità. Ci sono distanze troppo brevi che provocano sensazioni sgradevoli e ci sono distanze eccessive che ostacolano la comunicazione. Ogni occasione ha una sua prossemica, ogni persona ha una sua personalissima saturazione con-tattuale, infine ogni individuo ha il suo tipo di contatto che indica i gradi di libertà entro i quali ci possiamo muovere. Ovviamente questa libertà non è una e una soltanto, ma è dinamica, cambia nel tempo e nello spazio, in base al contesto, in base allo stato e in base al grado di intimità raggiunto. Il percorso di avvicinamento è graduale e non può essere affrettato; è come gettare un sasso in uno stagno e riavvolgere il nastro guardando l'operazione all'inverso: i cerchi concentrici, prima larghi e sformati, si fanno sempre più delineati man mano che ci si avvicina al nucleo: questo processo non ha tempistiche universali e spesso è lento e scandito su un continuum senza che la soluzione di continuità venga interrotta. Quando ci si avvicina al nucleo si può addirittura sperimentare un'esperienza di fusione, una dimensione trascendentale, ascetica, dove due corpi, due materie o sostanze si fondono in un sincretismo simbolico che perde qualsiasi tipo di riferimento di confine: l'unione delle auree genera la smaterializzazione e forse quello che alcune discipline orientali tendono a definire Nirvana, il tutto, la totale presenza/assenza di contatto con l'essenza dello Spirito e dell'Universo. Possiamo parlare inoltre di contatto con l'inconscio, con il rimosso, con il non tangibile e il non esperibile, è un tipo di esperienza subliminale (e alcune volte Psicoanaliticamente patologica) che ci insegna che non servono sensi, recettori e terminazioni nervose per toccare e che non tutto il toccabile è cosciente e a “portata di mano”. Ma, senza divagare troppo, possiamo rapportare tutte queste considerazioni al mondo artistico/culturale: avere un rapporto con l'arte (o con la storia) significa "andarci a letto in senso simbolico", ovvero condividerci uno spazio relazionale che attraversa trasversalmente la dimensione cognitiva, emotiva e puramente fisica, l'accentuazione del senso, del vissuto, della dolcezza. Un orgasmo artistico è una sensazione (e allo stesso tempo un sentimento) che attraversa i cerchi concentrici in maniera repentina e più sfumata; è un'opera di disconoscimento che può portare anche all'annullamento del proprio ego - quando esperito in maniera eccessiva - in quanto il flusso è esclusivamente unidirezionale e va dall'opera in direzione della persona che cerca di entrare in contatto con essa. La potenza schiacciante dell'arte, a volte, annichilisce per questa sua forza impetuosa; è un overflow, un overdose di sensazioni paragonabile ad uno stato sensoriale/percettivo pesantemente alterato. Può diventare pericoloso se non abilmente centellinato, in quanto la dimensione artistica spesso collide con le vie che portano al dolore fisico o dell'animo. Tuttavia, in questo caso, ritengo forse più sensato parlare di orgasmo artistico cercando di ricavarne una visione temporalmente più limitata e certamente più "positiva" e calzante del godimento esperito attraverso questo particolare amplesso contattuale che parte da una visione, da un innamoramento, fino ad arrivare alla condivisione tattile; culminando, infine, non nell'annullamento dell'ego ma piuttosto nel suo avvinghiamento.


Id: 580 Data: 08/06/2012 04:12:52

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- Società

Speranza, Credenza e Religione

Una Riflessione a mio avviso molto stimolante che nasce da uno scambio di mail con una preziosa amica che, come si suol dire, lancia il sasso con queste parole che riporto in corsivo:

"La speranza non effimera è un trampolino di lancio verso la crescita mentale e spirituale di un individuo, uno dei tanti ingredienti atti a “nutrire”appunto, spesso l’esaurimento di questo scintilla può permettere ad una lucida follia d’intromettersi e spingere una persona a porre fine alla propria esistenza come unica soluzione. Il credere può considerarsi a volte la conseguenza dell’applicazione della speranza, anzi è probabilmente il risultato in certi casi. Il credere al netto delle religioni è uno studio approfondito di se stessi  passato attraverso le molteplici tempeste della vita, non bisogna dimenticare che, per comprendere il valore delle tue opinioni devi essere solo o quantomeno ritenere di esserlo, senza pensare di poterti  appoggiare a qualcuno o qualcosa."

