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Raccolta di articoli di Maria Pina Ciancio
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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- Musica

Sguardi e ascolti dal mondo di Mariano Lizzadro

A che cosa faccia appello la musica in noi è difficile sapere; è certo però che tocca una zona così profonda che la follia stessa non riesce a penetrarvi. (E.M Cioran)

 

Queste piccole note di Mariano Lizzadro sulla musica, mi hanno sempre richiamato alla mente la strada. La strada come luogo di passaggio e di incontro.

E lungo questa strada ho immaginato il viaggio dell’uomo che non sta fermo, ma si muove, cammina, conosce, si contamina e si porta a casa cose nuove e inesplorate.

Il viaggio di Mariano Lizzadro nel mondo della musica è tutto questo. Passione, voglia di conoscere e di conoscersi, ma soprattutto necessità di condividere. Ecco perché nel 2007 è nata questa rubrica, che ospita ad oggi circa 40 note o attraversamenti musicali, di cui l’autore e collaboratore di LucaniArt ci fa dono.

E lo fa ascoltando senza pregiudizi musica più locale (come i lucani  Pietro Basentini, Valerio Zito e Marco Ielpo), musica regionale (penso alla napoletana Maria Pia De Vito) e internazionale, che varca i confini dell’Italia per raggiungere le sonorità europee, americane, brasiliane.  Senza mai dare nulla per scontato, senza allinearsi alle mode e ai tempi; spesso scavando ai margini, spesso inerpicandosi in luoghi inesplorati del panorama musicale, portando alla luce cantanti e musicisti bravi e di talento, talvolta ancora semisconosciuti al grande pubblico, ma che meritano ascolto e attenzione.

Per scelta dell’autore, l’antologia si divide in due parti, la prima raccoglie gli articoli con riferimento agli ascolti italiani, la seconda con riferimento agli ascolti del mondo.

Concludo augurando una buona lettura a musicisti, appassionati di musica, lettori curiosi, perché questo libro è per tutti, un viaggio coinvolgente e appassionato alla scoperta di parole, suoni, ritmi musicali “altri e diversi”. Senza mode, senza pose, senza pregiudizi.

 

Mariano Lizzadro è nato a Potenza. Ha esordito nel 1999 con la sua prima raccolta poetica: “Frammenti di viaggio” Ed. Appia 2 Venosa. Nel 2003 ha vinto il premio letterario “Parola di donna” con la raccolta “Parole contro” Ed. Quaderni di Scriptavolant. Successivamente ha pubblicato “Parlano parole” Ed. Besa. Grande appassionato di musica ha scritto numerosi articoli per LucaniArt, di cui è collaboratore.

 

Per visionare il libro seguire questo link

 

Maria Pina Ciancio

 

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- Letteratura

Riflessioni sull’esistere di Francesco Federico

Avevo già  avuto modo di leggere e apprezzare le poesie  di Francesco Federico e ora, questa raccolta di cento aforismi, che l'autore  definisce "appunti ritrovati", mi dà  conferma di quanto in lui sia radicato il senso della vita e della poesia. Il poeta vive in sospensione lirica ed esistenziale, tra il cielo e la terra, alla ricerca della Terra Promessa, di cui ha felice memoria” (n. 49).

Una raccolta traboccante di folgorazioni improvvise e di verità strutturate, di pensieri, frammenti, commenti, ricordi che esplora una molteplice gamma di modelli aforistici. Al centro però c’è sempre l’uomo come entità singolare e relazionale con l’altro, il mondo e il trascendente.
Le sue “Riflessioni sull’esistere” si dividono in tre parti. Nella prima sezione l’autore affronta la tematica del vuoto e del nulla per rimarcare l’esaltazione  della vita.Nella seconda l’autore invita ad accogliere in sé  tutte le manifestazioni del creato, anche il male e soprattutto a prodigarsi per un’attenzione reciproca. Nella terza sollecita al bene sociale e collettivo con la consapevolezza che "spesso l'io dei politici non si rivolge al noi" (n.27).

I suoi frammenti si fanno eredi del pensiero agostiniano sul bene e il male, sull'opera di Dio e della creazione, ma non mancano, come ho già detto, i riferimenti alla scrittura e alla poesia (ai suoi tanto amati e studiati poeti, come Ungaretti, Quasimodo, Cardarelli, Levi, Scotellaro). E infatti proprio la poesia, la creatività,  l’immaginazione, la memoria stessa, sono deputati a ruolo alto nella vita dell’uomo, come antidoti al male e alle meschinità, alle alienazioni e all’ozio, tramiti di salvezza e di verità universali “Esserci con la creatività di cui siamo dotati, contrapponendoci alle nostre alienazioni” (4).

L’argomentazione di queste riflessioni e pensieri rivisitati è sempre e ovunque di denuncia e ricerca di un mondo di bellezza ed armonia, che si completa e trova compimento nella sua poesia e viceversa.


Maria Pina Ciancio



Alcuni frammenti degli "Appunti ritrovati" di Francesco Federico:

 

 

17.

Non diteci di uccidere l’uomo, lo avete già inchiodato sulla croce. Già denudato dei suoi diritti universali.

 

22.

I razzisti del XXI secolo, parlano della povertà e non conoscono i poveri.

 

28.

La dignità di un uomo o di un popolo valgono di più della sua omertà.

 

40.

Scrivo in autobus o sul treno, soprattutto la notte, poi si placa la voglia di raccontare ciò che percepisco dal battito cardiaco del mondo.

 

43.

Tutti amano la poesia, ma pochissimi vivono da poeta.

