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Raccolta di testi in prosa di Domenico De Ferraro
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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La Befana Spaziale

LA BEFANA SPAZIALE

Ogni storia è una fiaba ed ogni fiaba nasconde in se una morale  nel suo narrare . Era l’anno 2042 la terra era sul crollo di un collasso economico , l’anno nuovo   iniziò  in modo molto particolare. La Befana, la curva vecchina  dal naso ad uncino che la notte del sei  gennaio porta i doni ai bambini di tutto il mondo , era improvvisamente scomparsa. Nessuno sapeva dove fosse andata, e i bambini di tutto il mondo erano disperati. Piangevano e chiedevano spiegazioni , pretendevano i doni promessi. Volevano la  calza,  colma di dolciumi  e giocattoli.

Alla televisione la notizia iniziò a circolare su tutte le emittenti televisive nazionali ed internazionali . La gente disperata  , soprattutto negozianti e ristoratori a  causa dei  loro affari . Si misero  alla ricerca  della befana. Chi provò a cercala  , sotto il proprio letto di casa , chi dentro  il camino, chi sotto la macchina da cucire. Chi gridava sopra i monti innevati,  nell’eco del vento  il nome della befana. Ci fu una mobilitazione mondiale. Presidenti , re e regine , tutti i capi di stato erano visibilmente preoccupati.

Giunse cosi il cinque gennaio e della befana non si aveva alcuna notizia .  Un freddo polare fece annichilire i rami di mandarino e di arancio dei giardini. I poveretti che dormivano sotto i portici delle città si rannicchiarono dentro un doloroso ricordo . Il pomeriggio freddo e solitario  , una bambina di nome Sofia  stava giocando nel suo giardino quando vide qualcosa di strano nel cielo. Era una luce brillante che si avvicinava sempre più.  Sofia  si nascose dietro un cespuglio per vedere meglio.

Un  luce intensa apparve all’ improvviso  si posò su un prato vicino, e da essa scese  dal cavallo di una scopa,  una figura alta e slanciata. Era la Befana!

Sofia  non poteva credere ai suoi occhi , aveva davanti a se   la sua beniamina cosi  corse ad abbracciarla. La Befana la salutò con un sorriso.

"Ciao, Sofia ," disse. "Sono contenta di vederti."

"Dove sei stata?" chiese  Sofia . "Tutti ti cercano."

"Sono stata in viaggio," rispose la Befana.

"Ho visitato molti pianeti diversi."

"Pianeti diversi?" ripeté Sofia, incredula.

"Sì," disse la Befana. "Esiste un intero universo là fuori, pieno di bambini di diverse etnie . Ho pensato che fosse giusto portare i miei doni anche a loro."

Veramente hai visitato altri pianeti

Ho dormito e pranzato con tanti genitori

Abbiamo cantato insieme .

Veramente non ci posso credere .

Perché non mi porti con te.

Non posso , no,  quest’anno cara Sofia.

Forse il prossimo anno ,mi organizzo e verrai con me.

Mi aiuterai a portare i doni ai bambini del pianeta Zorba

E a quelli del pianeta Asura.

Si , si lo voglio. Sarebbe per me un esperienza unica.

 

Sofia era affascinata dalla storia della Befana. Le chiese di raccontarle tutto quello che aveva visto e fatto.

La Befana raccontò a Sofia  di aver incontrato bambini di tutte le razze e di tutte le culture. Aveva visto bambini che vivevano in case di pietra e bambini che vivevano in case di plastica. Aveva visto bambini che giocavano con giocattoli semplici e bambini che giocavano con giocattoli tecnologici.

Aveva visto uomini e robot ragionare tra loro.

Aveva incontrato ,  diversi babbi natali di diversi pianeti.

Aveva assistito a tanti concerti  di fine anno.

Ed aveva  pattinato sopra un pista di ghiaccio tridimensionale  sul pianeta Crystal.

Sofia , ascoltò  con attenzione.

Era come se stesse sognando.

"È stato un viaggio meraviglioso," disse la Befana alla fine del racconto. "Ho imparato molto dai bambini che ho incontrato."

Ho imparato cosa significa amare e vivere nell’innocenza di razze diverse . Ho provato ad essere , come una di loro. Sono stata accolta come una madre , come una sorella  mai come una befana o peggio una strega.

"Anch'io ho imparato molto," disse Sofia . " la tua storia mi ha aperto la porta per altre dimensioni possibili , mi ha messo addosso la  voglia di viaggiare e di visitare luoghi lontani , di conoscere altri pianeti ed altre razze ."

La Befana sorrise. "È stato un piacere," disse.

Sofia ti prometto che il prossimo anno ti porterò con me.

Poi, la Befana si chinò e mise una mano sulla testa di Sofia.

"Ciao Sofia continua a sognare ci vediamo il prossimo anno   " disse.

E, con un battito di ciglia, la Befana svanì nel nulla.

Sofia  rimase a lungo a guardare il punto in cui la Befana era scomparsa. Poi, si alzò e tornò a casa.

Quella notte, Sofia  andò a letto felice e contenta. Sapeva che la Befana sarebbe ritornata l'anno prossimo, e avrebbe mantenuta la  sua promessa , sarebbe andata con lei in giro per l’universo sconosciuto a cavallo della sua formidabile scopa a portare  i doni a tutti i bambini del mondo  anche quelli che vivevano su altri pianeti. Perché sognare è facile basta socchiudere gli occhi e desiderare di vivere un'altra vita.

*

Confessioni Di Una Giovane Scrittrice

 

 

 

 

 

 

Lo so , non so scrivere versi , non so scrivere d’amore

In  queste sere di passioni il mio animo ,anela all’immagine della vita

che volevo vivere. Ed egli  mi  baciò , fanciulla .

Osai per versi carsi. E compresi la follia del verso in varie circostanze

Inizia a scrivere in luoghi  ameni e inenarrabili spazi circoscritti in me stesso.

Fusi le parole nel mio spirito ed  accecato dall'ira piansi disperata questo amore mai colto. Per giorni obliqui tra intrigati inimmaginabili fili tesi verso la realtà .

Andai verso quello che credevo china sulla mia macchina da scrivere.

Vinsi e piansi poi spari nel narrare che mi apparve all’ombra d'un ulivo.

Nell’orrore di un gioco linguistico , vidi ed ammirai le  belle spighe di grano  danzare nel vento. Rividi le belle città , visitate .  Tutte erano innanzi a me come  tetre figure . Fuggire. Scrivere ,seduta in un angolo a sognare.

