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Raccolta di articoli di Danilo Mar
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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- Letteratura

Dialetti

Affrontiamo il discorso dei dialetti italiani.
Possiamo dividerli in gruppi:

1. dialetti galloitalici (Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia e Romagna);
2. dialetti veneti;
3. dialetti toscani:
4. dialetti romaneschi;
5. dialetti centromeridionali;
6. dialetti sardi;
7. dialetti ladini e friulani.

Sono 7 gruppi che a loro volta hanno dei sottogruppi e, in modo più marcato, i gruppi 1 – 5 – 7.

Partiamo dal gruppo numero 1, ovvero i dialetti galloitalici. Essi riguardano il nord Italia ed il confine lo possiamo immaginare come una linea che dalla punta più a levante della Liguria – dove confina con la Toscana - arriva fino al confine tra Romagna e Marche.

Questa linea di confine separa – idealmente – i dialetti del nord da quelli centromeridionali, escluse quelle regioni che fanno testo in proprio e che sappiamo essere Veneto, Toscana, Lazio e Sardegna.

Caratteristica dei dialetti del nord è la perdita di vocali e consonanti nel comune parlare. Al contrario, nei dialetti centromeridionali s’è portati di più al raddoppio delle stesse, più nel meridione che nel centro. Nel quale centro, nei dialetti, si è portati a confondere la “T” con la “D”, la “C” con la “G” e la “S” con la “Z”.
Tanto per capirci: Macerata diventa “Magerata”! Aranciata diventa “arangiata”! Senza diventa “sensa” e lavandino diventa “lavantino”.

Ma queste differenze sono solo fonetiche perché quando vanno a scrivere, tutto torna a posto.

Tornando ai dialetti del nord di influenza galloitalica, c’è da dire che questa influenza la ritroviamo nel Principato di Monaco, nel Cantone Ticino ed in alcune enclave meridionali situate in Sicilia e Basilicata. Anche in Sardegna – che pure ha un suo proprio gruppo di dialetti, troviamo enclave galloitaliche. Esse sono presenti nelle isole di San Pietro e Sant’Antioco. Vedremo in seguito come si sono formate.

Per quel che riguarda i dialetti veneti, li ritroviamo in Istria, questo perché l’Istria è stata italiana per molto tempo ed ha influenzato anche le regioni interne di Slovenia e Croazia – un tempo tutta Yugoslavia.

I dialetti centromeridionali hanno influenzato la Corsica. Soprattutto i dialetti umbri. Infatti c’è molta assonanza tra la fonetica corsa e quella umbra: “u populu corsu, anch’ellu ha dirittu a parlà” è un detto popolare per rivendicare l’indipendenza corsa dalla Francia. Ora se analizziamo il testo e lo confrontiamo con un testo umbro centro-meridionale, ovvero da Foligno a Terni, le somiglianze si notano: “piju nu turturu e te scocciu lu mellone”, (prendo un bastone e ti rompo la testa) le assonanze in “U” sono imbarazzanti! Poi, altra cosa che ci dice di un rapporto tra la Corsica e l’Umbria, sono le città. Ben due città corse, Bastia e Calvi, le ritroviamo in Umbria. Di Bastia abbiamo già accennato e si trova in provincia di Perugia. Di Calvi dico che il dialetto calvese risente dell’influenza romana e quindi oltre ad usare molto la lettera “U” per chiudere le parole, difetta della doppia “erre”, come i romani, quando parlano. Ecco allora che “RR” diventa “R”, terra diventa “tera”. Con una aggravante: la erre viene raddoppiata dove non serve. Ed allora “la famiglia Ferrante abita in via Taro”, foneticamente per i calvesi diventa “la famiglia Ferante abita in via Tarro”! E vi può capitare, come è capitato a me, di ascoltare una telefonata di questo genere: una signora da un telefono pubblico stava dettando un indirizzo e <esatto, famiglia Ferante, via Tarro. No, Ferante con due “ ere” e Tarro con una “ere”>. Mi posso immaginare la faccia del ricevente la telefonata!

Abbiamo accennato ai dialetti sardi e ladini, ma è sbagliato: bisogna parlare di due vere e proprie lingue.

La lingua sarda è divisa in due sottogruppi:

1. sardo settentrionale;
2. sardo centromeridionale.

La lingua ladina ha tre sottogruppi:

1. ladino dolomitico, che si parla a cavallo delle province di Trento, Bolzano e Belluno;
2. ladino friulano, in Friuli;
3. ladino romancio o grigionese che si parla nel Cantone dei Grigioni, in Svizzera.

Torniamo alla lingua sarda e ai suoi 2 sottogruppi. Quello settentrionale è anche detto logudorese ;
quello centromeridionale è detto campidanese.

È questa la divisione per così dire “storica” della lingua sarda. Ma oggi, per semplificare, s’è portati a dividere la lingua sarda in 5 sottogruppi:

1. nuorese, parlato nella parte centrale dell’isola;
2. gallurese, parlato nella parte nord orientale;
3. logudorese, parlato nel centor nord;
4. sassarese, nella città di Sassari e dintorni;
5. campidanese, parlato nel sud dell’isola.

Tra questi sottogruppi il logudorese è quello che meno di tutti ha risentito delle influenze esterne, ovvero continentali. Chi ne ha risentito di più è il campidanese e, in tono minore, il gallurese. Ciò è dovuto alla forte spinta turistica che porta sempre più gente continentale ad eleggere la Sardegna come seconda zona di residenza.

Ma la storia della lingua sarda viene da lontano ed ha subito diversi influssi. Nell’VIII secolo a.C. l’isola fu colonizzata dai Fenici per poi passare nel VI secolo a.C. ai Cartaginesi. L’influsso punico – non alterò una cultura sarda già radicata, tanto è vero che Cagliari mantenne il suo nome “Kalaris” e i Cartaginesi non fecero nulla per incidere sulla lingua. Resta il fatto di una occupazione e qualche riflesso ci sarà pure stato.

Abbiamo poi l’influsso greco-bizantino. Sicuramente Olbia fu colonia greca, così come Sant’Antioco dove le chiese denotano una spiccata architettura greco-bizantina.

Influsso germanico: quello che meno ha inciso nella lingua sarda. Il suo passaggio non fu avvertito dagli isolani e solo studiosi attenti ne vanno alla ricerca di tracce labili.

Influsso arabo: anche questo incide poco ma certamente più del teutonico. Gli Arabi fecero incursioni nell’isola intorno all’anno 1000 per l’esattezza nel 1015 e sicuramente è araba la città di Arbatax, che vuol dire “14”. La spiegazione di questo nome sta nel fatto che in quella zona era posizionata la 14esima torre nautica di avvistamento. Spiegazione che non mi convince ma che prendo per buona. Se qualche amico sardo ne ha una più plausibile e documentata, tanto meglio.

Influsso catalano: gli Spagnoli occuparono l’isola dal 1323 al 1478. l’influsso è molto forte perché gli occupanti imposero la loro lingua. Ciò comportò la traduzione di tutti gli atti amministrativi e tutti i decaloghi di legge. Gli Spagnoli fecero quello che sapevano fare: colonizzare! Ma lo facevano con la leggerezza latina e non con la determinazione inglese. Ma questo non c’entra un accidente.

Siamo all’influsso italico: già prima degli Spagnoli le Repubbliche marinare di Genova e Pisa erano sbarcate in Sardegna. E vi era tra l’isola e le due Repubbliche un forte scambio economico che portò maestranze pisane e toscane in genere ad insediarsi sull’isola radicando ed incidendo il toscano ed il sardo. Poi col Regno dei Savoia l’incidere fu quasi legislativo.


Da anni in Italia si dibatte a proposito dei dialetti: dialetti si o dialetti no? Io sono per il SI! Credo che essi siano ricchezza e che la nostra storia e cultura non può farne a meno.

Tra le varie forme dialettali, quella più fortunata è stata quella toscana e fiorentina specialmente. Il perché va ricercato nell’ampia produzione di quelli artisti e – in particolare – della triade inarrivabile: Dante, Boccaccio e Petrarca. Tre campioni di questa stazza e contemporaneamente, è cosa rara. Le fortune del dialetto toscano nascono da qui! E con l’affermarsi del modello Toscano, anche chi toscano non era, era portato ad andare in Toscana e scrivere con quel modello di scrittura. Un esempio è il Boiardo, Emiliano, che si trasferisce in Toscana per meglio capire questa nuova lingua.

Nel prossimo post tratteremo le minoranze etniche italiche, anch’esse coinvolte nel bailamme delle lingue e dei dialetti.

Sono d’obbligo i ringraziamenti a due persone più una che mi hanno fornito notizie utili a questo post. E rispettando la rigidità alfabetica dico grazie al Professor De Robertis che, quando non è invasato di politica – e quindi non litighiamo – sa essere persona splendida! Ma si sa: la perfezione non è di questo mondo!

E grazie anche al signor Marongiu, conosciuto occasionalmente. E ringrazio il Padreterno di averlo incontrato perché mai m’è capitato di conoscere una persona più attenta e precisa nelle sue ricerche. La mia post-fazione ad una sua dispensa ha gratificato più me che lui.

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- Storia

Risorgimento?! Ma per favore...!!!

Tempo fa ho pubblicato un articolo dal titolo "Garibaldi: un lestofante per eroe", dove mettevo in evidenza che eroe proprio non lo fu e che l'Unità d'Italia fu una questione decisa dall'Inghilterra in combutta con le bande armate e i Savoia. Ma fu - soprattutto - un'aggressione ad uno Stato sovrano.
Ma tant'è: la storia la scrivono i vincitori! E così quella che fu una aggressione (del tipo Iraq quando invase il Kuwait), è diventata un'epopea da festeggiare. Ma mica tanto! Il 4 luglio si festeggiavano i 200 anni della nascita di Garibaldi e tutto si è svolto in modo molto soft. Sono curioso vedere - nel 2011 - come verranno festeggiati i 150 anni dell'Unità d'Italia.
Tutta quell'epopea va sotto il nome di Risorgimento! Risorgimento di che? Ma davvero ancora vogliamo far credere ai nostri figli e nipoti che i Savoia, Cavour, Mazzini, Garibaldi i carbonari e compagnia bella avessero la medesima idea di "unità" e che la stessa era agognata dai popoli italici? Il Risorgimento è stato solo l'ingrandimento del regno dei Savoia a discapito di popoli che nulla avevano in comune coi piemontesi! Il tutto ottenuto calpestando il diritto all'autodeterminazione dei popoli!
Il Meridione della penisola non aveva nessuna intenzione di unirsi al Piemonte! Ma la propaganda di regime se ne usciva ogni tanto con risultati plebiscitari con i quali i popoli del Sud volevano unirsi a Torino! Falsi! Falsi storici. In realtà era Torino che voleva annettersi il Meridione e - con esso - le ricche casse dello Stato Borbonico, che valevano molto più delle casse piemontesi. Ad unione avvenuta il Meridione incideva, come ricchezza fresca, ovvero soldi contanti, per 2/3 e il Regno sabaudo per 1/3! C'è poi il mistero dell'oro, per un valore dell'epoca pari a 445.000.000 di lire sabaude, ovvero circa 1.000.000 di ducati del Reame, sparito e solo in parte rientrato nelle casse ufficiali del Piemonte. Ma di questo parleremo in altra sede.
Torino incamerava un tesoro e ridistribuiva al Sud molto meno di quanto prelevato! Nasce qui la mai risolta "questione meridionale"! Ma vediamo come era articolato - economicamente - il Regno delle due Sicilie (Reame), prima dell'aggressione.
1860 - il Reame vanta:
1. la maggiore industria metalmeccanica della penisola con oltre 100 aziende sparse sul territorio;
2. il primo bacino di carenaggio in muratura;
3. un terzo di tutta la forza lavoro metalmeccanica della Penisola lavorava nelle province del Reame;
4. il primo Vascello a vapore fu costruito nel Reame;
5. fino al 1860, il 90 percento della produzione mondiale - ripeto mondiale - di zolfo fu quella siciliana e da sola assorbiva un terzo di tutta l'industria estrattiva italiana;
6. la prima flotta mercantile della penisola apparteneva al Reame;
7. la prima Compagnia di navigazione del Mediterraneo anche;
8. la più imponente flotta mercantile che commerciava con le Americhe e con l'Asia era del Regno delle due Sicilie;
9. il primo ponte sospeso della penisola, in ferro, fu costruito a Napoli e ci vollero i tedeschi nel 1944 per farlo saltare;
10. il primo telegrafo d'Italia si trovava nel Reame;
11. la prima rete di fari lenticolari per la gestione del traffico portuale, le cosiddette "lenti di Fresned" l'ha avuta il Reame;
12. la prima rete ferroviaria della penisola, idem.
Mi fermo qui senza accennare alle politiche di salvaguardia del territorio, alla alta densità di banche, delle prime società per azioni, della "Borsa merci" e altro ancora. Dai documenti contabili dell'ex Banco di Napoli, del Monte di Pietà San Paolo (in seguito Istituto San Paolo), risulta in modo inequivocabile che il Reame era più ricco del Regno! Ed era all'avanguardia per quel che riguarda anche l'assistenza medico-sociale. Dopo l'Unità d'Italia è mancata una giusta ridistribuzione della ricchezza al Meridione. E i soldi sottratti alle terre del Mezzogiorno d'Italia, hanno contribuito a fare la fortuna del Nord
Consiglio ai dubbiosi di andare a leggere Francesco Saverio Nitti, che proprio Borbone non era, dove c'è testimonianza che le riserve del Banco delle due Sicilie (che dopo l'annessione si scinderà in Banco di Napoli e Banco di Sicilia) erano superiori a quelle torinesi! E possiamo dire, con amarezza, che l'annessione del Reame a Torino s'è conclusa anni fa, ovvero quando - per ironia del destino - l'Istituto San Paolo di Torino ha inglobato il Banco di Napoli e quello di Sicilia! Tornando a Nitti, egli scrive che le riserve del Reame erano di "gran lunga più cospicue di tutti gli altri Stati della Penisola, compreso il Regno sabaudo". E che il "potere di acquisto del Ducato era altissimo perché valeva 4.5 volte la Lira sabauda".
La supremazia sociale e bancaria del Reame è ampiamente dimostrabile! In Piemonte, invece, il sistema sociale ed economico era povera cosa. Esistevano solo alcune Casse di Risparmio e le istituzioni più attive erano i Monti di Pietà, tra i quali spiccava - come abbiamo già visto - quello di San Paolo, fondato nel 1563 (oggi Istituto San Paolo).
I primi ad avere una vera banca - nel Regno - furono i genovesi, con la Banca di Genova, fondata nel 1844 per sconti, depositi e conti correnti da alcuni commercianti. E solo nel 1846 si costituì la Banca di Torino. Nel 1849 le due banche si fusero e nasce la Banca Nazionale degli Stati Sardi, la futura Banca d'Italia.
In Lombardia, addirittura, non c'era alcuna banca di emissione e le attività commerciali riuscivano ad andare avanti solo perché operava la Banca d'Austria. E tutto questo già da solo dovrebbe rendere evidente che, prima dell'invasione, il Sud era nettamente più avanti del nord, l'esatto contrario di quello che afferma - o meglio affermava - la storiografia dei vincitori. Ed è proprio la presenza di banche, di industrie, di un valido stato sociale e di una moderata pressione fiscale, che allarma gli Inglesi, sempre attenti a seguire tutti i cazzi di tutti. La Corona inglese teme la crescita socio economica del Reame e si prepara a contrastarlo, sappiamo come!
S'è detto di una moderata pressione fiscale che però aumentò con l'annessione al Piemonte. Nel Reame si pagavano 5 tasse:
1. la tassa fondiaria, sui terreni di proprietà;
2. la tassa di Registrazione sugli acquisti di bene e servizi;
3. la tassa sul lotto. Esiste tuttora e - anzi - l'ha aumentata portando da una a tre le estrazioni settimanali, senza contare i "gratta e vinci" e i vari concorsi;
4. la tassa sulle poste;
5. la tassa indiretta che comprendeva i tabacchi,il gioco delle carte, la dogana, la polvere da caccia e il sale.
Nello stesso periodo, nel Regno, si inventavano una tassa al giorno! Ed oltre a quelle di prassi (che erano le stesse del Reame e di qualsiasi altro Stato, lotto escluso), i sudditi dei Savoia pagavano tasse su:
1. le successioni;
2. le donazioni;
3. i mutui;
4. le adozioni;
5. le spese per la salute,
6. le emancipazioni;
7. sulle persone;
8. sulle società;
9. su pesi e misure;
10. sulle esportazioni;
11. sul consumo delle carni, dell'acquavite e della birra;
12. sulla caccia;
13. su i mezzi di trasporto;
14. e la famigerata "manomorta"! Che non è la libertà di toccare il culo alle donne se uno pagava dazio! Ma si tratta di quella infamante tassa che il Regno pretendeva se un piccolo proprietario voleva vendere il suo terreno. Se durante gli anni di proprietà non pagava annualmente questa tassa, non poteva vendere o - se vendeva - doveva onorare gli anni non pagati! Che era come dire: tu vendi ed io incasso! Oppure il bene veniva confiscato. Nasce da qui la lunga teoria di cessioni di beni alla Chiesa! Era meglio donare il bene al clero anziché allo Stato vessatore. Sulle donazioni alla Chiesa non si pagava tassa!

Ma veniamo a quantificare queste tasse. Le 16 province del Reame, prima che "il lestofante" andasse a "liberarle", pagavano l'equivalente di 130.000.000 di lire sabaude, ovvero poco meno di 300.000 Ducati. Nel Reame vivevano circa 10.000.000 di persone, fatti quattro conti, lira più, lira meno, la contribuzione pro capite era di circa 13 lire sabaude, ovvero 2.9 ducati.
Nello stesso periodo nel Regno si pagavano le stesse tasse ovvero 130.000.000 di lire ma con una differenza: gli abitanti del Regno erano poco più di 5.000.000 e - se due più due fa ancora quattro - essi pagavano il doppio!
Un esempio su tutti: secondo quanto riportato da documenti ufficiali del Banco delle Due Sicile, nel 1860 i sudditi del Reame pagarono 40.000.000 di lire sabaude di Tassa Fondiaria, ovvero circa 900.000 ducati. Nel 1865, come risulta dagli archivi della Banca Nazionale degli Stati di Sardegna, gli stessi proprietari versarono nelle casse sabaude ben 70.000.000 di lire di Tassa Fondiaria: quasi il doppio! E la disparità è ancor più evidente se si pensa che nel Meridione si pagavano 9.6 lire per ettaro, nel Nord 7.4! E per fortuna che erano arrivati i liberatori!
Dopo il 1860, quando l'unità fu fatta, il Sud si vide appioppare la miriade di tasse del Nord e possiamo affermare che da qui comincia l'evasione fiscale! Mentre il Nord mantenne lo stesso standard di pagamento, il Sud fu vessato. E lo fu due volte perché la ridistribuzione della ricchezza avvenne in modo massiccio al Nord che in pochi decenni elettrificò le ferrovie, ne costruì di nuove, fece strade, ponti, arginò i fiumi, si dotò di centrali elettriche, ampliò il porto di Genova, costruì case e finanziò gli industriali per avviare le loro aziende. Anche gli Agnelli ebbero dei soldi a fondo perduto - ed altri a tassi ridicoli - per avviare la FIAT! Ma poi è stato sempre così!
E più la ricchezza veniva distribuita a Nord, più ne veniva data meno a Sud. Cominciarono a chiudere le imprese metalmeccaniche, le zolfatare e ben presto il fenomeno della disoccupazione si approprierà del Meridione. Comincia il grande esodo verso Nord per cercare lavoro e cresce il fenomeno delinquenziale, quella Camorra e quella Mafia che aiutarono Garibaldi e i suoi a perpetrare lo scempio del Sud.
Tutto questo malessere, i Savoia, lo scaricarono sui Borboni, tacendo la verità. Una verità che ci dice che quell'annessione indebita sarà fatale agli eredi di Biancamano che, solo dopo 80 anni, videro dissolversi il Regno. Ed ironia della sorte vorrà che l'ultimo sabaudo - Umberto II - partirà proprio da Napoli per il suo esilio a Cascais.
Ore dico: possiamo considerare i Cavour, i Garibaldi, i Mazzini e i Savoia i "Padri della Patria"? Cavour, in una lettera al Farini, così scriveva del Re: "Il Re non mi ama ed è geloso di me, mi sopporta Ministro, ma è lieto quando non mi ha al fianco; dal canto mio mentirei se vi dicessi aver dimenticato che il giorno in cui il Re entrava nel palazzo Pitti, esso lungi dal rivolgermi una sola parola di ringraziamento, mi disse cose villane e dure, che dette da altri che da un re, ci avrebbero condotti sul terreno….come uomo desidero da lui un solo favore, il rimanerne il più possibile distante". E a Costantino Nigra, sempre Cavour, il 1° Agosto del 1860 scriveva: "Se Garibaldi passa sul continente e si impadronisce del Regno di Napoli, diventerà lui il padrone assoluto della situazione, il re Vittorio perde a questo punto quasi tutto il suo prestigio". Ci sono poi le richieste di Garibaldi a Vittorio Emanuele perché liquidasse Cavour il quale onestamente annotava: "Garibaldi è il più fiero nemico che io abbia". Ed ecco quello che Mazzini scriveva a Cavour "Signore io vi sapevo, da lungo tempo, tenero alla monarchia piemontese più assai che della patria comune; adoratore materialista del fatto più che di ogni santo, eterno principio… perciò se io prima non vi amavo, ora vi sprezzo, eravate finora soltanto nemico, ora siete bassamente, indecorosamente nemico..". E poi c'è Vittorio Emanuele II che così scriveva a Francesco II di Borbone: "La Casa Savoia non è mossa da fini ambiziosi o da brama di signoreggiare l'Italia ……lungi dal volere e dal desiderare che sia turbato alla reale casa di Napoli il pacifico possesso degli Stati che le appartengono ……. non sarebbe migliore salvaguardia dell'indipendenza d'Italia che il buon accordo fra i due maggiori potentati di essa". E questi sarebbero i "Padri della Patria"! Falsi, bugiardi, lestofanti e pusillanimi. Mi sembra proprio sia giunta l'ora di innalzare Gioberti a pensatore principe dell'epoca e a ridare lustro ai vari Pietro Micca e Amatore Sciesa.

