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Raccolta di testi in prosa di Basilio Romano
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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Un fatto vero

Stavo passeggiando in un luogo sereno, una campagna prossima al mare, il sole stava tramontando senza intoppi. Il cielo, pulito, lo lasciava scivolare giù, delicato lo conduceva verso la notte, le nuvole basse erano pronte come coperte da rimboccare. V’erano pini disposti su due filari intarsiati e alti fino all’ultima luce arancione del sole. Un canale d’acqua passava discreto sotto un ponte, poco lontano un airone si dedicava alle ultime sue toilette, a ridosso di un gruppetto di alberi bassi e ancora verdi, era l’inverno dicembrino del dopo solstizio. Stavo camminando in pace, rilassandomi fino all’ultimo pezzo di carne, fino alle interiora, alle viscere, ai reni, alla vescica, tanto che, dopo molto camminare, questa, iniziava a manifestare una lecita e impellente necessità di espellere liquidi. Mi sono guardato intorno, non v’era nessuno, allora mi apparto in prossimità di uno dei pini e con timore, ma provando quel piacere di libertà immediata che si addice ad una bella pisciata, compio una delle funzioni biologiche più elementari. Ripongo il tutto e continuo la mia passeggiata, quando ad un certo istante, dopo diverso tempo dal fatto, sento dalle spalle, sul lato opposto al mio andare: “Questa è una passeggiata pubblica”; era una donna che faceva jogging e mentre andava si rivolgeva a me con tono di rimprovero; rimango allibito e chiedo il perché di tale rimprovero: “Che cosa stavi facendo?”; ha continuato quella, senza fermarsi: “Ho fatto la pipì”; e lei: “Se venivo con mio figlio e ti vedeva?”; le ho risposto, un po’ scocciato: “Mi sono guardato intorno, abbi pazienza, non ti ho vista!”; ma avrei dovuto rispondere:“Almeno capirà (tuo figlio) che tutti gli uomini sono uguali!”. Ma da dove era sbucata quella?

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Il becco della luna

Anche la notte scorsa il mio sussurro è andato lieto sui tetti, ho ammiccato alla luna, soddisfatto del mio occhio stanco, adagiato su una pancia trovata per caso. Poi è arrivata una stella grossa, e rossa come la sera, andava lenta e stanca anch'essa camminando sui comignoli, con un balzo è scomparsa dietro la luna. V'era un sorriso universale che annunciava il dì del riassunto finale. Non sapevano i platani, nel loro ondeggiare insistente e attraente, che li ascoltavo mentre narravano le vicende più remote del tempo, quelle tramandate di albero in albero da tutta la Storia; si dicevano che il più piccolo seme, quello segreto, l'origine del tutto, uovo e gallina, stava ancora volando nel vento e che l'ultimo che lo vide fu un albero che crebbe a dismisura da raccoglierlo nell'abbraccio delle sue ramaglie. Qui trovò, per poco, un poco di riposo, prima che il becco della luna andasse a beccarlo, andando a caso, anch'esso, di ramo in ramo.

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La cicala

Oggi ho visto il cielo azzurro di un pino che chiacchierava con la cicala, entrambi sommersi dalla canicola, e gracidanti corvi volteggiare e azzittire la cicala che, stressata e intimorita, ha trovato un silenzio antico e mai visto, quello della paura. Ho visto un lago accecato dal sole che non riusciva a mostrare il cielo e le cose dintorno distanti e silenziose oscillare nel cielo, ma, poi, quando l'ombra di un pino è volata sulle sue acque, in un angolo negletto, lì ho visto riflesso il cielo e le cose dintorno nell'azzurro e le loro voci millenarie. Con il naso tra l'erba ho visto, infine, la veste rinsecchita che la cicala lasciò la scorsa notte sul prato prima di salire sul pino e dire al mondo la sua insistenza.

