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Raccolta di articoli di Glauco Ballantini
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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- Cinema

C’è ancora domani?

Dispiace ma il film della Cortellesi non mi è piaciuto. Certo si fa vedere ma non è né indimenticabile né eccellente.

Riprende certi stilemi del neorealismo me le edulcora decisamente. Il film è un piccolo fiume che scorre senza sbalzi, rapide o cascate, è placido, uniforme con personaggi dai quali ti aspetti proprio quello che fanno. Niente colpi di scena o scene drammatiche; due sorrisetti a mezza bocca per le parti commediali.

Poi finisce tutto lì.

Citazioni tante ma di un cinema che ha avuto altri livelli di regia ed interpretazione. La Cortellesi tenta il tris servito.

Regista, protagonista e sceneggiatrice drammatica da azzeccare al primo tentativo.

Buono il finale per la sorpresa, ma è quasi un divertissement, un piccolo colpo di scena che secondo me non salva il film.

C'è più nei primi minuti e negli ultimi di “una giornata particolare” che in tutto il film della Cortellesi. Che poi tutta questa enfasi per un voto, che vediamo oggi quanto conti, è fuori tempo massimo.

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- Storia

Un secolo fa’: La diga del Gleno, il disastro annunciato.

Condannata alla catastrofe per difetti di costruzione dovuti ai materiali di poca qualità che vennero impiegati e dalla fretta di recuperare i ritardi che si erano accumulati, la diga del Gleno fu il primo disastro legato alla costruzione di dighe in Italia.

Doveva essere una diga a gravità e diventò una diga ad archi multipli nata su una diga a gravità.

Nel 1921 l'Ing. Lombardo del Genio Civile incaricato di un controllo, eseguì un sopralluogo al cantiere constatando  con sorpresa che la tipologia costruttiva della diga a progetto, cioè a gravità (lo sbarramento che si oppone alla spinta del lago grazie al suo peso), era stato cambiata in corso d'opera in una diga ad archi multipli (struttura in grado di trasferire alle rocce di fondazione le spinte del lago).

Le dighe ad archi multipli presupponevano un ottimo terreno d'appoggio poiché le volte che hanno la funzione di trasmettere gli elevati carichi alle fondazioni devono essere incastonate in roccia compatta ed integra. Undici arcate furono appoggiate direttamente sulla base a gravità inizialmente costruita, fatta con materiali scadenti e senza troppa cura. Si creò una pericolosissima discontinuità strutturale ed i materiali erano così scarsi che fino dalla costruzione della base della diga perduravano infiltrazioni di acqua che i costruttori non riuscivano a tamponare; il calcestruzzo che aveva sostituito la roccia alla base era in realtà scadente, l'armatura non era fatta bene ed al posto dei tondini in ferro era stato messo materiale di recupero.

Una serie di cialtronerie legate alla necessità di risparmiare tempo e denaro.

Il primo dicembre del 1923 a seguito di forti piogge l'invaso si riempì di acqua che non fu possibile alleggerire cosicché l'acqua che stramazzò dagli sfioratori della diga completò l'opera di demolizione delle fondamenta, già compromesse dalle infiltrazioni, facendo perdere resistenza al tampone e gli archi centrali, sopra di esso, si aprirono e cedettero aprendo la diga che sommerse paesi persone e animali.

359 morti ufficiali.

Seguirono i disastri della diga di Molare, poi il Vajont e la val di Stava.

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- Musica

La Ballata della moda - L. Tenco

Una canzone attuale sulla influenza della pubblicità ma non solo.

Il cameriere Antonio, servendo un tavolo di grandi industriali sente parlare del lancio di una nuova bevanda: L'acqua blu.

Dapprima contrario all'acqua blu per principio vi si oppone non volendola bere, poi la accetta in mancanza di altro ed alla fine ne diventa dipendente perchè gli piace.

E' il fine delle mode, ma anche di quello che Gramsci definiva egemonia culturale; non so se Tenco avesse queste conoscenze ma indubbiamente il risultato è lo stesso. Il bombardamento continuo della pubblicità, come peggio oggi, l'immersione in una realtà distopica e totalizzante non lascia vie di uscita. Solo una opposizione che divenga ideologica ed a priori, prospettando un mondo contrario al dato fattuale e virtuale di oggi, può far resistere ad una invasione così massiva.