Ma l'unità d'Italia non poteva funzionare - e non funziona - perché troppo diversi erano i popoli che l'abitavano. Diversi per cultura, per tradizioni, per retaggi storici e per le influenze esercitate su di essi dai Galli e dai barbari del Nord da un lato e dalla Magna Grecia e mondo arabo dall'altro! Stiamo vivendo ora noi le stesse cose patite dal Meridione, con l'Europa unita! Si sono alzate le tasse, abbiamo perso il potere di acquisto degli stipendi, c'è crescita limitata e continuano a prosperare Mafia, Camorra, Ndrangheta e s'è aggiunta la Sacra Corona Unita.
Nel 1861 s'era formata una Nazione anomala. La base di una Nazione è la lingua e l'Italia non ne aveva una! I Savoia - e gran parte del Piemonte - parlavano il francese, in Sardegna il loro dialetto che poi è una lingua, così come il dialetto veniva parlato nelle altre zone della Penisola. E le attinenze con l'Europa di oggi si fanno preoccupanti.

Le idee chiare le aveva Gioberti, che per primo si rese conto delle difficoltà e ne parlò anche con Garibaldi, senza però convincerlo alla causa federalista. Così scriveva: "L'Italia, tutto al contrario della Francia, è divisa in molti stati da parecchi secoli; stati diversi di costumi, di massime, di dialetto, d'interessi; stati che nutrono vicendevolmente un'avversione gli uni degli altri. Ora il voler riunire questi stati ad un tratto con una rigenerazione politica in un solo governo, in un solo stato, con una sola costituzione, è lo stesso che cercare il moto perpetuo o la pietra filosofale. Non si può distruggere in pochi giorni, e modificar subito diversamente l'opera di molti secoli, avvalorata dall'abitudine di tante generazioni, senza guerra tra popoli e popoli, senza spargimento di sangue, senz'anarchia. Andiamo per grado, e noi otterremo il nostro gran fine con poco disturbo, e col minimo possibile di disordini. La guerra a morte sia solo contro i birbanti coronati, contro gli assassini dei popoli. Si risparmino i popoli e si cerchi di avvicinarli, ma gradatamente, al comune interesse, alla generale felicità, in una sola parola, al FEDERALISMO". È significativo che oggi, dopo 140 anni di unità, si riparli di federalismo che probabilmente era la soluzione più giusta, allora come oggi.

Ho accennato alla situazione italiana di oggi rispetto all'Europa e il paragone mi sembra pertinente. Vi rendete conto di quanto s'è ridotto il potere di acquisto degli stipendi? Prima, se un lavoratore guadagnava 2.500.000 lire mensili era un bel guadagnare! Oggi con l'equivalente in euro, ovvero 1.300 euro, si fa la fame! E siamo proprio noi Italiani che rischiamo di diventare il "Meridione d'Europa"! Perché la squallida Europa di Maahastrict (non si scrive così ma fa lo stesso), è nata solo per salvaguardare gli interessi di una minoranza, ovvero di quella oligarchia socio economica che così controlla tutto e tutti. E' l'Europa delle banche e dei banchieri, degli arrampicatori e di chi si inventa alchimie finanziarie, è l'Europa degli sciacalli che arricchiscono sulla pelle dei poveracci. E' un'Europa che non mi piace come non mi è piaciuta l'aggressione al Reame! Oggi gli Stati non si acquisiscono con le guerre militari, ma con quelle economiche. E noi ne stiamo combattendo una. E intanto la metà delle famiglie italiane fa fatica ad arrivare alla fine del mese!

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- Storia

L’oro del Reame

L'oro del Reame
A Genova fu fondata la "Banca di Genova" (1844) e due anni dopo Torino vide la sua prima banca: la "Banca di Torino" (1846). Nel 1849 le due banche si unirono e nacque la "Banca Nazionale degli Stati Sardi". Che nel 1861, fatta l'unità d'Italia, prese il nome di "Banca d'Italia". E fin qui ci siamo ed è tutto semplice. Ora seguitemi: sia la Banca di Genova, sia quella di Torino erano banche private, unendosi fondarono una unica banca privata.
Cavour, che aveva forti interessi nella neonata "Banca Nazionale degli Stati Sardi", operò al fine di fare ottenere alla suddetta banca compiti di tesoreria. Abbiamo quindi una banca privata che incassa, gestisce ed emette denaro dello Stato Piemontese. E fin qui sono cazzi loro ed anche se non è etico, ci può stare.
In quegli anni solo il Regno emetteva carta moneta, il Reame emetteva, o meglio - coniava - solo monete d'oro, argento e metalli inferiori. Ma per il forte movimento commerciale che sviluppava, il "Banco delle due Sicilie" emetteva "note d credito" e "polizze di credito" il cui valore doveva essere coperto dall'equivalente in oro, quindi per un massimo di 445.000.000 di lire pari a circa 1.000.000 di ducati. Cifra enorme!
Anche il Piemonte aveva una sorta di parità con l'oro in suo possesso (tra i 25 e i 27 milioni di lire), ma a causa della forte crisi finanziaria dovuta alla guerra del 1848, a quella di Crimea del 1855, portarono la parità da 1: 1 a 1:3 senza però risolvere il problema. Che anzi peggiorò per cui nel 1861 la "Banca Nazionale degli Stati Sardi" batteva moneta senza tenere più conto della parità: il Piemonte era sulla via della bancarotta!
Nel frattempo s'era perpetrato lo scempio del Meridione e gli Staterelli del Nord s'erano piegati ai Savoia. E che fece Torino? Si impossessò di tutto il denaro degli Stati sottomessi. La "Banca Nazionale degli Stati Sardi" si trasformò in "Banca d'Italia" restando privata, come lo è ancora oggi. Chi sono i proprietari? Altre banche: l'Istituto Centrale delle Casse di Risparmio, la Banca San Paolo IMI (che s'è cuccato il Banco di Napoli e quello di Sicilia), il Monte dei Paschi, Mediobanca ed Unitalia (Unicredito e Capitalia insieme).
Ricordate? Il Reame non emetteva carta moneta, ma solo monete tra cui quelle in oro. Con un a leggina fatta ad hoc, Torino vietò alle Banche meridionali di rastrellare le monete d'oro e trasformarle in carta moneta. Perché se lo avessero fatto, rastrellando le monete d'oro (che erano pari al deposito in lingotti), potevano stampare carta moneta per un valore di 890.000.000 di lire e potevano diventare i padroni del mercato finanziario della neonata Italia. Questo perché in assenza di una Banca centrale, le banche potevano stampare moneta cartacea.
Quell'oro in moneta fu rastrellato dai Piemontesi e pian piano trasferito a Torino, oltre a quello dei depositi in lingotti. Tuttavia alla fine della fiera, la Banca d'Italia non aveva tutto l'oro che doveva avere. Quell'oro aveva preso altre strade: c'era da pagare i malavitosi di Sicilia, Campania, e Calabria. C'era da dare la pensione agli "eroici garibaldini", c'era da finanziare Menotti Garibaldi per fare cosa non si è mai capito! Resta il fatto che ottenne 200.000 lire, l'equivalente di 2.5 milioni di euro di oggi.
C'erano, in poche parole da sistemare alcune cose. Ma erano quisquiglie al confronto della massa sparita. Che improvvisamente e riappare (è lui o non è lui? Ceeerto che è lui!) sotto forma di banche in una Torino rinvigorita. Nascono banche con tutti i crismi della regolarità ed ognuna col suo deposito, più o meno vasto, d'oro.
Nascono il "Credito Mobiliare", il "Banco di Sconto", la "Cassa Generale di Genova" e la "Cassa di Sconto di Torino" queste banche, naturalmente private, diventano socie della privata "Banca d'Italia" formando un cartello potentissimo, coi capitali della gente del Sud.
Ma fecero anche di peggi il cartello bancario , vista l'enorme massa di carta moneta che circolava, (perché come s'è detto ne stamparono a iosa), nel 1863 ne dichiararono il "corso forzoso" e non poteva più essere convertita in oro!
I danni per la popolazione furono enormi, soprattutto per i popoli dell'ex Reame, che defraudati dalle monete d'oro che avevano e riempiti di carta, pensavano di riconvertirla in oro! Ed è da qui, dal 1863, che comincia a nascere il "Debito Pubblico": lo Stato, ovvero il neonato Regno d'Italia, in assenza di una Banca Centrale, cominciò a chiedere soldi alla Banca d'Italia e al "cartello" che s'era formato.
Lo Stato quindi, grazie a quel genio di Cavour. (ma lui e la sua famiglia fecero sicuramente i cazzi propri!) cedette la propria sovranità, in campo monetario, ad una banca privata che non ne aveva titolo (la sovranità non è cedibile perché appartiene al popolo sovrano, che è poi lo Stato stesso). Ed i privati, ovvero il cartello di banche di cui era leader la Banca d'Italia, riportarono la lira ancorata all'oro! Ricapitoland si sono fottute l'oro senza dare in cambio nulla, rubando - la parola è forte ma è così - alla gente lasciandola in mutande, poi per stampare carta moneta nuova, ritorna la parità con l'oro! Lo Stato deve depositare nei forzieri della Banca d'Italia altro oro! Cavour - che nel frattempo era morto - l'aveva studiata non bene, benissimo!
Ci volle una legge fascista del 1935 a rimettere le cose a posto, cioè a sganciare definitivamente - e per sempre - la lira da una riserva aurea, e fare si che il suo valore fosse dettato dal mercato. Questa del Governo Fascista fu una ottima legge, ma toppo spesso ce ne dimentichiamo!
La carta moneta, in effetti, non ha nessun valore in se per se e non si capisce perché lo Stato doveva "pagarla" alla Banca d'Italia! Il denaro circolante è del popolo sovrano e NON della Banca d'Italia.Questo in un "Paese normale" - per usare un termine caro a D'Alema. Ma viviamo in Italia e di "normale" c'è solo la precarietà. Poi c'è da dire che la Banca d'Italia ha un potere così immenso che tutti i Governi ci sbattono il muso. Basta ricordare quanto tempo c'è voluto per cacciare Fazio, l'ex Governatore della Banca d'Italia! Che poi non è che l'hanno cacciat se ne è andato!
Negli USA, Bush può cacciare il Presidente della Federal Riserve, come e quando vuole. Perché la Federal Riserve non è privata, ma è dello Stato, ovvero del popolo! Ura con l'euro siamo alle stesse condizioni del Reame: una banca Centale praticamente privata controlata per la gran parte da capitali inglesi che però non sono dentro la moneta unica, ma ne possono decidere la fluttuazione. In poche parole: un casino senza fine!

Fu quindi l'avidità della borghesia Piemontese, di cui Cavour era esponente, a favorire la depauperazione del Sud e delle sue genti, complice anche una classe militare, e mi riferisco ai vertici, corrotta, del Reame. E - diciamola tutta - alla pochezza di "Franceschiello". Un sovrano più illuminato avrebbe badato più alle questioni di Stato che a quelle "corporali", visto che il suo unico problema era di andare a bagno tutte le mattine!
Con l'oro del sud parte la riscossa del nord e i risultati sono quelli che abbiamo dinanzi agli occhi. Non sol l'impoverimento del meridione (chiusura delle fabbriche, fine dell'artigianato, fuga dei lavoratori), convinse i vincitori a riversare sempre meno capitali all'ex Reame col risultato che la Calabria - per fare un esempio - che nel rapporto Campbell era considerata "Regione a forte concentrazione industriale", oggi è una delle più povere Regioni del Paese.
Non contenti, i nuovi padroni vendettero anche le terre demaniali (che Garibaldi per assicurarsi il loro appoggio aveva promesso ai contadini). E quei terreni finirono nelle mani dei soliti noti, borghesi di corta veduta che credevano che solo "la terra" fosse ricchezza. Era quella borghesi che insieme ai contadini, appoggiarono Garibaldi. E quando padroni e operai si mettono insieme, chi lo prende in quel posto sono i più deboli! E questo dappertutt pensate a quello che è successo in Russia con Stalin e i culachi!
So d'essere stato lungo e noioso, ma era doveroso far sapere anche questo lato della storia.

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- Storia

17 marzo festa una tantum per l’unità d’Italia

È cosa ufficiale: il prossimo 17 marzo sarà festa nazionale: si festeggia l’Unità d’Italia. Ma è talmente bislacca questa unione che c’è vergogna nel festeggiarla ogni anno e così s’è scelto un italico compromesso: sarà solo per quest’anno lasciando però la porta aperta a festeggiamenti cinquantennali. Così in un futuro non proprio prossimo, il 17 marzo, sarà festa nazionale nel 2061, 2111, 2161, 2211…..

Meglio sarebbe stato non festeggiare affatto quella che fu una vera e propria invasione di uno stato sovrano, sul modello di quella subita dal Kuwait da parte di Saddam Hussein. Fosse successo oggi, avremmo avuto l’intera comunità mondiale contro.

Ma le cose stanno cambiando. La cosa è palpabile. Si avverte. Quelle che erano le certezze di pochi, stanno diventando i dubbi di molti. Il mito di Garibaldi traballa, la guerra di liberazione del Sud oggi è vista come una guerra di “convenienza” del Regno Sabaudo e del Regno Unito contro chi minacciava la supremazia commerciale dell’una e contro chi rappresentava la salvezza economica per l’altra.
Eppure sarebbero bastate poche visure presso gli organi competenti per capire la verità.

Il fitto scambio di lettere tra Londra e Torino - dove si parla apertamente della minaccia che il Reame rappresentava per i sudditi di Sua Maestà la Regina Vittoria e della grossa riserva aurifera conservata nei forzieri del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia - da sole ci dicono la verità. (a meno che anche quelle non siano opera di dossieraggio ordito da Berlusconi! Ma Berlusconi all’epoca dei fatti non c’era! Zitto cretino, Berlusconi c’entra sempre).

Sarebbe bastato leggere la sentenza depositata presso il Tribunale di Montevideo dove si acclara che Garibaldi Josph Marie – il nome presso il Municipio di Nizza è così registrato - è condannato alla pena prevista per abigeato. E la pena prevista era il mozzare un orecchio.
Sarebbe anche bastato leggere la velina della lettera che la Capitaneria di porto di Shangahi consegnò brevi manu al nostro eroe del cazzo, dove gli si intimava di non attraccare più a Shanghai col suo carico di povera gente di colore che rivendeva come schiavi.
1.
Sarebbe bastata una sola di queste cose per archiviare la “pratica Garibadi” con un timbro: DELINQUENTE.

Ecco allora la mia proposta - che invierò al Comitato per i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia, nella figura del suo Presidente, On. Giulano Amato:

buttiamo alle ortiche sto cavolo 17 marzo – di date della vergogna basta e avanza l’8 settembre – e per ricordare:

- l’oltre un milione di meridionali massacrati nei lager dei Savoia;
- i morti dell’eccidio di Bronte dove il criminale di guerra - lo psicopatico Nino Bixio – massacrò anche donne e bambini;
- i morti dell’eccidio di Gaeta dove le navi dei “liberatori” cannoneggiarono la città con 160.000 bordate – sissignori: proprio 160.000 – causando oltre 6.000 morti tra la popolazione civile;
- i 400 ragazzi di età compresa tra i 14 e 18 anni massacrati a colpi di baionetta - per risparmiare munizioni - si vantò il comandante quel plotone di macellai;
- i morti della strage di Biancavilla dove 80 ”eroici” garibaldini massacrano donne e bambini perché non trovarono gli adulti che s’erano organizzati nei boschi i gruppi partigiani;
- i 36 morti della strage di Girgenti;
- i morti dell’eccidio di Castellammare;
- i morti di Messina. Erano operatori sanitari che si rifiutarono di non soccorrere alcuni rivoltosi feriti e per questo giustiziati;
- i morti dell’eccidio di Licata: donne e bambini rinchiusi nella locale prigione e “finiti” a frustate perché si rifiutarono di rivelare il luogo dove i resistenti avevano messo il quartiere generale;
- i morti dell’eccidio di Petralia dove una intera famiglia fu bruciata viva;
- per il “muto di Reggio di Calabria” ucciso perché non poteva parlare e non sapeva scrivere per dire dove erano i rivoltosi;
- i morti la rivolta di Palermo del 1866:
- per i morti delle rivolte di Bagheria, Misilmeri, Piana dei Greci, Parco, Portella della Paglia, Boccadifalco, Villabate, Torretta, Montelepre, Lercara Friddi, Castellaccia, Santa Flavia, Marineo, Recalbuto, Aragona, Termini Imerese, San Martino delle Scale, Corleone, Prizzi;
- i morti bruciati di Vena Martello, San Vito, Pagese, San Martino, Paranesi;
- i 673 contadini teramani massacrati senza motivo alcuno;
- i 160 morti della strage di Gioia del Colle;
- gli oltre 300 morti della strage di Vieste;
- i 59 morti nel massacro di Montecillone;
- i 45 morti di Auletta;
- i 48 di Pietralcina;
- i 31 fucilati a Padula;
- i 232 fucilati a Nola;
- i 140 morti a Scurgola;
- i 47 fucilati a Casamari – è una Abazia -
- i 150 fucilati a Montefalcione;
- i 1.300 massacrati da Cialdini a Pontelandolfo;
- gli oltre 400 di Casalduini.

E mi fermo qui per carità cristiana. L’elenco è di oltre 200 stragi.

A Tagliacozzo, l’8 dicembre 1861i Piemontesi fucilano il Generale Josè Boges, venuto dalla Spagna, per sostenere la causa del Reame. La cosa è di una gravità assoluta perché un esercito regolare che cattura un generale nemico, non lo fucila appunto per il grado che riveste, ma lo consegna al Comando generale. Regola rispettata da sempre. Solo le bande armate commettono crimini simili. Ma chi non ha nobiltà d’animo non ha manco l’onore. E chi non ha onore è solo un criminale. I Savoia questo sono stati.

L’8 dicembre indica anche un segno di svolta: la presa di coscienza che qualcosa non andava nel racconto – a più voci – che ci avevano fatto del Risorgimento. Le persone cominciarono a documentarsi e a capire.

L’8 dicembre 1966, nel posto dove fu giustiziato il Generale Borges, fu messa una targa commemorativa dove si leggeva: " In questo remoto casolare l'8 dicembre 1861 al comando di Enrico Franchini soldati italiani e guardie nazionali di Sante Marie fidenti nell' unità d' Italia prodemente debellavano ardita banda mercenaria che capeggiata da Josè Borges mirava a restaurare il
vecchio defenestrato nefasto regime borbonico”.

Nel 2003 la targa fu cambiata per un' altra che dice "In questo remoto casolare l'8 dicembre 1861 si infranse l' illusione del Gen. Josè Borges e dei suoi compagni di restituire a Francesco II il Regno delle Due Sicilie. Catturati da soldati italiani e guardie nazionali de Sante Marie al comando di Enrico Franchini furono fucilati lo stesso giorno a Tagliacozzo. Riposino in Pace"

Aprite gli occhi!


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- Medicina

Parkinson: quando il corpo divorzia dal cervello

Parkinson: quando il corpo divorzia dal cervello

Mi sono svegliato una mattina e il dito mignolo della mia mano sinistra si muoveva, si contraeva, ballava e io non potevo fare nulla per fermarlo!

Ne parlai col mio medico e fatti dei controlli il responso non lasciava dubbi: il signor Parkinson era entrato in me e aveva occupato la parte sinistra del mio corpo. E non mi pagava neanche l’affitto!

Ultimamente una ulteriore visita specialistica ha confermato la diagnosi. Una mano inizia a ballare e il corpo divorzia dal cervello: ecco il Parkinson!!!

“Dico a te signor Parkinson: nella mi vita ne ho passate di rutti i colori e non sarai tu – signor Parkinson – a sconfiggere me! Certo, tu sei forte, appartieni alla schiera dei sudditi di S.M. Britannica e io – ahimè – sono solo il figlio di un’Italia pasticciona e maneggiona, ma che è il più bel Paese del mondo e che io amo: non ci contare, io non me ne vado!