Io "credo" che sperare in qualcosa significa credere in qualcosa. La speranza però può rimane tale solo finché essa non si compie e, andando ancora più a fondo, tutto questo potrebbe assomigliare in qualche maniera al gioco che da tempo perpetrano molte religioni (tra cui quella Cattolica). Il fatto che esista una speranza per la nascita di un "Messia" porta a credere fermamente in questa figura mistica; però, se questa speranza messianica dovesse concretizzarsi in una dimensione reale, la speranza non avrebbe più alcun senso di esistere, perché acquisirebbe, per così dire, una dimensione tangibile e di conseguenza cederebbe anche la credenza stessa avendo con essa un rapporto di tipo mutualistico. E' solo sostando in una dimensione puramente magica (Bibbia, Corano, Testi sacri ecc.) che è possibile alimentare il fuoco della fiducia. Pavese aveva ragione: anche il non credere è una speranza di una "non esistenza"; se mai un Messia dovesse annunciarsi cesserebbe tutto perché la dimensione in questione acquisterebbe un senso reale e incommensurabilmente concreto e la negazione, di conseguenza, inevitabilmente, si sfalderebbe. Seguendo questo filo logico possiamo dedurre che la credenza è associata all'astrazione, alla magia. Quindi il vero "ateismo" non è altro che la realtà stessa (in quanto antietetica al misticismo); ma quest'ultima è mutevole: sappiamo benissimo che non esiste una realtà univoca (in base al paradigma Relativista), ma ne esistono tante quanti sono gli individui senzienti che popolano questo mondo (ovvero l'uomo). Una moltitudine di "non credenze" quindi? Io propendo per il fatto che la realtà soggettiva di ognuno di noi sia di per sé stessa "magica", cangiante, ermeneutica, relativa e quindi potenzialmente portatrice di una forma prototipica di credenza. Ne derivebbe quindi un'impossibilità di non credenza. Uso la doppia negazione non per sofismo ma per cercare di rendere il concetto più funzionale allo scopo di partenza. Quindi la speranza è credenza ma, ancor prima, la realtà è credenza - e cercare di sfuggire ad un qualsiasi tipo di credo (sia esso religioso o agnostico) è di per sé impossibile.

"Un uomo nella realtà della sua esistenza spera di realizzare un desiderio per migliorare se stesso, la speranza si concretizza perché l’uomo ha creduto e a avuto ragione nel farlo. A questo punto la speranza si rafforza e si prepara a realizzare un nuovo desiderio. Nella religione questo non può accadere, poiché in quel caso,  la speranza si annullerebbe di fronte al raggiungimento del desiderio più ambito e ora che l’oggetto desiderato è reale, non c’è nient’altro da ottenere ne’ sperando o credendo"

Questa è per l'appunto la differenza tra una speranza mistica più collettiva e una speranza reale, più individuale. Un traguardo religioso è impossibile, lo sanno i capi religiosi di tutto il mondo, lo sanno i credenti, lo sanno tutti, eppure c'è questa speranza che può essere simboleggiata con questo fuoco che brucia e che continuamente deve essere alimentato per non essere spento. Se questo fuoco fatuo si "concretizzasse", si cristallizzasse in qualcosa, non ci sarebbe più bisogno di nutrirlo ma esaurirebbe la sua energia, nessuno si concentrerebbe più su questo e i legami tra i fratelli - tutti orientati al mantenimento di questo fuoco - si sfalderebbero. A proposito di religione Freud ci parla proprio di questi divieti: il legame tra fratelli è così forte proprio perché tutti debbono sottostare ad un capo supremo (Dio, la Bibbia o chi per loro) e condividono tutti gli stessi divieti, la stessa sottomissione. Ad esempio l'imposizione del celibato nei preti non è altro che un modo per accumunarli e far sì che loro si identifichino l'un l'altro sotto l'egida di questo divieto. Una speranza "privata" invece potrebbe trarre dal soddisfacimento nuova linfa vitale. Una speranza, ad esempio, di prendere un buon voto all'esame, se si realizza, potrebbe donare ulteriori energie nel praparare il successivo, alimentando un'altra speranza. In questo caso non è una speranza sola, ma è come se subisse dei punti di stacco, di scissione, come se cambiasse i connotati qualitativi.



Id: 522 Data: 19/03/2012 15:36:42

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- Psicologia

L’amore secondo Freud Parte II - L’Io divorato

"L'amore sessuale è destinato a estinguersi nel soddisfacimento; per poter durare, deve fin dall'inizio essere associato a componenti puramente tenere, ossia inibite nella meta, o subire una trasposizione siffatta" Sigmund Freud da Psicologia Delle Masse e Analisi dell'Io.

Avevamo detto che l'investimento amoroso sull'oggetto funzionava da tramite per il soddifacimento delle pulsioni sessuali. Questo sentimento è caratterizzato da una smisurata tenerezza verso l'oggetto che deve essere conservato (in prospettiva di future richieste da parte della libido sessuale) facendo in modo che il legame acquisisca tratti duraturi. Questo modo di voler bene può essere definito, secondo Freud, una pulsione sessuale "inibita nella meta" ovvero che non trova diretto soddisfacimento nell'amore sessuale. In quest'ultima, infatti, la libido viene scaricata immediatamente dopo l'atto, mentre, nel caso della pulsione inibita, l'investimento libidico è foriero di un legame più stabile nel tempo. Un esempio di questo si può trovare nella Teoria Edipica dove l'iniziale investimento libidico verso la madre si trasforma, in adolscenza, in un sentimento tenero - una volta che il ragazzo realizza l'impossibilità di tali atti sessuali diretti verso la madre - e si abbandona di conseguenza ad un investimento amoroso "maturo" verso oggetti esterni. Rimane più chiaro adesso capire come lo stato di innamoramento sia caratterizzato allo stesso tempo da pulsioni sessuali dirette e da pulsioni inibite nella meta.