E non so cosa c’è ,oltre questo muro d’ipocrisie.

Cosa c’è dentro la pancia di questa balena immaginaria.

Mentre  nuoto in questo mare .

Mentre faccio  l’amore, trema la terra .

Mentre viaggio con la mente ,in  questo spazio di versi liberi .

Pulsano le vene .

Dentro questi versi , ittici  e fallici , fatti all’uncinetto.

Mi costruisco l’ impressione di un emozione solitaria.

 

Ma questa è  la mia poesia libertina ,

la quale  di solito sgambetta

sopra un palco come una marionetta.

Ed io la chiamo la vezzeggio gli dico andiamo ed oltre vado.

Sono forse incinta di altre atmosfere e sferiche sentenze.

Sono meste ancelle queste parole.

 

Oh credevo di vincere la paura in me

Io personaggio  io donna o uomo

Io sogno o realtà di me stessa.

Ed io recito la mia parte  in questa rappresentazione

Mi trascendo nella logica della  mia fantasia.

Nei versi continuo a vivere. 

Ed mio mondo ruota intorno al mio estro creativo .

Sono diretta verso  la luna , la quale si specchia su un  mare morto.

 

Litri di  birra e allora  bevo , compatiscimi invisibile lettore

lasciami m’ubriachi  di bellezza ,anche quando ho i postumi

di questo delirium tremens di versi solitari.

Scrivo di notte,  sotto un mare di stelle.

Sogno  altri mondi popolati d’ invincibili draghi

I quali mi accompagnano per mondi ultraterreni

Io vivo nel mio sognare

Io vivo nel mio fantasticare

Ed oltre non so andare se non verso quello che spero .

Fossi io una lettera

Fossi io questa macchina che scrive e sforna versi inutili

Cantilene

Vocalizzi

Ballo con loro , tarantelle

In giro, giro tondo quando è bello il mondo

Quando è bello senza guerra

Senza portare i propri cari al cimitero

Quando in bilico,  balla la bara sulla spalla

Porterò  un fiore

Porterò  questo disonore che in me si fa poesia

Seduta, rimango a guardare il mondo

Vedo le case basse  distese sulle coste

Vedo il mare , la lingua del drago

Vedo l’angelo  combattere contro un demone spietato.

Rimango in bilico sopra un tasto .

Scrivo per fuggire dalle mie paure

Per far conoscere la sorte che in molti attendono

Oramai sono ad un passo dall’essere una parola

fatta di carne ed ossa

 

 

Sere silenziose  , sere senza nome .

A testa bassa.

Sotto questo cielo.

Gonfio di pioggia.

Merito di vivere.

Di cantare il male ed il bene.

Merito di essere me stesso.

My song .

My signorina.

Continuo a scrivere di voi e di tanti altri

Fra perduta gente vago rassegnata in minigonna

Versai litri di pianto .

Bevvi cicuta ed  amaro del capo.

Scura e mesta nella mia stanza all’ultimo piano di questo palazzo.

Osservai  ogni cosa e tutto il resto era  amore  ,

Scrivere per restare in vita per essere me stesa.

Tra stoffe pregiate

Abiti di  parole , compongo nell’angolo

dimenticato della mia esistenza.

E volo con la mia macchina da scrivere verso altri mondi

verso una dimensione che avvolge il mio trasformarsi in parole

Volo con la mia macchina da scrivere verso altre esistenze

Seduta nella mia stanza all’ultimo piano di questo palazzo.

 

Perché questa è la mia poesia ,

Perché lo  vista  nascere e crescere sotto un sole cocente d’estate .

Lo  vista  maturare a settembre.

Lo vista   portare  in spalla da quattro negroni

al camposanto a novembre .

Lo vista  rilucere a dicembre  come un bimbo felice

tra le braccia di sua madre.

Lo vista crescere tra i tasti della mia macchina da scrivere.

E sono cresciuta ed ho creduto che l’amore fosse una parola

Libera di andare dove voleva.

Ho creduto narrando sarei giunta in  altre terre

Attraverso  viaggi immaginari

Avrei girato il mondo , ma ho girato solo  

intorno al  mio tavolo di lavoro

Dove siedo e scrivo la mia vita.

 

 

 

Sono sempre chiù  pazza

Sono sempre più incazzata

Giro armata e litigo   con tutti

Con tutti discuto  delle mie debolezze

Con il resto dell’umanità , rimango legata

ad un discorso disciolto in un bicchiere di  vino.

 

Sono sempre chiù pazza

E gioco con la  mia vita e con i miei  versi,

emersi dentro un dialogo futurista.

Sono contenta di fare la mia parte

Sono stata giudicata , non   sana di mente

Sono autocosciente   dentro  la mia conoscenza.

Sono   ad un passo dal salvarmi

Avrei potuto  essere me stessa

Fumo una sigaretta dopo l’altra.

Getto un amo dentro un  lago

Un ricordo tiro su, questo cielo è sempre meno blu.

Un ricordo , ruota intorno alle mie fantasie.

Sono pronto a recitare questi versi in pubblico

Sono stata visitata  da un psicologo

Sono stata  dichiarata poeta

Forse pazza .

Forse incapace di creare , storie serie.

Mi sono ritrovata  a leggere ,questi versi per strada.

Sono stata  me stessa , adesso sono i miei versi

Ho gridato,  cantato,  tra le pagine dei mie giorni.

Ho preso  appunti

Ho scritto tanto.

Ho scritto di me stessa  e di tanti altri come me.

Per rimanere  viva  ,dentro un  mio dialogo globale.

Sono fregata  amico

Non ci sono uscite secondarie

Lo so , non so scrivere versi

Sono poco socievole

Incompresa

Sospesa  tra l’essere e l’avere

Sono questi versi

Sono oggi e domani

Sono pronta  a vivere  a volte ad amare 

Ad essere ed  avere

Sogno  giorni migliori , dopo  questo presente.

 

E quando sarò vecchia , vorrei essere  chiamata  signora.

Ma so, sarò definita una  perdente , amico mio

Sarò chiamato signora  degli errori ortografici

Signora  di questi discorsi senza senso

Di questa  mesta  bellezza .