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L’attesa

La partita arriva con grande dispiegamento di mezzi: pizza fanta coca pop corn amici gatti cani tutti attenti e comodi davanti ad una tv larga quanto la parete. Si parte dal mare per tempo, è l'attesa della serata che rende piacevole il pomeriggio devastato dalla canicola, per quanto il vento sia clemente e rinfreschi. Tuffi, gelati, chiacchiere, oggi hanno uno scopo diverso, più sereno, abbiamo una meta, quest'oggi, finalmente, quel goal, quella vittoria, quella voglia di vincita dalla poltrona di casa.

Andiamo a chiacchiere tranquilli per le strade, c'è la partita, in bocca al lupo, crepi.
Le trombe son pronte, sono affilate le sirene. Ma da questa postazione dove mi trovo non sento le urla, i gemiti, gli incitamenti, solo signore che chiacchierano durante la partita di affari di casa, niente di interessanten allora, ma almeno quest'oggi c'era l'attesa, come del dì di festa. Attenti un eeeehhh mi desta, forse ci sarà la festa?

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E!

La fobia e la omofobia e la omosessuale-fobia e la negritudine e il forestiero e lo straniero strano e la diversità proprio diversa e la simpatia dell'antipatia e lo squadrismo e la persecuzione persecutoria e dettata ignoranza studiata e disseminata qua e là da playstation e calcio e tecno-utilizzo e consumo sfrenato e bagordi di mangioni e sedicenti fascisti così fascisti da essere comunisti e viceversa e l'assalto impertinente e il buonismo fedele di chiese e magisteri santi e santità e richiami e vacini e forniture di impianti e megafoni e ciarliere schiere di epigoni belanti e sognare un incubo e spargerlo sulla terra degli altri senza sosta e la fatica e il giogo e la schiavitù e la pena di morte e la pena di vita e non si era mai visto ed è arrivato con spranga ed erano dieci e voleva menare e la tivù l'ha detto e lo ridicono i giornali E!

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Discorso politico di uno per strada

La mia politica è non avere politica, non seguirla, non capirla per non cadere nel retrò della politica, quello che voglio dire è che mi sgomenta, mi attanaglia alla gola, il solo pensiero di essere un uomo politico, di pensare quello che la gente può di me pensare senza scampo né voce in capitolo per fermare i vaneggiamenti miei e della gente che pensa di me cose assurde, maldestre e non veritiere, per me, almeno, ma non per i politici, assetati di succo di politica estratto dal politichese di avversari che non dicono quello che vorrebbero realmente dire perché tutto il proprio pensiero non sempre si può dire, perché le opposte idee, che ci saranno sempre, possono non farmi il bene che vorrei, certo mai ci saranno idee uguali e sempre ci sarà una destra e una sinistra e un centro che oscilla qua e là ridendo e godendo, ora di qua ora di là, del male di quello di là e del bene di quello di qua che ora sta con me ma domani non si sa, magari cambia sponda, partito, interessi, gli prende un colpo e inizia a pensare che la vita è sacra oppure gli danno un colpo e inizia a pensare che la vita vada condannata, insomma la certezza del pensare non si può certo avere, così conviene negare, negare sempre di essere di questa o quella corrente politica, fare finta di niente, dire che la politica non è roba seria, credere che sia meglio non averci a che fare e non provare a cambiare, anzi sì gli altri dovrebbero cambiare, non certo io che ho le idee giuste e chiare, se facessero come dico io, io sì che ho la ricetta per tutti i guai, basterebbe soltanto spostare un po’ più in qua quel seggiolone, date a me quei soldoni e vedrete come li amministro bene, tanto che ve ne fatte voi? La mia bocca ha più fame della vostra e d’altronde è la mia e avrà certo più diritto di essere rispettata che la vostra con le vostre insulse parole e inadeguate al tempo che stiamo vivendo. Ma quali ideologie! Altro che comunismo o fascismo, ci vorrebbe un bel colpo a detsra e a manca per sistemare quei fannulloni di politici mangiasoldi a tradimento, ma visto che nulla si può fare, troppo in alto sanno volare, di figlio in figlio si vanno a sfamare, la mia politica è non avere politica così sto tranquillo tranquillo…Ma sarà poi proprio vero? Tu che dici?

