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Raccolta di testi in prosa di Amabilino Michele
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I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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la casa della fortuna

LA CASA DELLA FORTUNA

Racconto di Michele Amabilino

1994 in un paesino del Molise…

-Geraldo, Geraldo, apri presto…-gridò una voce di uomo, picchiando su di una porta grezza e tarlata. Dopo un po’ qualcuno aprì l’uscio di casa e si affacciò fuori a guardare. Si trovò davanti un vecchio, curvo e magro come un chiodo, vestito di nero. Quest’ultimo disse con voce alterata: -Tuo figlio Luca si è infortunato, è caduto da una scala e si è rotto una gamba. E a casa sua che cammina con una stampella. Il vecchio Geraldo borbottò qualcosa poi alzò il tono della voce, piuttosto alterato :

-Accidenti, questo non ci voleva. E per quanto starà così? Il medico del paese che ha detto ? Ma entra pure compare Mariano che le offro un goccio. Il vecchio curvo e magro di nome Mariano :

-Dormivi ?

-Si. Il vecchio Damiano entrando nella misera dimora :

-Hai cucinato qualcosa con l’aglio ? Si sente ad un miglio di distanza.

Il vecchio Damiano si sedette mentre il padrone di casa portava dei bicchieri e una bottiglia di rosso.

-Bevi un goccio… è quello buono.

I due si misero a parlare, a bere poi il vecchio Geraldo prese il cappello nero e il bastone e disse :

-Andiamo da Luca… - e così dicendo chiuse la porta di casa con una grossa chiave, sospirò guardando la sua misera dimora fatta di pietre poi si incamminò con il compare lungo la strada in terra battuta fiancheggiata da vecchi alberi. Arrivarono nel cuore del paese e tra le tante abitazioni, si diressero verso una in particolare dai muri calcinati , a due livelli abitata da povera gente. Geraldo era un vecchio contadino in pensione, vedovo da molti anni, viveva da solo, appartato, in una casupola isolata dal paese, aveva quasi novant’anni ma se li portava bene, lucido e autosufficiente. Il vecchio Geraldo aveva ereditato dal genitore una grande casa a due livelli alle porte del paese, era ormai un rudere sopravvissuto ai bombardamenti dell’ultima guerra e tristemente nota a tutti gli abitanti di quel povero paese, una casa che era stata un quartier generale dei tedeschi, una casa che non godeva buona fama e Geraldo ne era il proprietario. Il suo sogno ? Risparmiare denaro per ristrutturarla e poi regalarla ai suoi tre figli, Simone, Luca e Giovanni. Era riuscito a risparmiare denaro per tutta la vita e finalmente ora possedeva la somma necessaria per i lavori. Avrebbe chiamato i suoi figli come muratori per la vecchia casa nazista, l’avrebbe rivista rifiorire riportandola agli antichi splendori, ripulita dagli orrori della Storia. In paese quella casa aveva un nome. La chiamavano la Vecchia Tedesca. Geraldo spesso si recava colà ad osservarla ricordando gli anni giovanili. Dal balcone del primo piano, ricordava di aver visto da ragazzo sventolare una bandiera nazista, gli sembrava di sentire ancora nell’aria, le voci dei soldati, degli ufficiali, di rivedere le loro divise, le armi, i carri armati, le auto, i cannoni, le mitragliatrici da campo, i camion dei soldati. Una notte, erano fuggiti come conigli, consapevoli della loro disfatta, per sottrarsi alle truppe alleate di liberazione, ai partigiani. Una notte che per tutti era ricordata come la fine della guerra e la disfatta del regime nazista. Qualche volta, toglieva la catena della porta principale, girovagava per le stanze, inseguendo ricordi, osservando i muri, le stanze che raccontavano un pezzo di Storia scritto con il sangue. I due vecchi attraversarono le strade del paese e si dirissero verso una povera casa tra le tante. Bussarono ad una porta e qualcuno si affrettò ad aprire e farli entrare in una grande stanza arredata di povere cose, animata dai giochi di alcuni bambini e da due donne indaffarate nel preparare un pasto caldo. Il vecchio Geraldo ai presenti:

- Dov’è l’infortunato ?

A quella domanda sbucò da una seconda stanza un uomo di mezza età che camminava a fatica con una stampella-

  • Sono qui, con qualche ammaccatura – disse amaro.

  • Il vecchio Geraldo guardò suo figlio con apprensione, si sedette stancamente su di una sedia e aggiunse con un sospiro :

  • Non potrai lavorare per un po’ ma tranquillizzati, dì a tua moglie di non preoccuparsi per questo, la famiglia ti aiuterà. I tuoi fratelli Simone, Giovanni ed io, provvederemo per le tue necessità. Siamo una famiglia unita e… adesso qualcuno ci offra un goccio di vino che abbiamo sete…- e così dicendo, invitò il compare Damiano a sedersi e a bere con lui. Una donna un po’ appesantita nella figura, vestita dimessamente, portò una bottiglia e due bicchieri. Il vecchio Geraldo :

  • Qualcuno chiami Simone e Giovanni, ho qualcosa da dire…

  • Una donna passò l’ordine ad un ragazzino presente nella casa che prontalmente si prestò al servizio. Dopo un paio di minuti, entrarono due uomini, si guardarono intorno ed uno di essi disse con curiosità :

  • E allora, ci sono novità ?