Così, alla fine della canzone, l'amico Pasquale, sostituto di Antonio che si è intossicato di acqua blu, prendendone il posto per servire al tavolo degli industriali, come Antonio in precedenza, sorride di quello che sente dire che vogliono imporre: “un pantalone a strisce gialle e nere”.

Sarà destinato ad indossarlo volentieri e contento.

Anche se gli starà malissimo.

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- Vari

The Big Fella

Quando Lebron James ha superato Kareem Abdul Jabbar nei punti realizzati in NBA mi è tornata in mente una massima citata negli anni '80 – 90 da Dan Peterson.

Ci sono verità, mezze verità bugie e statistiche”.

Le statistiche in fondo hanno il compito di raccontare il passato con dati numerici ma non lo interpretano. Non lo fanno dal punto di vista estetico o emozionale. Che siano occupati operai, ingegneri o sportivi è lo stesso, la percentuale di occupazione di un paese è quella data dalla somma di tutti.

Ma è dal punto di vista estetico e emozionale che le cose tornano ancora meno.

Il gancio cielo di Kareem era la sublimazione del balletto col in mano il pallone a spicchi, estetica e pratica, poesia e concretezza. Quando partiva il gesto era spettacolo, sublimazione. Se poi centrava il canestro allora era la prova del finalismo evoluzionistico. Tutta l'evoluzione cestistica dell'arte del pivot si concentrava in un gesto che dipendeva solo da se stesso, non c'era modo di fermare il gancio cielo ed innamorati dalle divise giallo viola nella televisione a bassa definizione ci deliziavamo della bellezza.

 

Era la “verità”.

Poi venne la “statistica” e Lebron lo ha superato.

Ma lasciateci ricordare la assolutezza di Jabbar.

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- Cinema

I Moschettieri di Scola

Ieri sera alla tv avevo deciso di vedere la semifinale dei Mondiali quatarioti. Distrattamente il primo tempo, preparandomi cena, poi il secondo me lo volevo gustare sul divano. Però...

Al terzo gol dell'Argentina, non sopportando più il telecronista e la partita ormai segnata, ho girato su RAI Movie dove era iniziato “Una giornata Particolare” di Scola.

Ovviamente mi era capitato di vederlo molte volte ma stavolta ho notato un particolare.

Chissà se il regista aveva una passione per Dumas ma il libro "I Tre Moschettieri" che Mastroianni propone alla Loren è lo stesso che Gassmann aveva proposto, in “C'eravamo tanto amati” alla Ralli.

Due film legati, oltre che da magnifiche interpretazioni di un cinema epico, da un libro che ricorre a distanza di tre anni nei due film del regista.

 

Ralli: “Tosto quel libro che mi hai dato...”

Gassmann: “Dumas tosto,... i Tre Moschettieri tosto! Va beh...”

 

Un libro per due iniziazioni.

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- Cinema

In mezzo al Sorpasso

C'è un film che spesso, se mi capita, vedo volentieri, “Il Sorpasso”.

Sarà perchè è un film del mio anno di nascita, sarà perchè è girato nel finale, dalle mie parti, ma dentro a questo film ce ne è uno, nascosto.

Nulla di segreto, ma è evidente che ad un certo punto, anche evidente, nel viaggio di Bruno e Roberto c'è una deviazione.

Brevemente il film tratta di un incontro casuale, nella mattina di ferragosto, tra due persone che per casi diversi si trovano in città. Ne nasce un viaggio lungo l'Aurelia che si concluderà tragicamente con un incidente nel quale Roberto perderà la vita.

Nel mezzo del cammino i due fanno una deviazione verso il paese dei parenti del giovane Roberto. Lì comincia il film a parte...

 

L'arrivo alla fattoria è l'inizio per Roberto della rilettura della sua infanzia con gli occhi disincantati di Bruno che gliela riduce in brandelli.

Il carattere esuberante di Bruno fa via via sembrare lui il parente e l'altro l'ospite. Prende subito il sopravvento nelle conversazioni e negli atteggiamenti. La cugina amata segretamente nell'infanzia da Roberto viene sedotta da Bruno che la trucca e le fa sciogliere i capelli ed altro si tace...

Il figlio dello zio si scopre essere in realtà il figlio del fattore del quale ha le movenze, la struttura fisica, gli atteggiamenti e persino un tic nervoso evidente; una tresca con la zia che forse lo stesso zio sapeva e tacitamente sopportava.