No signor Paarkison: non mi fai paura! Sei tu che dovrai temermi! Chiunque s’è intromesso sulla mia strada ne è uscito con le ossa rotte e tu non farai eccezione! Signor Parkinson non sono il tipo d’uomo che si piange addosso, non lo sono mai stato e non comincerò ora perché tu ti sei appropriato di una parte di me. Io sono l’opposto e lotterò fino a riprendermi ogni centimetro del mio corpo!

Ti ricaccerò nell’inferno da cui sei venuto e ci andrai di malavoglia perché stando con me imparerai quanto sia bello far poesia, ascoltare musica classica, viaggiare, parlare di politica ai giovani che saranno le promesse e il futuro di questa Nazione. E quanto sia bello
fare all’amore!

Conoscerai persone splendide e conoscerai la donna che amo – Patrizia - mia figlia Flaminia e gli altri miei parenti e tutti remeranno contro di te! Anche i miei amici lotteranno con me e con me lotteranno tutte quelle persone che mi conoscono e che mi stimano. No Signor Parkinson: non hai scampo!

E poi lo vedi da te: la mia vita non è cambiata! Lavoro, scrivo, mi diverto,viaggio, scopo, (dicono anche bene!),gioco a poker (se il bluff mi viene naturale, il barare è un’arte sopraffina!), a scacchi (il mio mito è Tal perché era imprevedibile), a biliardo (coi 5 birilli lo vedi anche tu che perdo una partita su 100!), parlo di poesia (hai visto quanti ne vengono ad ascoltarmi nei convegni cui partecipo ed hai notato che quando parlo io c’è un religioso silenzio che diventa brusio – se non addirittura chiasso – quando tocca agli altri) e mi occupo ancora di politica (eh si, sono euroscettico! Ma voi Inglesi del cazzo lo siete più di me)! Come dici? Non ce la fai a starmi dietro? Cazzi tuoi!

Non ti ho chiamato io! Ma tu mi hai voluto sfidare e ora ci devi stare: si gioca con le mie regole!

Certo, in alcune cose mi metti in difficoltà: faccio fatica ad allacciare le scarpe, ma ho ovviato con quelle senza lacci, tiè!!! Come faccio fatica ad allacciare la camicia! Ma qui caschi male: non porto mai camicie perché detesto la cravatta e la giacca: uso solo pullover! Certo che sei stato sfortunato: hai beccato uno che in pullover ci vive!

Ti stai rendendo conto che con me non puoi farcela!? Vinco io Parkinson! Fottiti!!”

Dopo aver parlato col bastardo mi rivolgo agli amici che mi leggono: il male si sconfigge! Ci si deve credere e io ci credo fermamente!! Certo la medicina è utile ma più utile è avere fiducia in se stessi!

Se c’è qualcuno che ospita il noiosissimo signor Parkinson mi scriva pure in privato per confrontare le cure e parlarne!

Scusate se vi ho parlato delle mie beghe, so benissimo che ognuno ha le proprie e che magari – ma mi auguro di no – c’è anche chi ha problemi più seri, ma ho voluto raccontarvi questa cosa con la speranza di poter essere di aiuto a qualcuno. Ovvero, se anche riuscirò a ridare forza e speranza ad uno solo afflitto da questo morbo, ne sarò lieto. E ritorno al concetto di base: la medicina serve ed è utile, ma serve ancor più la fiducia in se stessi!

No “Signor Parkinson”, non MI sconfiggerai!

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- Storia

Il ’ 68: le conseguenze

Il ’68: le conseguenze

Chi mi legge lo conosce, ma non la tiro per le lunghe: il ’68 fu un disastro per tutti!
Tranne per quelli che ne hanno raccolto i frutti, chi facendo il "salto della quaglia" (Giuliano Ferrara, Paolo "straccio" Liquori); chi "posando il culo" su uno scranno parlamentare (Marco Boato, Mario Capanna); chi "facendo bella mostra" di sé in partiti e partititi (Oreste Scalzone, Paolo Florais D’Arcais); chi riscopertosi "intellettuale" (Adriano Sofri, Massimo Cacciari); chi "facendo i cazzi propri" nel mondo degli affari (Aldo Brandirali, Franco Russo). Tutta "brava gente" che s’è giovata del momento favorevole per decollare! Chi sta pagando per tutti è Renato Curcio (un atto di pentimento poteva dire avere la grazia) ma lui non ha mai abiurato ciò in cui credeva! Da questo punto di vista ha tutta la mia ammirazione.
Oggi, per certi versi, sta succedendo la stessa cosa coi "movimenti". Chi se n’è giovato? Agnoletto (parlamentare europeo a Bruxlelles); Caruso e Luxuria (onorevoli! Sic) e presto toccherà a Casarin (quello dei disobbedienti). Ma come cazzo si fa!
Tornando al ’68, i primi ad essere delusi furono quei giovani che rappresentarono l’anima propulsiva della rivolta (io fra questi!) che videro il "Movimento" appiattirsi su posizioni borghesi, quelle posizioni contro cui avevano lottato. Si resero conto - allora - che coloro che protestavano e che volevano cambiare il mondo, nei fatti volevano solo sostituirsi a chi il potere lo aveva già!
Non solo, capirono che le ideologie andavano a distruggere quello che di buono s’era costruito negli anni ’50 e ’ 60. Non v’è dubbio che quei 20 anni rappresentarono la rinascita del Paese, dopo i disastri di un altro "ventennio". E la rinascita del Paese passò attraverso un impegno serio di chi ci governava e di chi si opponeva, avendo come punto principale, entrambi, il bene comune della collettività. E l’opposizione dura dell’allora PCI, era condotta da uomini la cui etica era fuori discussione. E De Gasperi e Togliatti guardavano verso la stessa direzione.
Il ’68 azzerò tutto questo! Le Università sfornano laureati che andranno a formare una classe dirigente incapace, viene azzerata la meritocrazia e il mito dell’uguaglianza spinge tutti verso una omologazione al ribasso. Culturalmente è un periodo buio, insulso e non ha prodotto che la spettacolarizzazione degli eventi. Allora - come oggi - la televisione dettava i ritmi della vita.
I danni del ’68 cominciano a rarefarsi negli anni ’80. Gli "anni di piombo" hanno raggiunto il vertice massimo e comincia una fase prima di stagnazione poi di regresso delle dimostrazioni. Ci si interroga su cosa hanno voluto dire il ’68 e le sue idee e le risposte restano nel vento perché il ’68 ha rappresentato lo "zero assoluto" in ogni campo. Anche se non nego che qualcosa di buono l’ha partorito: lo Statuto dei lavoratori, la nascita del movimento referendario che ha introdotto l’aborto ed il divorzio, un maggiore impegno delle donne nella vita pubblica. Ma questi lati positivi non debbono trarre in inganno! Nella sua totalità quel periodo va visto come un periodo buio per la nostra nazione. E non solo per noi, ma per tutti.
Dell’oggi cosa dire? Che ci siamo impelagarti in una ricerca della perfezione e del consenso che genererà solo delusioni: per tutti! Ci ha deluso l’Europa Unita, ci ha deluso l’Euro, ci ha deluso la classe politica e si vive in uno stato di quasi rassegnazione! Ed è una situazione pericolosa perché è proprio in questi frangenti che attecchisce lo Stato etico, magari sotto forma di "un fuori di testa" che azzera tutto e…
Ma non voglio pensarlo! Questo Paese saprà reagire e come non volevo morire democristiano, oggi non voglio morire prodiano o veltroniano o berlusconiano! Cazzo ci sarà pure un modo per modificare lo stato delle cose!
L’etica politica s’è persa per strada: una vota chi faceva politica metteva il suo potere al servizio dei cittadini. Oggi si fa politica per acquisire potere! La politica non è più uno strumento ma diventa fine. E il falso bipolarismo ha accentuato la crisi della politica che vive e sguazza con circa 50 tra partiti e movimenti!
Negli anni del CAF (Craxi, Andreotti e Forlani) sapevamo di vivere sopra le nostre possibilità. Sapevamo che il potere si gestiva solo per aumentare il consenso e non per le necessità delle persone. Sapevamo che il clientelismo ci stava uccidendo però mai nessuno s’è risparmiato dal "chiedere". C’era una sorta ti intesa tra l’eletto e l’elettore per cui tutto veniva veicolato tramite le Segreterie dei partiti che erano dei veri e propri "uffici di collocamento". Il ’68 è stato anche questo!
Ora è tempo di cambiare! E come recita l’Ecclesiaste, "c’è un tempo per ogni cosa". Ma per cambiare c’è bisogno di una nuova classe politica perché il bisturi può essere dei migliori, ma se chi lo usa è un incapace, da strumento di vita, diventa strumento di morte!
Ecco allora che va ricercata una nuova intesa tra gli eletti e gli elettori, che passi attraverso la meritocrazia, abolendo le caste privilegiate, gli ordini professionali e rimettendo al centro di tutto la persona umana. E che lo Stato, ovvero il Governo, non si affidi più - in campo economico - al comprare per vendere, ma passi ad un più giusto vendere per comprare.

E allora "votate Danilo Mar" alle prossime imminenti elezioni! Sto scherzando naturalmente.

NOTE
1. In attesa di leggere questo brano "altrove" (e ti anticipo che anche lì farò la stessa domanda) e premesso che condivido la gran parte delle tue affermazioni, mi corre l’obbligo di chiederti quali disastri sarebbero avvenuti in un altro ventennio: la guerra? le leggi razziali? il bavaglio alla stampa ed il divieto di criticare il regime? Tutte cose molto gravi, anche se si potrebbe dibattere sulle responsabilità reali di quel regime in merito ad esse. Volendo però si potrebbe parlare di qualcuna delle tante cose che vennero fatte per il benessere di questa Nazione e che vengono taciute o volontariamente falsificate da sessantadue anni in qua per mascherare i casini combinati da chi è venuto dopo. Con stima, [Ardengo]

2. Per Ardengo: all’altro ventennio io imputo solo un colpa, che fu però deleteria: la scesa in guerra al fianco di Hitler! Per il resto il Fascismo fu una dittatura “all’acqua di rose”! Fu peggio il Franchismo per non parlare del “Pavelismo”. L’ultimo, il Nazismo li superò tutti! Mi si potrà obiettare “ma il caso Matteotti? O i fratelli Roselli?”. Non nascondiamoci dietro fatti che – seppur gravi – rappresentano episodi. Episodi che ritroviamo anche nelle democrazie. Guardiamo in casa nostra: il caso Montesi, il caso SIFAR, il caso Pinelli…devo continuare? So che sono osservazioni ciniche ma è così! Diceva Churchill che “la democrazia non è un buon sistema di governo, ma è il meno peggio”. Poi vanno riconosciuti i meriti di quel regime che, non possono essere dimenticati. Come non vanno dimenticati i grandi lavori dell’epoca. Roma – passata sotto le mani di giunte di ogni colore - in oltre 60 anni non ha realizzato grandi opere urbanistiche: siamo fermi all’EUR fatto dal fascio! Oggi, in 20 anni, se va bene si realizza un campo di calcio! L’Ente Ponte di Messina, sorto negli anni ’60, ha partorito solo debiti e clientele. Ma quello che più mi fa piacere è che anche a sinistra si sta affermando un movimento che riabilita, seppur velatamente, il “Ventennio”. Spero, caro mio, d’essere stato esaustivo. Per quel che concerne pubblicare su Versi & prosa, trovo tante difficoltà coi testi lunghi! O forse sono io che sono imbranato!
[Danilo Mar]


3. il ’68 in italia (dico in italia) è stata una lue dell’intelligenza. Per il resto, d’accordo con te, fatta eccezione per Curcio. Vorrei solo aggiungere che fra i disastri del ’68 aggiungo il donmilanismo.
[Prof. Grimaldi]

4. Per Grimaldi: nel suo discorso di Torino - dove accettava d’essere il candidato Segretario alla guida del PD – Walter Veltroni ha detto che “bisogna ripartire da don Milani”. Non è una novità! Già qualche anno fa,ad un Congresso del PDS , campeggiava lo slogan del sacerdote fiorentino: I care! Di più: gli ex allievi di Barbiana hanno scritto a Papa Ratzinger per riabilitare don Milani. Si sono mossi anche don Ciotti, don Gallo. Don Vitaliano, don Mazzi ed altri. E tutto questo movimento mi fa pensare che la tua osservazione sia giusta.
[Danilo Mar]

5. Ciao. Analisi cruda e realista quella sul ’68. Ancora più veritiera quella sul CAF. E sull’oggi ? Come facciamo ad accorgerci che il politico di turno, di qualunque colore politico, apparentemente carico di buone intenzioni tenga fede all’imperativo di dare voce quanto più possibile alle aspettative del popolo e ad i veri problemi della nazione ? Sembra appiattirsi del tutto lo scenario politico. (Penso al centrodestra che rivendica la paternità del programma del PD espresso da Veltroni che pure è un fatto emblematico). Davvero non saprei, tanto più che mi fa anche una certa impressione l’idea della deriva plebiscitaria che queste situazioni di disillusione politica rischiano di generare. Chi vincerà le prossime elezioni lo farà, verosimilmente, con un ampissimo consenso. E per cinque anni e senza una opposizione credibile. Come li rimettiamo in riga? Come mettiamo in discussione le caste ? Come si instilla nei politici il sacrosanto principio da te espresso che c’è "l’uomo" al centro di tutto? In attesa che il tuo programma fornisca delle risposte comincio a stampare i volantini. Un saluto
[Franco Meda]

6. E noi chi siamo? Ecco! Oggi mi sei piaciuto, ma andiamo al concreto. I discorsi li porta via il vento. Roma deve essere liberata dagli abusivi coi colpi delle nostre poesie.
[Valentina Bruni]

7. Per Franco Meda: Belle domande! Chi ci garantirà che il politico di turno manterrà l’imperativo di dare voce alle aspettative della gente? Come li rimettiamo in riga? Come mettiamo in discussione le caste? Come far capire ai politici che al centro tutto c’è l’uomo? Tu hai fatto una osservazione molto giusta: chi vincerà le prossime elezioni lo farà in maniera molto ampia! Vorrà dire che avrà 5 anni per mantenere fede ad un programma. Ma il problema è un altro: oggi ci vediamo imposti i candidati! Questa sciagurata legge elettorale andrebbe modificata immettendo il voto di preferenza. Il top sarebbe il modello tedesco con un forte sbarramento. Questo metterebbe i partiti minori dinanzi ad un bivio: o non avere rappresentanza o accorparsi! Uno sbarramento al 5 percento farebbe piazza pulita di una miriade di “mangia pane a tradimento”. Poi il voto di preferenza deve privilegiare i candidati del territorio. Ovvero nel mio collegio io voterò una persona che conosco. Una persona che vive nella mia zona, che conosce i problemi del territorio, che abbia una segreteria che raccolga le istanze di quelli che La Pira chiamava “i bisogni della povera gente”! Che me ne faccio – parlando sempre del mio collegio – di un Elio Vito, eletto qui perché paracadutato dall’alto, che qui non s’è mai visto? È ovvio che questo non garantisce una risposta al tuo primo quesito, ma almeno mi da la possibilità, se l’eletto è di zona, di incontrarlo o a passeggio, o da Pazzaglia, o nel suo ufficio e mandarlo pubblicamente a fare in culo! Elio Vito non posso manco mandarlo affanculo perché non ha colpe: qui ce lo hanno messo! Poi chiedi: come li rimettiamo in riga? C’è un solo modo: non rieleggendoli la volta successiva! È l’unico strumento che abbiamo. Andrebbe anche modificato l’articolo di legge che recita: il parlamentare è eletto SENZA vincolo di mandato! E che cazzo! Questo prende i miei voti e poi scappa da un’altra parte? Con questi giochini, è nato il primo Governo Berlusconi (Tremonti stava nel Patto Segni e traslocò armi e bagagli in FI). Sempre con questa prassi è nato il Governo D’Alema (arrivarono le truppe “mastellate”), per non parlare del Governo Dini! Ed ancora oggi Prodi s’è salvato grazie a quel campione di coerenza che è Follini e la su a”Italia di mezzo”! Un deputato deve rispetto a chi lo vota, ecco perché deve essere eletto CON vincolo di mandato! Riguardo al rispetto verso gli elettori, ti racconto un aneddoto: il Divo Giulio, nel suo ufficio di Piazza San Lorenzo in Lucina, proprio dietro Palazzo Chigi, era solito ricevere chi voleva conferire con lui e l’appuntamento veniva fissato dalla mitica signora Enea. Un giorno in sala d’attesa c’era l’Ambasciatore americano con l’intera delegazione, l’allora Presidente di Confindustria che era un certo Gianni Agnelli e alcuni Sindaci della Ciociaria. Andreotti ricevette prima tutti i Sindaci presenti, poi - in ultimo – la delegazione Americana e quella di Confindustria. Fu l’Ambasciatore che fece le proprie rimostranze protestando per l’attesa. La risposta di Andreotti fu “Vede ambasciatore, se io sono qui, è grazie a quella gente!”. Questo è il rispetto che un eletto deve ai suoi elettori. Come mettiamo in discussione le caste? In maniera drastica e forti del consenso elettorale! Grazie al largo margine di vittoria. Gli ordini professionali vano aboliti per legge! E per legge vanno riviste le Fondazioni bancarie. I primi sono “socialmente inutili” e servono solo a gestire un potere occulto e deviato. Le seconde sono il crocevia di interessi che a tutti giovano tranne che ai cittadini. Servono a salvaguardare le rendite di posizione, e a cementare un patto fra finanza e politica che è l’aberrazione della civile convivenza. D’altra parte se non si agisce in modo drastico, non ci toglieremo di torno certi bubboni. Come far capire ai politici che al centro di tutto c’è l’uomo? Forse rivalutando Rosmini e Campanella. Ma non so se basta! Di certo mettendoli dinanzi alle loro responsabilità. Creerei un “Comitato delle Istanze” e al deputato eletto nella mia città – di maggioranza o di opposizione non importa – sottoporrei delle urgenze che egli dovrà tramutare in interpellanze, interrogazioni o mozioni (non sto qui a spiegare la differenza, non importa) e denuncerei pubblicamente le sue mancanze. La mia non è una novità: in Grecia, nella polis ateniese, questo succedeva oltre 2.000 anni fa! E anche gli Etruschi mutuarono questo metodo dai Greci. Ci sono notizie che i Sumeri avessero elaborato un simile metodo. Gli strumenti ci sono ma troppo spesso c’è una sorta di rassegnazione e questo giova solo all’eletto che può fare i cazzi suoi. Riappropriamoci della nostra democrazia e non diamo più deleghe in bianco! Allora li prepari questi volantini?
[Danilo Mar]


8. Hei...ma questo è il manifesto politico del profesor Mar ! Wow ... smetto di essere pessimista per un pò. Riguardo ai volantini però...ho difficoltà a immaginare un simbolo che sia di purezza imperitura e incorruttibile, (li hanno presi tutti la Chiesa e la Dc)ma sono fiducioso nel leader che mi sono scelto oggi. Ti verrà un’idea...anzi Le verrà un’idea Presidente. Ossequi
[Olga Laureti]

9. Ti ringrazio per la risposta e per le precisazioni, sei un Signore d’altri tempi! Intendo come stile e non certo come età :-) Se stesse nascendo il partito di Danilo Mar, potrei valutarlo seriamente, non fosse altro che per la notevole trasversalità che vi si coglie. Saluti e a presto rileggerti,
[Ardengo]

10. Condivido, ça va sans dire. Oggi, per usare le parole di una scrittrice che oggi non c’è più, rimangono solo i ruderi, rappresentati da "sessantottini scoglionati". Sacrosanto anche lo sbarramento, per i miei gusti è pure poco il 5 per cento, non si farà mai piazza pulita e dare voce in parlamento ad un gruppuscolo di sì e no 20000 individui non è democrazia, ma idiozia, per quanto mi riguarda.
[Pietro Chisno]

11. Buondì, vecchio mio! Ti rimando al bel libro di Nino Tripodi (ormai introvabile, ma forse scartabellando su Internet si pesca una copia o due;-) "CAMERATA DOVE SEI?" CREDO CHE QEULLO SIA IL VADEMECUM DI COME SI FA A VIVERE in un regime o nell’altro, cambiando semplicemente casacca e manco sempre, volendo!
Per la tua elzione va benissimo, ma solo se facciamo voto di scambio.. Io te voto a te, tu me voti a me e siamo felici tutti! Care cose.
[Andrea Emiliani]




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- Società

Le Province e le Comunità Montane: ABOLIAMOLE

Le province e le Comunità montane: aboliamole
La nostra Amministrazione Territoriale si suddivide in:
1. Regioni
2. Province
3. Comuni
4. Circoscrizioni
5. Comunità Montane
Senza dubbio sono troppe . A mio parere l’ente Provinciale è, oltre che inutile, anche dannoso. E sicuramente può essere abolito senza che ne risenta il cittadino. Pensateci bene: andate mai in Provincia? Mai! Andate in Comune, e se il Comune è abbastanza grande, andate in Circoscrizione, qualche volta vi sarà capitato di andare in Regione, ma mai in Provincia! E mai in Comunità Montana!
Domanda: a cosa serve l’Ente Provincia? E per questo ci aiuta "Report", con una bella indagine e con dati alla mano, forniti dall’ UPI, Unione Province Italiane, dove si evince che il 73 percento dei bilanci provinciali se ne va in "spese correnti", e solo il 27 percento in investimenti.
Cerco di chiarire meglio la cosa: ogni 1.000,00 euro che gestisce la Provincia, 730,00 servono a mantenere in piedi il carrozzone e 270,00 vengono investiti per migliorare la vita dei cittadini. Ora ditemi voi: è producente che per avere 270 debba spendere 730? Se una Azienda privata agisse così, sarebbe al fallimento! E allora diciamolo a chiare lettere: le Province sono carrozzoni che servono a distribuire posti di lavoro "agli amici degli amici".