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Un giorno, tra i palazzi

Era una di quelle sere di dicembre in cui il sole repentino scompare, lasciando dietro di se un lieve rossore sulle poche nuvole ad ovest, sopra il fiume nel cielo terso della sera. Camminando per le strade ci si ritrova estasiati tra liane e ghirlande di luci pendule sulla città; negozi scintillanti di ogni ben di dio attirano sguardi che fantasticano.
Era una di quelle sere in cui i giovani escono dalle case lasciando i loro quaderni di scuola abbandonati sui tavoli, per raggiungere gli amici o le amiche giù in strada, pavoneggianti ma ancora pieni di una dolcezza innocente, anche se già proiettata ad essere potenzialmente corrotta e corruttrice. Versano risa e baccano per le strade e corrono dietro i loro amori.
Così è stato per Lucilla, una bella ragazza, diciotto anni appena compiuti, un po' ingenua ma piena di quella passione per l'altro sesso che è tipico di quell'età.
Quella sera della Vigilia stava passeggiando in una pace soffusa che durante le feste si avverte nell'aria, in ogni dove. Quel giorno, tra i palazzi, nel silenzio del suo cuore, una voce amica l'attirava, una voce bella e soave che usciva dal suo cuore e faceva eco tutt'intorno e pareva che tutte le cose rispondessero e si alietassero rivolgendo su Lucilla tutta la loro positiva realtà. Era come se tutto il Creato le rivolgesse una speciale attenzione donandole una pace segreta, come se un evento unico nella storia stesse per accadere. Infatti quella sera la sua vita cambiò. Scelse la vita. Ella disse il suo sì. Decise di portare avanti la sua gravidanza, il tormento scomparve, quello lacerante di chi cammina contro la vita. Quella notte Lucilla capì il segreto di Maria: il suo sì incondizionato. Quella notte Lucilla fu come Maria, diede alla luce il suo Gesù.

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Non ho capito bene

Non ho capito bene, qualcosa mi sfugge…come un lampo alcuni pensieri.
Tanto tempo fa sono state superate le colonne d'Ercole e il Mediterraneo è sfociato nell'Oceano ben più vasto. Poi sono stati superati i limiti dell’Ocenao e tre Caravelle hanno vomitato orde di delinquenti e predatori su quelle sacre terre americane. Poi i loro posteri hanno superato lo spazio siderale, tra la Terra e la Luna, calpestando luoghi remoti, mai sfiorati da piede d’uomo; suolo ceruleo fino ad allora calpestato dalla sola fantasia di tutti, ancestrale simbolo del sognatore e Madre ispiratrice di notturne meditazioni. Poi è stato superato lo spazio divisorio tra Marte e la Terra, e un robot ha scorrazzato sulla superficie pura di quel simbolo di un dio rosso e guerriero, un pianeta di vaste distese rosse e rocciose: pietre ovunque sul suo manto rosso. E così avanti sempre:
tutto è superato in quest’epoca, è l’epoca del superamento, del superare e del superarsi. Due forme verbali di un verbo che ha mancato sfide importanti. Non è superata la fame, la solitudine, l’ingiustizia, la pedanteria, la svalutazione, lo sfruttamento dei popoli, di persone, di gruppi, di minoranze, di bambini, di donne, di uomini e di animali.
Non è superato tutto ciò che conta, ma nel 2035 è previsto di superare un nuovo limite quello che divide l’uomo dal suolo marziano, e non fa niente se per arrivare lassù si devono accatastare rifiuti umani nelle periferie di New York, nelle favelas, nelle baraccopoli intorno alle grandi città indiane e una corona di spine avvinghia tutto il Brasile, se nelle carceri degli Stati Uniti, della Cina e altrove c’è chi angoscia perché non sa se passerà il limite del domani per una condanna a morte. E nessuno lo può salvare, nessuno. E’ incredibile.

