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Raccolta di articoli di Silvia Rizzo
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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- Cultura

Scempio a Pienza

copia di un messaggio inviato al sindaco di Pienza e alla redazione di alcuni giornali:

Sono assolutamente scandalizzata che si siano usati la piazza Pio II e il cortile del Palazzo Piccolomini per la mostra Il dono dell'armonia! Quello che avete è il dono della disarmonia! Esporre delle sculture così monumentali in un ambiente così delicato come la piazza progettata da Pio II insieme col suo architetto Rossellino, dove l'armonia (quella vera!) sgorga da sottilissimi calcoli matematici e ogni minimo dettaglio è curato, significa infliggere un terribile sfregio all'arte e alla storia. Non c'erano altri posti dove collocare quelle ingombranti sculture? Non si potevano mettere nel parco pubblico? E quegli orribili fiori di plastica e la donna nuda sull'altalena nello splendido cortile di Palazzo Piccolomini! Ma non avete senso del bello? La mostra oltretutto è di lunga durata. Un turista si muove magari dall'America per vedere Pienza e sarà l'unica volta che la vedrà nella sua vita e deve vederla così deturpata? Non può neanche scattare una foto all'immortale facciata del duomo senza che sia sconciata da una gigantesca testa bronzea che non c'entra niente! Mi stavo veramente per sentire male al pensiero che ci sia gente così insensibile alla bellezza da compiere un simile scempio nel parco della Val d'Orcia e nel cuore della Toscana, una regione di solito così attenta al suo territorio e alle sue bellezze.
 
Silvia Rizzo
Prof. emerita dell'Università di Roma  La Sapienza e studiosa di letteratura rinascimentale.

messaggio inviato a "La stampa"

Voglio segnalare un utilizzo distorto di un bene culturale patrimonio dell'umanità nella civilissima Toscana, così attenta di solito a paesaggio e arte. Dal 6 giugno è in corso a Pienza una mostra dell'artista Helga Vockenhuber intitolata Il dono dell'armonia, che si chiuderà solo il 30 agosto prossimo. La cosa incredibile è che le gigantesche sculture bronzee dell'artista sono state collocate nientemeno che nella piazza di fronte all'immortale facciata del Rossellino e nell'altrettanto straordinario cortile di Palazzo Piccolomini con effetto devastante per la fragile bellezza delle architetture rinascimentali. Bellezza che deriva da armonie (queste sì) calcolate in tutti i particolari e che l'esposizione suddetta disarmonizza totalmente dissacrandole. Ho pensato a tutti i turisti che si saranno mossi da paesi lontani per vedere Pienza e l'avranno vista così sconciata e forse non la rivedranno mai un'altra volta nel suo reale aspetto.

Silvia Rizzo
Prof. emerito di Filologia medievale e umanistica nell'Università di Roma "La Sapienza"

 

Dalla presentazione on-line della mostra seleziono questa perla:

"Il progetto della mostra Il Dono dell’Armonia, curata da Giuseppe Cordoni e con il coordinamento generale di Patrizia Cerri, si fonda sull’idea di un dialogo tra la scultura e l’architettura che la circonda."

Ma davvero può esistere al mondo gente così arrogante e insensibile da pensare di mettere qualcosa di estraneo e dissonante a 'dialogare' con le immortali architetture della città di Pio II?

 Potete trovare un video su youtube sotto silvia8591

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Il cane spagnolo di Petrarca versione rivista »
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Un cane di Petrarca »
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- Letteratura

Cercatemi nelle mie poesie. Ricordo di Carla Lenti

"CERCATEMI NELLE MIE POESIE".
Carla Lenti, poesie, Pontedera, Tagete Edizioni, 2010.

