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Marino Santalucia
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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La Vertigine del Possibile

Una saga familiare ispirata a una storia vera e declinata al femminile, che parte dal
terremoto calabrese del 1894 e si articola lungo un secolo.
Conosceremo la storia di una madre e di una figlia, Maria e Rosa, contrapposte per indole ma
accomunate dal medesimo destino: essere intrappolate da uomini meschini ed egoisti.
Tra confronti e scontri generazionali, Rosa troverà una via di fuga in una dimensione
esoterica, circondandosi di preziosi amici immaginari.
Madre e figlia si ribelleranno al giogo delle convenzioni del loro tempo e oseranno
pretendere il proprio affrancamento.
Rosa lascerà la sua Calabria per sentirsi finalmente libera, accanto all'uomo perfetto.
Ma esiste davvero?

Autrice:
Roberta Yasmine Catalano

Editore Oligo
Pubblicazione 11/2022

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La Vertigine del Possibile

Una saga familiare ispirata a una storia vera e declinata al femminile, che parte dal
terremoto calabrese del 1894 e si articola lungo un secolo.
Conosceremo la storia di una madre e di una figlia, Maria e Rosa, contrapposte per indole ma
accomunate dal medesimo destino: essere intrappolate da uomini meschini ed egoisti.
Tra confronti e scontri generazionali, Rosa troverà una via di fuga in una dimensione
esoterica, circondandosi di preziosi amici immaginari.
Madre e figlia si ribelleranno al giogo delle convenzioni del loro tempo e oseranno
pretendere il proprio affrancamento.
Rosa lascerà la sua Calabria per sentirsi finalmente libera, accanto all'uomo perfetto.
Ma esiste davvero?

Autrice:
Roberta Yasmine catalano

Oligo Editore
Pubblicazione 11/2022

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Le luci di Casablanca ed. Infinito

“Scoprire il manoscritto di Valeria Degl’Innocenti è stata un’incredibile avventura, è stato
il mio viaggio attraverso il suo. È accaduto per caso, così, come quasi sempre avviene per
le cose speciali. La sua storia s’intreccia con quella dei luoghi che abita: la povertà dei
vicoli fiorentini negli anni Venti tra case senza acqua né luce, le foglie di cicoria usate
come rossetto, la seconda guerra mondiale vista dagli Stati Uniti, il maccartismo americano,
l’arrivo a Casablanca, l’esilio di Mohammed V dal Marocco, il protettorato francese e il
risveglio dell’identità nazionale marocchina, fino all’indipendenza. Si ride, ci si
commuove, si segue l’avvicendarsi degli eventi senza mai stancarsi, tutto d’un fiato,
cadenzati da una costante autoironia, uno stile tagliente e teatrale e una meravigliosa
gioia di vivere. A libro chiuso, rimane il desiderio di poter incontrare il sorriso di
Valeria, anche solo per un istante. Anche solo per un tè alla menta”.

di Valeria Degl'Innocenti
a cura di Roberta Yasmine Catalano

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Quanto non sta nel fiato – Duška Vrhovac

Venerdì 19 giugno 2015 alle ore 17.30, presso la Biblioteca “Enzo Tortora” di Roma, Quartiere Testaccio (Via N. Zabaglia n° 27), si terrà un incontro con Duska Vrhovac, una delle più rilevanti poetesse della Serbia contemporanea, tradotta nel mondo in ben 20 lingue. L’incontro, promosso dalla Biblioteca “Enzo Tortora” e organizzato dall’Associazione “Fusibilia”, sarà un’ottima occasione per presentare “Quanto non sta nel fiato” (http://www.fusibilia.it/?p=2778), FusibiliaLibri, unica edizione in lingua italiana delle poesie di Duska Vrhovac. L’opera, curata da Ugo Magnanti e prefata da Ennio Cavalli, ha il merito di proporre la poesia della Vrhovac al lettore italiano in modo organico ed esauriente, anche se non definitivo, dato che una parte considerevole del suo corpus poetico attende ancora una traduzione completa nella nostra lingua. In ogni caso si tratta di una raccolta ‘italiana’, nutrita di testi che appartengono a tutte le stagioni di un percorso letterario ormai lungo e riconosciuto, e concepita per ricostruire le linee preminenti di una poetica che finora in italiano si è affidata al frammento. Il volume verrà presentato dalla poeta Monica Martinelli e dal curatore Ugo Magnanti in dialogo con l’autrice. Coordinamento e letture dei testi in italiano di Dona Amati, presidente di Fusibilia Associazione, mentre la stessa Vrhovac leggerà i suoi testi in lingua originale e in italiano. Previsto inoltre un reading d’accoglienza con i poeti, Sandra Collauto, Lorenzo Poggi, Therezinha Teixeira de Serqueira, Donatella Ottolini, Iolanda La Carrubba, Luigi Salustri, Daniele Brinzaglia, Luigi Corsi, Marino Santalucia, Fiore Leveque, Cinzia Marulli. DUŠKA VRHOVAC, poeta, giornalista e traduttrice e nata nel 1947 a Banja Luka (Bagnaluca), nell’attuale Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina, e si e laureata in letterature comparate e teoria dell’opera letteraria presso la Facolta di filologia di Belgrado, dove vive e lavora come scrittrice e giornalista indipendente, dopo aver lavorato per molti anni presso la Televisione di Belgrado (Radiotelevisione della Serbia). Con 20 libri di poesia pubblicati, alcuni dei quali tradotti in 20 lingue, e fra i più significativi autori contemporanei di Serbia. Presente in giornali, riviste letterarie, e antologie di valore assoluto, ha partecipato a numerosi incontri, festival e manifestazioni letterarie, in Serbia e all’estero. Membro, fra l’altro, dell’Associazione degli scrittori della Serbia, e dell’Associazione dei traduttori di letteratura della Serbia, e ambasciatore del Movimento Poeti del Mondo in Serbia. Ha ricevuto premi e riconoscimenti importanti per la poesia, tra cui: Majska nagrada za poeziju – Maggio premio per la poesia – 1966, Yugoslavia; Pesničko uspenije – Ascensione di Poesia – 2007, Serbia; Premio Gensini – Sezione Poesia 2011, Italia; e il Distintivo aureo assegnato dal massimo Ente per la Cultura e l’Istruzione della Repubblica di Serbia.

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Evento Contaminato: Diwali Rivista Contaminata

Due serate di fusioni ed intrecci artistici che si terranno il 13 dicembre alla Libreria Fandango di Roma in via dei Prefetti 22 dalle ore 17 ed il 14 dicembre al Circolo degli Artisti in via Casilina Vecchia nr. 42 Roma dalle ore 19

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Presentazione libro poesie Gli Angoli del Corpo

Marino Santalucia Presentazione del libro "Gli Angoli del Corpo" poesia edito da Montag. 6 maggio 2014 ore 19.30 al "GIARDINO PARIOLI" in via bertoloni 3/b Roma interverrà Monica Maggi (poetessa e giornalista)

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bookcrossing a roma 23 aprile 2014

Mercoledì 23 aprile, in occasione della Giornata Mondiale del Libro e del diritto d’autore sancita dall’Unesco, le stazioni Cipro della linea A e Piramide della B della metropolitana di Roma, diventeranno luoghi di cultura.

L’associazione culturale Libra 2.0, in collaborazione con Atac, da vita alla seconda edizione di Pagine Viaggianti con l’obiettivo di avvicinare i libri a luoghi della quotidianità. Dalle ore 8.00 alle 18:00 i passeggeri potranno scambiarsi gratuitamente qualsiasi libro.
All’ingresso delle stazioni saranno installate delle postazioni ad hoc, dove volontari illustreranno l’iniziativa ai viandanti desiderosi di partecipare, invitandoli a lasciare o a prendere un testo nel più classico del fenomeno bookcrossing. Alla fine della giornata, i libri rimasti saranno raccolti e donati a case famiglia e a istituti scolastici.

Atac sta valutando inoltre, l’ipotesi di rendere sistematico l’appuntamento con Pagine Viaggianti, non solo in metropolitana e un giorno l’anno, ma estendere l’iniziativa ai capolinea dei bus o in altri siti aziendali per tutti i giorni dell’anno.

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Presentazione Gli angoli del corpo

MARINO SANTALUCIA

“GLI ANGOLI DEL CORPO”

Presentazione

MERCOLEDI’ 9 APRILE 2014 ALLE ORE 18.30

“FOLLIK”

VICOLO DELLA FONTANA, 1  ROMA

(nei pressi di VILLA PAGANINI)

Interverranno insieme all’autore

Antonella Catini Lucente

(poetessa ed autrice della prefazione)

e

Letizia Leone

(poetessa e critica letteraria)

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Gli angoli del corpo poesie Edizioni Montag


Se resisto al tramonto del corpo,
io tradisco

si apre con un incipit assiomatico, irrefutabile, la silloge poetica di Marino Santalucia. Una certezza, la sua, lasciare che il Tempo compia il suo corso, pena un’imperdonabile ubris, tracotanza estrema che comporta l’ineluttabile oblio dei solchi arati sulla terra, divenuti rughe del viso, delle rigature del “ tronco , adagiato sull’asfalto”, metamorfosi delle membra sfatte dal tempo, della quercia fiera, retta verticale delle vertebre ormai ripiegata su se stessa, dell’interezza di corpo che è divenuto altro da sé.
È già tutto in quest’apertura inconfutabile, memento in primis per se stesso, il canto apparentemente disperato che l’anima del Poeta, sgomento di fronte alla trasfigurazione di un corpo dalle adiacenze ormai slabbrate e dalle prossimità ormai sfibrate, dipanerà nell’ordito della raccolta.
Il verso accorato di un’anima che spietatamente quasi crudelmente, urla il non più riconoscersi, l’essersi ormai ineluttabilmente compiuto quel processo,quell’ attraversamento dell’equatore”, che si risolve nella somma schizofrenia tra una psiche consapevole e un corpo anarchico, tra uno spirito lucido e acuto e una materia sovversiva, fatta di membra, di ossa, di organi che in un atto di ribellione estrema hanno rinnegato l’appartenenza destinica, tradito inopinatamente la fiducia incondizionata in essi riposta violato il legame atavico di sangue e di carne, quell’ indissolubile congiunzione voluta dal caso, fin dal primo soffio vitale dell’essere.
Il corpo, le membra, i sieri, tolgono la maschera e svelano d’un tratto il ghigno dell’ inganno, colpevoli anch’essi, agli occhi del poeta, di un sommo atto di Ubris, la ribellione all’imperituro soffio vitale che consentiva loro di essere, animandoli, e grazie al quale la corruttibile materia si era fatta spirito vivente, sangue e carne di eternità.
L’autore, con un’ asprezza inclemente, urla l’improvvisa consapevolezza di un processo che, nonostante sia fatalmente connaturato al suo “essere”, lo sorprende in un istante, lo sbigottisce come uno schiaffo inaspettato, lo disorienta come un tradimento inaspettato.
La sua storia non è altro che “ una bocca tra due parentesi spinte, verso il basso” una mancanza impietosa di senso, un insignificante intervallo “ tra il me e il nulla”.
E sorge e cresce come una marea, snodandosi tra le poesie, il fantasma della scissione, il demone della schizofrenica percezione di sé. “Scompongo l’inquietudine su questo corpo, con l’anima tra i denti/ viaggio tra il coltello e la ferita incontrandomi per caso”. E ancora, “ I pezzi che ritrovo intorno a me discordano con i vuoti del corpo/ non riesco a calzarli”. C’è ormai solo un baratro incolmabile tra la mente e il corpo, dissezione assoluta dall’aspetto di una morena, le cui falde, divelte, si disconoscono “I pezzi che ritrovo intorno a me discordano con i vuoti del corpo, non riesco a calzarli e m’arresto sorpreso”.
Egli, ora, meramente ospita la sua stessa vita – irrimediabilmente altro da lui - così come il suo corpo. “ Su di me la vita si getta a picco dagli scogli, ospitandola come una sposa, stramba confusa verso il destino”. Guarda la materia del suo essere dal di fuori, dall’alto ( dove la sua anima si è involata in un processo di smaterializzazione), a distanze siderali: “ Visto dall’alto, il mio corpo somiglia ad un tronco, disteso sul mondo” e si compatisce, non è più che un residuo d’albero adagiato, senza vita. Un tronco che commuove, ma anche impietosisce “come non piangere attraversandoti, ora che sei quercia?”.
La disperazione cruda di questi versi, l’angoscia senza appello che monta e sale, si vela di compassione. Quiete e lente salgono lacrime amare alla vista di ciò che si è compiuto; alla consapevolezza di non aver compreso il momento in cui le membra, gli organi, la pelle, lo stesso sangue, hanno cominciato a ribellarsi, prendendosi gioco di colui che padrone di essi si credeva.
Si attenua sommessamente il sapore amaro del declino e uno sguardo di pietas sorge dalle ceneri. Il corpo che aveva tradito si fa albero, quercia, si compenetra con la madre terra, il tronco, simbolo possente di una natura fiera che è stata e permane.
E ancorché lo smarrimento del poeta “si protrae privo di ricordi in un contenitore vuoto”, “circola dentro una voce sconosciuta” il suo canto morto comincia ad albeggiare, a oriente, una soffusa luce, lontana, portatrice di intuizione.
Compare il mare, “le cicche di sale” straordinario contrasto tra la purezza selvaggia dei cristalli salmastri e i resti inutili di uno strumento di morte, volteggiano tra i versi petali bianchi, fiori che sì appaiono come parole morte, ma pur sempre fiori, giardini. I nodi sono “imboscati”, contaminati al fluido respiro della natura.
Tutto si trasfigura in evocative immagini della madre terra, una Demetra antica e viva che accoglie, nonostante tutto, i suoi figli esuli nel Cosmo. Tutto ad essa ritorna e tutto prende le sembianze dei sui frutti, la pelle diventa “ un arazzo” , schizzato di venature verdi delle arterie, non altro che linfa di foglie, screziato dallo scarlatto del sangue, che è terra, che è legno, che è vita.
Straordinari versi in cui la disperazione si trasfigura in estatica bellezza e lo sgomento si addolcisce nell’abbandono ai primordi della vita, a quell’essenziale che è il fondo e il centro del senso.
“In quell’istante/il mio corpo nasce per attraversarsi di nuovo” un bagliore, un miraggio, un dubbio, forse una certezza. Il chiedersi se, dopo lo sgomento che atterrisce, si possa intravedere, in lontananza, una luce, e nelle viscere della disperazione, l’occulta chiave di volta che squarcia le tenebre, fulminandole “i miei occhi bruciano fiamme assetate”.
C’è la vita nel fuoco e i suoi occhi bruciano. E bruciano perché sono assetate di ossigeno, di vita.
Non è una disfatta, né una sconfitta, questa orfica discesa agli inferi che Marino Santalucia ci disvela lentamente. Appare invece come un obbligato passaggio dal buio alla luce, dall’inconsapevolezza alla conoscenza, dalla cecità alla visione. Un viaggio iniziatico grazie al quale lo sprofondare fino al centro dell’angoscia, si mostra quale unico viatico di risalita ad astra .
Il corpo è chiamato “ Tempio”, “ La metamorfosi del corpo, è il disfacimento di un tempio/ dove il Re, piange sul ciglio del fiume”. E’ divinizzato, paradossalmente celebrato, è il tempio dello Spirito e il suo disfacimento, allora apparente, …. In tutto questo c’è qualcosa di naturale/ costante oserei dire”. Non una fatale corruzione, ma una metamorfosi, prima intravista, poi glorificata. “ Abbraccio tutto quello che mi circonda, briciole di mondi con lingue e denti differenti/ Generano suoni nuovi vibrando nell'aria, che attraversandomi provocano la vita”.
Questo suo corpo disfatto, condannato come sommo ingannatore, è il Tempio, il suo Tempio, e ancorché consumati dal tempo, i denti strenuamente abbracciano, in un atto di famelica vitalità, la totalità del mondo circostante e così anche le lingue, non più una, ma miriadi di fiamme, avide di vita.
Tutto si spiritualizza nella chiusura della raccolta, si placa il pianto accorato di chi dispera la fine dell’epoca d’oro, e la disperazione iniziale si sublima in un canto struggente quieto, in un perdono incondizionato e in un abbraccio assolutorio, dati dall’ acquisita consapevolezza di una pervasiva e onnipresente armonia che regola l’esistere “ respiro le ore infrante sugli scogli, trattenendo i cocci/ per restarvi impigliato come due amanti”.
Delle ore trascorse, non restano che schegge, cocci infranti sugli scogli, e il poeta è lì, un coccio tra i cocci, un frammento di nulla consumato dalle ore infrante, ma avvinghiato e felice in un ultimo abbraccio d’amore, con la vita andata, con i cocci che erano un tempo giare dorate, con le ore dissolte nel buio della notte, con l’eterno svolgersi della vita.
E non c’è più il tradimento; non più ubris; non più l’inganno. Tutto è svelato ormai perche “ Trascorso e odierno si liberano in ogni cosa/ non domani, ma ora/ io sono per sempre” ! E quel corpo, pur in frantumi, si svela scomposto in variazioni di infinito nella “ Luce esatta” nella sola , vera , unica Luce che gli è propria, quella di portatore di infinito e traghettatore di impalpabile spirito”.
Un inno alla vita la silloge di Marino Santalucia, un canto alla spiritualità più pura, al diamante lucente occultato nelle viscere di un corpo apparentemente transeunte e corruttibile, un corpo che è invece la nostra unica possibilità per percepire l’eterno e l’unico strumento concessoci per scioglierci, dissolvendoci , in un mondo senza tempo.
Un ritorno al paganesimo delle origini, al fondamento della spiritualità delle genti quando l’uomo era e si percepiva come una scintilla di un tutto che palpita, respira e, nel suo mutare, consente alla vita di rigenerarsi in un ciclo senza fine.

Una scintilla, quella di Marino Santalucia, della resurrezione che auspica D.H. Lawrens, nella sua Apocalisse, quando, parlando dell’uomo contemporaneo, dispera“ abbiamo smarrito il cosmo. Né il sole, né la luna riescono a comunicarci più la loro energia. In termini mistici: la luna si è offuscata per noi e il sole si è velato. Ora, è necessario per noi tornare al cosmo ……tutta la catena delle nostre capacità ricettive ormai atrofizzate deve essere ricondotta a vita. Sono occorsi duemila anni perché il processo di atrofizzazione fosse compiuto, chissà quanti ne serviranno per farlo resuscitare. ….Quando sento le persone lamentarsi della solitudine, so bene cosa è loro accaduto: hanno smarrito il Cosmo.”

Quel Cosmo che ritroviamo nella poesia “ paganesimo “ che chiude la raccolta e attraverso i quali ci inoltriamo nel Tempo eterno “ Informi dentro me/ prendono forma intarsi/ e cesellamenti/ Il corpo diventa musica primordiale/ Un antro che s’apre e lascia trapelare un mondo senza tempo”.

Antonella Catini Lucente

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Ed Opposto Presenta Un buco nel cielo-R Albini

Edizioni Opposto presenta il nuovo libro
di Roberto Albini

"UN BUCO NEL CIELO - LA FINE DEL MONDO IN QUATTRO STORIE"

Venerdì 21.12.2012
alle ore 21.00

presso Fonderia900
Via Assisi 33, Roma
Sala Teatro

La casa editrice romana Opposto Edizioni vi aspetta presso lo spazio Fonderia900 per la vostra "ultima" serata letteraria: il 21 dicembre è la data cruciale del nuovo libero di Roberto Albini, "UN BUCO NEL CIELO - LA FINE DEL MONDO IN QUATTRO STORIE".

Per raccontare la fine del mondo, Roberto Albini scrive quattro racconti destinati a chi sopravvivrà. Un extraterrestre premuroso lancerà un S.O.S. alla Terra; conosceremo Leonora e Aureliano, abitanti di una città impazzita sotto il peso di un buco nel cielo; un io narrante senza nome escogiterà il suo piano per salvarsi; infine Stefano, Matteo, Mario, Luigi, Jimmy lo gnu, una grande balena meccanica sono i personaggi disorientati di una Roma disabitata che si prepara alla notte dell'epilogo come a una festa liberatoria.

Romano, Roberto Albini ha dato il via alla sua carriera di scrittore nel 2011, con "Il Bidello dell'Amore", sempre pubblicato con Edizioni Opposto.

Casa editrice non convenzionale, Edizioni Opposto porta avanti con orgoglio, impegno e non poca fatica una visione di libertà dell'arte e di completo non-sfruttamento dell'artista. Oltre a curare la pubblicazione di opere di scrittori emergenti accuratamente selezionati, la casa editrice propone eventi letterari, appuntamenti culturali e corsi concepiti per essere dei guizzi "opposti" alla corrente.

La serata di presentazione di "Un buco nel cielo - La fine del mondo in quattro storie" di Roberto Albini è anch'esso un appuntamento "opposto", pensato per incoraggiare e diffondere la lettura nonostante i momenti difficili: dopo la presentazione, arricchita da letture di estratti dell'opera, tutti gli intervenuti riceveranno in omaggio una copia del libro, da mettere sotto l'albero del "nuovo mondo" che ci aspetta.

Un estratto di
"Un buco nel cielo - La fine del mondo in quattro storie"di Roberto Albini

- Ma non, non lo vedi anche tu?- gli chiese.
- Cosa?
- Il buco. Quel buco nel cielo. Non dirmi che lo vedo solo io?
- Ah, il buco. Sì c'è un buco nel cielo oggi.
- E non ti spaventa?
- E perché dovrebbe? Ci sarà sicuramente una spiegazione logica.E poi guardati intorno: nessuno sembra essere stupito più di tanto. Se neanche una persona avverte il pericolo, vuol dire che il pericolo non c'è.

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Presentazione 365 Agenda Letteraria ed. Opposto

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