  • Il vecchio Geraldo :

  • riguarda la Vecchia Tedesca..ho i soldi per ristrutturarla e voi lavorerete nel tempo libero per rimetterla a posto. Sarà la vostra casa, c’è la possibilità di ricavare 3 alloggi abbastanza comodi per le vostre famiglie. La notizia entusiasmò tutti i presenti e si diffuse in tutto il paese e tutti lodarono la generosità del grande vecchio. Dopo i normali premessi presentati alle autorità locali per la ristrutturazione dell’edificio, finalmente arrivò il giorno per l’inizio dei lavori. Per prima cosa bisognava rifare il tetto, poi i muri esterni, la divisione di tutta la struttura in 3 alloggi connessi. Occorreva aprire delle porte, finestre, costruire scale interne e poi i lavori ai locali interni ecc.. Di tanto in tanto il vecchio Geraldo andava a fare visita alla Vecchia Tedesca ma non era il solo. C’erano altri, vecchi in maggioranza, che curiosavano ed era un pellegrinaggio continuo di curiosi. I lavori continuavano nella Vecchia Tedesca, era stato rifatto il tetto, i figli del vecchio Geraldo avevano recintato con una rete tutto l’edificio per impedire ai curiosi di entrare all’interno della costruzione perché c’erano macchine, materiale poi un giorno, accadde qualcosa… Erano circa le 5 pomeridiane, faceva freddo perché già in tardo autunno quando qualcuno, bussò nervosamente alla porta della povera dimora del vecchio Geraldo. Questi aprì l’uscio e vide visibilmente scosso il figlio maggiore Giovanni. Aveva buttato per terra una vecchia bici ed era quasi sconvolto.

  • Papà, devi venire subito alla Vecchia Tedesca, ti dobbiamo parlare… Il vecchio sorpreso, visibilmente preoccupato, aggiunse :

  • Mi stavo preparando una tazza di caffè, ho la caffettiera sul fornello acceso…

  • Spegni il gas e vieni via con me.

  • Ma che diavolo è successo ? – tuonò nervosamente il vecchio.

  • E non te lo posso dire – aggiunse con agitazione l’uomo – dai, vieni che ti porto sul telaio della bici. Il vecchio pensieroso si affrettò a spegnere il gas, chiuse la porta di casa con la chiave e salì sul telaio della vecchia bici che partì a fatica gravata dal peso di due persone. Raggiunse l’edificio in ristrutturazione e vide gli altri suoi figli ad aspettarlo.

  • Allora ? – disse il grande vecchio – che cavolo succede qui ? I figli lo presero sottobraccio e lo portarono dentro l’edificio, chiusero la vecchia porta alla meglio e uno di essi, Luca, disse visibilmente euforico : - Papà siamo ricchi !

Una risata nervosa, incredula, fu la risposta del vecchio.

  • Siete tutti impazziti ?

  • Luca a questo punto :

  • Abbiamo trovato un tesoro, è qui nella seconda stanza, occultato da una parete… Lo stupore si dipinse nella faccia del vegliardo, incredulo a quelle parole. Balbettò : - Dov’è ?

  • I figli lo portarono dentro una seconda stanza, lo fecero sedere su di una cassa che serviva come tavolo per il pranzo. Giovanni : - La vedi quella parte in fondo alla stanza ? Abbiamo aperto una breccia quando abbiamo scoperto una stanzetta segreta, ma vieni con noi che ti facciamo vedere… E lo portarono sul posto. Il vecchio sentì le gambe tremare, i figli capirono lo stato d’animo del padre e lo presero sottobraccio. Uno di essi disse : - Fai attenzione, ci sono mattoni rotti e calcinacci… Il vecchio si appoggiò con la mano sul bordo della parete, guardò dentro e quasi si sentì mancare dall’emozione. Nel buio del vano vide delle casse, alcune aperte, altre impilate e chiuse, pieni della polvere del tempo, vide in una cassa aperta, una incredibile quantità di anelli, bracciali, spille, collane d’oro e poi, in un’altra aperta, lingotti del prezioso metallo. Era una quantità enorme che dava un senso di vertigine. Disse con un fil di voce :

  • - Cos’è tutto questo ? E il figlio Luca gli rispose :

  • -La nostra fortuna perché questa è la casa della fortuna. Giovanni si affiancò al genitore e aggiunse :

  • Non so quantificare il valore di quest’oro, di certo è bottino di guerra i nazisti non hanno fatto in tempo a portarlo via quando sono fuggiti dal paese. Forse…ci sono milioni di lire…

  • Simone :

  • - Vorrai dire…miliardi di lire e sono nostri. Luca :

  • - Ma se denunciamo queste ricchezze alle autorità, ce li sequestrano ?

  • Giovanni :

  • Perché mai dobbiamo farlo ? Sono all’interno della nostra casa…

Il vecchio Geraldo con voce tremante :

  • Figli miei, guai a voi se dite tutto questo a qualcuno… Ed essi, quasi in coro, lo rassicurarono:

  • Nessuno di noi dirà una parola ma dobbiamo capire come fare per trasformarli in denaro.