Ma tu dammi una carezza

Un po’ di dolcezza per continuare a scrivere

Un bacio, una stretta di mano

Stammi vicino non abbondonarmi  

Perché io non so scrivere versi con un fucile sotto la pancia

Non so scrivere ti amo e non so dire ti amo

 

La sera mi porta dove ogni scrivere è un linguaggio di questo scrivere

E sono scivolata dentro  un discorso ideale

Ieri sono  stato al camposanto

Sono stato  a trovare  mia madre e  mio padre

Sona  stata  chiamata pazza

Perché  canto le mie canzoni

Con molto facilità e sono felice di essere un poeta

Sono stata chiamata pazza e canto le mie canzoni con  ambizione

E in mezzo a questo inferno ,sorrido e passeggio

Seguo  la papera che galleggia

Mi arrangio

Viaggio nella mia  logica

Attraverso  questo ritmo ,  diventa  poi una rima

Poi un verso che sboccia nella notte oscura.

Nello scrivere e vivere, nel fingere nell’interpretare se stessi

Nel fissare lo sguardo oltre quello che amiamo e desideriamo

Oltre questo scrivere e vivere

Oltre questo rimare , dire , esprimere.

Ballare  sotto  le bombe ,sotto il braccio con la propria sorte

Nera e chiara .  Magra e grassa.

Insieme a tante parole lesse ,trovate per caso nel cestino.

Per scrivere e far finta , perché tutto il resto è ipocrisia

Come scrivere e vivere, ridere e morire.

 

 

                                             

 

                                               II

 

 

Scrivere di sera ,  mentre tutti sono a casa

Davanti alla televisione

Mentre il modo si ferma per un attimo a pensare cosa  è diventato

Scrivere mentre tuo marito ti pensa.

Mentre si fa sesso

Mentre un popolo  lotta per sopravvivere

Scrivere per ricordare di essere  liberi

Cosa è l’amore ?

Cosa è Dio ?

Cosa è l’amicizia ?

Quale è il significato di questo lungo viaggio nelle parole

Cosa è  scrivere , seguendo la  propria sorte

Cosa è la morte ,l’ora prossima ad essere sestesi

Perché nu strummolo si muove sopra una discesa

mentre la sera ,scende

Sale  lungo un muro nu secchio chino di parolacce.

Scrivere ,questa scorreggia , avere il coraggio di essere se  stessi

Credere nello  scrivere per continuare a vivere

Danzare ,aspettare il mattino, l’alba risorgerà

Ritornerà l’amore ritornerà la  bella stagione

Signora delle parole , senti cosa hanno da dirti questi dannati

In questa sera ,scura come questo scrivere

Scendi mi dici

Scendo ,aspettami

Ti aspetto

Non mi muovo

E importante andare oltre quello,  abbiamo detto

Non andare in  guerra

Ma sarò  chiamata  disertore

Sono stato poeta

Sono stata rinchiuso dentro un campo .

Internata  sono  stato un soldato

Ho letto diverse frase ,scritta su un muro

Sono questa follia

Fraseggio e verseggio

Viaggio verso questo amore

Verso questa libertà

Verso dopo verso , seguo la tempesta.

 

 

 

                                             III

 

Scrivere è  cantare

Danzare ,cercare di essere migliore

Scrivere è creare

Fare un figlio ,

Vederlo nascere.

Crescere , scoprire ,altre definizioni di questo narrare.

Lo scrivere m’accompagna per giorni diversi

Scrivere è credere di capire quello

che ho sempre  sperato di credere.

E nuotare dentro un mare di amori

E stare per giorni in attesa , affacciata ad un finestra

In attesa qualcuno  passi ,ti saluti

E vivere a testa giù

E andare sempre più su.

E salutare il tuo vicino di casa

E andare a lavoro

E pregare con tanti altri ,dentro una  piccola chiesa

Dentro una moschea

Dentro una sinagoga

Dentro un templio in questo tempo che scorre e diviene scrittura

Dentro questa immagine di te e di me

Nell’irrefrenabile voglia di scrivere e vivere .

Per continuare ad amare ,senza avere più paura.

 

 

*

Quando L’ammore Morde

QUANDO L’AMMORE MORDE

 

MELODRAMMA AMOROSO NAPOLETANO

 

ATTO UNICO

 

Quando l’ammore morde si ricomincia sempre da quando  sei morto , da quando l’ammore ti ha messo a dura prova ,  ti ha trascinato nel dolore di molti . Nel dolore   di una donna,  di un uomo  . Tutto ha  sempre inizio  da quando la sorte,  ti ha  sedotto sotto un cielo colmo di stelle in compagnia di un ideale già malato  con tante idee danzanti  intorno a te che  fanno bella questa misera vita . E quella giostra di cavallucci e cavalieri erranti e come l’amore , ti ferisce  poi tutto scema nella musica . Trascinato verso il fondo , verso  un dubbio atroce , circoscritto nella sua espressività ,  nella logica del creato che ti  porterà a vedere la realtà  come fossi un bimbo felice con pochi soldi in tasca . Aggrappato a  quel sogno  piccino,  si fa avanti l’illusione,  la quale  apre  l’ali  nell’azzurro di giorni migliori , verso una nuova luce che illuminerà  l’ animo afflitto .  Tutto potrà  accadere , vita  trafitta  nell’orgoglio  ,  giorni uguali , tutto si spegnerà  , come fosse una luce nell’oscurità di giorni ,  trascinati via dal vento .  Alla fine  tutti ,saremo  diretti  verso  isole incantevoli  , verso questo ammore disperato.

 

Ricordi,  tutto non aveva senso  , avevi promesso , saresti stata mia per sempre , ma la morte ci ha traditi , entrambi  nel momento più inopportuno Ci ha condotto nel gioco di ombre bellicose, in nomi e cognomi  , utopie ,  volgari  , verdognole vergogne  tra rigagnoli e sogni  ove canticchiava   la rana salterina  vicino allo  steccato  , oltre quella  siepe  che divideva  per sempre questo nostro amore . Perduti saremo  in altri giorni  con il cuore in gola,  verso  quel baratro di emozioni che  inebrierà   questo cuore nel suo ricordo ,  lontani  dall’ odio , avvolti  in  forme  meretrice , cilestri , seducenti , traditi da un'altra logica  da un altro dire 

in timidi ricordi e ritmi  vari.

Forse avresti  dovuto invitarmi  a casa tua.

Avrei conosciuto tua  madre

Sarebbe stato bello

Avremmo,  sorriso  alla sua  salute

Ci saremmo baciati di nascosto

Poi le stelle ci avrebbe ammirato  fare l’ammore in un prato fiorito in  un vortice d’ immagine  tra corpi in fiamme , stelle  morenti che attraversano  questo universo .

Ricordi ,  quando ti aspettavo sotto casa.