Le Province, che sono….ho perso il numero perché continuano a farne di nuove, ci costano ogni anno 130 miliardi di Euro!!! 260.000 miliardi delle vecchie lirette! Pensate a quanto si potrebbe dare di più al cittadino! Pensate a quale aiuto si potrebbe dare ai disoccupati, ai malati, ai sottoccupati e ai sottopensionati!
Vi siete chiesti come si finanziano le Province? Ve lo dico io: con l’RCA. Esatto, con l’assicurazione della nostra automobile! Una quota parte - ed esattamente il 12.5 percento - va al Fondo Provinciale che poi pensa a distribuire i pani e i pesci. Ma non solo anche una parte della famigerata IPT (Imposta di Trascrizione), che si paga all’acquisto di un’auto, sia nuova, sia usata, va alle Province. Ed esattamente incassano il 30 percento dell’imposta che, mediamente, incide per 400,00 euro ogni auto transata. Fatti i conti della serva, l’IPT mi costa 120,00 euro in più del dovuto. E ogni anno - considerando che pago 1.275,00 euro di assicurazione , (Milano Assicurazioni), 153,00 euro miei vanno a mantenere sto cazzo di carrozzone! Aridatece la bonanima!!!!!!!!!! E così, con le giuste rivalutazioni, diciamo che a tutt’oggi ho versato alla Provincia 153,00 X 32 = 4.896,00 euro! 32 sono gli anni di assicurazione! Anche se non guido, ho avuto sempre un’auto a partire dai miei 24 anni.
Un altro ente da eliminare è la Comunità Montana. Sono in tutto 356 e costano alla collettività 200 milioni di euro l’anno (uno sputo rispetto alle Province).
Le Comunità Montane furono create nel 1970 - con l’introduzione dell’autonomia regionale - per portare servizi e sviluppo nei paesi di montagna. Nobile e giusto il motivo, se non fosse che poi sono diventate il ricettacolo dei trombati alle elezioni Regionali e non producono nulla di quello che erano preposte a fare. Non solo sono nate Comunità Montane anche dove monti non ci sono. Due esempi per tutti: non vi fa ridere la Comunità Montana di Orbetello? E la Comunità Montana di Costa Smeralda? Dove si riuniscono? A Liscia di Vacca? Ma per piacere!
E come se non bastasse, la Comunità Montana di Costa Smeralda ha una spesa di mantenimento pari ad 1 milione di euro l’anno! Riceve dallo Stato 1.1 milione di euro. Ovvero, ai cittadini vanno solo 100.000,00 euro! Anche troppi se si considera la montagna che non c’è! E che i beneficiari della zona, probabilmente 100.000,00 euro è quello che spendono ciascuno per mantenere la "Barcheeeetta".
C ’è da dire che è un bell’esempio di come si crea un carrozzone che regala 1 milione di euro al Presidente dell’Ente, al suo vice e ai Consiglieri Montani!!! Vogliamo i nomi, caro Capellacci!!
Devo riconoscere, a malincuore, che negli anni di governo, il Berlusca nulla ha fatto per rimettere a posto le autonomie e ridurre le spese. L’attuale Ministro, la Lanzillotta*, ci ha messo buona volontà ed ha preparato un nuovo codice etico per le autonomie.
Peccato solo che il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Enrico Letta (ma la famiglia Letta ce l’ha per contratto sto lavoro? Prima lo zio Gianni e ora il nipote Enrico), ha presentato un emendamento che rimette le cose come stanno ora. Praticamente si apprezza il lavoro fatto dalla Lanzillotta, ma è meglio non toccare certi tasti.
Un emendamento presentato dal Governo contro se stesso! Paranoia!! Ma cosa non si fa per salvare i culi degli amici! Vero Berlusconi? Vero Prodi?
Fonti:
Reporter
L’Unità
* l’articolo è di qualche anno fa

NOTE

1. Noto con piacere le fonti le quali citi. Io sono d’accordo per l’abolizione delle province e delle comunità montane, purtroppo continuano a farne di nuove, ora hanno fatto anche la provincia di Barletta, Andria e Trani, praticamente si sono consorziate in tre cittadine per fare una nuova provincia. Inoltre io sono pure per stabilire una volta per tutte un numero minimo di cittadini per formare una circoscrizione, in modo tale che non si moltiplichino, e voglio che una volta per tutte vengano stabilite le prebende per i consiglieri circoscrizionali che in Italia ognuno mangia quanto gli pare. Noto inoltre con sommo dispiacere che tali studi economici sono alquanto negletti dai fruitori di questo sito che invece sono molto più presi dalle storie riguardanti la loro sfiga amorosa, il che mi porta a ritenere che i sitaioli o non hanno problemi economici (beati loro) oppure ambiscano semplicemente a fottere; a questo punto si potrebbe introdurre un capitolo sulla distinzione fra beni materiali e beni immateriali, ma questo ci porterebbe molto lontano per cui preferisco fermarmi qui.
[Nicola Santi]

2. Per Nicola Santi: ho letto, sorridendo, le tue argute riflessioni sui “sitaioli”! Sono un ottimista per natura e voglio pensare che sia la stagione, sto caldo africano, la poca voglia di dialogare e magari starsene col culo a mollo adocchiando la fatalona del momento a frenare le discussioni. Per conto mio, ahimè, visti i gravi problemi da salute di mio padre (ictus) e di mia madre (infarto) non andrò da nessuna parte e continuerò a scrivere. Una cosa però mi preoccupa Nicola: siamo d’accordo su troppe cose! Sei tu che stai venendo a destra, o sono io che sto venendo a sinistra? Ma forse la verità vera è che su alcuni principi non esistono destra e sinistra, ma persone che hanno un solo pensiero: il bene comune! E dovremmo smetterla di discuter per “compartimenti stagni” (destra, centrodestra, destra centro, sinistra centro, centrosinistra e sinistra) ma cominciare a ragionare – tutti – in termini propositivi! Io amo questo Paese!
[Danilo Mar]

3. Io sono convinto che una dei guai attuali dell’ Italia sia quello di guardare continuamente al passato baloccandosi con polemiche sterili tipo "sei comunista" o "sei fascista", eludendo in tal modo di affrontare i problemi reali. Una delle colpe gravi di Berlusconi politicamente è proprio di aver ideologizzato al massimo il dibattito politico, facendosi campione dell’anticomunismo fuori tempo massimo, quando il blocco mondiale comunista non esisteva più. E’ chiaro che Bertinotti non vuole prendere il Palazzo d’Inverno. Naturalmente lo stesso ragionamento vale all’incontrario dove non si può definire il tutto "fascismo". Ma ho l’impressione che a molti della nostra classe politica tali rigidi e artificiali steccati ideologici servano proprio affinché i cittadini non prendano coscienza dei propri diritti e non reclamino dall’intera classe politica uno stato più efficiente, dove gli sprechi e le ruberie trovino un argine. In tal modo i partiti molto spesso possono continuare ad esistere come delle consorterie che assicurano privilegi ai loro affiliati e ai loro clienti, bisogna anche dire che i clienti dei partiti sono molti, forse è per questo che è molto difficile cambiare la situazione attuale e avere uno Stato più serio.
[Nicola Santi]

4. Bellissimo articolo Danilo ! Altro che l’evasione fiscale di piccoli commercianti e artigiani, i soldi si sperperano con la spesa pubblica, la corruzione, e con i favori agli amici degli amici, capisce ’a mme !
[Walter Angelucci]

*

- Storia

1861 - 1871 - La pulizia etnica dei Savoia

1861 - 1871: 10 anni dimenticati dai libri di storia. Ovvero la pulizia etnica voluta dai Savoia e i lager sabaudi.
Torno a parlare della questione meridionale e dei guasti che il Sud della penisola ha subito a causa di quell'unità d'Italia, che unità non fu - e non è - ma si trattò di una vera "annessione".

Nel 1815, quando i Borboni rientrarono a Napoli, la popolazione del Reame era di 5.100.000 abitanti. Nel 1835 era cresciuta di 1.000.000 e nel 1846 toccò gli 8.500.000 abitanti, che diventarono 9.117.050 nel 1856 (ultimo censimento disponibile).

I Borboni - a dispetto dell'immobilismo spagnolo - costruirono strade, formarono un esercito, svilupparono l'industria e il commercio, potenziarono la pesca e svilupparono il turismo. Prosperarono ricchezza e cultura e il Reame divenne uno degli Stati più ricchi al mondo.

La ferrovia fece la sua apparizione nel 1839, con la tratta Napoli - Portici, poi estesa fino a Castellammare. Seguirono la Napoli - Capua, la Napoli - Nola estesa in seguito dapprima fino a Sarno e poi fino a Sansevero.

Nel 1837 arriva il gas e il telegrafo nel 1852. Col benessere aumentarono i consumi e si svilupparono nuove aziende, si migliorarono le strade, le scuole, si debellò la delinquenza, si riformò la scuola rendendola obbligatoria affinché tutti sapessero leggere e scrivere. Le scuole religiose furono parificate alla pubblica e si visse un rinascimento culturale: architetti, ingegneri, pittori, scultori trovarono nel Reame ampio spazio. Si costruirono teatri (il San Carlo in soli 270 giorni!) e si svilupparono attività connesse alla cultura. Nascono così l'Officina dei Papiri, l'Orto Botanico, il Museo di Archeologia, l'Osservatorio di Astronomia, la Biblioteca Nazionale e l'Osservatorio Sismologico del Vesuvio.

Anche lo sviluppo industriale ebbe una crescita senza limiti, raggiungendo primati che hanno del miracoloso. Pensate il settore metalmeccanico impiegava 1.600.000 persone e il resto della penisola 1.100.000. nascono opere di alta ingegneria come i primi ponti di ferro, sul Calore e sul Garigliano.
Ampio sviluppo si ha nella cantieristica navale tanto che la flotta mercantile del Reame era seconda solo a quella inglese e quella militare era terza al mondo, dopo l'inglese e la francese. Si deve al Reame il Primo Codice Marittimo Internazionale.

Il Reame era un immenso polo industriale! Anche il settore tessile trovò ampio sviluppo e a Pietrarsa nasce il più grande opificio della Penisola, con 8.000 addetti. E si deve al Reame l'istituzione della Pensione di fine rapporto, trattenendo il 2 percento dello stipendio mensile. La disoccupazione era prossima allo zero, infatti oltre al 1.600.000 addetti all'industria v''erano 3.500.000 addetti all'agricoltura, 1.000.000 alle attività marittime e circa 300.000 a quello che oggi è chiamato terziario.

Ogni paese del Reame aveva la sua banca e si deve alla Banca delle Due Sicilie l'invenzione degli assegni. Sempre nel Reame nascono le prime Agenzie Viaggi che sviluppano un turismo di massa facendo conoscere al mondo intero Pompei ed Ercolano. In seguito i resti greci in Sicilia con la Valle dei Templi.

Le paludi furono bonificate, nascono Accademie Militari come la Nunziatella, Accademie Culturali, Scuole di Arti e Mestieri e i Monti di Pegno. Le Università sono piene e licenziano - oltre a ingegneri e architetti - professori illuminati e medici. E proprio grazie ai medici - erano 9.000 in tutto il Reame - i Borboni sommano un altro traguardo: la più bassa mortalità infantile del mondo e la migliore gestione sanitaria sul territorio.

I conti dello Stato erano in salute e non vi era deficit pubblico e alla Borsa di Parigi - la più grande al mondo a quei tempi - e alla Borsa di Londra, i Buoni del Tesoro del Reame erano quotati a 120, ovvero lo Stato delle Due Sicilie era considerato tra i più affidabili al mondo.

Tralascio altri primati del Reame - chi è interessato può leggere i miei post o scrivermi privatamente - dico solo che tutto questo non lo troverete nei libri di storia.
Sappiamo poi cosa è successo !

E siamo nel 1861, il 13 di febbraio. Cade Gaeta, ultimo baluardo borbonico. Dopo 3 mesi di resistenza e 160.000 bombe, Gaeta cede e il Generale Cialdini entra in città con un ordine ben preciso di Cavour: distruggere Gaeta rea di avere rallentato i suoi progetti.

Cavour sapeva bene che lo Stato Sabaudo era alla bancarotta e aveva bisogno delle ricchezze del Reame, come sapeva bene che la sifilide lo stava uccidendo ed egli, prima di morire, voleva vedere "l'unità d'Italia"! Ovvero appropriarsi delle casse borboniche e dare vita al suo progetto di ingegneria finanziaria che culminerà con la nascita del Banco di Sardegna che diventerà poi Bankitalia. (leggere il mio post).
Nasce il 13 febbraio 1861 quella che oggi viene chiamata "questione meridionale".
Il Reame viene saccheggiato per salvare il Piemonte e il tutto sotto l'occhio vigile degli Inglesi e della Massoneria che avevano deciso di distruggere il Regno delle Due Sicilie perché rappresentava un pericolo alla supremazia navale di Londra! Con la fine del Reame moriva anche un ideale unico quello di uno stato libero da ingerenze straniere!

Comincia ora una vergogna che umilia la nostra dignità di cittadini! Da Londra, per ordine del Gran Maestro Venerabile della Massoneria Inglese, il Piemonte riceve l'ordine di iniziare una "pulizia etnica" verso il Meridione.

In agosto i giornali danno ampia eco alla battaglia di Castelfidardo, che fu meno di una scaramuccia. Tacciono invece sulle stragi di innocenti che vengono commesse in nome dell'unità.

Vengono trucidati giovani, preti, vecchi. Vengono violentate donne, sgozzati bambini e processi sommari fanno lavorare a pieno regime i plotoni di esecuzione.

Dal 1861 al 1871 furono massacrati 1.000.000 di cittadini su 9.117.050! Oltre il 10 percento della popolazione! È come se oggi venissero massacrati 6.000.000 di italiani. Ma nessuno sapeva e nessuno doveva sapere!
Qualche giornale straniero pubblicò la notizia e le cifre sono terribili! Dal settembre 1860 al settembre successivo vi furono:

8.968 fucilati;
10.804 feriti;
6.112 prigionieri;
64 preti, 22 frati, 62 giovani e 63 donne uccise;
13.529 arrestati;
1.000 case distrutte;
6 paesi incendiati;
12 chiese saccheggiate;
1.428 comuni depredati.

Dati sicuramente sottostimati ma erano i dati, diciamo così, ufficiali.
Nasce in quel periodo il Movimento per la Resistenza cui seguirà il Movimento Rivoluzionario Antipiemontese, che poi verrà indicato col nome di Brigantaggio.
Dal 1861 al 1862 i Comandanti Sabaudi emanarono bandi che avrebbero fatto impallidire i comandanti nazisti. Oggi sarebbero bollati come criminali di guerra!
Il Generale Salaroli - che definiva i contadini “grande canaglia dell'ultimo ceto” - così scriveva a Vittorio Emanuele:

"I contadini devono essere tutti fucilati, senza far saper niente alle autorità . Imprigionarli non è conveniente perché una volta in galera, lo Stato deve provvedere al loro sostentamento".

Il più feroce era proprio il Generale Cialdini che, dopo aver distrutto Gaeta, telegrafò al Governatore del Molise: : "Faccia pubblicare un bando che fucilo tutti i paesani che piglio armati e do quartiere solo alla truppa".

Il Generale Fanti, in un bando, sanciva la competenza dei tribunali militari straordinari anche per cause civili. E il Generale Pinelli estese la pena di morte ".. a coloro che con parole od atti insultassero lo stemma dei Savoia, il ritratto del re o la bandiera nazionale".

Il generale Della Rocca, altro campione di democrazia, impartì l'ordine che "non si perdesse tempo a far prigionieri, dato che i governatori avevano fatto imprigionare troppi contadini".

Il Colonnello Pietro Fumel si vantò di avere mandato alla fucilazione " briganti e non briganti" e sottoponeva a torture e sevizie i civili prigionieri.

I Piemontesi in 10 anni distrussero il Meridione. Dopo averlo invaso senza motivo alcuno e senza una dichiarazione di guerra (si comportarono come Saddam Hussein con il Kuwait), lo saccheggiarono portando a Torino oro e denaro, massacrando senza pietà.
Il 14 febbraio Francesco II lascia Gaeta e disse al Comandante Vincenzo Crisculo - uno dei pochi restatogli fedele: "Vincenzino, i napoletani non hanno voluto giudicarmi a ragion veduta; io però ho la coscienza di avere fatto sempre il mio dovere. Il Nord non lascerà ai meridionali neppure gli occhi per piangere".
Mai parole furono così vere!

In 10 anni i Piemontesi si portarono via tutto quello che c'era da portare via. Oltre a saccheggiare città, Paesi e chiese. Smontarono i macchinari delle fabbriche per rimontarli al nord. Si appropriarono di quadri, sculture, gioielli arrivando al punto di saccheggiare anche le case dei contadini portando via le vere nuziali di quei poveracci! Fu un'azione che definire criminale è poco.
Alienarono i beni della chiesa e quelli demaniali incassando circa 1.200.000.000 di lire dell'epoca. Avete letto bene: 1.200 miliari di lire.
Le fabbriche smantellate causarono disoccupazione e gli operai raggiunsero le montagne per diventare partigiani e combattere l'aggressore.

La feroce repressione ha inizio quando il Generale Ferdinando Pinelli, affrontato dai contadini ascolani nei pressi del fiume Tronto, fu colpito da una sassata. Incazzato come una stufa, emanò un bando che così diceva:

"Ufficiali e soldati! La vostra marcia tra le rive del Tronto e quelle della Castellana è degna
di encomio. S.E. il Ministro della Guerra se ne rallegra con voi. Selve, torrenti, balze nevose, rocce scoscese non valsero a trattenere il vostro slancio; il nemico, mirando le vostre penne sulle più alte vette dei monti ove si riteneva sicuro, le scambiò per quelle dell' aquila Savoiarda, che porta sulle ali il genio d'Italia: le vide, impallidì e si diede alla fuga.
Ufficiali e soldati! Voi molto operaste, ma nulla è fatto quando qualche cosa rimane da fare. Un branco di quella progenie di ladroni ancora si annida tra i monti, correte a snidarli e siate inesorabili come il destino. Contro nemici tali la pietà è un delitto. Vili e genuflessi, quando vi vedono in numero, proditoriamente vi assalgono alle spalle, quando vi credono deboli, e massacrano i feriti.
Indifferenti a ogni principio politico, avidi solo di preda e di rapina, or sono i prezzolati scherani del vicario, non di Cristo, ma di Satana, pronti a vendere ad altri il loro pugnale. Quando 1'oro carpito alla stupida crudeltà non basterà più a sbramare le loro voglie, noi li annienteremo; schiacceremo il vampiro, che con le sozze labbra succhia da secoli il sangue della madre nostra, purificheremo col ferro e col fuoco le regioni infestate dall' immonda sua bava, e da quelle ceneri sorgerà rigogliosa e forte la libertà anche per la provincia ascolana".

È giunto il momento che i Savoia, i Cavour, i Bixio, i Garibaldi, i La Marmora e i Generali come Pinelli o Cialdini vengano processati e giudicati da un tribunale morale. Ma credo che sarà il tempo - galantuomo - che ristabilirà la verità.
Il Conte di Saint-Jorioz Alessandro Bianco, piemontese, anch'egli sterminatore di innocenti, nelle sue memorie scrive:

"...Il Piemonte si è avvalso di esuli ambiziosi, inetti, servili, incuranti delle sorti del proprio paese e preoccupati soltanto di rendersi graditi, con i loro atti di acquiescente servilismo a chi, da Torino, decide ora sulle sorti delle province napoletane. E accanto a questi uomini, adulatori e faziosi, il Piemonte ha posto negli uffici di maggiore responsabilità gli elementi peggiori del paese: figli dei più efferati borbonici, per fama spioni pagati dalla polizia, sono ora giudici di mandamento o Giudici circondariali, sotto prefetti o delegati di polizia; negli uffici sono ora soggetti diffamati e ovunque personale eterogeneo e marcio che ha il solo merito di essersi affrettato ad accettare il programma Italia e Vittorio Emanuele ed una sola qualità :quella di saper servire chi detiene il potere".

Nel terribile decennio che stiamo trattando si assiste anche allo sfaldamento delle famiglie del sud. Motivo è il servizio di leva.
Una legge di Ferdinando II, del 1834, esentava dal servizio militare i giovani sposati, i figli unici, i figli orfani di padre o di madre, i figli il cui stipendio era necessario per sostenere la famiglia, i seminaristi e chi si occupava, come diacono, della chiesa. E se una famiglia aveva due o più figli, ne dava solo uno all'esercito.