Il factotum della fattoria si scopre essere omosessuale in maniera evidente ma che Roberto non sapeva, non vedeva.

 

Occhiofino, quante volte mi ha tenuto in braccio”

Certo, è una checca di campagna. Non ne avevo mai visto una...”

Ma che dici!”

Secondo te perchè lo chiamano Occhiofino?”

Un soprannome come un altro!”

Occhiofino – Finocchio. Semplice”

 

E via andare in una rilettura parallela della sua infanzia tramortita e virata in una grande illusione che non aveva realtà che nei suoi occhi.

 

In poco più di dieci minuti, Risi realizza un mini film che si conclude con la discesa dal colle degli zii verso il mondo reale e la cugina che mestamente si raccoglie nuovamente i capelli come sipario della conclusione del breve intermezzo di vita prima di tornare alla monotona realtà del quotidiano.

 

Forse era meglio se non ci venivo, io dai tuoi Zii, eh Roberto?”

 

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- Cinema

Sette note in nero

Un film senza scene truculente ma di grande atmosfera di tensione del quale ricordo una sequenza strana, nel film di parla di premonizione della protagonista che va verso il suo destino da lei stessa previsto, nella premonizione ci sono immagini in sequenza che via via lei rivive, una sigaretta gialla, una lucina dei radiotaxi, una rivista, un uomo zoppo, un cadavere, tutte perfettamente sovrapponibili alla realtà che via via disvela tranne uno specchio. Quando vi si si trova di fronte questo non è nella stessa posizione della sua premonizione, è lo stesso della visione ma sano normalmente appeso mentre nella premonizione era inclinato e rotto, ahi ahi!

A quel punto che si deve fare? La premonizione non si interrompe!

Rompe con una badilata lo specchio e questo si frantuma e si inclina finalmente come nella premonizione, ecco fatto!

La profezia si autoavvera.

Il film di Fulci può continuare con le premonizioni giuste fino alla fine quando verrà sepolta viva e poi salvata.

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- Vari

Il mondo ragionevole

Il mondo ragionevole

 

Lo spot della Lavazza ha permesso a molti di conoscere alcuni stralci del discorso all'umanità di Chaplin, nel finale de “Il grande dittatore.”

Il punto centrale che riassume tutto il discorso arriva alla fine quando, dopo aver fatto un elenco di esortazioni agli uomini perchè esaltino il loro essere “umani” introduce il tema del mondo nuovo che non dovrà essere genericamente migliore ma più “decente” ed in finale “ragionevole.”

 

La ragionevolezza dell'agire riassume in fondo tutte le frasi precedenti.

E' ragionevole che gli uomini abbiano un lavoro, i giovani un futuro ed i vecchi la sicurezza.

E' ragionevole che la macchina dell’abbondanza non ci dia povertà,

E' ragionevole che la natura delle invenzioni reclami la condivisione,

E' ragionevole che la scienza ed il progresso diano a tutti gli uomini il benessere.

 

Se per tutto il discorso sembra che si punti sulla volontà degli uomini parlando al cuore, nel finale cambia il registro e sembra che parli al cervello; la ragionevolezza serve perchè alla lunga non è possibile proseguire all'infinito con lo sfruttamento di uomini e natura, la ragionevolezza diviene sostenibilità.

In questo senso il Chaplin progressivo.

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- Psicologia

Un gioco esplicativo

Spesso, su Facebook si trova questa paginetta, presentandola come una curiosità, in parte inspiegabile... la realtà è che questa paginetta spiega molte cose, ha a che fare col formarsi delle opinioni, col prendere una decisione tra tante, col ragionare ed il suo meccanismo.

La realtà è una costruzione del nostro cervello implementata dal nostro vissuto e dal nostro pregiudizio. Abbiamo schemi mentali che “malgrè nous” facciamo scattare. Quando manca ossigeno apriamo involontariamente la bocca e poco importa se razionalmente siamo sott'acqua.

Il cervello ragiona per blocchi omogenei (Gestalt), non esamina i singoli elementi separatamente (Elementarismo) e le assembla; anticipa velocemente quello che pensa di aspettarsi senza mettere a fuoco la situazione.

E' il blocco nel complesso che lo indirizza.

Chi sa il meccanismo, poi, ti può portare in giro come un cagnolino...

 

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- Cinema

La Bellissima Estate

C'è stato un periodo nel quale erano girati film nei quali i bambini finivano male in uno di questi, girato a Livorno e Castiglioncello, Lino Toffolo interpretava “il barone Rosso” un personaggio di strada che si vantava di essere stato aviatore.
Cantava: "E gira gira l'elica, romba il motor, questa è la bella vita la vita bella dell'aviator..." girava su una vecchia bicicletta con in testa un caschetto da pilota di aereo.
Si scoprirà che era solo un millantatore quando salirà su un aereo vero e confesserà al tragico protagonista di non aver mai volato...
Era un sabato pomeriggio del 1974, al cinema "Sorgenti" con mio fratello e mio nonno.

 

 

 

Centodieci in ricordo di Lino Toffolo

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- Cinema

Il cinema di Scola

Crudo come in "Brutti sporchi e cattivi", quando ancora c'erano le baracche anche a Livorno, senza andare tanto lontano, metaforico come ne "La serata più bella della mia vita", divertente in "Hostaria!" ed amarissimo in “Come una regina” ne "I nuovi mostri".
Perfetto come "Una giornata particolare", rivisto pochi giorni fa, verboso ne " La terrazza", storico ne "La famiglia"... e per ogni film un posto da ricordare, un cinema perso lasciato ad un bowling o ad un grande magazzino.

E poi vedere con tuo figlio il passaggio tra il bianco e nero e il colore, bello e nostalgico, in "C'eravamo tanto amati" scoprendo che la magia è rimasta intatta.

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- Teatro

Un Dalla ’Progressivo’ a teatro

Avrebbe potuto essere il titolo dello spettacolo di Venerdì 28, un sottotitolo adatto a descrivere il recital che si è svolto al Goldoni di Livorno “Da Balla a Dalla”, storia di una imitazione vissuta di e con Dario Ballantini.

Per lo spettacolo comincio dalla canzone finale che davvero ha riassunto la storia di Dalla, un’introduzione di “4 marzo ’43” e a seguire “Caruso.”

La canzone della morte, Caruso, com’era della nascita “4 marzo ’43”. Tra le due la storia di un fan che riesce a diventare amico del suo idolo giovanile.

 

Nel 1947 Cesare Luporini scriveva un saggio intitolato “Leopardi Progressivo” cercando di cogliere l’evoluzione del pensiero leopardiano negli anni successivi alla sua morte avvenuta all’età di 39 anni.

E di un Dalla progressivo fa parte l’interpretazione nella quale Dario canta come se Dalla stesso l’avesse cantata al pubblico identificandosi in Caruso, nella parte finale della sua vita.

E’ il commiato che Dalla non ha potuto fare, è il finale della Tosca che, com’è ricordato nello spettacolo, Lucio Dalla musica nel 2003. Cavaradossi lascia l’ultimo messaggio in “E lucevan le stelle…” e Dalla lo lancia a noi nella versione di “Caruso” nel finale dello spettacolo, sofferente e minimalista avvolto in un gilet di pelliccia e gli occhiali con le lenti scure.

 

Sono partito dal finale perché, come un riassunto, è il coronamento di uno spettacolo che evolve da due persone lontane in tutti i sensi, anagrafico e di notorietà, che si avvicinano nel tempo, come due vite che partono distanti anni luce e riducono la loro distanza, incontrandosi e scambiando ruoli che sembravano decisi.

 

Un racconto di spiegazioni della poetica dalliana e di canzoni, un po’ alla Dario Fo di Mistero Buffo che spiega l’evoluzione del personaggio e poi passa alla realizzazione concreta nell’imitazione che illumina la spiegazione, la integra, fino all’ultimo messaggio.

Ma è anche uno spettacolo di leggerezza, attraverso gli aneddoti di quest’avvicinamento; dall’affissione di Dario dei suoi manifesti a Bologna, senza avere lo spettacolo nella zona, fino al messaggio di buon anno, mandato a uno che ha scritto “l’anno che verrà”.

 

Per la parte musicale della rievocazione, che a me è sembrata grandiosamente coinvolgente, vorrei citare l’apprezzamento che hanno fatto due persone esperte di musica che la prima cosa che mi hanno detto è stata “I musicisti sono grandissimi…”

 

Due ore che mettono la curiosità, al termine dello spettacolo, di andarsi a risentire anche le canzoni che non sono state eseguite nel solco di un Dalla pensiero da riscoprire.