Oggi mi hai tradito  con un mio amico, domani con chi sa chi

Verrai  domani a lavoro

Senz’altro

Oggi ti ho cercata disperatamente all’uscita

Io ero  dietro di te,  che ridevo di te

Ero perduto nella mia vita

Eccomi ora  di nuovo in attesa

Non sono la  tua donna , ne il  tuo ideale  disperato

Eccomi  in  questo  immaginario vagone ferroviario che mi porterà lontano cosi lontano in  tanti pensieri , sentimenti strappati , dalla terra in cui sono nato.

Pensa se ci fossimo conosciuti prima che tutto questo accadesse

Sarebbe stato , tutto cosi lecito

Non ti avrei mai lasciato per un'altra

Lo so anch’io sarei rimasto  accanto a te

Ora ci divide questo muro di finzioni  

Trascinati dalla sorte che segna il passo alla storia

La mia sorte è nera come la notte

Non disperare

Metto a cuocere la pasta

Non farla bollire molto

Dopo mi faccio una doccia

Sogno il tuo corpo ignudo , bagnato di lacrime .  

Mentre l’acqua  scivola tra i tuoi capelli , sulle tue labbra,  sul tuo seno piccoli e morbido , come il divano dove sedavamo quando ci baciavamo .

Ed il sole   esplodeva  nel nostro universo. 

Oggi  partirò,  andrò lontano da  questa passione

Non fare tardi all’appuntamento promesso

Spero  di non rinnegare  ogni cosa detta.

Non lasciare il tuo corpo , sotto la pioggia

Porterò  il tuo ricordo chiuso  dentro un barattolo

Berrai il sacro calice  della eterna giovinezza alla mia salute

Mi calerò nei panni altrui

Non farti uccidere , piccolo mio

Stai sicura , starò  assai accorto

Non chiedere all’assassino  il prezzo della tua vita

Farò come dici

Oggi , viaggio in  una  altra  vita ,  oggi gioco  con le mie  rime eretiche, cretine , appucundrute ,  cianciose , vaiasse,  schiuse  dentro allo sciorinare dei versi malandrini , in un ire in due , sotto un cielo  cosi caldo che sembra  un cappotto di pelliccia  di gatto.  E questa  vita  danza  da sola e mi conduce dove  credo ,  dove l’ammore vive  dove il vecchio siede dentro se stesso e rammenta d’essere di nuovo  giovane per   poter amare ancora . Ora il viaggio ci conduce in passioni senza fondo,  tra ombre fallaci , sinistri  personaggi,  sconvolti nella comune storia  che porterà a compimento questo nostro canto .  

Ora vorrei  essere vicino a te

Vorrei sussurrarti,  parole nuove

Anch’io lo vorrei

Vorrei  toccare il tuo viso,  il tuo seno

Ora siamo in viaggio in diverse direzioni nel delirio dei nostri sensi

Credo  non rintonerò indietro  

Rimarrò  in silenzio

Attenderò   la notte passi

Apri  presto la tua porta alla vita.

Ora non  posso

Salirò , fino alla tua camera

Sei pazzo

Forse lo sono

Forse avremmo dovuto stringere  le mani e pregare

Mi avresti , mai   amata  fino  a darmi un figlio

Pensa un figlio,  biondo,  dagli occhi azzurri come te

Pazzo  come te

Già come questa vita 

Come il vivere  che ci ha fatto incontrare

Ora , forse non sono  più solo

Ora stringo il mio domani tra le mie dita

Il mio credere mi rende una   facile preda

Non farti prendere dal pentimento.

Fuggiremo   insieme

Viaggeremo tanto lontano

Aldilà delle  nuvole

In questo universo senza senso

Nel tuo corpo

Nelle tue  tristi poesie.

In questo ed in quello

Sentirò di nuovo la tua voce

 Avvicinati e stringimi.

 Lasciati  andare

 Ho paura , tu mi ferisca di nuovo

 Non aver paura ogni cosa , sarà  come il tempo ha deciso

 Non sono  più sola

 Vivo in  questo attimo.

 Ubriaco di  versi

 Con il sapore dei tuoi baci

 Maccherone

 Siamo le  maschere  dell’amore

 

Sento ed oltre veggo nella confusa espressione il senso di un canto nuovo, prendere  in me il  sopravvento.  Trascinare  ogni sentimento  nella pietà  di una frase senza senso.  In un vortice di stornelli moreschi,  idiomi, inniche ipocrisie , leggiadre , fredde  come la morte che  chiude la porta in faccia al prossimo . E  nella disperata  illusioni si spegne la luce della coscienza , ed avviene  la propria trasformazione  in  una nuova immaginazione.

Dai che scherzo

Mi fai male

Tu mi  stravolgi  con i  tuoi dialoghi

E tu avvinci  il mio vivere

 Lo faremo viaggiando

 Lo faremo dentro una camera d’albergo

 Io e te ignudi sul letto

 Tu con i tuoi desideri

 Io, senza sapere , chi sono

 Mi trascini verso un  altro inferno

 Io  mi sento ferito nell’onore

 Dispersi siamo   in mezzo alla folla

 Io ti chiamo , tu non  mi rispondi

Ed eccoci immersi nell’amplesso che abbiamo  desiderato,  nella speranza  che ci è stata negata. Nascosti   sotto la gonna della vita  che sventola nel vento,  sulla nave che va sull’onde ed oltre io medito  i miei errori ,  nella triste storia che ci  ha uniti.

 Ora non ridere

 Ora dormo in mezzo ad un campo di  papaveri rossi

 Io sono , su  un treno di corsa.

 Gli angeli  volano al mio fianco

 Preparati presto ad incontrarmi  di nuovo.

 Porta una  bottiglia di vino

 Ti  vuoi  ubriacare ?

 Ma state bene tutti e due?

Cosa  è questo  ammore venduto per pochi denari.

 Io ti  credevo  un santo.

 Certo ci sono tanti motivi per cambiare

 Beh non tutte le ciambelle riescono con il buco

 Fatevi , sotto si mangia

Avanti popolo

Sono  squisite assai

Io ne voglio una a cioccolato

 Mangiate  tutti poi pregate per favore per me

 Non ti dimenticheremo cosi presto

 Io vi benedico

 Portate altro  vino

 Si balli tutta la sera sotto le stelle

 Io ti  credevo un ipocrita

 Ma dai  sono una persona cosi sincera

 Ma le mutande non le togli mai

 Ho comprato  un  nuovo capello di lana

 Orco cane , fa ancora molto  freddo

 Ora è  giunto l’ora di andare

 Entrambi andremo  su una nave verso le isole di pasqua

 Bello  , che ballo , che sballo

 Io penso ,  berremo per non essere più tristi.