I Piemontesi cambiarono la legge: tutti i figli maschi dovevano prestare servizio di leva! Non sol il servizio veniva prestato al nord dove i giovani del sud venivano istruiti e mandati poi a sparare contro i fratelli nel sud!

Quella piemontese era una crudeltà gratuita che portò molti giovani a darsi alla macchia ed ingrossare così quei gruppi partigiani che sfoceranno nel brigantaggio.
Recita un proverbio: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

Ora state attenti, quello che segue è un articolo apparso sul "Globe", un quotidiano inglese, nel 1849, giornale vicino a Lord Palmestron, Ministro Britannico molto ascoltato da Sua Maestà la Regina Vittoria.

Scriveva il Globe: ".. .E' da ritenere che gli accadimenti dell'anno scorso non siano stati che la prima scena di un dramma fecondo di risultati più vasti e più pacifici. L'edificio innalzato dal Congresso di Vienna era così arbitrario e artificioso che ciascun uomo di stato liberale vedeva chiaramente che non avrebbe sopportato il primo urto dell'Europa. L'intero sistema stabilito dal Congresso di Vienna stava dissolvendosi e Lord Palmerston ha agito saggiamente allorché ha rifiutato il proprio concorso a opporre una diga all'onda dilagante. Il piano che egli ha concepito è quello di una nuova configurazione dell'Europa attraverso la costituzione di un forte regno tedesco che possa costituire un muro di separazione fra Francia e Russia, la creazione di un regno polacco-magiaro destinato a completare l'opera contro il gigante del nord, infine un reame d'Italia superiore guidato dalla casa Savoia."!

Era chiaro che l'Inghilterra stava ridisegnando l'Europa (lo ha sempre fatto anche in seguito! Chi ha ridisegnato i confini del medioriente? Sempre loro!) e lo faceva secondo la Profezia Comenius espressa in Lux in tenebris.
COMENIUS: chi è interessato può leggere la nota del Professor Talenti alla fine del post.

E torniamo a noi! Secondo la Profezia "Lux in tenebris" si doveva avere una Europa fatta di chiese nazionali, con scopi filantropici e che fossero tutte sullo stesso piano, disconoscendo di fatto il Papa che di fatto non aveva motivo d'essere.
Questo progetto però cozzava con gli Asburgo cattolici, con la Russia anch'essa cattolica e col Reame.

Quest'ultimo infatti fu il primo stato che aveva saputo integrare il dogma cattolico con il verbo del Vangelo; tradotto in pratica da leggi che non disdegnavano le novità della rivoluzione francese o quelle comuniste del Campanella e di Marx.
E come s'è visto, nella Penisola italiana era il Piemonte preposto a tale funzione. D'altra parte i Savoia - legati mani e piedi alle consorterie massoniche inglesi - poco avevano da obiettare.

E Londra mandò Lord Gladstone a Napoli e Lord Mintho nei vari stati italiani a preparare il terreno, ovvero quella che doveva essere una rivoluzione geo-politica.
Rivoluzione che doveva essere guidata - ideologicamente - da Giuseppe Mazzini, capo della Carboneria Italiana, il cui scopo finale, secondo il suo fondatore genovese Antonio Maghella, era "..quello di Voltaire e della rivoluzione francese: il completo annientamento del cattolicesimo ed infine del cristianesimo".

La pianificazione del progetto che riguardava il Piemonte ebbe buon fine, con enormi vantaggi per i Savoia!

Il bottino finanziario sabaudo fu enorme e parte servì per pagare i mercenari che si unirono a Garibaldi e i suoi mille. Che mille non erano ma erano molti di più.
Scrive Vittorio Gleijes storico e profondo conoscitore degli intrecci sabaudo-inglesi:

"... il tesoro del Regno delle Due Sicilie rinsanguò le finanze del nuovo stato, mentre l'unificazione gravò sensibilmente la situazione dell'Italia meridionale, in quanto il Piemonte e la Toscana erano indebitate sino ai capelli ed il regno sardo era in pieno fallimento. L'ex Regno delle Due Sicilie, quindi, sanò il passivo di centinaia di milioni di lire del debito pubblico della nuova Italia e, per tutta ricompensa, il meridione, oppresso dal severissimo sistema fiscale savoiardo, fu declassato quasi a livello di colonia. Con l'unificazione, a Napoli, aumentarono le imposte e le tasse, mentre i piemontesi videro ridotti i loro imponibili e col denaro rubato al Sud poterono incrementare le loro industrie ed il loro commercio " .
Ferdinando Ritter ha scritto che: "... il Regno delle Due Sicilie contribuì alla formazione dell' erario nazionale, dopo l'unificazione d'Italia, nella misura di ben 443 milioni di lire in oro, mentre il Piemonte, la Liguria e la Sardegna ne corrisposero 27, la Lombardia 8,1, il Veneto 12,7, il Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, la Romagna, le Marche e l'Umbria 55,3; la Toscana 84,2; Roma 35,3...".

Edoardo Spagnuolo, nel n° 5 dei quaderni di Nazione Napoletana, così commenta la fine del sogno vissuto dalle popolazioni meridionali dopo l'annessione piemontese:

" I grandi progetti ferroviari del Governo Borbonico avevano dunque un fine preciso. Le strade ferrate dovevano divenire un supporto fondamentale per l'economia meridionale ed essere di servizio allo sviluppo industriale che il Mezzogiorno d'Italia andava mirabilmente realizzando in quei tempi.
Il governo unitario, dopo aver distrutto le fabbriche del Sud a proprio vantaggio, realizzò un sistema ferroviario obsoleto che, assieme alle vie marittime, servì non per trasportare merci per le manifatture e gli opifici del meridione ma per caricare masse di diseredati verso le grigie e nebbiose contrade del Nord o delle Americhe".

Abbiamo visto all'inizio alcune cifre che ci hanno detto come i Savoia non avessero nessun rispetto per le popolazioni del Reame. Ripartiamo da lì.

Quel milione di morti ci dice che vi fu una vera e propria persecuzione contro il popolo meridionale e ciò avvenne grazie alla cosiddetta Legge Pica, voluta dal Governo Minghetti e promulgata nell'agosto 1863.

Questo il testo della Legge: Legge Pica:

Art.1: Fino al 31 dicembre nelle province infestate dal brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con decreto reale, i componenti comitiva, o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche strade o le campagne per commettere crimini o delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai tribunali militari;

Art.2: I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti con la fucilazione;

Art.3: Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti, o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge, la diminuzione da uno a tre gradi di pena;
Art.4: Il Governo avrà inoltre facoltà di assegnare, per un tempo non maggiore di un anno, un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette, secondo la designazione del Codice Penale, nonché ai manutengoli e camorristi;

Art.5: In aumento dell'articolo 95 del bilancio approvato per 1863 è aperto al Ministero dell'Interno il credito di un milione di lire per sopperire alle spese di repressione del brigantaggio. (Fonte: Atti parlamentari. Camera dei Deputati).
Come ben si evince, si trattava di una vera e propria persecuzione che favorì il crescere del fenomeno del brigantaggio.

Lo storico Lemkin che per primo ha dato una definizione di genocidio affermava che "… genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione…esso intende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino delle vite degli individui…non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale".

Bisogna dire anche delle carceri dove furono rinchiusi i vinti meridionali. Il primo impatto parla di 1.700 ufficiali e 24.000 soldati fino alla fine del 1860. C'è da dire poi - ne abbiamo già parlato - che divenne obbligatoria la leva militare anche se - ad onor del vero - la prima chiamata fu volontaria e si presentarono solo in 20 mila a fronte degli 80.000 sperati. E anche questi 20.000 furono ospitati al nord.

Ma proprio in quella chiamata volontaria stava il subdolo inganno! Infatti i restanti 60.000 furono considerati disertori e furono arrestati. Solo chi si unì ai briganti si salvò dall'arresto.

Tornando ai prigionieri, essi furono internati in carceri del nord e il Generale La Marmora, in un editto, ordinò che nessuno venisse liberato senza il consenso dell'esercito.

I Savoia istituirono dei veri campi di concentramento e lì furono ammassati i prigionieri. Vediamoli allora questi campi:

Fenestrelle,
S. Maurizio Canavese,
Alessandria,
nel forte di S. Benigno in Genova,
Milano,
Bergamo,
Forte di Priamar presso Savona,
Parma,
Modena,
Bologna,
Ascoli Piceno.

C'è da dire che nei dieci anni di funzionamento dei lager molti prigionieri morirono di fame e sete.

La fortezza più tristemente famosa era quella di Feenstrelle di Sestriere, già usata da Napoleone. Qui vennero internati gli ufficiali e sottufficiali che non tradirono i Borboni e quei civili che si rifiutarono di prestare servizio di leva. Non vi sto a dire come era organizzata Fenestrelle perché è argomento che tratterò in un altro post. Dico solo che era il lager più temuto!

Il 22 agosto 1861 vi fu un tentativo di rivolta che però fallì e come risultato i prigionieri si ritrovarono le palle ai piedi del peso di 16 chili!
Mal nutriti, picchiati, con le finestre senza imposte ma solo provviste di grate, il freddo uccideva quelli che erano larve umane. Anche i carcerieri avevano libertà di azione e potevano uccidere per qualsiasi motivo. Un prigioniero che inveì contro i Savoia fu ucciso a colpi di baionetta.

Altro sopruso: ai prigionieri venivano confiscati tutti i beni familiari per cui le mogli e i figli si trovavano sulla strada e la loro casa svenduta ai sodali della Real Casa Sabauda.

Ancora oggi, entrando a Fenestrelle, su un muro è ancora visibile l'iscrizione: "Ognuno vale non in quanto è ma in quanto produce".

In seguito furono istituiti altri campi. Ecco dove:

Gorgonia,
Capraia,
Giglio,
all'Elba,
Ponza,
in Sardegna,
nella Maremma.

Importante: tutte le atrocità che si susseguirono per anni sono documentate negli Atti Parlamentari, nelle relazioni delle Commissioni d'Inchiesta sul Brigantaggio, nei vari carteggi parlamentari dell'epoca e negli Archivi di Stato dei capoluoghi dove si svolsero i fatti.
Se avete dei dubbi andate a controllare perché sono pubblici! Naturalmente i libri di storia tacciono.
Quella che segue è la risposta che La Marmora da a Cavour circa i prigionieri detenuti in Lombardia, di fatto confermando l'esistenza di campi in Lombardia!

"…non ti devo lasciar ignorare che i prigionieri napoletani dimostrano un pessimo spirito. Su 1600 che si trovano a Milano non arriveranno a 100 quelli che acconsentono a prendere servizio. Sono tutti coperti di rogna e di verminia…e quel che è più dimostrano avversione a prendere da noi servizio. Jeri a taluni che con arroganza pretendevano aver il diritto di andare a casa perché non volevano prestare un nuovo giuramento, avendo giurato fedeltà a Francesco Secondo, gli rinfacciai altamente che per il loro Re erano scappati, e ora per la Patria comune, e per il Re eletto si rifiutavano a servire, che erano un branco di carogne…che avessimo trovato modo di metterli alla ragione".

Ancora un documento tratto da Civiltà Cattolica:

"Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e Lombardia, si ebbe ricorso ad un espediente crudele e disumano, che fa fremere. Quei meschinelli, appena coperti da cenci di tela, rifiniti di fame perché tenuti a mezza razione con cattivo pane ed acqua ed una sozza broda, furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e d'altri luoghi posti nei più aspri luoghi delle Alpi. Uomini nati e cresciuti in clima sì caldo e dolce, come quello delle Due Sicilie, eccoli gittati, peggio che non si fa coi negri schiavi, a spasimare di fame e di stento per le ghiacciaie".

In un prossimo post vedremo nello specifico le varie prigioni.
Fonti:
- archivio di Stato di Torino;
- archivio di Stato di Milano;
- atti Parlamentari in Torino e Firenze;
- archivi di Londra;
- documentazione di Civiltà Cattolica;
- archivio di Casa Borbone.