"Le tendenze che urgono per un soddisfacimento sessuale diretto possono ora venir per intero compresse sullo sfondo, come avviene ad esempio invariabilmente nel caso dell'amore entusiastico dell'adolescente; l'Io diventa sempre meno esigente, più umile, l'oggetto sempre più magnifico, piu prezioso, fino a imposserarsi da ultimo dell'intero amore che l'Io ha per sé, di modo che, quale conseguenza naturale, si ha l'autosacrificio dell'Io. L'oggetto ha per così dire divorato l'Io." Sigmund Freud da Psicologia Delle Masse e Analisi dell'Io.

Tuttavia Freud ci mette in guardia dallo stato di innamoramento parlandoci di come l'oggetto amoroso, che viene idealizzato, possa in qualche maniera distruggere l'Io del soggetto portandolo ad uno stato simile a quello dell'ipnotizzato. Lo stato assorto, dipendente, suggestionato, tipico dell'innamarato perso (mi verrebbe da aggiungere, per intendersi, "patologico", ma ammetto candidamente che è una forzatura definitoria) è frutto, secondo Freud, di un'introiezione dell'oggetto che divora la personalità e l'Io (e si sostituisce a quello che viene definito Ideale dell' Io del soggetto, ma non addentriamoci troppo nei concetti teorici, non è l'obiettivo di questo lavoro); la conseguenza che ne risulta è l'annullamento. Il paragone nasce tra questo stato e quello che si verifica in ipnosi, dove l'elemento di suggestione è sempre preponderante, l'Io viene "annullato" e l'ipnotizzato è praticamente alla mercé dell'ipnotizzatore. Ma al tempo stesso questo stato stato si differenzia dall'innamoramento per l'assenza di impulsi sessuali diretti.

La teorizzazione di Freud porta alla luce alcuni aspetti interessanti ed a mio avviso racchiude in sé, seppur inmaniera cautamente pessimistica, un significato completo dello stato di innamoramento. Non tralascia la dimensione sottesa - biologica - delle dinamiche, ma anzi riesce a darne una spiegazione in termini analitici che rivelano chiavi di lettura sì complesse, ma che riescono ad articolare il concetto lungo un continum che culmina inevitabilmente nella parte più romantica e tenera. Un amore "sano" è un amore che mette in gioco l'individuo a trecentossessanta gradi; come più volte suggerito è un investimento sia personale che sentimentale e, se vogliamo, anche meramente riproduttivo. E' un amore completo che completa. Quello che spezza l'incantesimo è l'eccesso. Un'investimento esaperato rischia di diventare un'arma a doppia taglio e, piuttosto che un perseguimento di sviluppo, di crescita psico-emotiva, diventa un'occasione di involuzione e di perdita da parte di entrambi i protagonisti; il gioco a due diventa pericolosamente idealizzante, noioso e privo di quel tipico piacere di "attacco-fuga". Come direbbe Dé Andre: "Una ballata dell'amore cieco".


Id: 479 Data: 16/02/2012 21:43:51

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- Psicologia

L’amore secondo Freud

"In una serie di casi l'innamorarsi non è altro che l'investimento dell'oggetto da parte delle pulsioni sessuali allo scopo di raggiungere il soddisfacimento sessuale diretto che si estingue una volta raggiunta tale meta; questo è ciò che la gente chiama amore comune, sensuale. Ma, come è noto, raramente la situazione libidica rimane così semplice. La certezza di poter contare sul ridestarsi del bisogno appena estinto deve senz'altro essere stato il motivo più immediato che ha indotto a rivolgere sull'oggetto sessuale un investimento durevole, ad <<amarlo>> anche negli intervalli privi di desiderio." Da Psicologia delle Masse e Analisi dell'Io

Questro stralcio sottolinea ancora come la libido e la pulsione sessuale siano due pilastri fondanti della teorizzazione Freudiana. Quello che traspare è un amore egoista, quasi un modo più raffinato per enunciare concetti biologici affini all'evoluzionismo ed alla visione Darwiniana; lontano anni luce da quell'amore romantico Parigino tanto gettonato, da quel gioco di caldi sospiri, cioccolatini, rose rosse e cuori palpitanti. Ma le due cose non si escludono a vicenda. A mio avviso la dimensione "crudele" e la dimensione "affettuosa" sono solamente due facce della stessa medaglia; l'amore, in sé, come ci insegna la vita di tutti i giorni, è un concetto profondamente permeato di ambivalenza. La dimensione riproduttiva, libidica, di appagamento del desiderio e di soddisfacimento è irrinunciabile perché ascritta nelle nostre origini biologiche ed ancorata ad una dimensione inconscia e meno razionale; mentre la controparte romantica è un modo (piacevole) per arrivare a tale meta. Freud in questo senso parla di una temporanea sospensione dell'appagamento fisico dovuto alla "consumazione" che deve essere compensata da questo "investimento durevole" verso l'oggetto amato. Senso riproduttivo, sessualità e sentimento si incontrano in questo gioco chiamato amore.


Id: 478 Data: 16/02/2012 21:39:24