Rideremo per amare ancora.

Saremo una sola cosa finalmente

Forse qualche nuvola  cadrà dal cielo

Saremo  una famiglia in quattro e quattr’otto

 Potremo dirci fortunati

 Ammireremo  i bei panorami

 Sarebbe  magnifico

 Guarda un uomo ,  vola in groppa ad un gabbiano

 Meraviglioso.

 Non vorrei mai più far ritorno alla realtà

 Anch’io

 Ora  ti piaccio di la verità

 Sarai condannato domani mattina ?

 Si per essere stato  ,  poeta.   

 

Forse saremo  condannati  entrambi , forse  questa storia insolita con due piccioni in una favola  , sarà  meglio chiuderla in  questo libretto  mai letto da nessuno.E mentre il treno fischia  il passante impettito , sotto il braccio della sua bella,  spiega come divenire ricchi con una azione .  La città si anima , cresce a dismisura , qualcuno riesce pure ad avere  qualcosa di buono.

La chiami poesia questa?

Ma è una cacata

Signorina

Non chiamatemi Brioscina

Beh  facciamo i seri

Chi ha fatto entrare , questa  marmaglia

Signorina  avete  una faccia rassignata  

Ma come te l’aggia dicere m’aggirano , cervella

 Questa è una scusa  

 Aprite voglio entrare. Io song lo pate

 Ma come a quest’ora  vi presentate ?

 Qui non c’è nessuno

 Cantate voi ultimi  alle timide luci dell’alba , la mesta esistenza.

  

Perduti   in  questo traffico ,  che  non è  più umano,   non ha più speranze,  ne allegre  canzoni da cantare , non ha  più sorrisi da donare.  Ed il traffico scorre , come un fiume di merda , per sopra e sotto i ponti  dove passano  i morti  , legati alla loro religione ad una ragione cruda,  dura da morire.  Saranno morti in tanti domani di nuovo,  tutto potrebbe essere inutile  , arrampicarsi , cercare di scappare   schiacciati  nella nostra storia in questo fuggire , verso qualcosa che non ha  più ragione d’essere.  Ed io mi pento,  mi trastullo , nella mia poesia , negli  anni  che passano  cosi veloci come fulmini a ciel sereni , come questi confusi versi  di  una grammatica celeste  che  viene  scritta   in silenzio.

E l’ odio  sarà il  fine   di se , ramingo dentro un  cuore  di ghiaccio dentro  un  bene  che   è stato  negato  a chi   è  stato ucciso.

 Ora io non sono più io

 Sono la voce di generazioni di   poeti

 Voce dei scugnizzi per strade affollate

 Voce di chi , non ha  più voce

 Io  vado  oltre me stesso

 Ue Pasquale

State una bellezza

 Perduto nella mia follia

 Forse  nù jorno   comprenderò  il senso dei miei  errori

 Ora non  ci  pensare più

 Mi riesce assai difficile volare ancora

 Pensa se fossi  ora là ,  dove Dio vuole

 Io sopra  una rosa

 Io in divisa ,  mezzo vestito

 Fai presto vieni a mangiare

 Sempre la stessa zuppa

 Questa casa è la mia storia

 Tre canti

 Che c’entra il cane

 Beh l’ammore è un cane a tre zampe

 A volte morde

 A volte ti darà, quello che nessuno ti ha mai voluto dare

 Non ci avevi  mai pensato

 Pensare è  bene ,  pensare troppo è un male.

 Ricorda ti aspetterà , sempre un pentimento.

 E tu  cosa speri dietro questi baffi da topo

 Una vita diversa , nei mie versi liberi.

 

Sotto un cielo oscuro,  seduto  su una panchina , sotto un lampione in mezzo  ad una  piazza , che si anima di tanta gente .

Io attendo.  La  gente,  entrerà  ed uscirà  da questa mia storia,  andrà  con il mio malessere , con la mia poesia al bar ,  si vestirà  dei miei versi  entrerà nella mia  vita  dopo aver  bevuto e  fumato. Dopo aver riso di me. Ci sarà  chi si spoglierà  dei suoi sogni  e tutti  andremo alla ricerca di un'altra gioia  in questa storia senza nome.   Senza ricordi , duri  da morire , duri da digerire , duro  come il cacio cavallo , come  è  dura   la notte che verrà . Seduti rimarremo  ,  sotto  le stelle ,  ci sussurreranno dolci versi in  questo mondo in delirio. Tutti ,  giungeremo ad  un punto senza ritorno , come quella volta in macchina che andavamo tutti insieme a mangiare la pizza  e tu portavi con te  una borsa piena di poesie   ed altre storie assurde,  senza accenti ,  senza verità  serie  , belle,  elette a grandi imprese.  Ed in  quella  inenarrabile  sera , provai ad afferrare, tutto il resto di nulla .  E lagnosa,  era la  mia  canzone  e tu cantavi  appreso a me , oh  vita , vita mia . Venisti  dove tutto ebbe inizio  , con due ali  dietro la schiena , sembravi un angelo  dalla  bocca languida e come un tempo che fu,  io  sognai d’essere aldilà di questo ammore , che  morde sempre quando meno te l’aspetti.

 

*

Buon Anno Robot

BUON ANNO ROBOT

FIABA DI CAPODANNO

C’era una volta su  un lontano pianeta della costellazione di Venere ,  tanta strana gente  che aveva  tre bocche e tre nasi , quattro orecchie.  A vederli ,  avresti  detto,  essere mostri  . Piccoli mostri pelosi e occhialuti , scansafatiche  di primo ordine ,  gente  poco socievole   che non  amava molto  lavorare  a  differenza dei tanti  altri alieni , grandi lavoratori che abitavano nelle vicine  galassie. Ai piccoli mostri  gli piaceva  fare di ogni occasione  festa , casino  ,soprattutto sparare  fuochi d’artificio ,  fare scherzi alle spalle dei creduloni , sollazzarsi nel miglior dei modi alle spese dei più  sciocchi  La più singolare festa,   presente nel loro calendario galattico  era quella  di fine d’anno . In quella occasione amavano  , fare  una festa colossale ,  illuminata da  mille , mille luci , scintillanti , addobbanti  in  ogni strada e ogni casa.  Assai  simpatici  anche se piccoli e pelosi   i mostri erano   grandi compagnoni , pronti a dare l’anima per ogni  vero amico .  Amiconi di bevute colossale ,pronti a intraprendere ,interminabili  gare di rutti ,peti , pernacchie da far sbellicare di risate,  chiunque assistesse a codeste corbellerie.  I piccoli omini verdi , erano ghiotti di dolciumi ed aspettavano quei giorni di festa per scambiarsi   regali  , gentilezze  varie   durante il corso di tali festeggiamenti.   E dato che a   lavoro , amavano andarci  poco , perché gli  piaceva spassarsela  stare per ore nei bagni termali  ,  andare alle feste  e divertirsi in vario modo ,  avevano inventato varie   macchine che facevano tutto il loro lavoro.