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- Storia

La spedizione dei mille: una carnevalata

LA SPEDIZIONE DEI MILLE: UNA CARNEVALATA
LA PARTENZA
È il 4 maggio del 1860 e nello studio del Notaio Gioacchino Vincenzo Baldioli, a Torino, sono presenti Raffaele Rubattino e Giacomo Medici. Il primo è un armatore genovese, il secondo un prestanome che fa la “testa di legno” a Garibaldi. Il motivo dell’incontro è l’acquisto di due navi. Garanti dell’operazione sono il Re Vittorio Emanuele II e il Primo Ministro del Governo sabaudo, Camillo Benso, Conte di Cavour.
Tutto è pronto per mettere nero su bianco in un contratto redatto il giorno precedente a Modena, alla presenza dell’avvocato Ferdinando Riccardi e del Generale neri, appartenenti ai Servizi Segreti piemontesi e che avevano ricevuto l’incarico dall’Ufficio dell’Alta Sorveglianza Politica e del Servizio Informazione. Sia l’avvocato Riccardi, sia il Generale neri, rispondevano direttamente al Cavour. Ciò sta a dimostrare la partecipazione attiva che il Piemonte ha avuto nell’aggressione al Reame.
La firma del contratto prevedeva l’acquisto di due navi da parte del Medici, navi che servivano per trasportare gli uomini di Garibaldi in Sicilia. Così il 6 maggio salpano da Quarto, destinazione Marsala, due vapori, il Piemonte e il Lombardo, con a bordo 1.089 uomini. Alla partenza da Quarto era presente anche tale Fauchè, esponente della Massoneria genovese, in stretti rapporti con quella inglese.
Quell’armata brancaleone, chiamata i “Mille”, era composta per lo più da gente del nord, la metà era lombarda, ma c’erano anche piemontesi,veneti, toscani, emiliani e anche qualche umbro.
Il 7 maggio i due vapori attraccano al porto di Talamone, in Toscana, dove avevano appuntamento con una squadra dell’esercito piemontese, al comando del Maggiore Giorgini. L’esercito provvide a rifornire, oltre che di viveri, anche di armi gli uomini della spedizione. Soprattutto cannoni e fucili con le dovute munizioni. A Talamone sbarcarono anche 230/250 uomini, al comando di tale Zambianchi,che avevano il compito di aizzare il popolo abruzzese contro Francesco II. Non arrivarono mai in Abruzzo perché, oltrepassata Orvieto, furono incrociati dalle guardie del Papa nei pressi di Grotte Santo Stefano,e dispersi.
Intanto gli altri uomini di Garibaldi, rimasti a Talamone, si distinsero per le loro razzie ai danni della gente del posto. La cosa fu talmente grave che Garibaldi, il giorno dopo, ovvero l’8 maggio, consegnò gli uomini. Che vuol dire che non potevano lasciare le navi.
Il 9 maggio, dopo, dopo avere imbarcato carbone e altre armi, nonché altri 2.000 uomini, per lo più avanzi di galera, riprese il mare alla volta della Sicilia scortato, a debita distanza, dalle navi appoggio piemontesi. L’11 maggio i vapori Lombardo d Piemonte erano a Marsala.
MARSALA
Le due navi garibaldine furono avvistate in ritardo dalla Marina borbonica. Che pure era presente in forze nelle acqua di Marsala. La flotta borbonica – infatti, si componeva di 4 navi che presidiavano le acque del porto: la pirocorvetta Stromboli, il brigantino Valoroso, la fregata a vela Partenope e il vapore armato Capri. Quest’ultimo era comandato dal Capitano Marino Caracciolo che, seppure avvistò i Piemontesi, vuoi per incapacità, vuoi per un errore di valutazione, non impedì lo sbarco degli uomini in rosso, limitandosi ad una azione di controllo verso le navi inglesi Argus ed Intrepid, due cannoniere che avevano il compito di scortare i Mille.
Né poteva impedire lo sbarco la fregata a vela Partenope, al comando del Capitano Guiglielmo Acton, già al soldo dei Savoia. Solo dopo che furono sbarcati gli uomini e le cose, la Lombardo fu affondata, mente il Piemonte fu rimorchiato fino a Napoli. Cosa sta a significare? Che i mezzi per fermare lo sbarco c’erano, se solo fossero stati onesti i due Comandanti.
All’arrivo dei piemontesi in città la gente si chiudeva nelle case e solo gli inglesi - che erano già sbarcati, mostrarono entusiasmo per i sabaudi. Che, come prima cosa, abbatterono il telegrafo isolando di fatto la città. Poi si accamparono nella periferia temendo – se si fossero accampati in centro - una ritorsione degli abitanti. Lo stesso Garibaldi preferì andare a dormire sull’isola di Mozia, e con lui tutto lo Stato Maggiore.
Il giorno 12, il Ministro Carafa, a Torino per un incontro bilaterale, protestò con Cavour per l’invasione dei Mille, Cavour si limitò a dire che “...Torino nulla c’entrava con quello che stavano facendo quei filibustieri amici di Garibaldi”.
In politica l’arte della menzogna è una prassi! E mentre mentiva al Ministro Borbonico, Cavour aveva allertato tutte le logge massoniche del Piemonte per raccogliere fondi da destinare alla riuscita dell’impresa.
CALATAFIMI
Il 13 maggio Garibaldi e la sua banda entrarono a Salemi, accolti dal Barone Sant’Anna che coi suoi uomini – in odore di mafia- s’era schierato coi Savoia. Fu proprio a Salemi che il nostro eroe si proclamò “dittatore della Sicilia”. Contemporaneamente il legittimo Governatore borbonico, Castelcicala, chiese al Generale Landi di attaccare l’invasore.
Cosa che Landi si guardò bene dal fare! Anzi, dette ordine ai suoi soldati di ritirarsi laddove ci fosse stato un conflitto a fuoco. Atteggiamento remissivo, da incapace o da pauroso? Nulla di tutto questo: atteggiamento di chi ha tradito incassando una buona stecca in denaro.
Il 15 maggio il Maggiore Sforza incrocia gli invasori e non può fare a meno di attaccarli costringendoli alla fuga fino a riparare su un altipiano, in balia dei borboni. Il Maggiore Sforza chiede allora che il Generale Landi si unisca a lui per chiudere definitivamente la partita con Garibaldi e Landi cosa fa? Anziché andare in aiuto del Maggiore, ordina il ritiro, senza dare spiegazioni ( e ti credo, mica poteva dire ” ho preso la mazzetta”). A questo punto il Maggiore Sforza, a corto di munizioni, è costretto a mollare la presa. I garibaldini non credono ai loro occhi: un esercito che sta vincendo si ritira! La situazione si fa anche grottesca perché qualche camicia rossa si mette ad inseguire il nemico che scappa, sparando alle retrovie. Il 17 maggio il Generale Landi porta le sue truppe a Palermo: i Mille hanno campo libero!
Oggi si direbbe che una cosa del genere la si deve al lavoro di “intelligence” , ed è vero! Le cose funzionavano così anche un secolo e mezzo fa! Ma anche tre, dieci secoli fa! Chi dispone della diplomazia migliore e del migliore portafoglio ha più possibilità di altri di vincere. Napoleone poteva chiedere ai suoi soldati anche il culo, perché erano ben pagati e percepivano la stessa paga anche in periodi – pochi in verità – di pace.
L’azione svolta dagli Inglesi e dai Piemontesi, corrompendo i generali e sensibilizzando i latifondisti e i nobili a sostener la causa sabauda, dava i suoi frutti. I Generali prendevano soldi mentre ai latifondisti e ai nobili andavano quelle terre demaniali che i piccoli proprietari pensavano fossero per loro! Non si resero conto che erano strumenti in mano a gente senza scrupoli. Lo capiranno coi fatti di Bronte!
Lo capirono anche gli abitanti di Alcara Li Fusi che si ribellarono alle truppe garibaldine e la rivolta fu sedata con l’uccisine di gente innocente. I garibaldini uccidevano e depredavano. Garibaldi per calmare gli animi abolì la tassa sul macinato e i dazi.
Ma torniamo a Landi, il Generale Landi! Fu “comprato” con 14.000 ducati. Come sa chi mi legge, facendo il paragone con il valore odierno, 1.000 ducati valgono 56,250 euro. Landi si vendette per un tozzo di pane!
Ma la cosa sconcertante fu che, assodato il tradimento, fu destituito e manco arrestato! Evidentemente i corrotti all’interno dell’esercito e della Marina, erano un bel po’! Il posto di Landi fu preso dal Generale Lanza. Corrotto anche lui? Staremo a vedere.
PALERMO
L’Ammiraglio inglese Rodney Mundy arrivò a Palermo, col suo Vascello Hannibal: era il 20 maggio. Cosa ci faceva l’Ammiraglio a Palermo? Doveva incontrare il Generale Lanza (ahi,ahi). E altri incontri Lanza li ebbe con Garibaldi. Vedremo gli sviluppi. E tra un incontro con Lanza ed uno con l’Ammiraglio inglese, il nostro eroe provvide anche a sequestrare tutti i soldi della Banca delle Due Sicilie. Non contento di ciò, istituì un Comitato per il sequestro dei fondi esattoriali! Praticamente poteva chiedere soldi a tutto e a tutti! Soldi che servivano per alimentare i suoi gaglioffi, mentre quello sequestrato alla Banca delle Due Sicilie era destinato a Torino.
Nel frattempo Franceschiello non capiva perché Lanza non attaccava e lo sollecitò più volte a farlo. A questo punto Lanza si decise ed affidò una parte dell’esercito al Maggiore Von Merkel e una seconda parte al Maggiore Ferdinando Beneventano da Bosco. Il 21 maggio Von Merkel si scontrò con una parte degli invasori a Partitico, fra loro c’era anche Garibaldi. Costretti alla fuga ripararono sul Monte Calvario; erano in trappola! Von Merkel decise di non attaccare subito, aspettando l’arrivo di Lanza! (mi ricorda qualcosa!). Arrivo che non ci fu! A questo punto Von Merkel attaccò ma erano passati due giorni e i garibaldini s’erano riorganizzati. L’attacco di Merkel fu feroce e le truppe d’invasione sbandarono più volte. Poi, al calare della notte, Garibaldi decise di abbandonare il Monte Calvario e, divisi due gruppi, fortunosamente riuscirono a fuggire inseguiti dai Von Merkel. Uno dei due gruppi fugge verso Corleone e l’altro? Indovinate un po’? Ma certo: a Palermo! In bocca al nemico! Che nemico evidentemente non era! Ed è il gruppo di Garibaldi a riparare a Palermo, mentre l’altro inseguito dai borboni, andava verso Corleone.
Sbagliò Von Merkel? Secondo me no! La scelta di aspettare rinforzi era legittima! Che ne sapeva che erano tutti corrotti! Col senno di poi possiamo dire che se attaccava subito,coi garibaldini allo sbando, avrebbe fatto una grande cosa! Ma coi “se” e coi “ma” non si fa la storia.
Si fa, invece, col denaro! Come abbiamo visto. Ma Von Markel era un mastino e delegò il Capitano Colonna ad andare verso Palermo per impedire ai fuggitivi di entrare in città. Mossa indovinata che mise in crisi Lanza che aveva deliberatamente lasciate sguarnite le porte della città. Colonna era giunto in città prima di Garibaldi e lo aspettava al varco. Fu allora che Lanza, forte del grado che aveva, ordinò di lasciare la guardia delle porte ed fare riposare i soldati ormai stanchi. Colonna fece come il Pazzaglia di “Quelli della notte”, ovvero “non capisco ma mi adeguo”. Le porte furono di nuovo libere e il nostro eroe si salvò!
Intanto Garibaldi, nella fuga verso Palermo aprì le carceri dei vari paesi e ingrossò il suo esercito di altri 3.500 uomini, per lo più avanzi di galera. E con loro assalì Palermo ottenendo una facile vittoria perché le porte erano difese da 260 reclute! Mentre il grosso dell’esercito era consegnato in caserma. Pensate: c’erano 16.000 soldati armati e con tutta l’artiglieria sia leggera sia pesante, che avrebbero fatto a fette Garibaldi! Ma i soldi….
LA FLOTTA DEL REAME
Nel porto di Palermo era alla fonda gran parte della flotta del Reame, forte di 22 unità tra navi appoggio, pirofregate, fregate, vascelli ed altro. I soldati di marina aspettano solo di scendere e cacciare l’invasore: l’ordine non arriverà mai! Era chiaro che i comandanti della flotta s’erano venduti ai Savoia! Ed era buffo – o tragico? – vedere come le navi piemontesi sbarcavano continuamente armi e munizioni per i garibaldini.
Il generale Lanza – che evidentemente s’era venduto bene – fece anche una furbata: chiese rinforzi al re e l’ingenuo Franceschiello mandò due navi con soldati ed armi pesanti e leggere. Il chieder rinforzi convinse il re della fedeltà del Lanza.
Il 28 maggio al porto di Palermo attraccano le due navi e che ti fa il Lanza? Non fa sbarcare i soldati! Mica è scemo! Garibaldi non ha ultimato la presa d Palermo e se i soldati sbarcavano lo avrebbero impedito. Li fa sbarcare il giorno dopo, 29 maggio. E li fa andare al Palazzo Reale ad oziare.
Garibaldi, nel frattempo, ha ultimato la presa d Palermo e si insedia a Palazzo Pretorio che diventa il suo quartiere generale e come primo atto apre le patrie galere liberando i prigionieri, 1.000 dei quali si arruolano coi garibaldini, portando la forza di occupazione a circa 5.000 unità!
VON MERKEL
Lo abbiamo lasciato a circa 3 chilometri da Palermo e, parlando coi suoi ufficiali si chiede del perché non si ode nessun suono o rumore della battaglia. Decide allora, di sua sponte, di entrare a Palermo. Cosa che fa subito e si rende conto che gli invasori hanno occupato la città. Da ordine allora ai suoi uomini di cacciare il nemico ed ancora una volta mette in crisi Garibaldi. La città è con Von Merkel che spazza via la resistenza dei garibaldini e dei delinquenti a loro fianco, occupa il cuore della città e sta per entrare a Palazzo Pretorio per catturare il Garibaldi. Questo per dire un esercito appena fedele avrebbe fatto polpette dell’invasore.
Lanza si vede perduto ed ancora una volta fa valere il suo grado! Manda due Capitani dello Stato Maggiore, Michele Bellucci e Domenico Nicoletti, da Von Merkel con un falso dispaccio dove si asseriva che c’era un armistizio tra Torino e Napoli e che con effetto immediato dovevano cessare i combattimenti. Von Merkel, soldato puro, accettò ma parte dei suoi soldati i ribellarono all’ordine: non sopportavano l’idea che Garibaldi ancora una volta la facesse franca mentre era già con un piede nella fossa.
Il 31 maggio Garibaldi ed un suo luogotenente, Turr, si incontrò con gli emissari borbonici (Letizia e Chretien) sul vascello inglese Hannibal, alla presenza di ufficiali francesi ed americani e firmarono quell’armistizio che era servito il giorno prima! Il giorno seguente – 1 giugno – un Garibaldi raggiante annunciò che aveva concesso l’armistizio per umanità cristiana! Uno dei punti dell’armistizio riguardava l’oro (che poi erano monete, il Reame come abbiamo detto non stampava cartamoneta) che veniva trovato nelle banche: doveva essere consegnato a lui che provvedeva a mandarlo a Torino. Cosa che fece trattenendo, però, parte dello stesso che dispensò alle sue truppe. Si calcola che trattene per se e le sue truppe, circa 5.000.000 di ducati!!! Alla faccia del bicarbonato di sodio!
CATANIA
Il 31 maggio si cominciò a combattere anche a Catania le truppe del Reame, al comando dl Maresciallo Clery, stavano avendo la meglio su i garibaldini ma arrivò l’ordine del Ministro Pianell di firmare una convenzione col nemico! Alla rinuncia a combattere si ribellò il tenente Ruiz de Balestreros che col suo plotone, in sole 7 ore, liberò Catania! Tuttavia l’ordine di Pianell era tassativo ed il Maresciallo Clary fu costretto, controvoglia, a richiamare il suo tenente.
Clary spostò le sue truppe a Messina che ormai era diventata l’ultimo baluardo. E per difendere Messina erano arrivati altri rinforzi al comando di Afan de Rivera.
Nelle casse comunali di Catania i garibaldini trovarono 16.300 once di oro: non s’è mai saputo che fine abbia fatto quell’oro! Tenete presente che 1 oncia equivale a 28,35 grammi per cui l’oro trovato nelle casse comunali di Catania ammontava a 16.300 X 28.35, ovvero 462.105 grammi che fanno 462 chili e 105 grammi; una fortuna!
ARRIVANO ANCORA I PIEMONTSI
Il 1 giugno, il piroscafo “Utile”, partito da Genova, arriva a Marsala dove scarica 5.000 fucili e una quantità industriale di munizioni. Rientrò poi a Genova per ripartire il giorno 9 giugno trainando con sé il clipper nordamericano “Charles & Jane” c on a bordo circa 1.000 volontari.
Il 10 giugno le due navi vengono intercettate dalla pirofregata “Fulminante” e condotte a Gaeta. Il giorno dopo - e siamo all’11 giugno, il Console Americano a Napoli, (Joseph Cahandler) protesta energicamente con il Re e gli uomini vengono liberati rimpatriati a Genova.
Questi 1.000 uomini erano ex soldati sabaudi, congedati in anticipo o fatti disertare, per dare loro modo di andare a rinforzare le truppe irregolari dei garibaldini. Fatto questa specie di aggiornamento, il 14 luglio vengono di nuovo imbarcai su una nave – la “Amazzon” e raggiungono finalmente la Sicilia.
Ma i piemontesi vanno oltre e, mentre accadevano questi fatti, una nave sabauda, la Governalo, sbarca a Messina un numero imprecisato di “volontari” con il compito preciso sobillare la città.
I SOLDATI INUTILIZZATI LASCIANO PALERMO
24.000 soldati, per ordine del Generale Lanza, lasciano Palermo alla volta di Messina per imbarcarsi e passare in Calabria. Alla vista di un esercito così numeroso, la folla palermitana protesta e chiede spiegazioni di come e percome un esercito così grande si sia arreso senza combattere. La rabbia dei soldati la interpretò un soldato dell’8° di linea che, al passaggio a cavallo di Lanza, uscì dalle file e gli disse "Eccellé, o’ vvì quante simme. E ce n’avimma î accussì?" Ed il Lanza gli rispose : "Va via, ubriacone!".
Continuano intanto gli sbarchi di “volontari”: a bordo delle navi “Washington” ed “Oregon”, 2.000 uomini vengono sbarcati Castellammare dl Golfo, li comanda il Medici. Un’altra nave, la “Franklin”, partita da Livorno, sbarca altri 900 uomini.
Garibaldi, intanto, è alle prese con quei gruppi di siciliani che lo avevano aiutato a liberare il Reame dai Borbone. Queste persone si erano rese conto che non di liberazione si trattava ma di cambiare solo padrone!! Il popolo di Sicilia aveva davvero creduto che la liberazione consisteva nell’indipendenza dell’isola! Onde evitare problemi, Garibaldi sciolse quei gruppi paramilitari che li avevano aiutato, perché potevano rappresentare un problema serio. Si iscrisse anche alla Loggia massonica di Palermo, dove venne innalzato al grado di Gran Maestro. Fu bene accolto dagli altri , tutti nobili e latifondisti, perché speravano di avere le terre demaniali e quelle espropriate ai poveri contadini. (cornuti e mazziati!!)
[b]PALERMO: SACCHEGGI E MORTE [/b]
Il 16 giugno 1860 verrà ricordato dai palermitani come il “giorno dell’orrore”. Il “liberatore” Garibaldi dette mano libera ai suoi uomini che commisero ogni genere di atrocità; rubarono, stuprarono, uccisero e il tutto sotto gli occhi del lestofante che poi sarà nomato “Eroe dei due Mondi”. Eroe un cazzo! “Delinquente dei due Mondi”. Fu un giorno di terrore e di follia. E delinquente come Garibaldi era Lanza, che stava imbarcando i suoi soldati mentre dei criminali compivano o delitti più atroci.
Francesco II, nel contempo, era venuto a conoscenza del tradimento di Lanza e appena giunto a Napoli lo fece arrestare confinare ad Ischia. Ma lo doveva fucilare non confinare! Insieme a Lanza furono arrestati tutti i suoi subalterni: si salvò il solo Von Merkel e si suoi ufficiali!
Garibaldi, appena formato il Governo Provvisorio per la Sicilia, fece stampare 400.000 ducati in buoni del Tesoro, portando il debito pubblico del Reame a 16 milioni di ducati. Non contento, rastrellò tutte le banche e le tesorerie diffidando i cittadini dal conservare ducati in oro: tutto doveva essere dato al Governo Provvisorio. La sua arroganza non conosceva limiti e confiscò anche i beni della chiesa e dei Gesuiti in particolare e li scacciò da Palermo.
Ma il giorno della paura, il 16 giugno, non restò un caso isolato: sempre più spesso quei giorni si ripetevano consumando le solite atrocità. Tra i più spietati vano ricordati tale Mele e tale La Porta. Quest’ultimo, nel Governo Provvisorio ricopriva l’incarico di Ministro della Giustizia e dell’Ordine Pubblico.
UNA SORTA DI LEGIONE STRANIERA
Quella di Garibaldi era una sorta di legione straniera. Tutti avanzi di galera che speravano di mettere insieme soldi e per questo erano pronti ad uccidere anche gente innocente,
vediamoli questi campioni della libertà!
Inglesi Giovanni Dunn Colonnello
Peard
Forbes
Spechee Cesare Abba, che dei Mille era lo storico, nel suo libro modifica il nome di Spechee in Specchio, per poterne raccontare tutte le nefandezze
Ungheresi Turr
Eber
Erbahedt
Tukory
Teloky
Magyarody
Figgelmesy
Czudafy
Frigyesy
Winklen
Algerini Zwawi
Polacchi Milbitz Ufficiale
Lauge Ufficiale
Tedeschi Wollff In verità erano molti di più
Turchi Kadir Bey Avventuriero
LA COSTITUZIONE
In punto di morte il Re convocò Francesco, erede al trono e tra le altre cose, gli disse di non concedere mai la Costituzione –.
Francesco venne meno a quella promessa.
Concedere la Costituzione significò liberare le carceri da tutti – anche di chi si era macchiato di omicidio. Voleva dire anche rafforzare le truppe di invasione ma – soprattutto - voleva dire, anzi – capire, chi era fedele alla corona e chi, al contrario, era un traditore. Solo un traditore poteva consigliare un qualcosa che portava il Reame alla rovina.
Favorevoli risultarono essere il Conte dell’Aquila e il Conte di Siracusa, zii del giovane Re e cugini di Napoleone III di Francia. Votarono per la Costituzione su consiglio proprio di Napoleone III. E ti credo: la Francia aveva brigato con l’Inghilterra per affossare il Reame! Tra i contrari, tra gli altri, i Ministri Troya e Carrascosa. Addirittura Carrascosa ebbe a dire: "la Costituzione sarà la tomba della Monarchia". In occasione del ripristino, Francesco II disse queste poche parole: "Desiderando dare a’ Nostri amatissimi sudditi un attestato della nostra Sovrana benevolenza, ci siamo determinati di concedere gli ordini costituzionali e rappresentativi nel Regno, in armonia co‘ principii italiani e nazionali in modo da garantire la sicurezza e la prosperità in avvenire, e da stringere sempre più i legami che Ci uniscono a‘ popoli che la Provvidenza Ci ha chiamati a governare”.
Il danno fu enorme perché permise a molti nemici della Monarchia di rientrare, essendo state azzerate tutte le condanne, e rientrando andavano ad occupare posti chiave nella nuova amministrazione che Garibaldi stava costruendo. Un errore di valutazione che Franceschiello pagherà caro. Oltretutto non si rese conto dei traditori che aveva in seno alla famiglia.
Il primo a muoversi fu l’Avvocato Liborio Romano che incontrò subito il Console francese a Napoli. Ma molti furono gli incontri clandestini di fuoriusciti tornati a Napoli.
AUMENTANO LE TRUPPE PIEMONTESI E NASCITA DELLA CAMORRA DI STATO
Nei due mesi che seguirono, ovvero dal 26 giugno al 21 agosto, Cavour inviò 24.000 “volontari” ad aggregarsi a Garibaldi, e lo fece con le navi che facevano la spola tra Genova e la Sicilia.
Il 27 giugno Francesco II incaricò Antonio Spinelli di varare un nuovo Governo, Lo Spinelli nominò Prefetto di Polizia proprio Liborio Romano, che stava in combutta con Francesi e camorristi per rovesciare la monarchia e preparare l’ingresso di Garibaldi a Napoli.
Fu proprio grazie all’invasione piemontese che camorra e mafia entrano nei gangli vitali dello Stato e non ne usciranno più. Ma c’è da dire che Francesco era attorniato da un mucchio di serpenti traditori, compreso il suo Capo di Governo che, dopo Liborio Romano, nomina il Conte dell’Aquila comandante supremo della Marina e rimuove il fidato Rinucci dal Ministero della Guerra nominando al suo posto il traditore Giuseppe Pianell. Nominato Ministro si dimise da capo supremo dell’esercito di terra e il suo posto fu preso dal Generale Debenedictis, anche lui traditore? Un attimo di pazienza.
Per effetto della Costituzione, dovevano essere nominati 16 rappresentanti del Governo nelle Province del Reame, l’equivalente dei nostri Prefetti. Il 1° luglio le nomine furono fatte e quasi tutti i nominati erano massoni!
Il 3 luglio ad Avellino e Salerno c’è la prima rivolta popolare contro l’invasione sabauda e la gente scende nelle piazze al grido: "Viva ‘o Re Francesco”. Anche a Vasto si ebbero manifestazioni popolari a favore del Re Borbone.
IL TRADIMENTO DELLA MARINA
Il 5 luglio il Capitano Amilcare Anguissola, comandante di una pirofregata che faceva la spola tra Messina e Napoli per portare i soldati a difendere la capitale, invertì marcia e si consegnò al Contrammiraglio piemontese Carlo Pellion di Persano. Questi cedette la pirofregata “Veloce”a Garibaldi che la ribattezzò “Tuckery”. Dei 200 marinai imbarcati solo una quarantina tradirono, gli altri preferirono gli arresti e la deportazione (ne parleremo un’altra volta).
Il Re ordinò allora al Capitano di Vascello Rodriguez di riprendere la nave che era stata consegnata ai piemontesi, il Rodriguez, al comando di una piccola flotta di tre pirofregate, si mise a caccia della nave ceduta ai piemontesi. Ma l’impresa fallì perché il capo supremo della Marina, lo zio del re, il traditore Conte dell’Aquila, brigò perché fallisse.
LA GUARDIA NAZIONALE
Per effetto della Costituzione appena concessa, ogni città e paese si dota di una propria polizia: nascono le Guardie Nazionali, la gran parte ostili a Francesco II. Capisce tutto la Regina madre che lascia Napoli per Gaeta.
Aumenta vertiginosamente il fenomeno del banditismo su tutto il sud del reame, ed è un fenomeno inarrestabile! Considerate che la Sila, che diventerà tristemente famosa per i sequestri di persona e per essere il ricettacolo di delinquenti, fino al 1860 era praticamente un Paradiso che tutti potevano godere perché non vì era nessun pericolo.

MILAZZO
Francesco decise di difendere Messina ed i paesi vicini, Barcellona Pozzo di Gotto su tutti. Ma il Comandante in capo, Generale Clary tergiversava. Fu allora che Beneventano dal Bosco, promosso Colonnello, riuscì ad ottenere il comando di circa 3.000 uomini e lasciò Messina per fare quello che Clary, forte di 20.000 soldati, si rifiutava di fare: cacciare e scacciare Garibaldi che era lì con 5.000 volontari.
Il del Bosco lasciò Messina il 14 luglio, diretto a Milazzo.
Contemporaneamente Cavour continuava a mandare facinorosi a Napoli per fomentare la folla, aiutati anche dai camorristi e dal capo della polizia, il traditore Liborio Romano. Che bordello!!
Il 17 luglio il dal Bosco incrociò una parte de garibaldini e li sconfisse nei pressi di Barcellona. La stesa coda successe il giorno dopo, contro un’altra retroguardia degli invasori. Fu così che decise di puntare direttamente su Milazzo per difenderla. L’azione del Colonnello dal Bosco spaventò il comandante degli invasori, il Medici, che mandò emissari per chiedere aiuto a Garibaldi.
Da queste cose si evince la pochezza degli invasori che potevano vincere solo se aiutati dai traditori. Altrimenti per loro non v’era scampo.
Garibaldi arrivò in soccorso del Comandante Medici,con 4.000 uomini che, sommati ai 5.000 del Medici, fanno 9.000. Anche dal Bosco chiese rinforzi a per aiutare i suoi 3.000 uomini, ma Clary, forte ancora di 22.000 soldati, non si mosse! È una storia già vissuta, purtroppo!
Il 20 luglio ci fu il primo scontro tra i due eserciti e i duosiciliani riuscirono, benché minoritari, a respingere gli invasori. L’esercito borbone ebbe 120 caduti, gli invasori contarono 780 morti. Dal Bosco , però, si rese conto che non poteva resistere ad un altro attacco: troppa la disparità di uomini. Decise allora di entrare a Milazzo e li arroccarsi. Continuò a chiedere aiuto a Clary, ma non se ne fece nulla.
La difesa del forte di Milazzo fu eroica e molti dei duosiciliani si distinsero per coraggio ed eroismo. Oltretutto il forte di Milazzo cominciò ad essere bombardato dalle navi piemontesi giunte al porto, e che la marina borbonica, comandata dal traditore Conte dell’Aquila, non ostacolò.
Anche questa di Milazzo fu una occasione persa! Dal Bosco aveva messo a nudo la pochezza degli invasori, ma il tradimento di Clary impedì una vittoria certa. Oltretutto Garibaldi sapeva del tradimento, perché attaccò frontalmente Milazzo, certo che alle spalle non avrebbe avuto guai!
Il 22 luglio Garibaldi chiese la resa di del Bosco. Ma il colonnello rifiutò. Intervenne allora la Marina Borbonica e il suo comandante, il famigerato Conte dell’Aquila, che ordinò a del Bosco di lasciare Milazzo e imbarcato su una nave quello che restava del suo esercito, fece rotta verso Napoli.
DEPRETIS
Il 22 luglio, su richiesta dello stesso Garibaldi, sbarcò in Sicilia il deputato piemontese Agostino Depretis, spedito da Cavour in sostituzione del La Farina, con il quale Garibaldi era entrato in forte contrasto. Il giorno dopo, incontratosi con Garibaldi, questi lo nomina Prodittatore con un decreto.
CLARY ABBANDONA LA SICILIA
Il 24 luglio Clary dichiara che non ci sono possibilità di difendere la Sicilia e si arrende a Garibaldi! 24.000 soldati, senza sparare un colpo, in superiorità numerica, meglio armati, si arrendono al nemico! Il tradimento di Clary è chiaro! Saputo della resa, alcuni soldati, che evidentemente erano dotati di palle, si ribellarono alla decisone di Clary e cercarono quasi di linciarlo. Il Comandante in capo fu costretto a fuggire dai suoi soldati e di nascosto raggiunse Napoli.
È incredibile come Landi prima, poi Lanza ed ora Clary, tutti e tre si siano venduti al nemico!
Il 27 luglio l’armatore siciliano Florio si mise a disposizione di Garibaldi e con le sue navi trasportò gli invasori dalla Sicilia alle coste campane. Florio, imprenditore, cercava – dal suo punto di vista – di salvare la sua azienda. Non gliene faccio una colpa: di altri sono le colpe!
Tra la popolazione regna il malcontento: si rendono conto sempre più che il liberatore altro non è che un nuovo padrone peggio del precedente. Nascono manifestazioni spontanee a favore di Francesco II e sapete chi le reprime? Non i garibaldini, ma la Guardia Nazionale!
Il 28 luglio cadono anche le ultime roccaforti in mano ai Borbone: e ti credo! Non c’è manco la puzza di un soldato a difenderle! Ripeto: se non fosse che ci sono stati morti innocenti, questa sarebbe una buffa carnevalata!

I TRADITORI
Siamo a fine luglio, per l’esattezza il 29 luglio e Cavour riceve l’avvocato napoletano Nicola Nisco che l’informa dell’avvenuta nomina dell’avvocato Romano Liborio a capo della polizia, non solo, l’avvocato Nisco consegna al Cavour una lettera del Generale Alessandro Nunziante che si dice disponibile a mettersi al servizio dei Savoia. Ormai i traditori sono venuti allo scoperto! Ed è imbarazzante constatare quanti e quali personaggi si sono astenuti dal tradire.
IL CASO BRONTE
Ne parleremo diffusamente a parte.
ANNESSIONE
Il 3 agosto, con una delibera del pro-dittatore Depretis la Sicilia viene annessa al Piemonte. I Siciliani,che s’erano schierati con i Savoia sperando di ottenere un’indipendenza a lungo chiesta anche ai Borbone., si rendono conto del danno arrecato, oltre che a loro stessi, anche agli altri sudditi del Reame.
Si allunga, nel frattempo, la lunga lista dei traditori. Anche il Conte di Siracusa, un altro parente del povero Franceschiello, si mette al servizio dei Savoia! Già da allora gli italiani correvano in soccorso dei vincitori! Per mantenere l’ordine, dopo i fatti di Bronte, la forza di occupazione in Sicilia viene portata a 36.000 unità! Ma non dovevano essere 1.000 in tutto?
CALABRIA
La Calabria era la prossima tappa. Era difesa da 20.000 uomini divisi in quattro tronconi al comando dei generali Ghio di Monteleone, Cardarelli, Marra e Melendez. Comandane in capo era il generale Vial che, senza motivo, aveva schierati gli eserciti all’interno, anziché sulle coste, come logica imponeva. Marra, che era un buon generale, capì che qualcosa non andava e ne parlò col Ministro competente, Pianell. Non sapeva Marra che Pianell s’era già venduto ai Savoia! E che ti fa Pianell? Sostituisce Vial? Naaaaa! Sostituisce Marra e al suo posto nomina un altro massone, ovvero il Generale Fileno Briganti.
Il 6 agosto, con un proclama, Garibaldi dichiara d’essere pronto a occupare “le Calabrie”. L’8 agosto 150 garibaldini sbarcano a Cannitello e senza colpo ferire (i soldati sono tutti all’interno) riescono a raggiungere un bosco da dove dirigere le operazioni di occupazione. Anche la Guardia Nazionale non pone ostacoli: Liborio si sta dimostrando un buon alleato per i Savoia!
Il 12 agosto Garibaldi va in Sardegna dove ci sono pronti 9.000 uomini che andranno a rinfoltire le truppe di sbarco per la Calabria. Continuano nel frattempo piccoli sbarchi di garibaldini a Bovalino e in Puglia nascono comitati spontanei favorevoli ai Savoia.
I moti pugliesi sono attivi a Bari, Ginosa e Laterza e anche qui i garibaldini non trovano resistenza. Manca solo Napoli e poi l’occupazione è totale. Ma di Napoli parleremo in altra sede.


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- Storia

Garibaldi: un lestofante per eroe


Sicuramente, dopo che avrò postato questo pezzo, la lista dei miei nemici si allungherà di un bel po’ perché “toccare” l’eroe dei due Mondi è deleterio. Garibaldi, nell’immaginario collettivo, è l’eroe senza macchia e senza paura, osannato e e non c’è Comune – grande o piccolo - che non ha una Piazza o uno slargo o una Via intitolata
”all’eroe”! E non solo: in molti di questi Comuni ci sono case – più o meno ben tenute – dove una targa ci dice che “qui riposò l’eroe il giorno prima della marcia su Roma” , riferito – in questo caso - alle mie parti. Nei paesi della Romagna il solito cartello ci dice che “qui riposò l’eroe con la sua compagna ferita pria ch’ella dipartisse”. E così i cartelli cambiano a seconda della posizione geografica interessata.


Soltanto a Terni ci sono due ruderi, protetti dal Comitato Storico per la Salvaguardia dei Beni Ambientali del Risorgimento, che hanno in comune una cosa: in entrambi “dormì” Garibaldi! E fin qui niente di male se non fosse che dormì lì la stessa notte. Il primo di questo rudere storico trovasi in Zona Polymer, è un vecchio fabbricato color rosa, e l’altro è ubicato a Collescipoli, a circa tre chilometri dall’altro! Come abbia fatto lo sa solo lui. L’unica cosa certa è che nel 1867, per l’ennesimo tentativo di liberare Roma, partì da Terni.


Ma la mia riflessione sul Garibaldi è un’altra: credete davvero che l’Unità d’Italia l’abbia fatta lui? E come ha fatto se ha passato il suo tempo a gozzovigliare fra un Comune e l’altro?


Garibaldi assomiglia ad un eroe dei fumetti, più attento alle sue esigenze, ovvero quella di difendere la sua leggenda costruita a Montevideo. Ed eccolo allora vestire anche da noi il poncho e restare fedele al “personaggio”! Una cosa gli va riconosciuta: era uno che le donne le battezzava appena gli arrivavano a tiro! Vittorio Emanuele lo considerava un simpaticone, lo stesso non si può dire di Cavour: i due si detestavano! Ma Cavour ebbe il merito di…ma lo vedremo più avanti.


Nei suoi 12 anni di permanenza in Sud America, vive di espedienti, mai svolgendo un lavoro onesto. Frequenta ambienti esoterici e giunto in Italia si avvicina alla Massoneria. La stessa Massoneria che frequentò, appena ventenne, quando era al soldo degli Inglesi come spione. Poi, sempre al soldo di Sua Maestà Britannica, divenne un apprezzato comandante della filibusta, ovvero un pirata. Dopo l’apprendistato inglese il buon Giuseppe è pronto al salto di qualità e chiede – ed ottiene – di mettersi in proprio. E da furbo lo fa in Uruguay, dove ripara per sfuggire alla galera di Genova, dove era destinato per una condanna. L’Uruguay è terra non pericolosa, coi grandi fiumi che portano i suoi legni in Argentina e Brasile. Dove arriva saccheggia, impone la sua legge e, se necessario uccide. Stanno con lui i satrapucci di quartiere, ma anche gli evasi di galera e quelli che la galera la devono fare, ma erano latitanti. In tutto questo bailamme si becca anche una condanna per abigeato, ovvero furto di bestiame. La condanna prevede che venga mozzato un orecchio al condannato. Cosa che il nostro “eroe” subisce. Ma, per non far vedere l’incidente di percorso, don Peppino si fa crescere i capelli e indossa sempre il cappello atto a nascondere l’infamia.


In una delle tante scorribande incontra Anna Maria Ribeiro da Silva, sposata con Manuel Duarte de Aguilar, bella e non indifferente al fascino de “L’italiano”. Ma Anita (così viene chiamata, ovvero “piccola Anna”) è sposata e…oplà: il marito muore ma non si saprà mai come! Anzi: si sa ma non si dice! Anita è ora libera di seguire il suo amore italiano.


Nonostante la sua attività poco consona, Garibaldi “non fa soldi” come dicono gli americani. Si arricchiscono i suoi uomini ma lui, è più interessato alla cura del suo mito che a quella di incassare e metter da parte. E questo suo poco interesse per il denaro diventerà la sua fortuna quando, in certi ambienti uruguayani, si comincerà ad indagare su di lui. Smette di fare saccheggi e robe del genere e si mette a lavorare in una fabbrica di candele: si rifà così una verginità!


Rientra in Italia e subito organizza un gruppo di persone per liberare Roma! Ha carisma e tutti pendono dalle sue labbra. Ma l’esercito francese non è come quello argentino o uruguayano! È ben armato, civile, ha generali che sanno il fatto loro e, soprattutto, ha il rispetto dei ruoli: ufficiali, sottufficiali e soldati. Dall’altra parte c’è Garibaldi, che si fa chiamare Generale e poi i soldati! La batosta è cocente e drammatica e il “generale” è costretto alla fuga col suo manipolo di soldati e la sua amata (tradita però decine di volte). E a Comacchio la bella sudamericana muore. Anche qui l’ombra del dubbio aleggia: è stato lui o non è stato lui? In un altro post tratterò della signora Ribeiro.

La batosta è salutare perché gli fa capire che l’Italia non è l’America Latina! Ma soprattutto, fa capire a Cavour che “quello” è la persona giusta per attuare il suo piano di unificazione d’Italia. Cavour sa che con la sola forza dell’esercito piemontese, forte e ben armato, con ufficiali di primissimo ordine, non ce la farà mai ad avere ragione – in tempi brevi – dei Borboni. E questo per un motivo molto semplice: la mafia (operosa ed attiva) avrebbe intralciato tale operazione. E non tanto per amor di Patria (ovvero salvate il Regno delle Due Sicilie), quanto perché voleva il suo guadagno. E la stessa cosa succedeva coi banditi calabresi, quelli pugliesi e campani. Cavour capì che foraggiando il brigantaggio , fortissimo in quelle zone, poteva ottenere la caduta dei Borboni in poco tempo. E il tornaconto della Mafia? Duplice: incassava un bel po’ si soldi e – soprattutto – si liberava della polizia borbonica che, più di ogni altra, conosceva tutto dei banditi, essendo polizia del posto. Con l’avvento dei Piemontesi si sarebbero azzerate le cariche, ci sarebbero stati nuovi comandanti e la mafia avrebbe prosperato grazie all’inesperienza di questi. Non dimentichiamo che la mafia odierna ha avuto i guai più grossi quando ad occuparsene sono stati Siciliani come Falcone e Borsellino: nulla è cambiato.


Ma per fare questo, ovvero comperare la mafia e averla ai suoi servizi, non poteva poi essere l’esercito - diciamo così ufficiale – ad operare. Ecco perché Cavour vide in Garibaldi l’uomo della provvidenza. Il Generale fu contattato e nel contempo emissari dei servici segreti (c’erano anche allora) cominciarono a trattare con la mafia e gli avi di n’drangheta, Sacra Corona Unita e Camorra! Le trattative si protrassero per 3 anni e parte attiva fu recitata dall’Inghilterra: vedremo il perché!


Quando tutto fu pronto i Mille partirono per la Sicilia dove trovarono i “picciotti” che si arruolarono e , facendo il doppio gioco, mandarono l’esercito dei Borboni al massacro. L’impresa riuscì e a supervisionare tutto c’era una vecchia conoscenza del Generale: la marina inglese! La quale voleva assolutamente che le cose andassero bene ed era pronta ad intervenire se si mettevamo male! Gli Inglesi, che non fanno nulla per nulla, vedevano bene l’operazione costruita da Cavour perché così si indeboliva la Spagna, che contrastava Sua Maestà nelle rotte commerciali col Nuovo mondo! Ma soprattutto temeva che la Spagna potesse invadere anche le rotte del “Nuovissimo Mondo” che Cook aveva scoperto nel 1600.


In tutto questo chi ci ha rimesso sono stati, come sempre succede, i poveracci che subirono l’annessione al Piemonte e che – soprattutto, impoverirono ancora di più perché i nuovi dirigenti guardavano più ai ricchi che a loro. Succedeva così che tutte le terre strappate al demanio o alla Chiesa ed anche i piccoli appezzamenti di piccoli proprietari, furono venduti all’asta andando ad arricchire la mafia o i nuovi latifondisti conniventi con la mafia stessa! Ma andavano soddisfatti anche gli Inglesi che erano pronti ad agire se le cose si mettevano male. Orbene. per gli inglesi furono riservate terre nei comuni di Bronte (dove peraltro la famiglia dell’Ammiraglio Nelson aveva già una tenuta) , Niscemi e Racalbuto. Qui le terre furono tolte ai piccoli proprietari e “date” ad alcuni Lord Inglesi, con il beneplacito della Mafia. I piccoli proprietari si ribellarono, ma ecco mettersi in luce il vice del Generale: il “patriota” Nino Bixio!


Patriota un cazzo! Era un pazzo scatenato, psicologicamente instabile, sanguinario e fece uccidere, e lui stesso uccise, decine e decine di poveracci! Oggi sarebbe stato giudicato un criminale di guerra e giudicato dal tribunale dell’Aja. Ma si sa la storia la fanno i vincitori e Bixio è un eroe! Pensate un po’ che se vinceva Hitler, anche lui e Himmler e Gobbels e tutti i gerarchi sarebbero stati eroi! E Patton, Eishanawer, De Gaulle e compagnia, dei criminali di guerra.


A Napoli contavano di fermare Garibaldi sullo stretto di Messina durante il passaggio in Calabria. L’esercito Borbonico era forte di 17.000 unità, quello del Generale di 1.500 unità. Sapete come andò. Andò che i filibustieri di mafia e soci chiesero ancora denaro a Torino e pagarono i comandanti dell’esercito napoletano, mentre ai soldato fu “consigliato” di lasciar perdere. Morale: il Generale occupa la Calabria senza colpo ferire! Eh si perché la “Ferita d’Aspromonte” non si riferisce alla spedizione del Mille, ma al tentativo – maldestro – di organizzare un esercito per occupare Roma (il suo pallino). I fatti: nel 1862 il Generale torna in Sicilia per un viaggio di piacere e qui incontra delle persone – piene solo di ideali – che vogliono liberare Roma. Garibaldi si mette al comando di questa banda – simili agli straccioni di Valmy - e da Catania salpa alla volta di Mileto , in Calabria, deciso a risalire fino a Roma: sono il Garibaldi, non mi ferma nessuno!!!!! Illuso: il Regio Esercito Piemontese lo aspetta in Aspromonte. È il 29 agosto e gli fanno la bua ad un piede! Alt, finita la marcia su Roma! Io credo che qualcuno doveva dire a Peppino che qualche anno prima le cose andarono bene perché Camillo Benso, Conte di Cavour, il Regno delle due Sicilie se l’era comprato!


La presa di Napoli avvenne allo stesso modo: sotto l’occhio vigile dell’Inghilterra e con l’appoggio della Camorra! Gli ufficiali che si arrendevano venivano “promossi” e per quelli che non lo facevano c’era un certo Bixio! Chi si ribellava veniva fatto prigioniero e furono costruiti veri e propri lager nel bresciano dove furono deportati 32.000 tra soldati fedeli ai Borboni e cittadini che volevano difendersi dall’invasore. Dei 32.000 deportati si sono perse le tracce! Ma è facile immaginare che fine abbiano fatto!


Preso il potere, Garibaldi instaurò, a Napoli, un governo di transizione che resta una esperienza tragica e drammatica. Coi soldi dello Stato Borbonico, anziché far sviluppare le aziende, vengono pagati alti esponenti della camorra e vengono privilegiati “gli anici degli amici”. Non solo: vengono aboliti i dazi portando le aziende in rovina e continuano a sparire soldi come fossero bruscolini. Si calcola che durante il governo provvisorio di Garibaldi , siano stati bruciati qualcosa come 2.000 miliardi di euro al cambio di oggi! Ci fu un tentativo di mandare in Francia un vascello con tutta la documentazione delle malefatte, ma l’occhio vigile di Sua Maestà vigilava! Quel vascello affondò appena lasciato il porto di Napoli. Ma sappiamo dove sono finiti i soldi che sparivano: andavano a Torino! Dal Banco di Napoli al San Paolo! Cavour “rientrava” delle spese! Morale! I Borboni sono stati abbattuti pagando loro gli abbattitori! Una operazione economico-politico-finanziaria degna dei migliori guru della finanza di oggi! Ma non scopriamo oggi Cavour: era davvero un grande! L’unico vero statista che abbiamo avuto! Che il Piemonte ha avuto. Faccio notare come la storia si ripeta, in termini finanziari: oggi il Banco di Napoli non esiste più! E’ stato acquisito dall’Istituto San Paolo di Torino! Ma sappiamo che l’acquisizione cominciò con la spedizione dei Mille


L’esperienza del Governo di Napoli poteva rappresentare una svolta per la nazione Italia appena nata. E lo aveva capito Cattaneo che, sceso a Napoli, consigliò al Generale di imporre uno Stato federale. C’erano tutte le premesse e – soprattutto – lo vedeva bene anche Cavour che, da snob quale era (preferiva parlare il francese anziché l’italiano), male si rapportava coi meridionali ed il federalismo avrebbe mitigato quella corsa al nord che poi invece si verificò. Ma Garibaldi, consigliato da Mazzini, declinò il consiglio di Cattaneo. E fu persa un’occasione!


Dopo i fatti di Aspromonte, il Generale riceve un’offerta che non si poteva rifiutare: Lincoln gli offrì il comando dell’esercito del Nord conto gli secessionisti del Sud! È l’ambasciatore di Washington a Torino che consiglia al Presidente il Garibaldi. Il quale accetta ad una condizione: che Abramo Lincoln dichiarasse ufficialmente che la guerra serviva per liberare gli schiavi del Sud! Cosa che Lincoln non poteva dire perché non era quello il motivo della guerra; e soprattutto perché non poteva distruggere la forza economica dell’agricoltura che rappresentava una forte voce attiva nel bilancio della Nazione. Ma Lee continuava ad infliggere solenni batoste agli Unionisti e , nel 1963, Lincoln torna alla carica, accettando di dichiarare pubblicamente che quella era una guerra di “liberazione degli schiavi”! Ma, inspiegabilmente, Garibaldi rifiutò! Probabilmente non si aspettava che Lincoln accettasse la sua proposta e nell’attimo che l’accetta si sente fregato: non aveva mai avuta nessuna intenzione di recarsi in Nord America!


Dopo l’impresa dei Mille e l’offerta americana e nonostante il massimo grado raggiunto all’interno della Massoneria, Garibaldi non riuscì a capitalizzare la sua fama e – anzi – posizionandosi sempre più a sinistra, si isolò. La sua partecipazione – poi – all’Internazionale Socialista, con Marx e Bakunin, segna il suo tramonto in Patria. È però furbo quando Marx gli offre il Comando dell’Esercito della Comune a Parigi, memore delle botte rimediate dai Francesi a Roma, ringraziando, rifiuta.


Per concludere: era un uomo spregiudicato, vanesio, sempre al servizio del più forte cui sapeva rispondere “ubbidisco”, ed era forte coi deboli, cui imponeva le sue decisioni che poi Bixio faceva rispettare. Era un personaggio squallido che la vita ha premiato oltremisura. Un personaggio che ha costruito la sua fortuna - oggi si direbbe mediatica – approfittando delle difficoltà dei poveracci e alimentando una aureola di consensi. E non è stato neanche un grande generale: ha vinto solo battaglie truccate! Quelle giocate alla pari le ha perse tutte! Aveva però un grande sponsor: la Corona Inglese! E per quei tempi era il massimo. Evidentemente i servigi resi quando spiava per conto di Londra devono essere stati notevoli. Si spiega così anche il forte contributo inglese all’unità d’Italia! D’altra parte gli Inglesi sono abituati a disegnare e cancellare confini e Stati! Basta dare un’occhiata agli stati del Medio Oriente (Giordania e compagnia bella) per rendersene conto. Ma, soprattutto sono le parole di Churchill: “quando abbiamo ridisegnato il Medio Oriente lo abbiamo fatto con sigari e wiscky! Ma forse era più wiscky!”. Tornando a Garibaldi, si può davvero dire che la sua è stata la vittoria di un lestofante!


