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Raccolta di testi in prosa di Alberto Castrini
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Il rumore del tempo di Julian Barnes

Trattasi del conflitto senza fine tra Dmitri Shostakovich e il potere totalitario sovietico, in un bel testo del 2016.

Il titolo è preso da una poesia di Osip Mandel'štam, morto in un gulag siberiano nel 1938.

Le disgrazie del compositore, celebre in patria come all'estero, iniziano quando “Lady Macbeth del distretto di Mcensk”, sua opera già apprezzata da oltre due anni, viene ascoltata in teatro da Stalin.

Segue una stroncatura ufficiale che definisce l'opera “Caos anziché musica”.

Da questo momento inizia il calvario di Shostakovich, vigilato speciale del terrore staliniano nelle sue molteplici forme.

Il testo è ordito in una trama di umorismo nero che riflette il sentire del compositore.

Il bel libro analizza non solo il totalitarismo e le sue armi ma specialmente l'animo umano e le sue meschinità.

Poco lo spazio dedicato alla musica.

Dopo Stalin il potere sovietico cambierà tattica, ma non mollerà mai la presa sul più famoso compositore sovietico.

Che riceverà sei volte il premio Stalin e sempre il premio decennale Lenin.

Ne esce il ritratto di un “eroe privato ma vigliacco pubblico...perché è impossibile dire la verità e sopravvivere”.

Il musicista teneva sulla scrivania copia del “Cristo e la moneta” di Tiziano, a chiedersi sempre cosa fosse suo o di Cesare.

Una tensione senza fine.

 

 

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Amok di Stefan Zweig

Amok di Stefan Zweig

 

Con questo breve racconto del 1922, Stefan Zweig sale alla ribalta letteraria europea.

Lui che avrà “l'onore di essere accomunato all'ottima compagnia di Mann, Freud e Werfel” nel rogo nazista dei libri del 1933, premonitore della barbarie che avrebbe insanguinato l'Europa.

Il libro prende nome da una patologia ossessiva che impadronendosi degli individui li domina sino alle estreme conseguenze. Una sorta di idrofobia umana.

Ed è in questa cupa storia che si sviluppa questo invasamento, raccontata con un crescendo ossessivo reso con grande maestria, incatenando il lettore sino alla tragica conclusione.

Fortunata fu anche la sua serie di biografie: Proust, Tolstoj, Balzac, Maria Antonietta, Maria Stuarda e altri.

Ma il demone non lascerà nemmeno lui che aveva scritto La lotta col demone: Hölderlin, Kleist, Nietzsche.

Questo gli imporrà la vita del fuggitivo.

Non reggerà la vista del dilagare nazista, che pareva dominare l'intera Europa, che lui tanto agognava pacifica e unita.

Alla fine vincerà il demone e gli prenderà la vita, nel lontano Brasile, col suicidio finale.

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Proust e Freud. Di Jacques Rivičre

Questo esile libricino di 162 pagine, ma di non facile lettura, riproposto da Alfonso Berardinelli su Avvenire, pubblica il saggio dal titolo “Alcuni progressi nello studio del cuore umano”.

Si tratta serie di conferenze tenute dal critico Rivière nel 1924, due anni dopo la morte di Proust e pubblicato postumo nel 1927.

Il critico segue la traccia che unisce il padre della psicanalisi Sigmund Freud ed il grande scrittore, pur avvertendo che Proust ignorava l'esistenza di Freud e conseguentemente le sue tesi.

Li unisce comunque il nuovo modo d'interrogare la coscienza e la convinzione che la censura faccia di questa il luogo della rappresentazione ipocrita.

Rivière si concentra principalmente su Proust ed il suo rapporto con l'inconscio.

I due s'incrociano nel 1914, quando il redattore della prestigiosa Nouvelle Revue Française, ignorerà, ispirato da André Gide, la pubblicazione di “Du côté de chez Swann”. Nonostante la sua perenne ricerca del nuovo che avrebbe cancellato il vecchio romanzo d'avventura.

Bisogna attendere il 1920, con “À l'ombre des jeunes filles en fleurs” perché Rivière, ora direttore della NRF, capisca che non la sincerità, che per Proust non esisteva, ma il suo “sguardo diabolico, sacrilego” edifica il nuovo romanzo.