Carla Lenti aveva una bellezza intensamente spirituale, quasi che la sua anima, così profonda e ricca, trasparisse attraverso la carnagione diafana e gli occhi di uno strano colore cangiante, a volte verdi come le giade di una collana che amava portare. Nata e vissuta a Campiglia d’Orcia, un paesino sulle pendici dell’Amiata, era stata maestra elementare in varie località vicine. È stata un’insegnante straordinaria e a quest’attività si è dedicata con tutta se stessa educando generazioni di bambini che la ricorderanno sempre. Adottava metodi sperimentali, sui quali ha anche scritto collaborando a due libri didattici a più mani: «È tutta un’altra storia. Proposte di laboratorio per la primaria», a cura di Lando Landi, Roma, Carocci, 2008, e «Costruiamo la storia», a cura di C. Lenti, documentazione fotografica di C. Lenti, F. Bartalucci, L. Landi, P. Voltolini, San Quirico d'Orcia, Editrice DonChisciotte, 2009. Alla cura di quest'ultimo libro attendeva strenuamente quando era già gravemente malata.
Aveva una sensibilità quasi eccessiva che la portava a vivere acutamente su di sé le sofferenze altrui, anche quelle degli esseri della natura, di un albero tagliato o di un uccellino caduto dal nido. Quando il male che l'ha portata via dopo un lungo calvario - lo stesso che aveva sconfitto diciotto anni prima - la ghermì di nuovo, la sua sofferenza maggiore era per il dolore dei genitori.
Esprimeva le sue spiccate doti di artista in molti modi. Sapeva fare tante cose con le mani: decoupage, quadri con fiori secchi, scatole dipinte e altro ancora. Era una fotografa eccezionale e appassionata, soprattutto della natura. Gli amici hanno curato un libro con le sue foto che apparirà a breve.
Le sofferenze che ha dovuto affrontare e la sua morte prematura hanno lasciato una profonda ferita in tutta la piccola comunità di Campiglia. Poco prima della sua scomparsa questa stessa comunità si era stretta intorno a lei in occasione della presentazione del secondo dei due libri didattici appena ricordati. In quell'occasione Carla riuscì con straordinaria forza di volontà ad essere presente. C'erano tutti i suoi bambini, le colleghe delle scuole in cui aveva insegnato, gli abitanti del paese e tante persone che la conoscevano venute da ogni parte. La sala era gremita. Lei venne portata in ambulanza e poi su una poltrona a rotelle. Il suo viso, che la malattia invano aveva provato a sfigurare, irraggiava una severa bellezza, la bellezza della sofferenza e di un amore per la vita e per il lavoro, che quel giorno le avevano consentito di dimenticare quasi il suo terribile male. Si era avuto un incredibile, anche se brevissimo, miglioramento. Ma dopo non molto tempo spirò fra le braccia dei suoi genitori a 49 anni.
Per colmare in qualche modo il vuoto, chi le ha voluto bene sta raccogliendo e ordinando la sua ricchissima eredità spirituale: centinaia di carte scritte, di foto, di album, di lettere... Fra l'altro sono state selezionate alcune sue poesie (43 in tutto), che hanno appena visto la luce in un esile libretto, che in copertina riproduce una sua straordinaria fotografia: un campo di rossi papaveri e margherite bianche su uno sfondo di neri cipressi.
Dietro i versi di Carla non c'è letterarietà né artificio: è un canto che sgorga nativo, simile a quello di un uccello; e ricorda le melodie degli uccelli anche nel frequente ricorso all'anafora e alla tecnica del refrain. Lo stile è semplice, dimesso; a volte c'è un andamento diaristico e quasi di prosa poetica. In questi componimenti Carla dà espressione a una profonda inquietudine, a una ricerca religiosa che non conosce certezze. Le prime poesie che parlano di questa ricerca insoddisfatta, di queste domande senza risposta sono rivolte a un Tu con la maiuscola.

Un giorno Ti incontrerò
nella via del ritorno,
tra deserti viali senza fine,
nelle strade di ciottoli e sassi.
............................................................
Ti seguirò in silenzio
nella tristezza del crepuscolo,
nella solitudine del tempo,
nella quiete della sera.

E in un'altra poesia:

Ti ho aspettato nel silenzio
di notti senza stelle,
nelle sere di nebbia,
nelle strade deserte.
..........................................
Ti ho aspettato nella mia solitudine,
sotto la luce di una lampadina,
nelle pagine di un libro.
Ti ho incontrato, chi sa,
e non Ti ho riconosciuto.

Ma si hanno anche poesie rivolte a un tu senza maiuscola e molto più umano, poesie d'amore, che parlano a volte di un amore perduto, a volte di un amore che riporta il sole e la vita «nell'anima stanca» e dà un senso alla «ricerca vana», altre volte ancora di un amore che ha la funzione di guidare a qualcosa di altro o di aiutare a superare momenti di smarrimento.

Aspetta un po' ancora.
Lo so è un po' triste stasera.
Ma ti prego aspetta,
non lasciarmi sola,
ho troppa paura stasera.
La nebbia ci avvolge.
C'è odore di strada bagnata,
le luci offuscate di case lontane
mi danno tristezza, mi sento avvilita.

Circolano nel libretto l'aria, il vento, i fiori, le nebbie, la neve che caratterizzano il paese di montagna in cui è vissuta:

I profili delle colline si perdono lontano,
il vento gioca col grano bambino.

Oppure:

T'ho incontrato
nelle montagne,
nel vento, nell'aria.

O, in un'altra poesia:

Sulla neve
vedo scritto il tuo nome
e il ghiaccio
sotto le scarpe scricchiola.
.......................................
Il vento alza nuvole di polvere bianca.

O ancora:

Mi ha sorpreso
questo nuovo e intenso fiorire
di fiordalisi
posati come un velo leggero
su un prato solitario.

Chi ha raccolto questi canti ha scelto di chiuderli con una poesia che comincia "Quando morirò...", che è di fatto il suo testamento spirituale. La sua vita è stata una continua ricerca e "cercare" è la parola tematica di questi versi:

Quando morirò
non cercatemi in una tomba,
cercatemi negli alberi in germoglio,
nei fiori che si aprono,
nei tramonti,
nelle nuvole bianche.
Quando morirò
non cercatemi nei ricordi,
cercatemi nei gigli dei prati,
nei colori dell'alba,
nel sole rosso,
che accompagna il giorno,
che scalda le montagne.
...............................................
Cercatemi nel vento,
nelle stelle del cielo,
nelle mie poesie;
nei boschi che odorano di muschio,
nella luce del giorno,
nel mare, nelle cose che ho amato.

Con la pubblicazione di queste poesie che cantano francescanamente l'amore per il creato, il ricordo di Carla si affida alla perennità della parola poetica e si lega intimamente alla bellezza della terra dove è vissuta e dove tanti l'hanno amata.

Campiglia d'Orcia, 19 gennaio 2011