Il vecchio Geraldo :

  • Forse un sistema c’è… Pippo lo strozzino, lo conoscete, lui può aiutarci.

  • Quello ? – rispose infastidito Giovanni è un tipo poco raccomandabile. Luca :

  • -… ma l’unico che possa aiutarci. Giovanni :

  • Ci mangerà una fortuna !

  • Il vecchio :

  • - Qui c’è tanto oro da permettersi di ingozzarlo. Simone :

  • - Lo contattiamo, per intanto, sospendiamo i lavori e a rotazione, facciamo la guardia a questa casa. E mi raccomando, silenzio anche con le nostre famiglie.

Uscirono, chiusero le finestre, con la catena la vecchia porta, il recinto. Luca si fermò a controllare che tutto fosse in sicurezza poi aggiunse :

Questa sera farò il primo turno di guardia alla casa, domani tu Giovanni , il secondo turno e così a rotazione. Intanto ritorniamo alle nostre case. Quella sera Luca per giustificare alla moglie e ai figli il suo lavoro extra di guardiano notturno alla Vecchia Tedesca, inventò una storia di furti di materiale e questa versione fu la stessa che fornirono gli altri due fratelli alle rispettive famiglie. Nei giorni seguenti fu contattato lo strozzino, chiamato alla Vecchia Tedesca per un colloquio di affari. Ma chi era Pippo lo strozzino ? Un uomo quasi vecchio con una grossa testa in un corpo piccolo e gracile, deformato da una gobba, occhi piccoli e neri, mobilissimi, un naso pronunciato come quello di un rapace. Gestiva un modesto negozio di alimentari nel paese ma questa attività era una copertura per altri interessi. Single, viveva in una casa squallida in compagnia di quattro grossi cani, girava in paese e altrove con una Fiat 1200 del 1961 a quattro porte e di color nero. Ecco come si svolse il colloquio…

Il vecchio Geraldo :

-…allora Pippo ti abbiamo fatto vedere il tesoro, compari in un affare colossale ma…sei sicuro di riuscire a vendere l’oro ? Lo strozzino con entusiasmo :

- Ma certo… però mi servirò di alcuni miei uomini fidati per il cambio e poi, per il contante, consiglio dei prestanomi di mia conoscenza, naturalmente prezzolati. E’ necessario…

- Ma così non c’è il rischio di un imbroglio ? – tuonò il vecchio Geraldo. L’usuraio :

- Rispondo io dei miei ragazzi, sono un uomo d’onore. L’uomo chiamò Luca :

- Papà, questa storia non mi piace…dobbiamo fidarci di estranei…

Il vecchio Geraldo ci pensò un po’ poi concluse con lo strozzino :

  • Allora siamo intesi faremo un carico di oro con un camion e tu te ne occuperai per il cambio in lire e dei prestanomi. A proposito, secondo te, quanto ricaveremo in soldi ?

  • - La stima approssimativa è… di 100 milioni di lire , divisibili – rispose l’usuraio. Il vecchio Geraldo:

  • Come riusciremo a prendere la nostra parte ? L’usuraio :

  • Io stesso passerò parola ai prestanomi consegnando loro il denaro, essi vi trasferiranno i soldi suoi vostri conti bancari in qualsiasi città e voi controllerete le cifre versate a vostro favore, si intende lorde, perché da considerare il profitto dei prestanomi. Giacomo :

  • E per il secondo carico ? immagino di notte…

  • L’usuraio :

  • Certamente. Il secondo carico la seconda settimana con destinazione altre città e di questo mi occuperò io personalmente. Il vecchio Geraldo :

  • Pippo, secondo te qual è il valore totale di tutto questo oro ?

  • Miliardi di lire- rispose con certezza lo strozzino che aveva visto l’enorme ricchezza .

  • Son troppi per noi – commentò preoccupato Geraldo.

  • E allora ? che facciamo, buttiamo tutto il resto ? – aggiunse il figlio Luca. Così poco alla volta preda dalla febbre dell’oro si erano imbarcati in un’operazione poco pulita, poco legale, perché era opinione di tutti , che quell’oro appartenesse alle autorità ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro denunciare la presenza di quella montagna d’oro bottino di guerra in quella casa che era stata un quartiere generale nazista. Per il trasporto erano fortunati per il fatto che la vecchia costruzione ex nazista si trovava all’inizio del paese , un posto poco illuminato e privo di ogni abitazione e quindi inosservato. Ogni settimana, di notte partiva un carico così, il vecchio Geraldo si trovò un consistente patrimonio in un conto corrente bancario, una cifra che sfiorava i 100 milioni di lire, anche i suoi figli avevano osservato i loro conti, le somme a loro favore e questo ingigantiva il loro entusiasmo. Pensavano di fare altri soldi, di diventare ricchi sfondati perché l’oro che stava nascosto nella vecchia casa in ristrutturazione, sembrava non finire mai. Anche lo strozzino e i suoi compari gioivano dei loro lauti guadagni e sognavano altri soldi, tanti ancora ma il destino aveva deciso qualcosa, in negativo per tutti…