Per asserire infine che trovava “emozionante la sua rinuncia all'emozione. La pazienza, la diligenza alla ricerca della verità e della realtà immutabili perché sottratte all'usura del tempo... in contrapposizione alla menzogna che è lo strumento di conservazione più usato”.

Stupisce allora il silenzio di Rivière sul mascheramento sessuale di Proust nel suo capolavoro.

Convertito finalmente, assieme a Gide, dalla “magnifica intelligenza del più grande scrittore francese vivente”, curerà assieme a Robert Proust (fratello di Marcel) la pubblicazione dei volumi della Recherche rimasti inediti.

 

 

 

 

 

 

Questo esile libricino di 162 pagine, ma di non facile lettura, riproposto da Alfonso Berardinelli su Avvenire, pubblica il saggio dal titolo “Alcuni progressi nello studio del cuore umano”.

Si tratta serie di conferenze tenute dal critico Rivière nel 1924, due anni dopo la morte di Proust e pubblicato postumo nel 1927.

Il critico segue la traccia che unisce il padre della psicanalisi Sigmund Freud ed il grande scrittore, pur avvertendo che Proust ignorava l'esistenza di Freud e conseguentemente le sue tesi.

Li unisce comunque il nuovo modo d'interrogare la coscienza e la convinzione che la censura faccia di questa il luogo della rappresentazione ipocrita.

Rivière si concentra principalmente su Proust ed il suo rapporto con l'inconscio.

I due s'incrociano nel 1914, quando il redattore della prestigiosa Nouvelle Revue Française, ignorerà, ispirato da André Gide, la pubblicazione di “Du côté de chez Swann”. Nonostante la sua perenne ricerca del nuovo che avrebbe cancellato il vecchio romanzo d'avventura.

Bisogna attendere il 1920, con “À l'ombre des jeunes filles en fleurs” perché Rivière, ora direttore della NRF, capisca che non la sincerità, che per Proust non esisteva, ma il suo “sguardo diabolico, sacrilego” edifica il nuovo romanzo.

Per asserire infine che trovava “emozionante la sua rinuncia all'emozione. La pazienza, la diligenza alla ricerca della verità e della realtà immutabili perché sottratte all'usura del tempo... in contrapposizione alla menzogna che è lo strumento di conservazione più usato”.

Stupisce allora il silenzio di Rivière sul mascheramento sessuale di Proust nel suo capolavoro.

Convertito finalmente, assieme a Gide, dalla “magnifica intelligenza del più grande scrittore francese vivente”, curerà assieme a Robert Proust (fratello di Marcel) la pubblicazione dei volumi della Recherche rimasti inediti.

 

 

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Maria Antonietta di Stefan Zweig

 

A volte il sottotitolo chiarisce meglio del titolo.

É il caso di “Maria Antonietta - Una vita involontariamente eroica “ del 1932.

Il libro una delle migliori biografie della regina di Francia e una delle più riuscite di Zweig.

I comportamenti di Maria Antonietta nei suoi primi anni in Francia mietono le antipatie dei francesi e credo dei lettori.

Inizia con lo sfuggire da una vita sentimentale inesistente, forse anche per ignorare questo marito che la lascia vergine per otto anni.

Si inanellano giornate piene di nulla.

Un vuoto spirituale agghiacciante, una fatuità irresponsabile.

Contatto col mondo vero: nulla!

Non bastano le continue lettere di ammonimento della madre Maria Teresa e le paterne esortazioni dell'ambasciatore austriaco Mercy.

Ma poi, con l'avvicinarsi della bufera, la regina diventa persona altra.

Supera l'ignavia di Luigi XVI, prende finalmente coscienza della situazione ma ormai è tardi!

Non basta nemmeno la presenza dell'amato conte Von Fersen.

Anche il racconto cambia ritmo: approfondisce ulteriormente l'analisi psicologica e acquista una tensione da thriller che ti aggancia sino all'ultima pagina.

Una biografia spietata, una magnifica pagina di storia, narrata dal conterraneo Stefan Zweig, che, senza indulgere a commiserazioni, segue la piccola Maria Antonia sposa in Francia a 14 anni fino alla salita al patibolo 23 anni dopo.

 

 

 

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Inganno di Lilli Gruber

Con questo libro credo termini la trilogia dedicata dalla Gruber alla sua Heimat o più largamente all'Alto Adige.

Iniziata con Eredità e poi Tempesta approda a tempi più vicini, quelli dei bombaroli.

Ancora una volta l'autrice, assume il lodevole compito di spiegare, a noi che viviamo a sud della stretta di Salorno lo spirito, il sentire della sua gente.

L'architrave stavolta è la bipolarità o l'ambivalenza di questo sentire, sia attraverso la ricerca storica che attraverso la bella invenzione dei tre ragazzi e delle loro vite.

Bipolarità inevitabile fra le antiche appartenenze e la storia degli ultimi cento anni nell'Italia.

Illuminanti a questo proposito le interviste ad Eva Klotz e Walli Amplatz.

Dal lato storico credo sia una sorpresa apprendere sia dei depositi atomici diffusi che del ruolo moderatorio della SVP verso le sue ali estremistiche.

Non credo che quest'ultimo sia l'inganno del titolo!

Mancano, come è ovvio, le rivelazioni dei “segreti della guerra fredda”e dei ruoli verosimilmente giocati dagli USA e dall'URSS.

Poco pertinente la conclusione/intervista al professor Cacciari.

 

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Il rumore del tempo e altri scritti di Osip Mandel’štam

Osip Mandel'štam (1891-1938) Grande poeta ebreo russo, vive principalmente a Pietroburgo.

Finisce inevitabilmente, per il suo rifiuto all'omologazione, stritolato nell'inferno dei Gulag staliniani

L'edizione Adelphi, edizione 2012, presenta una raccolta di quattro racconti: Il rumore del tempo, Teodosia, Il francobollo egiziano, Quarta prosa.

I tratta di una prosa sorprendente rispetto alla letteratura classica.

L'autore procede per intuizioni tutte sue, che non seguono la consueta linearità del racconto con dissonanze, ovviamente a scapito della fluidità.

Mandel'štam scrive con cortocircuiti mentali imprevedibili che sconcertano. I salti temporali sono la normalità e la logicità è sincopata con andamenti sussultori.

Questo potrebbe essere comprensibile nelle poesie ma nella prosa è sicuramente complesso.

Ma allora perché leggere questo libro?

Non solo per conoscere una scrittura “alternativa” ma perché il terzo racconto “Il francobollo egiziano” è stupefacente.

Raramente capita di assistere, con buona pace del divorzio della traduzione, ad un caleidoscopio rutilante a velocità incredibili che lanciano altissime nel cielo giochi di parole fantasmagorici.

Ecco un esempio:

Ho fretta di dire la verità assoluta. Non posso aspettare. La parola è come l'aspirina in polvere, lascia un gusto metallico in bocca.

L'olio di fegato di merluzzo è una miscela di incendi, di gialle mattine invernali e olio di balena: il sapore degli occhi strappati e spappolati, il sapore di un ribrezzo quasi estatico”.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

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L’imperatore di Ryszard Kapuściński

In questo racconto, che ha le caratteristiche del saggio, Kapuściński analizza sul posto, dopo la sua caduta, la figura del Negus Hailè Selassiè Imperatore d'Etiopia.

Per chi avrà l'interesse ad approfondire la figura dell'uomo cacciato da Mussolini per cinque anni, e poi rientrato in possesso del suo impero, governato dal 1930 al 1974, il libro è l'occasione migliore.

Il reportage di circa centocinquanta pagine, è scritto in maniera inconsueta:

a parlare sono gli ex cortigiani o funzionari del Palazzo. Così è sempre nominato l'entourage del Negus, con un riferimento, a mio parere, palese al Castello di Kafka.

Ed questa l'atmosfera che si vive sempre più, man mano che la caduta dell'autocrate s'avvicina.

Il Negus vive e comanda il suo paese circondato da bande di cortigiani che si fronteggiano costantemente nell'eterna lotta di conquistare il favore della Sfinge Imperiale. Ma è grazie a questa collocazione autartica e medievale che l'Imperatore domina e comanda un regno primitivo con enormi problemi che finge di risolvere, autoisolandosi nell'immobilismo.

Una figura enigmatica che, dall'alto della sua Maestà di Leone conquistatore della tribù di Giuda, signore dei signori, re dei re, luce del mondo, eletto del Signoree della sua apparente onnipotenza, lascia senza fiato.

Finale kafkiano con Hailè Selassie incapace di capire e reagire al colpo di stato che porrà fine non solo all'Impero ma anche alla sua vita.

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Gimpel L’idiota di Isaac B. Singer

Si tratta di una raccolta di ventiquattro racconti, pubblicati e tradotti dallo yiddish in inglese da Saul Bellow nel 1957, dopo l'uscita del celeberrimo “La famiglia Moskat”.

Le storie sono quasi esclusivamente ambientate in Polonia, nella sua Polonia, dove visse sino a trentanni, a cui si sarebbe costantemente ispirato nelle sue opere.

É lo spaccato di questa umanità ebraica povera dei piccoli villaggi, delle loro credenze, miti e leggende.

Non esiste una mitizzazione degli individui, sono visti nudi con le loro meschinità, bassezze, come tutto il genere umano.

É un mondo popolato da figure fiabesche, ma non troppo, demoni, lupi mannari e, onnipresente nella sua veste di studioso e di capo della comunità, il rabbino.

La scrittura è trascinante, bellissima, quella di un grandissimo scrittore.

Dopo questi racconti Henry Miller scrisse: “Che mondo meraviglioso, terribile, splendido. Dio benedica Singer! Non si sa bene da dove cominciare: se cantare, danzare o gridare”.

Segnalo particolarmente fra i racconti:

I piccoli ciabattini” dove i figli del ciabattino emigrano negli USA dove alla fine l'anziano padre li raggiungerà;

Solo” storia di un uomo che si trova solo ovunque, in paese che non è il suo;

Esther Kreindel seconda” metamorfosi kafkiana di una moglie;

Yentl, lo studente della yeshivà” storia al femminile di grande amore, da cui trasse il famoso film “Yentl” Barbra Streisand.

 

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Racconti fantastici di Su Tong

L'agile libretto, di poco più di cento pagine, ti porta subito con con sé, dolcemente come quei fiumi eterni che trasportano i racconti.

Il tempo non esiste in queste magnifiche storie.

Tutto è silente, in attesa che il rito immutabile si compia solo per noi, attoniti e stupiti.

La lettura è aerea, in bilico fra prosa e poesia.

Su Tong ti trascina in questo vortice dove tutto è possibile, incapaci di distinguere il quotidiano dal sogno.

Tutto accade perché è scritto e può succedere che

- nel rito della antica giara nera il moderno studioso venga trascinato nel vortice del passato;

- che i nipotini aiutino, in modo sconvolgente, l'anziano nonno a fuggire finalmente con la mitica gru bianca;

- che il giovane introverso postino trovi finalmente l'amore che non c'è;

- che un angelo distribuisca riso e cerchi inutilmente di raccogliere lacrime in un mondo egoista;

- persino che un cacciatore di farfalle scambi il suo destino con un giocatore di weiqi;

- oppure che il fantasma delle carte ritagliate entri nel quotidiano per aiutare il protagonista.

Tutto questo ed altro succede negli otto brevi racconti

Ma più che fantastici si tratta invece di una diversa realtà, sognata.

 

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Treni strettamente sorvegliati

Bohumil Hrabal è giustamente ritenuto uno dei più importanti scrittori cechi contemporanei.

Nato a Brno nel 1914 e morto a Praga nel 1997 testimonia nei suoi scritti lo spirito malinconico di questa terra.

Nella sua vita zingaresca praticò mille mestieri prima di approdare a quello di trascrittore, come si autodefiniva, perché le sue storie rudemente ordinarie sono assorbite principalmente dalla vita di birreria.

N’esce uno stile originale, fortemente basato sull’oralità, le chiacchiere e i monologhi da ubriaco.

Il racconto, ambientato nella Boemia del 1945, in perfetto humour agrodolce, come vari piatti della cucina locale, è veramente spassoso.

Milos, incasinato ferroviere con una famiglia di singolari personaggi, è affetto da eiaculatio precox.

Umiliato nella propria virilità, tenta il suicidio, ritorna al lavoro ma sempre col tormento fisso.

S’adopera per un’azione partigiana di sabotaggio di un treno militare tedesco, conosce fugacemente una bella e disponibile attivista e finalmente dimostra la sua mascolinità.

Detto questo, parrebbe la solita insalata di lattuga. No! Perché l’importante è il condimento e gli ingredienti accessori.

Il condimento è quest’ironia, che ha prodotto testi esemplari come “Il buon soldato Sveik” di Hasek.

Anche le pagine più meste sono leggère e riescono a far sorridere.

Il nostro “eroe” è teneramente accompagnato tra le vicende; chiederà aiuto per il suo problema, persino alla moglie del capostazione, fino all’innocente dichiarazione di verginità alla bella staffetta.

Il tutto con una visione della sessualità candidamente primitiva.

Imperdibile l’interrogatorio, da parte del burocrate di turno, del collega, reo d’avere interamente timbrato e fotografato il culo della prosperosa telegrafista.

Questo libro, dal quale è nato un bel film in bianco e nero, vincitore dell’Oscar nel ’67, introduce alla conoscenza di un agire diverso dal nostro abituale, dove pure nel finale scalognato, non c’è la minima traccia d’odio verso il nemico.

 

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David Golder di Irčne Némirovsky

É vero, come scrive Piero Citati, che il libro grida odio verso il denaro in primis, ma specialmente verso la mancanza di sentimenti, di rapporti.

Ferocemente contro chi è incapace di qualunque forma di amore.

Già il nome del protagonista: David Golder è un'anticipazione.

L'ebreo incarna il “pescecane”, quello che per il danaro è disposto a tutto.

Per questo semina distruzione ovunque si presenti ma...ha un lato debole nella sua corazza: la figlia.

I segnali della sua decadenza fisica corrono lungo tutto il racconto ma lui, pur consapevole, corre sino oltre il baratro.

Resta inspiegato il perché del suo agire, per amore o per odio?

La storia è veramente ben scritta, con un ritmo serrato e secco.

Come s'addice alla Némirovsky, ormai riconosciuta come grande scrittrice.

Ed iniziare col suo primo romanzo è veramente un bel modo per apprezzarla.

 

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Peccato originale di Gianluigi Nuzzi

L'ultimo libro di Gianluigi Nuzzi prosegue l'interminabile vaticaneide portando ulteriori documenti.

Il libro si compone di tre parti: Emanuela Orlandi (Sangue), ultime notizie sullo IOR (Soldi), l'omosessualità in Vaticano (Sesso).

La vicenda di Emanuela Orlandi si trascina ormai da 34 anni senza purtroppo nessuno sprazzo di luce.

S'inserisce forse in questa tenebrosa vicenda il seppellimento, a suon di soldoni, del boss della Magliana Enrico De Pedis nella basilica romana di Sant'Apollinare?

Sull'Istituto per le Opere di Religione ed i suoi misfatti e crimini annessi sono ormai piene le librerie, questa volta però Nuzzi si concentra soprattutto sull'impallinamento dei successori di Marcinkus, con l'obiettivo di bloccare ogni cambiamento.

L'ultima parte si occupa di un caso di abuso sessuale all'interno del seminario dei “Chierichetti del Papa” e dell'inutile denuncia seguita.

La tesi che ispira “Peccato originale” è che una lobby oscura, ma non troppo, “ostacola la rivoluzione di Francesco.”

Alla potenza di questo blocco di potere viene fatta risalire la rinuncia di Benedetto XVI, che ben aveva iniziato la lotta di moralizzazione della Curia romana.

Non mancano in appendice una serie di copie di documenti veramente interessanti.

 

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Il Maestro e Margherita

Michail Bulgakov (Kiev 1891- Mosca 1940) occupa, a dispetto della sua scarsa notorietà attuale e passata, un posto alto nella letteratura del Novecento.

Questo a riprova che il mercato stabilisce il prezzo ma non il valore delle cose e delle persone.

L’autore de “Il maestro e Margherita”, scrittore e specialmente commediografo, non nascose la sua sfiducia nel sistema sovietico e non ebbe perciò vita facile.

Stalin, che lo ammirava personalmente, gli permise di vivere e scrivere ma non di pubblicare.

Il romanzo alterna, incubo e scherzo, mistica e farsa, conditi con tragicommedia in maniera eccezionale.

I colpi di scena si susseguono senza respiro, inframmezzati con un ardito salto temporale, dall’incontro fra Ponzio Pilato e Jeshua (Gesù Cristo).

La loro collocazione nel contesto vi lascerà a mezz’aria, senza rete!

In questo libro, Bulgakov si dimostra degno erede di Gogol nella denuncia delle “anime morte” che comandano la società, e di Dostoevskij per la spiritualità.

Il finale, dopo un nuovo rimescolamento pirotecnico di personaggi e avvenimenti, sembra concederci finalmente una conclusione distesa.

Il libro, definito da Montale “un miracolo che ognuno deve salutare con commozione”, non è, ovviamente, una lettura rilassante, ma è ben scritto e non vi lascerà sicuramente indifferenti e vi tormenterà invece, con la voglia di rileggerlo.  

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Furore di John Steinbeck

Il libro fa parte del ciclo di tematiche sociali, che Steinbeck affronta anche in altre opere, con una particolare attenzione al mondo dei lavoratori agricoli conosciuti molto da vicino.

Anche da Furore (titolo originale The Grapes of Wrath), come da quasi tutti i suoi lavori, è stato tratto un film.

Questo, di John Ford, raccolse l’Oscar per la regia e l’interpretazione femminile.

La storia è quella dell’intera famiglia Joads (nonni compresi) che, depredata dalle ipoteche e dalle calamità naturali, è costretta a lasciare i propri campi in Oklahoma per raggiungere in California l’agognata Terra Promessa.

Su tutto, sovrasta la figura della madre, che lega con instancabile amore i suoi congiunti sottoposti ad ogni lacerazione.

Il loro esodo, assieme ad altre masse di disperati, sarà drammatico; braccati dagli sceriffi, respinti con odio dai locali che scatenano una xenofoba guerra tra poveri e sfruttati come autentica carne da macello da latifondisti senza scrupoli, viaggeranno con quest’umanità ridotta per sopravvivere ad ogni resa.

La scrittura di Steinbeck è poetica, coinvolgente come poche, ti prende la mano e non ti molla sino all’ultima pagina.

La bella storia, rivela le conseguenze della Grande Depressione sulle vite di migliaia di famiglie, delle rivoluzioni industriali ed i loro prezzi, sempre ignorati, pagati dai deboli, dagli ultimi.

Il riscatto, ipotetico, avverrà solo con un’immensa pietà e tramite la solidarietà tra diseredati, unico baluardo a salvaguardia dell’irrinunciabile dignità umana.

 

 

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Sebastiano Vassalli: La chimera

Vassalli costruisce una bella storia ambientata a cavallo tra il '500 e il '600, l'epoca della Controriforma.

É la storia di una ragazza condannata inesorabilmente dal suo modo libero di pensare ad essere espulsa, nel modo più drammatico possibile in quella epoca.

La storia è ben congegnata e ben narrata sin dalla nascita e del suo abbandono, si direbbe quasi un destino segnato.

Il romanzo ha principalmente un carattere sociologico, nel senso che all'autore interessa innanzi tutto mettere alla luce i comportamenti collettivi: la gente con la propria grettezza, la chiesa e i suoi meccanismi per mantenere il potere sulle masse.

In questo caso ambientato nella provincia novarese.

Emergono le bigotterie, le superstizioni, le paure che dominavano ancora quel periodo.

Il tutto è narrato senza suspence perché sin dall'inizio è dichiarato l'epilogo tragico.

Il titolo credo alluda alla “mostruosità” di Antonia, vista con gli occhi della “normalità collettiva”.

Consigliabile.

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Suite francese di Iréne Némirovsky

L'ultimo (incompiuto?) romanzo della Némirovsky, abbastanza lungo, si snoda con molti personaggi.

La vicenda si svolge durante il periodo iniziale dell'invasione tedesca della Francia del 1940, a seguito della disastrosa rotta dell'esercito francese.

E' un paese che piomba nello sconforto.

Vengono analizzati quattro gruppi di persone che abbandonano Parigi alla notizia dell'imminente arrivo dei dei nazisti.

Questo da modo alla scrittrice di analizzare tutti i sentimenti dei protagonisti: paure, meschinità, egoismi.

I dettagli ambientali sono molteplici, forse eccessivi, ed è solo oltre la metà della storia che l'analisi psicologica si fa più stringente ed interessante.

La maggior parte dei protagonisti, superate le paure iniziali torna a Parigi.

Allora però la tessitura del romanzo cambia registro; i personaggi iniziali vengono abbandonati, ci si concentra su altri e specialmente sul comportamento, anche collettivo, della popolazione, verso l'invasore.  

Tutto diventa solamente sopportazione, calcolo, senza nessun ideale.

Ma nella storia tra Bruno von Falk e Lucille la scrittrice pare suggerirci che solo l'umanità, l'incontro fra le persone, possono salvarci dalla britalità della guerra.   

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Ereditŕ

Lilli Gruber : Eredità – Una storia della mia famiglia tra l'Impero e il fascismo.

 

Forse il titolo più esatto sarebbe: Storia della mia dinastia femminile tra...”

Questo solo perché in questo bel volume della Gruber le fila sono tirate quasi solamente da mani femminili.

In fatti la tessitrice è la bisnonna Rosa che dopo non avere ancora superata la I guerra mondiale, la dissoluzione dell'impero austro-ungarico, si trova catapultata dalla parte del nemico, quella degli italiani (i welscher).

Il racconto (la storia vera) è ben congegnata, anche se forse sono eccessive le ambientazioni post, con l'intercalare fra il vissuto dell'antenata e l'oggi della scrittrice.

Emerge una matriarca di grande forza e determinazione, in grado di condurre da sola la grande azienda di famiglia.

Ma specialmente, ed è questo l'intento della Gruber, di spiegare a noi a sud dell'Alto Adige (che per loro è il Sud Tirolo) il trauma, della separazione dalla madrepatria/madrelingua.

Emerge specialmente la stupidità del nazionalismo fascista, qui come in Istria, della italianizzazione forzata che ignora la Storia diversa che ha formato le nostre vite, tutte. Ed è ancor oggi è responsabile di certe incomprensioni.

Direi un libro obbligatorio per chi, prima di sentenziare voglia prima capire.

Buona lettura.         

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La famiglia Moskat di Isaac Singer

Raramente capita d'imbattersi in un libro come "La famiglia Moskat."

La scrittura è magistrale, velocissima, difficilmente ci sono periodi superiori alle tre righe.

Fin dall'inizio, aiutati dagli utilissimi alberi genealogici, la storia vi prenderà senza lasciarvi mai.

Il filo rosso che superficialmente lega la narrazione è il giovane Asa Hesel, incapace di quadrare i conti con se stesso e col suo Dio, "Quello che nel suo laboratorio crea e distrugge facilmente." 

Ma si tratta invece di una grande storia corale sulla vita degli ebrei in Polonia (Varsavia) all'inizio del XX secolo sino all'irrompere sulla scena della belva nazista che fa esplodere l'antisemitismo pur sempre vivissimo nel paese.

Forse il personaggio cardine è il rabbino, figura di riferimento del cosmo ebraico.

A lui, come  modello, guardano tutti i personaggi. Sia gli osservanti che  gli indifferenti.

Figura impressionante nella sua missione di studioso dei sacri testi che, per contro, gli impedisce di capire l'evoluzione quotidiana del suo popolo.

Popolo che pare, nell'attesa del Messia, destinato dalla sua storia a ripetere il ruolo del capro espiatorio.

Gli intrecci delle vite, degli amori, dei divorzi (quanti!) sono avvincenti e sono un testo sui costumi degli ebrei. 

In conclusione, penso che il termine capolavoro sia azzeccato.

Giustamente riconosciuto a Singer col Nobel nel 1978.