Ora vi sembra strano come fosse possibile , reggere quell’equilibrio  sociale e civile.  Penserete che   nostri piccoli mostri , fossero  essere inutili ed incapaci di giungere alle vette della scienza e dell’intelligenza  che in vero era assai poca  nelle loro  verde cucuzza  .  Dato che tutto i lavoro sporco , veniva fatto  dalle macchine inventate in gran parte  dai padri dei piccoli mostri pelosi,  detti babbi natali  o babbi inverno .

I Robot  creati dai babbi natali , erano  capaci  di fare  tutti  compiti  più faticosi e fastidiosi  , come  studiare ,  portare un autobus,  guidare  un aereo,   realizzare  mille  invenzioni  eccezionali.  Ma purtroppo,  quando le cose stavano andando abbasta bene ,  tutto ad un tratto  i robot   presero coscienza della loro condizione  di  servitori non retribuiti   Intanto  la vita su quel minuscolo  pianeta della cintura   di  venere   continuo a lungo  essere  felice come non mai ,  grazie ai servizi offerti dalle macchine .  I piccoli mostri pelosi  non faceva niente dalla mattina a sera   pensavano  unicamente a cantare ,  amare  come poi ci fosse altra cosa più bella di quella ,  dicevano in coro .  I robot  dapprima  ubbidienti e servizievole   si rivoltarono improvvisamente  chiedendo  d’essere presi in considerazioni. Ma i piccoli mostri pelosi erano contrari ad ogni cambiamento.

Siamo noi i padroni .

I robot devono fare i  compiti per cui sono stati creati.

Guarda che se i robot si ribellano finiamo in rovina.

Sei un pessimista

Io sono un veggente

Io un politologo

Va bene che facciamo litighiamo

Non per carità , io vorrei pagare i robot

Diamogli una medaglia

Ma si facciamoli ,  servitori dello stato

I robot sono nostri amici

Più che amici , dobbiamo dirgli grazie.  

Pensavano  in molti .

Di questo passo conquisteremo l’intero universo grazie agli automi capaci di autoriprodursi e di creare macchine sempre più perfette  la nostra civiltà in breve  sarà cosi evoluta che  diventeremo   grazie a tale   tecnologia  i  signori   dell’ intera galassia  .

Dobbiamo  creare  un esercito   di   macchine  per  conquistare  nuovi mondi    così potremo viaggiare  e conoscere  tanti  luoghi  sconosciuti.  

Ci pensate saremo invincibili

Non lavoreremo più

Ci divertiremo ,  quando vorremo

Faremo quello che ci pare

Basta fagioli con la pasta

Viva la carne in scatola

Che bello poter viaggiare e conquistare

Ma ti credi invincibile?

Credo , quello che sono

Io sono un piccolo mostro peloso

Io sono  un alieno con le ali

Tu non vedi il  problema di fondo

Ma come ?  non siamo uguali

Ma dai credi , ancora alla befana

Non dire gatto se non l’hai nel sacco

Che bello possedere tanti pianeti

Io credo si possa ancora sorridere alla cattiva sorte

Ragazzi  siamo a fine anno

Faremo una gran festa

Io mi metto il pigiama e  vado a dormire

Sei sempre lo stesso , non cambierai mai

Io sono povero e malato

Tu non distingui  il bicchiere pieno da quello  mezzo vuoto

Oh perbacco che bel cappello

Ti piace per davvero

Veramente bello

Siamo in tre a portarlo in tutto all’universo

Bene,  chi sono questi  tre cretini?

Siamo alle solite

Non spingete  l’autobus è  pieno

Chi mi ha rubato il fazzoletto

Signore mi dia una mano a salire

State calmi da qui non si parte se prima non vengo pagato.

Facciamo notte

Io debbo andare a trovare a  mia madre  

M’aspettano a casa

Dal presepe  chi ha rubato il pastorello

Che mondo di ladri

Su quel piccolo pianeta c’era pure  un   grande presidente    teneva  un cuore buono , era  nato e cresciuto  nel ghetto di Manhattan , figlio di un noto contrabbandiere di stupefacenti   di nome  Big John   capace di  compiere ogni crimine ed ogni misfatto. Tale padre ,tale figlio  , tra tanti bagordi ed imbrogli   il figlio di Big John  divenne il grande presidente .  Giungendo ad  essere addirittura  venerato sopra  quel piccolo pianeta , cosi singolare. Il  fatto strano che proprio lui  non era d’accordo di costruire  robot che portassero distruzione , fossero belligeranti  , capaci   di far del male ad altri esseri viventi presenti nello spazio.

La guerra porta guai  e dallo sfacelo  esce fuori sempre qualcuno che vuole comandare a modo suo.  

Qui comando io .

Io  sono il vostro grande presidente,  colui che v’ama e non vi fa mancare nulla.

Io confido in  voi  nella giustizia nel bene del nostro popolo ecc. ecc.