Accadde una notte, il vecchio Geraldo si trovava alla Vecchia Tedesca, fuori con una lampada da campeggio in mano accesa, ad aspettare il camion dello strozzino e dei suoi brutti ceffi dei suoi compari, per fare un altro carico ma quella notte era destino che accadesse qualcosa di inaspettato. Il vecchio Geraldo si trovava fuori della casa, ad aguzzare gli occhi, a guardare lontano, la vecchia strada in terra battuta che portava al paese, già vedeva i fari del camion in lontananza, quando all’improvviso, udì come un brontolìo poi un sinistro scricchiolìo, si voltò in direzione della casa e quello che vide a momenti gli provocò un infarto, poco alla volta la pavimentazione della strada dove era edificata la casa, cedere come in un evento sismico, sentì paurosi scricchiolii e poi vide dei calcinacci dell’edificio staccarsi dalle pareti, impaurito indietreggiò, verso l’esterno, allontanandosi dall’edificio mentre sopraggiungeva il camion. A questo punto, improvvisamente, nella poca luce di un lampione vicino, vide una crepa nel suolo poi aprirsi una voragine che inghiottiva un muro maestro, tra il fragore assordante e poi, ancora, altri muri e tutto quanto affondare in un crepaccio che sembrava profondo, come un abisso, come le porte dell’inferno. Tutto cadde all’interno della voragine tra la polvere, il fragore dei muri sgretolati e il terrore del vecchio e di quanti stavano all’interno del camion che si era fermato quasi di colpo. Una nuvola di polvere oscurò la loro vista e quando essa si sollevò rivelò nel terreno una profonda buca dove la casa era implosa. Il vecchio Geraldo balbettò qualcosa, gridò a squarciagola la sua disperazione, guardò sul ciglio della buca e vide qualche pietra dell’edificio e nient’altro. Era tutto precipitato in una caverna profonda chissà quanti metri sottoterra, forse scavata dall’acqua, una caverna che aveva seppellito il suo tesoro, la sua smania di ricchezza.

2019

 

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una adorabile nonnina

Una vecchia costruzione ad un solo livello ma ben curata, forse degli anni 50, con un piccolo giardino, muri di colore giallo. Una vecchia casa per una coppia di anziani che colà vivevano da tanto tempo, gente tranquilla e senza figli. La signora, che si chiamava Orsola, era una ex insegnante, mentre il marito di nome Bruno un ex dipendente di una ditta di assicurazioni.

 Era una coppia tranquilla  che viveva in una zona residenziale abitata da borghesi.

Una zona un po’ comune a tutte le città, in un pomeriggio d’autunno… un pullman si fermò vicino alla casa della Signora Orsola e l’autista suonò il clacson. Dalla porta principale della villetta si affrettò ad uscire una piccola e gracile donna di età avanzata ma ancora arzilla, borbottona, si rivolse all’interno della propria dimora rivolgendo la parola a qualcuno all’interno poi concluse con un saluto e chiuse l’uscio di casa con la chiave che conservò nella borsetta. Con il trolley si avviò con passo spedito verso il pullman che l’aspettava. Era quello noleggiato per una gita per anziani e diretto verso una località di montagna, una gita di qualche giorno. Salì i gradini del pullman e si disse :

-Bene adesso lui andrà via dai suoi parenti in Puglia per un po’. Si sedette vicino ad un’altra vecchietta, ripose vicino a sé il trolley, con un sospiro, guardò la sua casetta mentre il mezzo ripartiva.

-Mi mancherà : aprì la borsetta controllò i documenti e tutto il contenuto. C’erano dentro le chiavi di casa, un rossetto, un po’ di belletto, e poi tanti cioccolatini e caramelle. Ma non erano per lei ma per i bambini del vicinato. Ripensò a tutti i controlli fatti perché lei era piuttosto apprensiva, controllava sempre tutto, invece il suo Bruno, così distratto….

Si disse tra sé :

-Ho chiuso il gas, le finestre, controllato i rubinetti, lui è sempre con la testa fra le nuvole. Si stava preparando per andare via ed io ho chiuso la porta a chiave. Per precauzione, girano zingari, ladri. Lui mancherà per almeno due settimane…

La gita della signora Orsola si concluse dopo tre giorni e un mattino il pullman, poco alla volta, scaricò i suoi passeggeri nei pressi delle rispettive case, poi venne il turno della signora Orsola che scese poco vicino alla sua villetta. C’era un insolito movimento nella strada, macchine dei Carabinieri dei Vigili e una Ambulanza ferma poco lontano. Il fatto era strano, la nonna si guardò intorno e vide due uomini in divisa che la seguivano. Si sentì chiamare e si voltò.

Uno di essi :

-Signora Bianchi, sono il maresciallo Stefanini e questo è il Brigadiere La Rosa, le dobbiamo parlare…

La vecchia signora un po’ preoccupata :

-E’ successo qualcosa ? Il maresciallo :

-Si, purtroppo. Lei abita qui vicino ? La vecchia signora in ansia :

-Quella è la mia casa – indicandola-che è successo ?

Il maresciallo glaciale :

-Niente di grave…Vede, in sua assenza dei balordi si sono introdotti nella sua abitazione.

La signora allarmata :

-Hanno rubato qualcosa? Il maresciallo con tono pacato :

-No, hanno saccheggiato la sua dispensa.