 

Francesco Federico, Riflessioni sull'esistere, a cura dell'Associazione Cuturale LucaniArt, gennaio 2015

 

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- Letteratura

Maremarmo di Fernanda Ferraresso

La scrittura di Fernanda Ferraresso è magmatica e amniotica, di forte empatia con le sue alternanze di prima e di terza persona.

Con la sua ultima opera edita da LietoColle, Maremarmo, interpreta i vari aspetti di una crisi sociale ed economica che riguarda non solo il Sud del mondo, ma l’intera umanità.

L’universo poetico dei suoi versi è questa volta in prevalenza sociale. Sono i profughi e i fuggiaschi dalla miseria e dalla guerra, i protagonisti del suo libro e le donne.

Il coinvolgimento è totale, mente e cuore. L’autrice espone tutto il suo malessere nella denuncia delle miserie umane e delle ingiustizie sociali, con un atteggiamento di solidarietà e di condivisione fraterna e viscerale. E lo fa con un verso libero, un fraseggiare ampio, ricco di immagini insolite, tocchi surreali, parole brucianti, scenari apocalittici. Lo fa muovendo dal mondo esterno al proprio inconscio e viceversa, come in un risucchio, senza dar tregua, senza lasciare posa o concedere respiro.

Il mare è il liquido amniotico che per tanta gente in fuga potrebbe rappresentare una salvezza, ma né il mare, né l’approdo (nuova nascita) il più delle volte offre altra o nuova speranza di vita, perché è proprio in quel mare di speranza che si consuma la tragedia, come in un inferno dantesco. In quel mare-marmo, che da mare vita, diviene mare di morte, indifferente, duro, impassibile, una lapide di marmo su cui iscrivere migliaia di nomi risucchiati dalle onde.

Il tempo scandito a rintocchi sempre uguali è quello del presente, è la ferita di un coltello, un dolore eterno ed estremo, implacabile ed inesorabile, perché in questo dolore c’è la vita e il destino che non cambia (dei migranti sì, ma di tutti noi). E ci sono le preghiere.

Maremarmo è un libro difficile da raccontare a parole, soprattutto nella seconda parte, “Lungo la spiaggia”, quando una scena di resti si prepara. Quello della donna-balena che naviga nel marmo, “i piedi senza radice/ e le mani dentro la terra/ per cercare il capo del filo/ il lungo fittone del fiore/ dissacrato …”.

Mi sento di dire infine, che questa sua poesia, dai risvolti civili e sociali (ma non solo), è una poesia che nulla toglie alla poesia, ma è tutta poesia.

Testimonianza alla collaborazione, apertura, condivisione.

 

Maria Pina Ciancio

 

 Una poesia tratta da "Maremarmo":

 

 

La carovana viaggia da tempo

brucia materia umana

nessuno ormai ricorda il giorno dell’inizio

ricordare significherebbe perdersi

si viaggia di giorno e di notte si ripete il passo

mentre altri migranti

ingrossano il corpo di quella nera serpe

corpo di genti diverse

uomini con la pelle scura e la testa fasciata da turbanti

pensieri senza confine e donne ammantate da un velo

li veste la fuga

dalla peste della guerra

tutti scappano dal morbo della miseria

e viaggiando abbandonano

qualcosa di se stessi nessuno sa dirsi sicuro

arrivare ad una meta è il luogo che sognano è un’oasi la vita

il deserto il loro dentro e intorno senza parola di gigli

un silenzio agghiacciante rotto dalla voce di animali

selvatici gli uomini in armi danno loro ordini

li ingabbiano come bestie

l’orrore è il carnefice pronto ad ucciderli

così la notte nel passo

svelto di ognuno mette un segno nel cammino

corri è il suono di quel verbo e nessuno osa

rallentare il suo piede

strettamente vive assieme al braccio nel presente di ogni gesto

il luogo che abitano

solo le stelle fisse quasi dormienti basse

sopra le loro teste sono lanterne

certe sulle incerte orme alla meta li conducono.

(p. 11)

 

Fernanda Ferraresso, Maremarmo, LietoColle 2014

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- Letteratura

Dalla terra acida di Francesco Federico

Si compone di dieci poesie questa plaquette poetica di Francesco Federico, scrittore siciliano prolifico e poliedrico, che sceglie per questa raccolta testi con datazione temporale che spaziano dagli anni sessanta ad oggi.

E’ una raccolta interiore, a tratti contemplativa “Docile declina/il giallo della collina/s’interseca con i piloni/ dell’autostrada //rasato dalle falci/ meccaniche/ giace nei granai/ nelle notti di luglio" (a Rocco Scotellaro), ma che esprime il suo nucleo centrale in una continua ricerca colloquiale con l’altro. Lo documentano le dediche (a familiari, amici o personaggi letterari) in ex-ergo ai testi dei componimenti.

Il poeta indaga i rapporti con l’altro, dialoga, si interroga; ma non mancano neppure i rapporti tra l’uomo e la società che gli vive intorno (soprattutto nei testi di vecchia data). Quella di Federico è una poesia intima, a tratti diaristica, che non esclude l’altro, ma fa dell’altro il fulcro e il perno dei suoi colloqui interiori.

Lo stile dei suoi versi è breve e ben calibrato, caratterizzato da metafore musicali e da una struttura magmatica ritmica, seppure il linguaggio approdi a una semplicità compiuta e suggestiva.

Alcune poesie della raccolta presentano anche traduzioni in lingua straniera a cura dei seguenti traduttori: Hebe Spolansky, Giulia Caronia, Giancarlo Cucchiara, Licia Chianello.