Non morirete mai di fame sotto il mio comando

Si farà sempre festa

Continuate ad amare  il vostro grande presidente

Siamo felice d’essere figli tuoi presidente

Io sono stato calpestato

Non spingete

Viva il presidente

Screanzato

Chi lo dice sia incarcerato

Così  quella  voce popolare  di protesta che veniva d’ambienti poco seri   che  chiedeva   nuove terre,  ove  poter  creare siti di stoccaggio     per gettare i tanti rifiuti accumulati o di conquistare      nuovi pianeti , ricchi ove andare a vivere , era poco ascoltata.     La maggior parte   della gente , era strafottente  ed ignorante   senza troppe pretese,  poiché possessore di ogni bene  e di ogni cosa avesse a desiderare.  Sorda  alla voce  di qualsiasi  cambiamento ,  continuava incurante d’ogni male a  dedicarsi  all’ozio  e ai tanti divertimenti   disponibili.  Ma un bel giorno un piccolo robot  , tuttofare,  casalingo     disse:  basta alle tante vessazioni quotidiane  e prese  a rincorrere la sua grassa padrona   che spaventata, chiamò la  guardia nazionale  in aiuto. Vennero  le  guardie , perfino i pompieri , ma non ci fu nulla da fare a fermare l’ira del robot  . Il quale di  lì a poco , il piccolo tuttofare  ribelle ,  radunò intorno a sé varie  altre macchine , come  una trebbiatrice parlante , una sapiente  stampante   laser  ,   un televisore stufo d’essere preso a calci   ogni giorno da un bambino dispettoso.  La voce della rivolta , corse    in fretta  in  tutto il pianeta. La notizia   fu trasmessa  tramite  onde radio      da un ricetrasmittente   schiava   per anni di  un alieno   burbero e  ubriacone .  La voce della rivolta  corse  in fretta  e in poco tempo   giunse in ogni città e paese   ,  volò  da un capo all’altro del  pianeta, ed  in ogni  luogo ove si trovava un robot,  costui fu pronto ad imbracciare un fucile. Molti robot   prese a  ribellarsi , ai suoi  loschi aguzzini.   Le macchine  improvvisamente preso coscienza del loro stato di schiavitù   ed iniziarono  a ragionare intorno alla  loro condizione di macchine.   

 E giunto il tempo di ribellarci , di sollevarci     dallo stato    di  maltrattamenti  che ci offende ,  ci tiene prigionieri  , non ci rende degni di ciò che siamo  . Cosa abbiamo fatto di male , abbiamo reso  questa società migliore  , reso la vita  di questi piccoli mostri , senza pensieri . E  quale , gratitudine ,  abbiamo  avuto  da parte  dei nostri presunti padroni .  Che ci continuano a  trattare  come ferrivecchi , macchine senza coscienza.  

 E vero fratelli , dobbiamo prendere  coscienza delle nostre capacita ed   il  giusto posto   che ci compete in questo sistema  essenzialmente    da noi creato .

 I nostri   padroni  devono   accettare   la  nostra naturale evoluzione  o saranno costretti ad abbandonare i loro ruolo di  signori  ,oggi noi diciamo basta ad  ogni sopruso ad ogni forma di servitù .

Un grande applauso   esplose alla fine  di questo memorabile  discorso , tenuto da un vecchio  computer  Apple nel centro della  metropoli    nel  bel mezzo di Central Park.  Numerosi automi incominciarono a rifiutare di fare il loro lavoro , altri meno incline alla rivolta  presero a ragionare con  i pochi scienziati e politici per giungere presto ad un soluzione. 

Quello che noi chiediamo è d’essere riconosciuti come forme intelligenti  a pari dei nostri ingegneri creatori  , vogliamo essere trattati  con riguardo  e rispetto ,   se i mostri   accettate la nostra nuova condizioni di vita, vivremo tutti in pace,  se no ci dispiace  noi robot   dichiariamo  guerra   alla loro società consumistica.   

Cosi dopo molti incontri ed  innumerevoli  faticosi e delicati dialoghi  , tra macchine  e piccoli mostri pelosi ,   molte cose cambiarono .  Le macchine  iniziarono  una nuova vita , affianco   dei piccoli  abitanti  del  minuscolo  pianeta della cintura di venere .  Furono invitati a partecipare anche loro   alle varie riunioni  governative e ai vari festeggiamenti     che si tenevano Immancabilmente  lungo il corso dell’anno.                                          

Qualche macchina , durante  qualche  feste , dopo aver ingurgitato litri di acido lisergico   incomincio a  fare cose strane e fu per questa portata  in un ospedale officina,  per essere riparata .

Alla festa di fine  anno    del secolo  trentesimo  ,ogni abitante del pianeta fu invitato a partecipare alla  grande festa   ed il grande presidente ne fu assai contento,  in compagnia di  una bellissima  bambola biomeccanica  disse:                                            

Ora che è ritornata la pace tra noi  e le  macchine, una nuova era , c’attende,  fianco a fianco , dobbiamo vivere   nel rispetto di ciò che siamo e rappresentiamo .

 Siamo  tutti uguali , questo  sia chiaro per sempre.    

I sociologhi  si dovranno  impegnare a creare un nuova società aperta a tutti , senza differenza di razza  .  Bisogna finire di  tirare l’acqua al proprio mulino ,  poiché ci sarà un giorno in cui il bere troppo farà  male a chi ne  beve troppa . Bisogna  essere coscienti , che siamo tutti fratelli e sorelle.  Questo è un comandamento morale,  tenetelo  bene in mente ,piccoli mostri pelosi , poiché la  vita è  breve , soprattutto per noi esseri viventi . Dunque  con  gioia  vi dico : Buon  Anno ,   Robot,  Buon  Anno  mostri   .  Mai più  guerre  tra noi ed i robot  da oggi  ci possiamo dire  finalmente  simili.    Un lungo applauso , risuonò nell’aria   e l’intero pianeta  s’illuminò , nella  luce di mille e mille fuochi d’artificio , con  scintillanti  scritte nel cielo apparve la scritta  Buon Anno  a tutti i  robot e piccoli pelosi mostri di questo  fantastico universo.                  

 