La signora con stupore :

-Ah, questa poi e che hanno fatto dopo ?

-Il maresciallo :

-Come le dicevo, si sono preparati due bistecche, bevuto del vino…

La nonna innervosita :

-E poi ?

L’uomo in divisa con freddezza :

-Curiosato in casa…immagino che dovrà comprare altra carne…

La nonna con sicurezza :

-No, ho una buona scorta nel congelatore…

-Bene avrà fatto provviste per l’inverno ?

L’anziana :

-Si dal mio macellaio di fiducia.

Il maresciallo :

-Suo marito le ha dato una mano per portare la spesa a casa ?

-No, ho fatto tutto da sola.

Il maresciallo con un sorriso stirato :

-E suo marito ?

-E’ andato dai suoi parenti in Puglia

Il maresciallo affiancando la vecchia signora e con tono gentile :

-Signora vorrei dirle qualcosa che la riguarda. Vede, in sua assenza c’è stata un’epidemia di febbre tropicale in questa strada e così tutti gli abitanti sono stati vaccinati. Vede… anche lei deve farlo per la sua salute.

La nonnina sorpresa :

-Oh certo, senz’altro !

Il maresciallo :

-C’è proprio qui un’ambulanza diretta verso l’ospedale, può farsi accompagnare… per la vaccinazione.

La nonna preoccupata :

-Ma dopo tornerò a casa ?

-Ma certo, l’accompagneranno.

L’anziana convinta :

-Allora Maresciallo… La saluto.

-Buongiorno. Il Brigadiere a questo punto fece un cenno a due infermieri che stavano fermi davanti all’ambulanza con le portiere aperte e costoro si avvicinarono alla donna e uno di essi la prese al braccio e l’aiutò a salire nell’ambulanza.

Il mezzo partì e il Maresciallo a questo punto, sospirò vinto da un’emozione. Si rivolse al Brigadiere e disse :

-E’ andata.

Il Brigadiere :

-Questa è una brutta storia di cronaca  e dobbiamo ringraziare i balordi che si sono introdotti nella villa e hanno fatto la segnalazione anonima.

-E da qui è partita l’indagine. Abbiamo scoperto che la nonna era già schedata per furto in un supermercato anni fa e poi, da un controllo della scientifica, abbiamo scoperto impronte su coltelli e altri utensili da macellaio e ancora, in due buste mani mozzate con la fede nuziale al dito e tante buste di carne congelata. Inoltre, è risultato che la gentile nonnina in passato, ha sofferto di malattie mentali.-Concluse il Maresciallo-

Il Brigadiere :

-Che cosa ne sarà di lei ?

Il Maresciallo :

-Finirà i suoi giorni in un ospedale psichiatrico.

Il Brigadiere con voce provata :

-E’ così, a volte la follia, mostruosa, disumana si nasconde dietro una maschera di normalità . 2014

 

 

 

 

 

 

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la grotta

LA GROTTA

RACCONTO

DI MICHELE AMABILINO

Era un territorio selvaggio con letti torrenziali asciutti,qua e là emergevano dal terreno speroni di rocce antichissime e vi crescevano in ordine sparso, gli ultimi esemplari di grandiose foreste di querce, un luogo in altri tempi popolato da foreste immense e da una ricca fauna, cinghiali, daini, orsi e cervi. Paolino era un ragazzetto di 11 anni dalla pelle olivastra, figlio di pastori, ultimo di 7 figli. Il suo lavoro, quello di portare al pascolo un gregge di pecore, unica ricchezza della famiglia. La scuola, la vita moderna, il benessere economico erano per lui echi lontani. Aveva portato con sé il suo cane meticcio di nome Billy, un cane di taglia media e bonario, di circa 6 anni e si rivolgeva spesso a lui, come ad un amico.

-Billy sono stanco, ora mi riposo un po’ – disse al suo cane – la vedi quella grotta lì ? Ci siamo passati tante volte vicino ma non l’abbiamo mai esplorata. Tu che ne dici ? Il cane gli rispose abbaiando festoso e Paolino rise, di buon umore. La grotta, ai piedi di una collina era poco più che un piccolo foro nella roccia, quasi mimetizzata da cespugli di rovi, era conosciuta da tutti i pastori ma lui non l’aveva mai esplorata e così, per passare il tempo, aveva deciso di farlo. Sembrava piccola, poco più di un foro tra le pietre di una collina ma si sbagliava. Si dirisse con il suo cane verso la grotta lasciando incustodito il gregge di pecore, ma, avvicinandosi, notò il suo cane impuntare le zampe per terra e ringhiare. Il ragazzo si sorprese di questo e pensò a qualche presenza sgradevole, forse un cinghiale, allora si rivolse al suo cane un po’ intimidito :

-C’è qualcosa lì dentro, vero ? E’ un pericolo per noi ? Il cane continuò a ringhiare ma nonostante questo, il ragazzo si decise di esplorare la grotta. Si affacciò dentro, guardò in ogni direzione poi si rivolse al cane che era rimasto all’aperto : 

- Non c’è niente e tu sei un cane fifone…

Entrò dentro, si girò attorno, non c’era nessun pericolo e allora Billy perché era diventato nervoso ? Forse aveva percepito la presenza di un topo ? Si voltò verso l’entrata della grotta e vide il cane sparire ma non si preoccupò di questo e si concentrò ad osservare l’interno. Quasi a livello del terreno, notò un piccolo buco e allora tolse qualche pietra e così capì che dietro c’era uno spazio vuoto, incuriosito, spostò altre pietre e non potè immaginare il pericolo che si nascondeva dietro quella cavità nascosta. Ancora qualche pietra e altre ancora fino ad aprire un varco.