Chiudo con le parole di alcuni studiosi. Comincio con quelle dello storico Gennaro De Crescenzo che si chiede: “chi fu, dunque Garibaldi? L’eroe che dedicò la vita a combattere per ideali di libertà e di giustizia? Oppure lo strumento inconsapevole di una trama di potere ordita da massoni e liberali per impossessarsi dell’intera penisola? O ancora, il rivoluzionario che collaborò attivamente alla conquista del Regno delle Due Sicilie, condividendo pienamente gli scopi e i mezzi delle forze unitariste?” E continua ancora De Crescenzo: “Garibaldi va riletto o meglio processato per la falsità del suo eroismo, per l'immoralità del suo comportamento (invase senza dichiarazione di guerra un regno pacifico), per i danni morali e materiali subiti dal Sud (con lui finì il tempo dei primati borbonici e iniziò una questione meridionale prima sconosciuta e tuttora irrisolta).”

Anche Del Boca riferisce cose interessanti, ovvero che la “Spedizione dei Mille” altro non fu che una scampagnata e che l’esercito Borbonico si sciolse come burro a suon di milioni e promozioni sul campo. Scrive Del Boca: “Garibaldi non aveva più niente da fare. Poteva continuare a litigare con la grammatica poetica. Questi sono alcuni suoi versi:

Salve, o terra del Vespro

il tuo destino

è d’esser grande!

Salve, o falange di gagliardi! I Mille

Guerrieri avventurosi

Invan l’invidia

Della canaglia vi dilagna. (sic.).

E questo mentre veleggiava per Marsala dove sarebbe cominciata, appunto, quella scampagnata che con solo mille persone avrebbe, alla fine, portato alla conquista di un regno forte e ben armato. “.

E in Wikisource ci si chiede di: “rispondere alla angosciosa domanda di come mai abbiano potuto 1.000 armati irregolari, ancorché veterani e raggiunti da rinforzi, sgominare un esercito imponente che giocava, sostanzialmente in casa”. E nella disamina troviamo le solite storie di soldi, massoni e mafia!

Chiudo consigliando un libro dello storico inglese Gorge Trevelyan, “Garibaldi in Sicilia”, dove con dovizia di particolari parla della preparazione della spedizione. Nel libro sono riportate cifre e documenti della trattativa con la mafia e le prime pagine dei giornali londinesi che annunciavano la cosa! Ma soprattutto è raccontato tutto l’intreccio diplomatico tra Torino e Londra – con l’avallo tacito prussiano e francese – che portava si ad unire lo stivale ma – quello che più interessava a Londra e Parigi - ad un indebolimento di Madrid e Vienna! E lo storico inglese, pur giudicando Garibaldi un guerrigliero, è affascinato dalla ingenuità dell’uomo che davvero crede di aver - da solo – unito l’Italia! Secondo Trevelyan, Garibaldi è il primo “Che”, ovvero l’esportatore di una rivoluzione quasi empirica. Ma con una fortuna rispetto a Guevara: nessuno lo fece assassinare tra coloro coi quali si rapportava (leggi Cavour, Vittorio Emanuele e Mazzini). Guevara – purtroppo per lui – aveva a che fare con Castro, che non esitò a sbarazzarsene vendendolo ai Carabineros! Guevara era un pericolo per un Castro assetato di potere! Ma forse i Piemontesi non giudicavano pericoloso Garibaldi! Bastava farlo giocare alla guerra!

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- Economia

I nuovi poveri

Quello che andate a leggere è un articolo di qualche anno fa, ma attualissimo anche oggi perché in Italia nulla è più stabile del precario. Governo compreso.
[Danilo Mar]


I nuovi poveri

Le notizie sono su tutti i quotidiani ormai da tempo! Siamo il Paese più vecchio e più povero di Eurolandia! I numeri sono crudeli e disarmanti: una famiglia su sei vive sotto la soglia della povertà! E due su sei arrivano a fatica alla fine del mese! Ciò significa che solo tre famiglie su sei non hanno problemi! Sta scomparendo il ceto medio e si va verso una società quasi manichea: ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri!

Le colpe - essenzialmente - sono due! Una di carattere strutturale e l’altra la definirei quasi morale. Quella strutturale è la mancata riforma delle pensioni, che andava fatta a metà degli anni ’80 con scelte coraggiose, come quelle fatte dalla lady di ferro - Margareth Thatcher - in Inghilterra. La signora Thatcher non si lasciò intimorire dalla minaccia del sindacato di uno sciopero ad oltranza e varò la legge, approvata anche dai Laburisti - che prevedeva il completo riordino delle pensioni, ovvero la possibilità di fare gestire ai Fondi oppure alle aziende. Nel primo caso uno poteva - e può - scegliere come e quando andare in pensione, tanto riceverà in proporzione del versato. Nel secondo caso l’innalzamento dell’età pensionabile, ovvero l’uscita più tardi dal mondo del lavoro, produrrà pensioni più ricche. Anche Regan aveva fatto la stessa cosa negli USA, adottando un braccio di ferro coi Controllori di volo che licenziò in tronco!!

La riforma della Thatcher sollevò lo Stato centrale del peso delle pensioni d’anzianità di servizio, liberando capitali ingenti Capitali risparmiati e investiti nella più grande crescita del PIL in Europa in quei tempi. Di quella crescita si giovarono le imprese e di riflesso i lavoratori, che ebbero aumenti salariali e premi di produzione. Sono passati 20 anni e da noi ancora si dibatte su quello che gli inglesi fecero in 48 ore!!

L’altra causa, quella morale, è riferita allo scempio dell’euro!! Sono da sempre stato un euroscettico, perché da sempre convinto che la squallida Europa di Maahstricht non poteva favorire il popolo ma solo i poteri forti!! L’unione europea nasce per volontà delle banche centrali e della grande finanza! Nel mio ultimo intervento a Cernobbio - poi non sono stato più invitato - era il 2003, denunciai apertamente queste cose e dissi che sarebbe stato un atto di coraggio uscire dall’euro e bisognava farlo subito, onde evitare un’implosione del sistema! Un atto coraggioso che fu bocciato dalle banche e dalla grande finanza! Nella mia replica, a braccio e con enfasi, dissi che andavano tutelati i bisogni della povera gente e non quelli dei "salotti buoni". La povera gente aveva - e oggi vieppiù - problemi di sopravvivenza mentre i "salotti buoni" quelli del metraggio della barca! Mi feci molti nemici e non fui più invitato! Chissenefrega!

L’euro è stato un disastro perché siamo entrati in una società con persone che avevano capitali e noi solo debiti! Per raggiungere i parametri furono varate finanziarie "lacrime e sangue", l’ultima - quella di Amato di 90.000 miliardi!

Vedete, se io mi devo mettere in società con tizio e ognuno deve versare 5 milioni di capitale, se io non ce li ho, li devo chiedere alle banche, che poi li rivuole indietro. Quindi io devo pagare ogni anno il rimborso del prestito che mi ha permesso di entrare in società con Tizio. Ora. Se a fine anno c’è un utile di 100.000 lire, sono 50.000 ciascuno. Ma con una differenza: Tizio, che i capitali li aveva di suo, intasca le 50.000 e se ne sta tranquillo mentre io intasco le 50.000 ma ne devo 60.00 alla banca! Come cazzo faccio? È quello che è successo a noi! Siamo entrati in Europa prendendo soldi ai cittadini con tasse, balzelli, gabelle e addirittura prestiti (CCT, BOT, CTZ), ma lo Stato deve rimborsare i prestiti e deve dare un minimo di servizi, per cui resta deficitario!

Altro problema è stato il valore di cambio, il fantomatico 1.927,36! Studi fatti dalla LUISS, da società che dettano il rating internazionale di un Paese, e da Fondazioni, erano concordi nel dire che un cambio equo era di 1.250/1.300, ma chi ci governava accettò il cambio proposto. Perché? Semplice: quando conti poco, poco ottieni! Poi s’è detto che non ci sono stati controlli e cazzate del genere! Balle: ogni cambio di moneta porta un aumento dei prezzi! Lo sa la Francia, quando passò dal vecchio al nuovo franco e la stessa ex Jugoslavia quando passò dal vecchio al nuovo dinaro! E lo sanno i nostri politicanti! Ricordate quando il Governo Craxi cominciò a parlare di "lira pesante"? Ovvero togliere tre "zeri"! Le mille lire diventavano 1 lira, le 5.000 diventavano 5 lire e così fino alle 100.000 che diventavano 100 lire. Era prevista la reintroduzione dei centesimi. Ma tutto questo restò nel cassetto e sapete perché? Perché da studi fatti si calcolò che poteva esserci un aumento del costo della vita del 30 o 40 percento! E Bettino, che stupido non era, lasciò perdere.

Che poi l’euro avrebbe generato aumenti gli addetti ai lavori lo sapevano. Lo sapevano nel momento in cui furono definiti i "tagli" della carta moneta! I Paesi economicamente forti hanno tagli piccoli! Prendiamo gli USA: il taglio più piccolo è di 1 dollaro! Eurolandia risponde con 5 euro! I tagli grandi sono un segnale pericoloso perché vuol dire che l’economia si avvita su se stessa e non produce nulla. L’esempio classico è la Repubblica di Waimar: si stampava cartamoneta di un miliardo di marchi!! Poi, aggravatasi la crisi, stampavano carta moneta solo da un lato, per guadagnare tempo! Non siamo certo a Waimar, ma la scelta dei tagli dell’euro la dice lunga!

La crisi della moneta non è solo un problema italiano ma è un problema generale. I tedeschi - se potessero - tornerebbero al marco e così i francesi rivogliono il franco. In Danimarca col referendum hanno detto no all’euro e no hanno detto Svezia e Norvegia! Poi ci sono i soliti inglesi che fregandosene dell’Europa, non hanno aderito all’euro ma si sono tenuti la sterlina! E sono certo che se si proponesse anche da noi un referendum sull’euro, vincerebbe la vecchia amata lira! Paradossalmente le nazioni cosiddette "ricche" prima dell’avvento dell’euro, ovvero Germani, Francia e Italia, sono quelle che più hanno pagato il cambiamento. Nazioni di seconda fascia, come la Spagna o il Portogallo o la Grecia, sono quelle che più se ne sono avvantaggiate! Vi siete chiesto il perché? Perché la crescita bassa ha favorito i Paesi più poveri! Facciamo un esempi se prima dell’euro noi crescevamo di 3 punti percentuali e la Spagna di 1 punto, eravamo noi nettamente più ricchi! Ma se con "Eurolandia" di media si cresce 2, noi impoveriamo di un punto e la Spagna arricchisce di un punto! Ovvero cresce la povertà!

E le cose andranno peggio con l’ingresso dei Paesi dell’Est che si gioveranno di una crescita sempre più bassa ridimensionando i Paesi di seconda fascia a vantaggio di quelli di terza fascia! Spero che abbiate compreso il problema anche se spiegato in modo da fare aborrire i santoni dell’economia, ma sono quelle 3 famiglie su sei che patiscono il fine mese che devono comprendere! Le altre tre di problemi non ne hanno! E sono sempre più convinto che entro il 2050 si tornerà alle monete nazionali per l’implosione di "Eurolandia"!

Anche il recente aumento del tasso di sconto rema in una direzione pericolosa, così come - per quanto ci riguarda - la mancata riduzione delle tasse (oltre alle già citate pensioni). Se non si liberano capitali freschi da reinvestire nelle aziende, non andremo da nessuna parte!

Altro grave problema è costituito dal "sistema banche". Da noi le banche controllano giornali e aziende e sono - di fatto - esse i padroni! Ed è cosa sbagliata! Le banche dovrebbero esercitare un ruolo esclusivamente creditizio e non partecipare alla gestione aziendale! Così come gli imprenditori (o prenditori?), dovrebbero assumersi la "responsabilità di rischio" e non intascare gli utili e spalmare le perdite sulla collettività! Troppo comodo! E se ci sarà una diminuzione della pressione fiscale, questo dovrà accadere perché i capitali che si libereranno dovranno servire a rendere le aziende più ricche, il che vuol dire stipendi più alti e benessere per tutti! E poi ci sono i giornali! La figura dell’editore puro è sparita. Di fatto i giornali sono delle Aziende, ovvero delle banche! Basta vedere la guerra che s’è scatenata, un paio di anni fa, intorno a RCS: ha fatto "morti" a non finire (chiedere a Ricucci e soci). Eppure le mosse di Ricucci - avventate quanto si vuole - dovevano pure avere un fondo di logicità!!! Cazz parto dal presupposto che Ricucci non è matto e che sapeva benissimo che il patto di sindacato che controlla RCS non era scalabile. E allora? Ripet Ricucci non è un fesso (anche se di fatto lo è diventato) e se ha scalato RCS è perché "qualcuno" lo ha invitato (o obbligato?) a farlo. Se lo ha invitato a farlo deve avergli fornito anche delle garanzie. Se - al contrario - è stato "obbligato" , di garanzie non ne aveva ma ha dovuto cedere scegliendo il male minore. E dopo tutto quel patatrac siamo alle nozze Unicredit - Capitalia, che porta Geronzi ai vertici di Piazzetta Cuccia! Ma d’altra parte intorno al "corrierone" si sono combattute sempre battaglie cruente. Da De Benedetti agli Agnelli, da Cefis alla public company, da Romiti a Galaeri e oggi a Geronzi, chi controlla Piazzetta Cuccia controlla il capitalismo italiano. Ovvero le banche! Mi viene in mente quello che dicono gli inglesi: chi controlla il Tamigi controlla Londra, chi controlla Londra controlla l’Inghilterra e chi controlla l’Inghilterra controlla il mondo! E non a caso, quando c’è nebbia a Londra si dice che "l’Europa è isolata".

Dubito che questo Governo possa attuare quella riforma pensionistica che urge (troppo sotto scopa dalla CGIL, Cobas e compagnia cantante), dubito anche che possa farlo il prossimo governo di centrodestra (la triplice porterebbe a Roma qualche milione di pensionati in gita a Piazza San Giovanni). E allora? Duole dirlo, ma credo che la forbice tra i nuovi poveri e i nuovi ricchi tenderà a crescere generando una voragine nel buco già ampio formatosi alla voce "prestiti personali". Ovvero, ci saranno sempre più "soldi di plastica" per arrivare a fine mese. Carte di credito "cariche" di 1.500 euro fino ad un massimo di 5.000 euro, ricaricabili, che aiuteranno - nell’immediato - le famiglie. Ma che alla lunga, se non tenute sotto controllo, segneranno la fine della stabilità familiare. Cioè, quando la famiglia non sarà più in grado di rimborsare mensilmente il dovuto, ecco che la banca si rifarà sul quinto dello stipendio, di fatto "uccidendo" la famiglia malcapitata. Basta dare una occhiata ai numeri: sono sempre di più i dipendenti soggetti al pignoramento dello stipendio. Che volete: le banche sono forti con i deboli e deboli coi forti! Permettono a Cirio e Parmalat (due nomi a caso) di cuccarsi migliaia di miliardi che poi vanno a recuperare con la povera gente o coi conti "in sonno". Vale quello che diceva Keynes: "è meglio togliere ai poveri, si prende poco ma sono tanti! E non si possono permettere avvocati che li salvano!". Crudo cinismo, ma orrenda verità!

E qui stanno anche le colpe della Magistratura, che corre appresso alle vallette, ai calciatori, a Berlusconi, con inchieste che non portano a nulla e che il più delle volte si risolvono con un salasso per le pubbliche finanze (ricordate il caso Merola? Proprio lui, il "merolone"! Orbene, sembrava che dovesse finire in galera e che dovessero buttare la chiave e….un cazzo! È stato assolto, e lo Stato gli ha dovuto versare 300 milioni di lire e tante scuse come rimborso per danno all’immagine! Soldi nostri!!!). E di casi come questo ne è piena ogni cancelleria di Tribunale. Vogliamo scommettere su Moggi? Tornando a bomba, parlavo delle colpe della Magistratura e mi chiedo come può un Giudice deliberare che ad un dipendente che paga 500 euro di affitto, monoreddito, con due figli, che percepisce 1.200 euro di stipendio, vengano prelevati 240 euro (un quinto) per risarcire la banca di 1.500 euro? Se non poteva arrivare prima alla fine del mese, come può dopo con soli 960 euro? Di fatto si "uccide" una famiglia. La crisi porterà alla fine del matrimonio, figli allo sbando, a volte ci scappa il suicidio, e si va ad infoltire la fila dei poveri in cerca di cibo alla Caritas. Possibile che non esiste un Giudice che dica: cara banca, tu hai concesso la carta di credito a questo signore sapendo che aveva un reddito basso e ora la mia morale ed il rispetto per la vita umana, mi impongono di non accettare la sua richiesta di prelievo coatto dallo stipendio. Questi 1.500 euro mettili in "conto sofferenza" insieme a quelli di Cirio e Parmalat (e mille altri) e stai più attenta a come elargire il credito.

Se un Giudice avesse questo coraggio si salverebbero molte famiglie e si ritroverebbe quella carità cristiana che tutti stiamo perdendo. Lo urlo forte: ce n’è uno? Col cazzo! E mica si fa carriera andando contro le banche!!!

Vi siete accorti come è cambiata la pubblicità sia televisiva, sia sulla carta stampata? La gran parte degli spot riguardano il credito al consumo (compri oggi e cominci a pagare fra 8/10 e anche 12 mesi!), molti altri riguardano i prestiti personali (sono nate società, collegate a banche che impongono interessi da usuraio! Di fatto, le banche essendo vincolate da leggi specifiche, creano società parallele prestando soldi a interessi criminali. E quello che è bello - o brutto - è che nessun giudice va ad indagare su queste società collegate, e si che di materiale ce ne sarebbe! Siamo di fronte al classico conflitto di interesse: ma tutto tace). Altri spot riguardano le cosiddette banche on line, mangiasoldi senza fondo (pure queste collegate alle banche tradizionali), ma il fatto è che quando non si arriva più alla fine del mese, ci si aggrappa a tutto! E tutti questi investitori pubblicitari solo lesti a finanziare la famiglia in difficoltà; basta ci sia un contratto di lavoro a tempo indeterminato e loro sono a posto. E se il beneficiario del prestito va in pensione e non ha ancora estinto il debito, tanto meglio! La legge prevede che un quinto del TFR vada alla banca o chi per essa. E se ancora non ci siamo c’è sempre un quinto da cuccare dalla pensione! Che schifo!

Lo dico con tutta franchezza: spero che il prossimo Governo riveda le leggi sul prestito al consumo, sui prestiti personali e sulle banche on line e società finanziarie. Inoltre provveda alla separazione delle carriere dei Magistrati onde evitare lobby tra Giudici, PM e giudicati! Ma vi rendete conto? oggi il Magistrato tizio è Giudice in un processo la cui pubblica accusa è sostenuta dal Magistrato Caio e domani i ruoli si invertono! Voi cosa dite: ci può scappare "l’accomodamento del giudizio?". Io dico di si! E ci sono mille esempi! Allora che il Giudice sia sempre Giudice e il PM sempre PM. Spero anche che finisca la "compra dei parlamentari", ovvero modificare l’articolo di legge che recita: "il Parlamentare è eletto SENZA vincolo di mandato", che deve diventare "il Parlamentare viene eletto CON vincolo di mandato". Ovvero chi è eletto in una coalizione non deve tradire il mandato elettorale e cambiare casacca! Ma noi elettori chi siamo? Solo fessi da prendere per il culo? Se ci fosse stata questa "leggina" non sarebbe nato il primo Governo Berlusconi (Tremonti e Cecchi Gori passarono dal Patto Segni al Polo delle Libertà); non sarebbe nato il Governo Dini che, Ministro col Polo, si trasferì armi e bagagli dall’altra parte insieme alla Lega che aveva invece stipulato un patto elettorale con FI; non sarebbe nato il Governo D’alema, che si giovò di Mastella e soci che abbandonarono il Polo e fondarono l’UDR (poi UDEUR), per soccorrere "baffino"; e ultimo in ordine di tempo, sarebbe andato a casa Prodi salvato - invece - da Follini e la sua "Italia di mezzo". Ma come diceva Flajano "noi corriamo in soccorso dei vincitori"! D’altra parte cosa aspettarsi da chi, in due guerre mondiali, parte con un alleato e arriva col nemico?

E qui sono con Battiato che canta "Povera Patria"!

Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame, che non sa cos’è il pudore,
si credono potenti e gli va bene quello che fanno;
e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!
Questo paese è devastato dal dolore...
ma non vi danno un po’ di dispiacere
quei corpi in terra senza più calore?
Non cambierà, non cambierà
no cambierà, forse cambierà.
Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali?
Nel fango affonda lo stivale dei maiali.
Me ne vergogno un poco, e mi fa male
vedere un uomo come un animale.
Non cambierà, non cambierà
si che cambierà, vedrai che cambierà.
Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali
che possa contemplare il cielo e i fiori,
che non si parli più di dittature
se avremo ancora un po’ da vivere...
La primavera intanto tarda ad arrivare