 

Maria Pina Ciancio

 

Due poesie tratte da "La terra acida":

 

VI  (a Cristina)

 

Fuggiremo

senza preavviso

ubriacandoci di stelle

l’aria umida slaverà le tossine

 

andremo

dov’è possibile il bene

leggeremo poesie di Jimènez e Neruda

mi dirai

di sostare all’albergo della luna

senza pensare alle ferie d’agosto

che bruciano

i giorni che non viviamo

 

*

 

We’ll flee without warning

getting drunk of stars

the humid air will fade toxins

we’ll go fast where good is possible

we’ll read poems

by Jimènez and Neruda

you’ll tell me to stop at the moon hotel

without thinking of august holidays

that burn

the days we don’t live

 

(da Via dell’orologio, 1993 - Traduzione in lingua inglese di Licia Chianello)

 

*

 

VIII (a mio fratello)

 

Tu in altre città

in altro mare di coralli

 

E non dirmi di noi adulti

della smania quando franano i giorni

e ti senti girovago.

Non dirmi che la memoria è labirinto

dove sogni innestano amarezze

e vivere è il costante enigma

dentro il cerchio della diffidenza.

 

In questo triangolo a sud

scirocco a 40° e morte

per un lavoro o per lupara

tra giardini di limoni.

 

In altre città i tuoi sogni

e forse prepari valigie di ricordi

già senti il marranzano dei pastori

come una nenia irritante

e quasi non mi riconosci.

 

Francesco Federico, Dalla terra acida, Associazione Culturale LucaniArt 2013

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- Letteratura

Per filo e per segno di Elina Miticocchio

Un’ esplosione di colori nella poesia di Elina Miticocchio

 

Se dovessi esprimere la prima sensazione che lascia questo libro di Elina Miticocchio (Foggia 1967), direi la leggerezza.

La raccolta si suddivide in sette sezioni che metaforicamente evocano l’esperienza di ricerca dell’autrice, l’universo che vive fuori e dentro di sé “il mare che ho nel cuore”, tra segni e fili da annodare per cucire, ricucire tessere una trama. Fili del prima e del dopo, del presente e del passato.

La sua è una poesia fatta prevalentemente di accostamenti sensoriali e di immagini metaforiche, che si sostanziano in una vera e propria esplosione di colori (il bianco prevalente), e nella capacità di cogliere l’istante nel fiotto di luce intravisto all’orizzonte.

Nei suoi versi la narrazione vive sotto-traccia, la vera forza è tutta negli accostamenti semantici e sensoriali.

Natura, bellezza, cielo, mare, astri, ma anche gli elementi della quotidianità più semplici, trasfigurati dalla fantasia, si intersecano, creando un universo rarefatto, misterioso, trasognato, che stimola il lettore.

C’è molto tra il detto e il non detto. Ascolto, attese, stupore, incanto, intuizioni. Un colloquio intimo e interiore che si dipana tra luce e ombra. Orme e tracce. Tutto in chiaroscuro “scrivo con la matita/ ogni parola passa/ da te a me in fretta”.

Un dettato che riconduce tutto a quel senso della vita e della poesia, che il poeta francese Renè Chare ha così bene ed esattamente espresso “Non possiamo vivere che nel frammezzo, esattamente sulla linea ermetica di condivisione dell’ombra e della luce” (cit. dell’autrice, p.48).

 

Maria Pina Ciancio

 

Due poesie tratte da "Per filo e per segno":

 

 

Due molletteper tenere

i pensieri sul cuore

 

Riavvolgo il gomitolo

la lana presa al mercato

 

scucio il bottone del vestito

sono bambina

 

-l’ago e il filo conservati

 

nella scatola dei biscotti

insieme ad altre tracce

 

dolci stelle

come di pane

 

lievitate sotto la coperta

ancora scottano le mani

 

*

 

una nuvola silente

dipinta sulla parete

 

distilla il suono

goccia la pioggia

 

notturna mi infilo

nel solito sogno

 

-Lola, il prato, una ricreazione -

 

Mi spunta in testa        il mare

lunga una conchiglia

soffiata in cantilena da mia madre

(pp 7-8)

 

Elina Miticocchio “Per filo e per segno” Edizioni Terra d’ulivi 2014

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- Letteratura

Cristallo e pietra di Pierino Gallo

Solo dieci poesie

 

Brevi e intensi questi dieci componimenti che fanno parte della plaquette poetica di Pierino Gallo “Cristallo e pietra”. Una raccolta piccola e preziosa, che si colloca per continuità e onestà in un ricco percorso di vita e di ricerca poetico-letteraria dell’autore calabrese di Trebisacce.
Si tratta di componimenti intimi, ricchi di sentimento e caratterizzati da una naturale musicalità del verso in cui le parole sembrano essere sempre quelle giuste. La breve estensione che li caratterizza è qui una risposta all’urgenza dell’autore di rivelare uno stato d’animo, un’urgenza del dire.
Ma nulla c’è di estemporaneo, tutto nasce in un sostrato di consapevolezza, di già saputo o già temuto. E così nei suoi versi troviamo sentimento e contemplazione, ma anche pensiero e riflessione, che si esprime nella consapevole percezione della caducità della vita “È stata lunga la stagione di quell’anno, /ora che sempre, anche se sempre è niente, / saremo foglie dell’autunno” (p. 10).
C’è amore, passione, ma anche sofferenza, dolore, assenza. Fragilità ed eternità. Cristallo e pietra.

Maria Pina Ciancio

 

 

Due poesie tratte dalla plaquette poetica "Cristallo e pietra":

 

A volte
quando divento folle

mi piace pensare,

 

che posso scrivere

mondi

e case

e giardini

e gatti,

 

che posso prendere

l’acqua dal fiume

e pulirti le braccia.

 

Non c’è noia

quando divento folle,

scrivo

barcollo

riverso

dai calici

insulse bestemmie.

 

 

Nella tua ora

discinta

avviene il patto

col tempo.