-Che c’è dietro ? – si disse e furono le sue ultime parole. Un urlo terribile si sentì fino all’esterno della grotta e questo bastò per fare fuggire il cane terrorizzato. Alcuni giorni dopo, le forze dell’ordine trovarono il corpo del ragazzo dilaniato da una sconosciuta belva, alcuni brandelli di pelle nera sul posto e pecore divorate ma non riuscirono a capire la natura della fiera che aveva fatto lo scempio. Alcuni mesi dopo i fatti accaduti qualcuno ben notò nelle locande dei paesi vicini, raccontò tra un bicchiere e l’altro, strane storie, di pipistrelli giganti e di draghi volanti, le solite storie di chi alticcio ha le traveggole. 1998

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Una Notte Senza Fine

Si chiamava Stella ed era una meravigliosa bambina di 7 anni, bionda e con stupendi occhi color smeraldo, questa bambina non era però felice, le mancava la spensieratezza  dei suoi anni. All’età di 5 anni  era caduta da una scala interna in casa e il trauma le aveva procurato una lesione al nervo ottico così in breve, era diventata cieca. Inutilmente i genitori avevano cercato per lei una guarigione contattando i migliori specialisti. Figlia di facoltosi industriali viveva nel lusso circondata dalle attenzioni dei genitori, dei fratelli e sorelle maggiori e del personale di servizio. Frequentava una scuola speciale, era intelligente e volenterosa, aveva imparato il metodo braille per leggere, e per camminare, si lasciava guidare dal suo inseparabile cane Tommaso addestrato per i non vedenti, di certo non immaginava che qualcosa di insolito avrebbe cambiato la sua vita e quella della sua famiglia. Così accadde che un giorno, un bellissimo giorno di luglio Stella si trova a passeggiare lungo i viali dei giardini pubblici sotto l’occhio vigile della madre, in compagnia del suo cane, ad ascoltare le voci festose dei bimbi ,il chiacchiericcio delle signore , il rumore attutito del traffico cittadino lontano, quando ad un tratto, qualcuno le rivolse gentilmente la parola.

-Ciao, come ti chiami ?

La bambina udì una voce maschile che con garbo le si rivolgeva, percepì la gentilezza di quello sconosciuto e gli rispose con fiducia.

-Stella.

Seguì un breve silenzio poi ancora la voce dello sconosciuto visibilmente commosso :

-Mi chiamo Mario, sono il papà di 2 gemelline della tua età e mi trovo qui per lavoro.

La bambina :

-Come si chiamano le tue bambine ?

-Cinzia e Giuseppina.

Lo sconosciuto :

-Dov’è la tua mamma o il tuo papà?

-Mamma è qui vicino, papà lavora – rispose prontamente la bambina.

L’uomo accarezzò il cane incuriosito, poi si voltò cercando la madre tra i presenti. La rionobbr perché si era alzata da una panchina, vigile e si avvicinava a loro.

L’uomo ;

-Buongiorno signora, sono un medico e ho una clinica proprio qui in città, ho visto la sua bambina…Cosa posso fare per Stella?

La signora impressionata dal tono di voce e dalla disponibilità dello sconosciuto studiò i suoi tratti somatici, poi rispose con un sospiro.

-Nulla, è stata visitata dai migliori specialisti…per lei non si può fare nulla.

L’uomo di età matura, asciutto nel fisico, alto e distinto, accarezzò i capelli della bambina e aggiunse:

-Questo è il mio biglietto, troverà il mio nome, la mia professione, la mia clinica, il numero di telefono. La prego, mi contatti per il bene della bambina. Per Stella non chiederò nulla…

La donna lesse il biglietto e aggiunse:

-La ringrazio ma temo che non potrà fare qualcosa di positivo per mia figlia…

Il medico con un sorriso, stringendole la mano.

-Non disperi, forse riuscirò a fare qualcosa e per lei la notte avrà fine.

Accarezzò ancora i capelli della bambina e le si rivolse con trasporto :

-Ciao Stella…ci vedremo ancora.

Con la speranza nel cuore la donna osservò l’uomo che si allontanava dai giardini pubblici in direzione della  strada principale con il suo traffico caotico, il suo istinto di madre le suggerì di fidarsi di quell’uomo, conservò con cura nella borsetta il biglietto dopo averlo letto ancora. La clinica aveva un nome suggestivo e il suo primario aveva un nome italiano e un cognome straniero, greco. Si rivolse alla figlia :

-Stella…rientriamo a casa.

La bambina :

-Si mamma.