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Di buon mattino

Di buon mattino, quando ancora il corpo è assente; quando ancora il pensiero è indipendente e il sonno ancora s’inframmezza tra la vista e l’incoscienza; quando ancora il giorno non ha sollevato gli scuri, spalancato le finestre, tirato via coperte e lenzuola; quando ancora ogni elemento è in sé sereno, abbraccio tutti i corpi, immersi nelle belle forme miti del loro torpore, li accarezzo come vergine incline alla bellezza, al sogno dell’amore misterioso e assente.

Poi è l’ora del Sole con la esse gigante, tondo come un cerchio irreale, lucente e galleggiante nel cielo; strada di fuoco sul mare, silenzioso tuffatore, più che gradito razzo tracciante, lanciato di buon mattino per noi dispersi, prolisso, ciarliero e instancabile nuotatore sul ventre del mare.

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tuttavia...

...tuttavia non posso continuare a percorrere le tue sponde, a ostruire la piena delle tue acque con l'affetto che il mio cuore farnetica.

Sarò il più silenzioso e lontano degli amanti. Mi piace, in fondo, saperti presente tra le valli sinuose della California, dalla quale il tuo grido di gioia può sormontare petrose distese e giungere ancora alle mie orecchie, attente a quella misteriosa allegria che sale da un cuore amante della vita, che ha saputo ricevere amore. Non starò in attesa sulle sponde del tuo fiume, ho già bevuto la tua acqua sorgiva, limpida e fresca di sorrisi e sguardi benevoli.

Potrai cercarmi e trovarmi (perché te lo permetto) nel luogo dove il deserto mangia gli spazi che il sole gli mostra e roventi terre gialle si innalzano come onde immani verso l'azzurro che impera e sottomette, costringendo ad abbassare lo sguardo e a chiedere tregua al desiderio di ombra. In quel luogo poserò i piedi piagati cercando di evitare la stessa sorte di amori errabondi, allontanatisi, imprudenti, dal refrigerio delle acque, nello sconforto e senza rafforzare la propria anima nella cecità della fede in un più ampio mistero d'amore.

L'anima che ama, rivestita di una luce nobile, simile a quella di un'alba eternamente immobile, sa patire sul proprio corpo le piaghe causate dall'assenza dell'amato. Così rafforzato, l'amore sa non essere amore, sa rimanere nell'oscurità della sua stessa assenza e, nonostante questo, allargare il proprio amore all'infinito ed eterno attimo che lo circonda. Forse nel deserto si muore veramente, ma forse soltanto si crede di morire, perché forse la morte non è ciò che crediamo, oblio, ma il suo esatto contrario.

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Attesa

Eccomi di fronte al mare ad attendere il tuo ritorno. L'amore non può dimenticarti, come le stelle non dimenticano la luce dei loro corpi. Immerso nell'indifferenza delle cose, che silenziose conducono al passato, ti amo per sempre. E' questa condanna il mio supplizio. Ogni azione o pensiero, ogni mano che stringo o sorriso che dono o parola che proferisco, è per te, perché ci sei, perché ti ricordo e a te desidero fare il dono. E' in tutte le mani che stringo la tua, è in tutte le parole che rivolgo il tuo ascolto, è in tutto il mio guardare il tuo essere visto.
L'amore per le tue viscere mi serra a te ed è universale, da qualunque parte io inizi il rito del vivere, arrivo a te; altrimenti, in segreto, ritirerei la mia mano lontana dalle mani, chiuderei la mia bocca lontana dagli ascolti e le mie palpebre cucirei per sempre per serbare intatta la tua immagine.
Vieni ti prego, dai mari e dalle terre lontane, che i nostri cuori si avvicinino anche nella carne e i nostri pètti si congiungano nell'abbraccio davanti ad una porta socchiusa, da noi spalancata sul Paradiso, promesso non per merito ma per grazia e dono.
Traboccare il nostro amore nei cuori, questa è l'attesa e la vivida speranza nel quotidiano e silenzioso pensarti.