 

E sono vecchio

a pensare che esisti.

 

*

 

Mi chiedono frasi
come fossi un barbone

o un garzone

di Londra.

 

Mi domandano

gioie,

amor mio,

mentre stringi

parole di pietra

e cristallo.

 

Anch’io t’amo,

te lo dissero in molti,

 

 

ma non posso

gridarlo,

non posso

mischiare

l’universo

per gioco.

 

Fiducioso,

in silenzio,

lenirò le tue pene.

 

Pierino Gallo, Cristallo e pietra, Associazione Culturale LucaniArt 2012

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- Libri

Le trincee del grembo, Dodici prove d’autore al femminile

(a tutte le madri, 8 maggio 2014)

 

Tre sono i fili conduttori che accomunano le liriche di queste dodici poete contemporanee dedicate alla maternità.
Il legame simbiotico tra madre-figlio, che si manifesta nei suoi chiaroscuri e nelle estese sfaccettature del vissuto e del ricordo.
L’energia dell’amore vero e incondizionato, che mai si ritrae, che non si divide ma si moltiplica.
Il senso del mistero che non lo rende mai scontato, ma sempre in movimento, in evoluzione, con alti e bassi, incomprensioni e ricadute, speranze e paure, i mille abbracci non dati – a volte – e le parole non dette.
Buona lettura.

Teresa Anna Biccai
Maria Pina Ciancio

 

La plaquette d'arte "Le trincee del grembo" è stata realizzata in formato artigianale e in tiratura limitata in occasione della festa della mamma duemilaquattordici a cura dall'Associazione Culturale LucaniArt. Ospita al suo interno poesie delle poete contemporanee Eleonora Bellini, Maria Pina Ciancio, Fernanada Ferraresso, Monia Gaita, Gabriella Gianfelici, Antonietta Gnerre, Gina Labriola, Maria Luigia Longo, Marina Minet, Elina Miticocchio, Met Sambiase, Rosa Salvia.

Di seguito, una delle poesie contenute nel  libretto, della scrittrice lucana Gina Labriola (Bari 1931- Marsiglia 2011).

 

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L'UOVO di Gina Labriola

 

Mia madre
era una grossa tartaruga millenaria.

 

Sul suo guscio
diviso a quadrati
erano scritte storie d'amore
in caratteri cufici,
geroglifici, cirillici, latini,
in ebraico in arabo in cinese.
Tante storie forse tutte uguali
d’amanti morti o abbandonati
ma solo un uovo,
un grande uovo bianco,
io,
depositato sull'arena.

 

Ora sull'arena
hanno costruito una città.

 

Chiusa nel mio bianco,
così fragile,
vado rotolando per le vie
tra le gambe dei cani sull'asfalto
tra i tubi di scappamento,
e aspetto di nascere,
al sole che va e che viene,
chiusa nella mia caparbia
interezza solitaria,
io,
creatura di tante
storie d'amore tutte uguali
raccontate in geroglifici
in arabo, in cinese
sul guscio di mia madre.

 

(da "In uno specchio la Fenice", pag 17)

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- Letteratura

Il racconto digitale di Lina Unali

Lina Unali, Il racconto digitale, Editori Riuniti, Roma, 2014, pp. 133
 
Residui di arcaiche intelligenze del mondo che sprizzano fuori in modo inconsueto nel nostro tempo.
Il racconto digitale di Lina Unali è di facile e piacevole lettura anche se affronta argomenti complessi come lo sviluppo della comunicazione, il concetto di sincronicità tanto caro a Jung e il passaggio dal mondo della realtà e della quotidianità a quello dei sogni.
Il racconto digitale procede su diversi tracciati, uno dei quali è legato allo sviluppo del rapporto che la scrittrice ha avuto negli ultimi trent’anni con il mezzo informatico (computer e tablet), il vantaggio che ne ha tratto in termini conoscitivi, riuscendo per suo tramite ad approfondire testi che sarebbe stato difficile procurarsi al di fuori della  consultazione in Rete. A ciò si aggiunga la narrazione autobiografica associata ai viaggi da lei compiuti attraverso vari paesi e territori in giro per il mondo, in conferenze e gite di piacere; e infine, il riflesso di tutto questo ed altro ancora sulla propria mente e sulla propria psiche.
Il nuovo libro porta a una considerazione principale, se non sia un possibile modello di scrittura per l'avvenire. Cosa invita a dire ciò? La risposta è che vi si sviluppa pienamente una caratteristica dei nostri tempi che non può essere trascurata, cioè l’abitare ovunque allo stesso tempo e comunicare questo ovunque tramite la pagina scritta.L’aggettivo che in inglese indica ciò deriva dal sostantivo ubiquity  (ubiquità) ed è ubiquitous che un po’ impropriamente si potrebbe tradurre con due termini cari alla critica letteraria contemporanea, cioè onnipresenza e onnipresente. La mono-territorialità della maggior parte delle narrazioni del passato del passato è sostituita da una ubiquità praticata senza sforzo, senza vanto, ma con grande naturalezza. Tale è anche la caratteristica primaria di questo narrare che si sposta tranquillamente da un luogo a un altro, si colloca in un luogo e in un altro, quasi, si potrebbe dire, stando ferma, non facendo notare il movimento, eppure muovendosi.
Le foto in bianco e nero, frequentissime,  conferiscono al narrare l'aspetto di un film muto di altri tempi. Tramite esse fugacemente rivivono luoghi tanto distanti come la Londra moderna e la Sardegna medievale incardinata intorno  ai suoi poteri principali, la Chiesa e il Giudicato. Ma le immagini di altre terre sono tante, quasi, si direbbe, quanto le parole che le presentano.

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- Letteratura

La poesia di F. Valicenti tra colori e natura

Affetti, natura, sogni, ricordi sono i temi ricorrenti di questa plaquette poetica di Filomena Valicenti, ma ciò che colpisce fin da una prima lettura dei versi è l'uso ripetuto dei colori. Di una vasta gamma di colori e sfumature fluttuanti (di vita e anima) che si muovono come onde del mare tra i versi e le parole, restituendoci in tutta la sua armonica e sfavillante bellezza il creato. Il bianco prevale carico dei suoi connotati di candore e purezza. Ed ecco che proprio la natura, come maestra suprema dei colori si fa presente nei suoi versi, soprattutto l'autunno, stagione del rimpianto, del ricordo e della riflessione, che con i suoi colori variegati, caldi e rilassanti ha ispirato da sempre e in ogni dove tanti poeti.

E dentro questa poesia policroma e visiva si muove tutto l'universo “domestico” della scrittrice, fatto di quotidianità e piccole cose, insetti, fiori, alberi, bambini, paesi, e poi luce che mutando svela lo stupore e il mistero della vita, con le sue presenze e le sue assenze, i suoi sogni e i suoi ricordi, la forza delle certezze e degli affetti che si contrappongono allo spaesamento della modernità, "contro lo smarrimento dei significati e dei sogni".

Un cuore caparbio quello dell’autrice che sa donarci parole poetiche consapevoli, eppure agili e leggere, che si disvelano in tutta la loro fresca, schietta purezza, "candide perle al filo della vita".

 

*

 

La danza di un’ape

 

Ronzano nella mente i pensieri; 

girano su se stessi.

I cerchi si allargano,

si restringono:

la danza di un’ape.

Leggera

si muove

attratta dal colore e dal profumo;

si posa su un cuore giallo

svuotato dal vento.

Riemerge delusa.

Si allontana.

Ritorna

prigioniera di quel colore,

di quel profumo;

spezzate,

sotto il peso del tempo,

le ali.

 

*

 

I colori delle stagioni

 

Pensavo

che il rosso dei papaveri

nel verde ondeggiante

bastasse

a colorare i miei giorni!

 

Pensavo

che il profumo delle ginestre

ai bordi della strada

bastasse

a inondare il mio cuore! 

 

Sono ancora qui

a catturare

le sfumature dell’autunno

per colorare i miei giorni;

il riverbero della neve

per inondare di luce

il mio cuore!

 

*

 

Filomena Valicenti, Con gli occhi del cuore, a cura dell'Associazione Culturale LucaniArt, dicembre 2013

 

 

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- Letteratura

Rapporto sulla Cina di Lina Unali

Il libro di Lina Unali, Rapporto sulla Cina, può essere, più di altri, considerato multifocale o plurimo. Ciò spiega perché ogni recensore tenderà a conquistarsi un punto di osservazione particolare lavorando su un aspetto e tralasciando gli altri.

Qui si sceglie di trattare la prospettiva didascalica che sembra veramente notevole all’interno del libro e con ciò si intende qualcosa che nel linguaggio comune potrebbe essere sintetizzato con la frase: “Non sapete veramente come stanno le cose. Non stanno come credete. I rapporti, ad esempio, tra la Cina e il Tibet non sono quelli che immaginate. I rapporti tra la lingua cinese e la lingua giapponese possono essere descritti nel modo seguente”. In altre parole, Unali cerca di avvicinare il lettore o lo scolaro a eventi ignoti ai più o su cui non c’è stata una reale riflessione. Come fa lo scrittore britannico William Dalrymple a dire che Marco Polo era solo un mercante, se l’imperatore Kublai Khan si serve di lui come ambasciatore per due o tre decenni? Come fa a dire che il palazzo costruito a Venezia fosse il frutto dei suoi commerci in Asia, se si sa che discendeva “da una famiglia patrizia di facoltosi mercanti”? Quanto si dice su Dalrymple si ricava dal successivo lavoro in corso di pubblicazione sulla rivista online Testo e Senso che ho avuto modo di vedere in anteprima.

Tutto quello che si è detto ha come mira l’insegnamento di una realtà diversa da quella immaginata. Lo spirito che anima la studiosa è, da un lato, definibile come appassionato nei confronti della Cina e, dall’altro, polemico verso quel che generalmente si dice su di essa, fortemente polemico, anzi non sembra che delle informazioni comunemente diffuse se ne salvi una. E qui comincia la sfilza di domande: si sa che ci sono templi tibetani all’interno di templi cinesi? Si tiene conto del fatto che alcuni paesi dell’Asia, ivi inclusi la Corea, il Tibet e il Giappone, erano legati alla Cina da un rapporto di vassallaggio? Si sa che nel territorio cinese ci sono templi tibetani aperti e pubblicizzati che non sembrano oggetto di alcuna proibizione (vedi Xinin nella provincia del Gansu o altri nel Yunnan, a ben 1500 km da Llasa)? Si sa della conversione alla religione musulmana di parte della Mongolia e del fatto che l’occupazione del Xinjiang da parte di uygur, gruppi etnici musulmani, non possa dunque essere precedente al 632, data della morte di Maometto, e che le dinastie cinesi occupavano il territorio dai tempi della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.), cioè dai tempi delle guerre tra Roma e Cartagine?

Il volume racchiude anche al suo interno, come perle, un centinaio di pagine dedicate agli scrittori europei e a Ezra Pound in cui quel che si legge è quel che non si conosce o di cui non si tiene conto abbastanza: che Leopardi seguisse da vicino i lavori di Sir William Jones, fondatore della Asiatick Society of Bengal e discutesse sui caratteri cinesi che non gli piacevano per niente; che Jane Austen, sempre rinchiusa dai critici nei suoi orizzonti domestici, seguisse con la mente e con l’affetto i suoi due illustri fratelli ammiragli nelle terre oltremare e che nella sua casa fosse stato allevato il figlio di Lord Hastings, governatore dell’India; che Kafka ridesse della Grande Muraglia, perché secondo i suoi calcoli e la sua conoscenza degli eventi non esisteva realmente, era una strana illusione; che Voltaire vedesse l’imperatore mongolo Kublai Khan come un portatore di distruzione di civiltà, degno esponente dell’ideale rousseauiano del buon selvaggio da lui disprezzato. Pound, poi, aveva studiato cinese non solo ai tempi della formulazione dell’Imagismo, intorno al 1913, ma per tutta la vita, fino alla fine, fino al momento dell’arresto.

Lina Unali mira anche a insegnare una cosa fondamentale: è meglio avvicinarsi a realtà così complesse tramite una conoscenza seppur minima della lingua, assimilata in piccole dosi, ma che è sempre meglio di niente quando ci si accosta a una nazione e a un popolo.

 

Lina Unali, Rapporto sulla Cina, Editori Riuniti University Press, Roma, 2012, pp. 320. ISBN 9788864730967. € 20,00

 

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- Poesia

Luna bianca la mattino di Rosa Rivelli

Memoria e verità di un plurale femminile nella poesia di Rosa Rivelli

 

E’ dedicata alle sue sorelle, donne come lei, più o meno fortunate e dalle piccole gioie desiderate o derubate questa raccolta poetica, con cui Rosa Rivelli inizia il suo cammino poetico condiviso.

La sua poesia germoglia tra i tanti silenzi di vita, tra quei graffi dell’interno che tante donne mogli/madri/bambine si portano dentro, in questa società in cui vive imperante il mito carnefice del “maschio” (del dio Maschio) inventato dai maschi perché “non c’erano donne/ quando un’allucinazione concepì/ senza orgasmo il suo condannato”, colui che con l’imbroglio e la menzogna, con la prepotenza e la forza ha derubato per sempre la loro gioia del cuore “mai più infanzia, mai, muoia nelle sacrestie,/ nessun essere si immagini/inchiodato nudo di abbandono”.  

Resta in ascolto Rosa Rivelli. In ascolto di un mondo che la circonda fatto di storture e sofferenze, mancanze ed assenze, imparando a riconoscere “l’odore della belva/ pronta ad azzannare”, senza dimenticare “la luce del sole nell’azzurro/ che si è appena svuotato di neve”.

C’è denuncia dentro i suoi versi, richiesta di attenzione e di rispetto per quella dignità “femminile plurale” presa a morsi dalla vita, ma anche bisogno forte di sorellanza, di richiamo alla tenerezza, alla bellezza rarefatta e onirica del sognodai gesti semplici e rari, come semplice e raro è il titolo altamente poetico che dà voce all’intera raccolta.


Di seguito due poesie tratte dalla plaquette “Luna bianca al mattino”:

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Neppure un titolo

 

Tragica castità vestita di nero

spinge artigli

su corpi bambini.

 

Infuria la pazzia

del possesso che uccide,

spaccato d’obbedienza coatta.

 

Orfani di rivolta

tacciono i burattini

del solo dio maschio inventato da maschi.

 

Non c’erano donne

quando un’allucinazione concepì

senza orgasmo il suo condannato.

 

Mai più infanzia, mai, muoia nelle sacrestie,

nessun essere si immagini

inchiodato nudo di abbandono.

 

E fate e incantatrici e primule

tornino a spuntare

nelle aurore rosate degli incavi di donna.

 

*

 

Sorridile ancora salice

 

Imparò a riconoscere l’odore della belva

pronta ad azzannarle l’anima inquieta,

e a decifrare indizi di realtà

e maschere del desiderio fatuo.

Rimestò fango in un acquitrino muto

e prestò occhi alle mani

che avevano pescato fiori di loto.

E pianse quando si accorse che

non era inverno

ad abitarle il cuore.

E così piantò un ramo di biancospino

nel corpo rugoso di un vecchio albero

e attese senza fretta il cambio di musica.

Aveva raffinato i sensi

e colto la sonata dei salici che ridono

 

Rosa Rivelli, Luna bianca al mattino, Collana di Scritture clandestine stampate a tiratura limitata e numerata, a cura dell’Associazione Culturale LucaniArt, Ottobre 2012

*

- Letteratura

L’ingiustizia oggi,l’ingiustizia ai tempi di Fedro

"In generale la giustizia è uguale per tutti, perché è utile nei rapporti sociali; ma in casi particolari, e a seconda dei luoghi e delle condizioni, risulta che la stessa cosa non è giusta per tutti." Epicuro

Una riflessione sulla società attuale spinge l’autrice lucana Teresa Armenti a riprendere il lavoro di studio sulla sua tesi di laurea per estrapolarne passi sulla giustizia, integrati da dodici favole di Fedro tradotte in dialetto lucano.

Le favole sono quelle che noi tutti conosciamo (la volpe e la cicogna, La volpe e l’aquila, ecc) e sono quelle che da sempre vengono utilizzate nella scuola per insegnare ai bambini comportamenti, vizi e virtù umani in forma ludica e divertente. I protagonisti sono animali parlanti, variegati e razionali come uomini; da una parte stanno gli umili, dall’altra i prepotenti.

L’autrice sottolinea i tratti attuali della scrittura fedriana, ma soprattutto la mancanza di fiducia nel sistema della giustizia. Scrive infatti: “Le favole di Fedro sono prive di un benché minimo senso ottimistico della vita, cioè di una pur minima speranza verso un mondo migliore, verso un mondo governato dagent e giusta. Egli considera l’uomo unilateralmente un egoista, che spesse volte ricorre alla malvagità, per poter sopravvivere. I suoi componimenti riflettono solo episodi di astuzia, di prevaricazione; non rappresentano esempi di fratellanza, di pace, di uguaglianza tra gli uomini, precetti predicati dalla religione cristiana, allora agli inizi, ignota al favolista”.

Eppure, la grandezza di Fedro, in quella società corrotta e degenerata dell’Impero in cui visse, è che il favoliere tanto apprezzato e amato dallo stesso Leopardi, non si arrende e non soccombe, ma reagisce attraverso la parola scritta, procurandosi per ciò un processo e persino una condanna a causa delle allegoriche allusioni contro la politica e la società del tempo.

Teresa Armenti ha tradotto in dialetto lucano le storie più significative del poeta-favoliere latino, conservando ed esaltando lo stile elegante, essenziale (brevitas)  del linguaggio, ma soprattutto la spontaneità che le caratterizza.

La traduzione gergale restituisce infatti il colore e la naturalezza dell’espressione colloquiale alle piccole storielle popolari, che con le loro proverbiali morali, sono da sempre intercalate nell’uso quotidiano del parlato (dove hanno avuto origine e dove perdureranno nel tempo).

Una favola tradotta in dialetto lucano dall'autrice:

 

*

‘A vorpa e ‘a cicogna

‘Nu iurno, cumma vorpa ìia girenno a biasina

e si vulìia rivertә cu’ primu ca passava.

Scundrau ‘na cicogna e li ress’:

-Cummà, da cché tembo nun t’aggio visto!

Veni addov’ a me, ca ni facimo ‘na bella mangiata!”

‘A cicogna, assai cundenda, ìhu addov’ a vorpa.

Questa li prisindao ‘nu broro findo, ‘nda nu piattolar’ho, lar’ho.

‘A pov’redda ‘u uardao sulu, cu’ l’occhi spalangati

e s’inni turnao senza ru tuccà,

cu’ ‘na fam’ ca nun ci viriia,

ma mend’ sua ress’:

“T’aggia rà ‘a ritenna!”.

Passau ‘nu picca ‘i tembo

e venn ‘u turnu soio:

‘A cicogna fec’ ‘u mmito ‘a vorpa,

ma li riho eriva tagliata a picca a picca

‘ndà nu cùcumu cu coddo stritto.

Edda si sazziava e ‘a vorpa liccava sulu ‘a creta

e si nni turnao,

ca cora ‘nda li yamm’

 

e licann’lluzzi ‘nanzi a l’occhi.

*

Teresa Armenti, "Fedro e la giustizia" con dodici favole tradotte in dialetto lucano, Collana "I Saggi",  a cura dell'Associazione Culturale LucaniArt, ottobre 2012

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- Letteratura

La parola poetica incontra quella dei bambini

Margherita Rimi, Era farsi, Autoantologia 1974-2011, Prefazione di Daniela Marcheschi, Marsilio Editore 2012

E’ una poesia originale e non allineata quella di Margherita Rimi. Si compone di piccole poesie e versi brevi che lasciano spazio e respiro al lettore, che lo introducono in un universo poetico estremamente variegato, fatto di non detti, di chiaroscuri, di tratti appena abbozzati, come quelle immagini sfuggenti che “vediamo” nel dormiveglia e che sono le più intime, profonde e veritiere. E in quel dormiveglia reso consapevole l’autrice scopre, (dis)vela verità, evidenzia sfaccettature del reale e della vita, quasi acciuffandole al volo, senza mai dire troppo, senza affastellare la pagina bianca.
L
e parole per Margherita Rimi non sono mai in eccesso, sono  sempre quelle giuste, con le loro pause i loro richiami, i loro rimandi, i loro interrogativi, il loro ripetersi martellante, la loro capacità di essere al tempo stesso leggere o un colpo di frusta. Essenziali, centrali, dirompenti e forti.

Era farsi

(A Ignazio mio fratello)

Ai piedi del letto il tempo non passava
Era farsi grande raccontare una storia
E la storia non era più una storia
era farsi padre

Il suo disegno non era farsi grande
non era orizzonte la sua mano

Il dolore era farsi carta
farsi carta i troppi desideri
Il suo mondo era grande ed impreciso
la forma del suo cranio una farfalla

Dalle pagine di questo suo ultimo libro auto antologico “Era farsi” emergono le voci dei bambini (a cui l’intera raccolta è dedicata) che sono poi le voci di ognuno di noi (della sua e della nostra infanzia). Quelle dimenticate o ricacciate negli abissi della nostra coscienza. L’obiettivo dell’autrice è di riportarle a galla, di (ri)ascoltarle, di non dimenticarle. Solo così non si dimenticano i bambini, il loro universo variegato, le loro paure, i loro bisogni, i loro sogni, le loro piccole gioie, i loro tempi. La loro impossibilità “di essere” (spesso), per troppa distanza, per troppo poco ascolto.

Paginatura

I tempi  dei bambini
mi fanno zoppicare
mi segnano col dito

E quando toccano le cose
l’aria comincia a respirare a disegnare
la sua punteggiatura

E la stessa sintassi sembra rispettare i loro tempi, facendo silenzio o andandogli incontro, “zoppicando” con loro e per loro. In questa auto antologia poetica Margherita Rimi modella a suo piacimento il verso, rendendolo veramente libero, oltrepassando i confini  dello sperimentalismo  fine a se stesso, per andare oltre, per dargli uno spessore vero di anima e carne, dove nulla è scontato, dove nulla è casuale. Dove la parola arriva, attraversa e si deposita dentro. In fondo.

Parole

Ascolto parole

Non so per cosa
mi raccontano

Per cosa
vengono

Per cosa
se ne vanno

Un libro buono, vero e bello da leggere, come pochi. Un libro in cui la parola poetica, alta e luminosa, sa incontrare quella semplice e pura dei bambini. (Maria Pina Ciancio)

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- Letteratura

Marina Minet e la poesia della ’resistenza’

La poesia non ha mete.
Quando arriva è sempre una nascita"
(Marina Minet)

Si inoltra nei labirinti e nelle pieghe più remote dell’animo umano la poesia di Marina Minet, che con la parola poetica scandaglia in un vortice impetuoso e dirompente ogni anfratto, ogni trama della coscienza, ogni cosa fittizia mascherata a nuovo, smuovendo e (dis)velando falsità e ipocrisie, maschere e comode verità, “le carezze senza tatto e le virtù/ disseccate sotto il sole” ostentate senza etica. Si vive infatti senza più speranza di salvezza, “siamo crepe senza santi” scrive in un bellissimo verso della raccolta, a sottolineare la brutalità di parole e gesti svuotati e privi ormai di qualsiasi pietà o grazia.
E’ una poesia scomoda quella di Marina Minet che non ha paura di puntare l’indice contro un mondo che ci piega a suo volere e piacimento e contro chi si lascia modellare per comodato o quieto vivere.
Ed è in questo rifiuto che la sua poesia diventa poesia della “resistenza”. Di una resistenza interiore che non lascia pace, né silenzio al verso, che non perdona alcuna resa, alcun compromesso“stringendo ancora umanità fino a morirne”.
C'è nei suoi versi il coraggio di virare dove l’acqua è alta, in bilico, un dibattersi senza posa, accettando un destino da percorrere per intero, tra luci e ombre, sentieri scoscesi e impervi. In territori della coscienza desolati e disabitati, dove la vita sembra farsi prossima alla morte e dove la parola muore e rinasce, si reinventa “a rotazione”, assetata fino all’inverosimile di umanità e vita.

Di seguito due poesie scelte, tratte dalla raccolta "Onorano il castigo":

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Con le parole

Non piangete la mia morte se accadrà
io la vedo tutti i giorni e mi deride
liquidandomi dai giorni la speranza
del riposo (mai sfamato)
Affidatemi di cenere ai   n u r a g h i
culla e madre del buon vento
nascerò
dipanando la pietà fino a sentirla
pane in debito lontano.
Scavalcando cuore e nome
scalderò la fossa nuova
e di voi saprò l’istinto
l’avarizia – carità devota ai cani
le carezze senza tatto e le virtù
disseccate sotto il sole.
(…)
Non piangete mai le spoglie dissanguate
esaltatene il sollievo, l’ideazione senza gesto
e pregate che mai sia
d’affidarvi nudità con le parole.

(6 novembre 2011)


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Giusto il tempo

Giusto il tempo di vivere, di essere,
di diventare gloria e niente, pura tolleranza dentro e fuori.
Giusto il tempo d’assistere, di consolare il cielo
e di mostrarlo ai re, come unica fortezza d’infinito.
Giusto il tempo di posarmi, di placare le nubi,
per deviarle adagio nel candore buono dell’attesa.
Giusto il tempo d’amare,
di segnarmi la fronte senza unzioni estreme
delegando il sorriso a un Dio sincero.
Giusto il tempo di osare, d’incontrarmi fiera,
di dare un gesto al corpo
e a tutte le virtù dimenticate.
Giusto il tempo di guarire,
di purificare il fango che al meglio non perdona
consumando il profumo delle rose.
Giusto il tempo di restare, di esibire il cuore
quasi come un figlio, divezzato al ventre come al seno.
Giusto il tempo d’urlare, di spezzare l’ombra della sera
senza poi scappare angosciando il coraggio e i giorni lesi.
Giusto il tempo d’assentarmi, d’inchiodarmi le ali sulle spalle
colme di perché fino a capire, senza condannare.
Giusto il tempo di pregare, di onorare la luce
fino a quando la fatica, trainerà la voce.
Giusto il tempo di credere, di murare il pianto e le paure
stringendo ancora umanità fino amorirne.

(23 ottobre 2011)

"Onorano il castigo" di Marina Minet, Collana Scritture Clandestine, Quaderno n.1 a tiratura numerata, a cura dell’ Associazione Culturale LucaniArt, agosto 2012

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- Letteratura

Una rivista antologica - Scrittori e Scrittura

Viaggio dentro i paesaggi interiori di 26 scrittori italiani (a cura di Maria Pina Ciancio)

E' uscito il primo numero della rivista-antologica "Scrittori & Scrittura" dedicato alla scrittrice lucana Gina Labriola, scomparsa nell'aprile del 2011.

All'interno sono presenti interventi sulla scrittura e la poesia di 26 scrittori italiani (Viola Amarelli, Lucianna Argentino, Francesco Arleo, Eleonora Bellini, Teresa Anna Biccai (Marina Minet), Domenico Brancale, Roberto Ceccarini, Maria Pina Ciancio, Domenico Cipriano, Lorenza Colicigno, Francesco De Girolamo, Morena Fanti, Fernanda Ferraresso, Antonio Fiori, Gabriella Gianfelici, Marco Giovenale, Stefano Guglielmin, Gina Labriola, Paola Loreto, Bianca Madeccia, Ivano Mugnaini, Francesco Nuscis, Antonella Pizzo, Maria Pia Quintavalla, Daniela Raimondi, Margherita Rimi).

Il progetto è a cura dell'Associazione Culturale LucaniArt.

Le foto interne e di copertina sono di Dario Caruso.


Riferimento web per ordini o per leggere le prime pagine del libro:
http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=847833