Lentamente ripercorsero il viale, verso l’uscita del giardino in direzione di un parcheggio vicino. Salirono in macchina e via, verso casa. Il giorno dopo la signora contattò per telefono il primario della Clinica della luce e stabilì una data per una visita. E Stella?  Era contenta di rivedere quel medico. Le visite, gli esami furono tanti poi un giorno quel medico così umano comunicò ai genitori di Stella il giorno dell’intervento chirurgico e un successivo ricovero in clinica. Come non ricordare quel giorno di speranze…la fiducia della bambina in quel medico, la rassicurazione del Primario prima di entrare con la bambina in sala operatoria:

-Stella rivedrà la luce…

La bambina dopo alcuni giorni dall’intervento, riacquistò la vista e rimase un po’ nella clinica, accudita dal personale, il padre di lei così felice per la sua bimba volle donare del denaro a quella struttura sanitaria, grato di quel prodigio.

Stella è ritornata a vivere come tutti i bambini e un giorno manifesta il desiderio di rivedere quell’angelo che l’ha operata così la mamma decide di accontentarla, cerca quel biglietto con l’indirizzo della clinica ma non lo trova e così decide di riportare la bambina in quel luogo, fidandosi della sua memoria ma accade un fatto strano. La clinica della luce risulta inesistente al suo posto vede un edificio consumato dal tempo. Dov’è la clinica della luce ? Questo l’interrogativo e guardando la sua bambina, tra le lacrime, pensa che un angelo forse ha deciso un giorno di donare la felicità a Stella, la gioia di vedere il mondo. 1982

*

Presenze

Erano come sussurri, voci che non riusciva a capire o come aliti di vento che l’avvolgevano ad ogni passo. Lui percepiva che c’era qualcosa di strano in quella casa. Si chiamava Vittorio ed era un ex insegnante di musica. Era andato ad abitare a villa Letizia da alcuni mesi, una vecchia costruzione in stile Liberty isolata, quasi sperduta nei prati incolti, in un paesino dell’Abruzzo. Vittorio era un vecchio di media statura, poco gradevole e dallo sguardo penetrante. Da qualche anno combatteva con un male insidioso, il morbo di Parkinson, viveva da solo dopo la morte della moglie e non aveva figli.

Si lasciò andare di peso sulla poltrona della sua camera da letto e si guardò attorno come se cercasse di ricordare qualcosa. La stanza era arredata con mobili antichi e dal balcone che si affacciava nel giardino, filtrava un po’ di luce attraverso le tende.

Si disse tra sé :

-          E’ stato un affare questa casa…con un affitto così misero per via di certe storie…fantasie. Mi hanno detto che è stata a lungo vuota e indicata come una casa maledetta ma io ci rido sopra a queste superstizioni, trovo la casa abbastanza comoda. Si alzò lentamente e si diresse verso il balcone, a questo punto, improvvisamente, percepì vicino a sé un bisbiglio di donna, si voltò di scatto e gli parve di vedere un’ombra nera, indistinta, in fuga. Si rivolse alla presenza con voce tremante.

-          La signora gradisce la mia presenza ? Io sono un uomo mite, gentile  con le signore e mi faccio i fatti miei. Attese inutilmente una risposta poi ancora, percepì un alito di vento ma non c’erano spifferi di nessun genere. Udì uno scricchiolio sinistro, poi si accorse che il lampadario che pendeva dal soffitto si era messo a dondolare leggermente, vide a questo punto come un peso che affondava sul copriletto e poi un bicchiere di acqua del comodino muoversi leggermente.

-          Forse ho le allucinazioni, subisco la malia di questa casa – disse tra sé per tranquillizzarsi ma decisamente quel giorno strani eventi si sarebbero succeduti allarmandolo. Vide un quadro dalla parete muoversi e ancora, percepì dei passi pesanti. Aguzzò la vista poi si affrettò verso l’interruttore e accese la luce della stanza. Si guardò attorno convinto di non essere solo.

-          Signora, la prego, sia discreta, possiamo coabitare pacificamente – disse con tono pacato rivolgendosi al nulla. Per risposta percepì un sibilo, un suono indistinto, sinistro, per niente raccomandabile. L’uomo spaventato :

-          Le sono antipatico ? La prego sia gentile io sono un mortale che desidera vivere in pace. Una voce a questo punto, stridula eccheggiò nella stanza :

-          Questa è la mia casa e tu sei un invasore… L’uomo cercando di contenere la sua agitazione.

-          Posso vederla ?  Mi piacerebbe capire con chi ho a che fare… A questo punto una presenza si materializzò. Era con sembianze femminili, con un abito ampio e nero che scendeva fino ai piedi, di foggia antica, una donna con i capelli lunghi che le scendevano sulle spalle e dallo sguardo spento. L’uomo la fissò spaventato perché per la prima volta poteva vedere la presenza nella casa. Balbettò :

-          Non faccio niente di male, possiamo coabitare senza problemi. La donna con voce gelida.

-          Questo non è possibile, noi siamo incompatibili come la luce e le tenebre e la vita e la morte…L’uomo cominciava ad aver paura veramente.

-          Che cosa può fare contro un mortale un fantasma? Nulla. La nera signora sibilando,

-          Posso farti morire di infarto… Detto questo allungò il braccio e una forza terribile spinse violentemente indietro l’uomo fino a farlo sbattere sulla parete, il colpo fu così violento che l’uomo cadde rovinosamente sul pavimento, battè la guancia e si sorprese di vedere del sangue sul pavimento, che gli usciva dalla bocca allora, la rabbia, si impadronì dell’uomo ed egli tuonò verso la presenza :

-          Maledetta…

Ecco, a questo punto sentì come un colpo alla testa e perse i sensi, quando riaprì gli occhi si trovò nel suo letto con un raggio di sole che filtrava dal balcone nella stanza. Si guardò attorno e capì di aver sognato.

Uno stupido sogno, è stato soltanto un sogno. Si sedette sul letto poi si alzò per andare in bagno, si guardò allo specchio di un pensile poi si lavò il viso con acqua calda, si guardò per pettinarsi e vide, con stupore tra il vapore sullo specchio, un sinistro messaggio:

Vittorio…è il tuo ultimo giorno di vita…

Michele Amabilino 1975

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Il pianeta del silenzio

Il PIANETA DEL SILENZIO

Racconto di Michele Amabilino
Gli uomini erano diventati insensibili alla natura , avidi del Dio Denaro e il progresso rilasciava nell’ambiente sempre più grandi quantità di gas-serra, miopi allo scempio. I tanti veleni rilasciati nell’ambiente avvelenavano sempre di più i terreni , l’acqua potabile , i cibi e l’instabilità atmosferica provocava ovunque squilibri (desertificazioni , precipitazioni , alluvionali e altri fenomeni estremi inoltre tutte le specie di animali e del mondo vegetale , si erano estinte e il pianeta soffocava nel suo squallore ). Per risolvere almeno in parte il problema dell’instabilità atmosferica nelle città , gli scienziati avevano testato con successo delle macchine per stabilizzare il clima ma questo risultato interessava soltanto le città , oltre era il caos. In una città del futuro , in una giornata dal clima gradevole , là dove si affollavano operose masse di persone…
Un vecchio curvo saliva faticosamente le scale di un edificio con la sua nipotina per mano. Erano lì per una visita al museo di Storia Naturale , per ammirare la fauna e la flora , immagini olografiche di quello che un tempo aveva offerto agli uomini la natura. Entrati nell’edificio videro gruppi numerosi di persone e tanti bambini imbambolati a fissare immagini olografiche che si materializzavano come fantasmi.
-Nonno , cos’è questo animale qui vicino a noi ?
Il nonno :
- E’ un leone , si è estinto da tanto tempo per la miopia degli uomini.
La bambina : E quest’altro che sopraggiunge di corsa ?
Il vecchio :
-Un elefante , anch’esso estinto.
La bambina : Guarda nonno…ci sono i pesci che volano nell’aria , io non li ho mai visti…
L’uomo :
-Non ce ne sono più negli oceani per la pesca intensiva.
-La bambina :
-Nonno , da quanto tempo gli animali sono scomparsi ?
-Il vecchio :
-Da secoli e il mondo è così silenzioso e spoglio…
La bambina : Non possono tornare ?
Il nonno :
-No, appartengono al passato.
La bambina : Ma tu , da piccolo , hai visto gli animali ?
Il vecchio :
-Soltanto immagini olografiche.
La bambina con tristezza : Perché gli uomini hanno spogliato la natura ?
Il vecchio :
-Per miopia , soltanto per questo.
La bambina : I cambiamenti climatici sono stati un’opera dell’uomo ?
Il vecchio :
-Sì…
La bambina con voce accorata.
-Avrei voluto vedere i colori e le forme della natura ma tu , nonno…perché piangi ?
Il vecchio :
-Perché anch’io come te ho perduto il trionfo della vita !
2017

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Bio-Ingegneria e robotica La scienza del futuro

Oggi è possibile coltivare in laboratorio pelle umana , cellule che a comando possono diventare organi da trapiantare senza problemi di rigetti su soggetti originali. Addirittura c'è chi è certo di poter trapiantare la testa di un uomo su di un altro corpo perfettamente integro e tutto questo sempre per alleviare la sofferenza dei pazienti affetti da gravi patologie e con aspettative di vita oscure. Io penso che a queste coraggiose terapie sperimentali esista anche un'altra possibilità teorica radicale. Quale ? il trasferimento di tutta l'energia vitale , memoria , affettività , intelligenza da un soggetto biologico in età avanzata ad un corpo sintetico gemello  e giovane. Lo scopo : quello di assicurare un percorso di vita oltre la soglia della natura umana. ( l'antico sogno dell'immortalità ) ma come immagino un cervello artificiale in grado di ricevere impulsi nervosi del soggetto umano ? un computer. Tutto questo diventerà possibile ? la fantascienza ha anticipato spesso i tempi e sono certo che in un futuro audaci pionieri proveranno a concretizzare questa ipotesi. Che cosa potrà fare l'uomo che sfiderà i secoli ? guardare il progresso , se stesso , la sua evoluzione interiore , contemplare la vittoria della vita e con distacco il nulla , poter viaggiare in lungo e in largo gli orizzonti cosmici , poter vedere altri mondi altri processi vitali e riferire poi le proprie esperienze alle generazioni future immune dagli stress dall'invecchiamento dalle patologie dai virus alieni. Tutto questo potrà un giorno realizzarsi quando la scienza medica e ingegneristica forzerà i tabù legati alla morale e ai freni delle culture religiose. 2016