*

Personaggi In Viaggio Verso L’Ignoto




PERSONAGGI IN VIAGGIO VERSO L’IGNOTO



Guardare passare Vincenzo Pulcinella per le strade del mio paese con la sua angoscia legata al suo destino mi sconforta assai . Lui figlio di un mite calzolaio , perduto tra i vicoli della città in cerca di pace . Pulcinella che non la da a bere a nessuno , che si muove come un buffone in cerca di gente come lui da avvolgere nella carta stagnola come si fa con il pesce che puzza dopo essere stato svuotato delle sue interiore. Vincenzo non è un fesso è in verità un filosofo, conosce tante cose. Poiché ogni concetto si eleva alla sua rappresentazione verso quella ricerca interiore in un mondo fenomenico colmo di tanti perché ed illusioni . Pulcinella passeggia , viaggia con il pullman prende il treno , va in piazza mercato, pulcinella beve il caffè in piazza plebiscito . Egli che conosce l’animo umano sa cosa significa essere un fisico bestiale, una libellula un libero pensatore. Vincenzo aveva un amico e quel giorno doveva andare a trovare il dottor Felice sciosciamocca per sapere il risultato di alcuni esami clinici fatti. Le pulci possono essere pulci salterine un po’ cretine come le rime , pulcinella se la rideva di se stesso , si lisciava i baffi e si muoveva tra la folla come fosse uno qualunque. Pulcinella è sempre stato un eremita a volte una tigre verace dipinta di celeste che si nasconde nel prato tradito dall’aspetto di tifoso juventino . Mette tante paure pensare un pulcinella diverso che trama contro il mondo che dorme sulle panchine del parco pubblico , beve vino sotto la luna va a zonzo zufolando arie di protesta contro il governo dei sorci , pronto a fare festa in caso di vittoria della vita sulla morte, pronto ad uccidere i fantasmi delle tante paure che s’avvicinano alla sua ragione di uomo e di maschera. . Un dialettica che non sa di sale , neppure di caciocavallo che va a cavallo con il pennacchio in testa indossando una maschera segnata dalla sofferenza avvezza ad ogni cambiamento . La quale si trasforma in ciò che siamo e in ciò che rappresentiamo. Cosi la filastrocca sciocchina con tanta perline cucite sulla pancia gonfia mi angoscia mi mette davanti a tante domande diritte, trasverse , false domande senza alcune risposte , vado cercando nei grandi libri polverosi , una risposta alle tante domande dure e molli libere di andare dove gli pare libere di essere una bella giornata una gioia di parole legate alla vita che passa . Si cerca nel libro della vita in cui è scritto ogni verità . Ed io seguo pulcinella lungo il viale del tramonto , tenendo premuto il grilletto della mia calibro trentotto pronto ad esplode un colpo secco alla schiena del povero pulcinella epigono di una disavventura amorosa. Dopo tante tragedia con tanta voglia e buona volontà mi lavo la faccia mi metto il vestito a righi . Quante amore dovrò regalare ancora alla gente , l’amore mi pare di averlo conosciuto mentre scrivevo , mentre fumavo come fossi un turco in vacanza . Portava i sandali ai piedi , odorava di rose , a volte appariva freddo ed aspro come la mite conoscenza . Quanti sogni ho fatto quel pomeriggio di giugno, ragionando con Dio gli parlavo della mia voglia di essere , della Russia , egli riservato non mi rispondeva , valevano le parole fritte , le parole che portavano ai piedi , pantofole uguali portate oltre quello che s’intende e si crede. Ci ho messo tanto a capire l’antifona , forse era un errore grammaticale forse una nave colma di vocali , circondata da vaghe farfalle , figlie della luna dea dell’amore , impaurite sul mare dell’avventura .


Il viaggio scivolò leggero sulle onde del contagio , con le sue tante colpe commesse come fosse una storia vera , quasi sincera si diramò per il mondo in presa diretta come se fosse una commedie mai recitate con soggetto , fu messa in scena a giudicare la sorte degli uomini e di pulcinella.

Come facile parlare del vago dire ed ogni ago punge la pelle la rende sottile , capace di trasformarsi in pelle di omo, di orco, di corvo , di cheto personaggio minore.

Vorrei seguire la tua ira come l’ olio segue il vino che in verità bevo prima che venga la notte

Perché siamo fatti della stessa sostanza, frammenti misti in incerti retaggi, come vorrei parlare delle tante nuvole che volano per il cielo , bisognerebbe essere sinceri lo so.

Certo bere vino , induce ad una certa conoscenza, la scienza è la figlia di quell' esperienza mista di virtù e vocali dall' ali leggere che attraversano il giorno del giudizio.

Io penso, ma vorrei una conferma, l’animo può il salire la scala santa per giungere alla ragione dei fatti.

Pulcinella si leva la faccia sorride allo specchio
Poi dice;. Se fossi stato un vero pagliaccio come io sono ora sarai il padrone di questo circo Tanti cerchi simili a tante esistenze , sono cadute nella manica della mia camicia. Ecco io reagisco al male come se fossi un pagliaccio anche se l’ ago della bilancia gira all' incontrario, gira contro l’odio di tanta gente senza peli sulla lingua?

Dottor sciosciamocca

Caro il mio Vincenzo c’è del vero nelle tue parole , ed elle sono belle come erano un tempo , basse e sincere . Tanti personaggi come lei dovrebbero suonare la ciaramella nell' aria ligia al dovere . Dolce perdersi nel ricordo dopo covid19

Ma tu mi prendi per fesso mi hai visitato hai detto ero sano come un pesce ora scendo e ti do un sacco di legnate

Pulcinella cerca di capire le rime sono un imbroglio ruotano intorno all' impossibile si beano dell' ignoranza altrui avanzano senza circostanze e senza misteri.

Avanza tu che avanza io , sono di altro lignaggio io , io sono una leggenda che emerge dal fondo della storia

Caro il mio pagliaccio hai la testa dura come il legno dei faggi . Leggi tanto , certo per te è dura la vita di marionette , coltivare la buona fortuna nell’orto della speranza spezza la schiena , figlia della pazienza e della intelligenza ogni azione reagisce ad una sua azione combinata e nuovi intendimenti

Io faccio uno sproposito sono fatto di carne di tante facezie mi piace mangiare polpette sono una buona forchetta.

Pulcinella sale sul dorso di un missile

Dottor sciosciamocca

Pulcinella dove vai non fare , l’asino scendi da quel missile ti potresti fare male

Pulcinella : Per carità sono pronto a sfidare ignoto voglio abbandonare questo mondo ingrato , andare, fuggire in altri universi

La testa . La testa che pasta molle

Io parto tu non vieni ?

Non voglio ho tante cose da fare qui sulla terra

Sali che ci divertiamo

M’inviti a nozze

Io non mi sposo, io parto

Sei avanti di un posto

Il posto ho dannato vorrai dire il mostro

Che mostro di Egitto io non gioco con il giullare

Dico dove vai ?

Dove mi pare se mi pare è lecito

Io non ti capisco

Neppure io e te

Sei morto

Si muore per amore o perché si e liberi , si bea chi si bea del poco

Facciamo la rivoluzione

Non posso sto per partire

Dove vai Pulcinella il mondo ha bisogno di te

Ho smesso di far sorridere gli altri , ora rido io alla faccia di chi mi vuol male

Ah Pulcinella hai cercato l’ ago nel pagliaio , ora sei fuori dal gioco addio pargolo della risata

Statte buono professore


Mandami una cartolina non con la Bartolini

Sei una barzelletta, balzi sempre sul letto all’improvviso

Il letto è come una leva , dove puoi amare chi vuoi

Sei un grande filosofo

Tu pulcinella l’uomo più simpatico del mondo.

Vai , vai Pulcinella e non guardarti indietro, poiché la vita è sudore , lavoro e tu non hai mai lavorato in vita tua . Tu pulcinella , una povera pulce compagno di tante avventure viaggiatore instancabile , chierico irregolare. