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Raccolta di testi in prosa di Argeta Brozi
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Tacchi a spillo

Sta rumoreggiando col costoso coperchio e con le carte colorate che accuratamente ricoprono le sue nuove scarpe. Mi ha trascinato per un braccio fino in camera, perchè "meritano davvero" e io ho "la fortuna" di vederle per prima. Le ho detto che le scarpe potevano aspettare! Mi stavo concentrando sui pezzettini di cioccolato che aveva la stracciatella del mio gelato, quando mia sorella irrompe nella cucina, spegne la TV e mi trascina pericolosamente verso la camera dicendomi che è "una questione di vita o di morte". Così chiama i miei giudizi sulle cose che la riguardano, ci tiene così tanto alla mia opinione su tutto!
Me ne sto impalata davanti alla porta, con le mani sui fianchi, la testa leggermente inclinata da una parte e aspetto l'ambaradan.
"Ancora molto..?" chiedo impaziente.
"No...ecco! Guarda!" e si gira mostrandomi il contenuto che ha tra le mani. "Come le trovi?" col sorriso a mille denti. Apro gli occhi sbalordita. "Le trovo..." penso alla parola più adatta.
"Favolose, vero?"
"...Terrificanti! Quanti centimetri sono?"
"Oh, dodici centimetri di bellezza!"
"Di vertigini, vorrai dire...ma quanto ti sono costate?"
"Oh, non tanto..." Quando dice così, è ora di spaventarsi e di mettersi le mani sui capelli.
"Quanto...non tanto?"
"Beh..." e arriccia le labbra fingendo di non essere certa del prezzo che sta per dire.
"Sabry..." la sollecito.
"Milly, questa è una di quelle volte in cui la tua frase non-fare-niente-che-io-non-farei non è più valida..."
Faccio un gesto di noncuranza con la mano. "Okay,okay...non voglio saperlo! Certo che se eri a corto di trampoli potevi dircelo... Luca ti avrebbe prestato volentieri quelli che usa al circo!"
"Ah.Ah. Lo so che morite dalla voglia di vedermi col sedere a terra! Ma questi, Milly, questi mi faranno sembrare uno schianto."
"A vedere il tacco a spillo che hanno...rischi di certo uno schianto!" Non faccio in tempo a finire la frase che mia sorella comincia a cambiarsi i vestiti e a mettersi in tiro.
"Dove pensi di andare conciata così a quest'ora?"
"Ma sono solo le 17!" protesta lei.
"Appunto", faccio io.
"A fare spesa al supermercato."
"In mini e tacco a spillo?"
Sabry fa l'offesa e mi guarda come se non avessi capito niente della vita.
"Metti il caso che incontri l'uomo della mia vita, pensi che potrei piacergli se mi trovasse impreparata in tuta?"
Scoppio a ridere. Scuoto la testa. "Li farai scappare tutti..." prevedo.
"Beh, questo è da vedere. Ciao!" Ed esce dalla mia vista. Spero che ritorni a casa tutta intera. E soprattutto non con "l'uomo della sua vita" che -se la vedesse- la sceglierebbe per i vestiti che non indossa e non per quello che ha dentro. D'altronde, se l'uomo la scegliesse per il suo carattere...sarebbe un miracolo. Rido ingiustamente alle sue spalle e ringrazio la vita per avermi donato una gemella che mi mette sempre di buon umore.

Racconto di Argeta Brozi.

*

le tue mani

Non sei più tu. Lo riconosco dalle mani. Sono sempre le stesse. Ma non sanno accarezzare. Ti mancano gli occhi per vedere, anche se continui a guardarmi.
Ho solo 13 anni e tanta voglia di vivere e tu hai tarpato le ali della mia speranza. Sfuggo il tuo sguardo, penso ad altro. Mi lascio frugare dentro. Non ho più niente da darti : mi hai preso tutto, prima o poi la smetterai di cercare. Non parli, non hai fiato, ti muovi solo.
Ho la lingua arguta io, vero zio? Non avrei dovuto dirlo quella volta di tanti mesi fa, è stata colpa mia e questo è ciò che mi merito.
"Zio, ma chi era la donna con cui sei uscito oggi?" Mi ricordo ancora il gesto di stizza di zia Patty, che fece cadere la forchetta sul piatto e si voltò di scatto verso di te. Il rossore del tuo viso non impedì alla tua lingua velenosa di vorticare. "Vanessa, forse ti confondi con qualcun altro. Non posso di certo essere stato io, visto che ero dal meccanico."
Ma io ero sicura delle cose che dicevo: "Zio, sono certa che fossi tu, perchè avevi proprio la maglia che ti abbiamo regalato io e Patty il giorno del tuo compleanno." Io ho un nome molto bello. Vanessa. Vanessa che significa farfalla. Farfalla come libertà. Ed è così che vorrei essere : libera di pensare, di agire, di dire. Non conosce padroni il mio nome.
Dopo di me fu la volta di zia Patty a parlare: " Maurizio..." Pronunciò solo il tuo nome e il suo sguardo domandò il resto. Tu risposi: "Patty, senti..."
Bastò quel "senti" a porre fine alla vostra storia. Come mi spiegò poi zia Patty, a divorzio concluso, quando un uomo dice "senti" vuol dire che ha qualcosa di brutto da confessare e che sarebbe meglio non sentire. Non era la prima volta che la tradivi. Era la prima volta che zia Patty ne aveva la conferma.
I bambini non sanno mentire, zio Maurizio. Anche se tu mi dai della bugiarda e mi dici che se dirò qualcosa a qualcuno nessuno mi crederà. Forse hai ragione. Nessuno può credere a tanto orrore. Lo chiami "il nostro gioco segreto", ma perchè non mi sembra così divertente come lo fai credere tu?
Gridi. Di piacere. Io taccio. Non fa più male, adesso. E' già successo troppe volte. Fa solo più schifo e più orrore, nient altro.
"Quando una donna ti lascia, sai sempre come fargliela pagare." Mi viene da piangere. Sono io il prezzo della tua vendetta?
Mi sposti il viso verso di te, mi costringi a guardarti, a riconoscerti, a rinnegarti. "Vanessa, tesoro, ti vedo sempre più spenta. E' meglio che sorridi o i tuoi penseranno che c'è qualcosa che non va."
Cerco i miei vestiti con le mani, faccio per rivestirmi, ma tu mi serri i polsi. "Tanto ti ho già vista tutta, è inutile che ti rivesti."
Lo fai apposta, a graffiarmi con le parole, i gesti non ti bastano più. Serro i denti stavolta. Non voglio piangere. E parlo l'unica cosa che riesco a dire : "Basta. Adesso è finita."
"Fino alla prossima volta vorrai dire..." E ridi. Ridi la tua risata che odio, che mi fa sentire sporca.
"Stavolta è diverso...dirò tutto."
"Nessuno ti vorrà credere, e lo sai."
"Non importa. Dirò tutto ugualmente, ho deciso. Non può fare più male di questo, la verità." Mi alzo. Stavolta prendi paura sul serio. Temi che dirò tutto veramente e invece io provo solo a darti la possibilità di andartene con i tuoi rancori e lasciarmi stare. Mi vergogno di ciò che mi hai fatto, sento che nessuno può capirmi e non so nemmeno se ho il coraggio di parlare. Non l'ho mai trovato. Mi sento perduta, fragile e amareggiata. Non sono più io.
Non faccio in tempo a rivestirmi. La paura si è impossessata di te e non ti fa ragionare. Mi afferri la gola con entrambe le mani e quasi mi sollevi da terra, sbattendomi contro al muro. Ho paura anch'io, adesso, mentre soffoco. Ma poi penso al mio nome.
Le tue mani, zio, mi ridaranno la mia libertà.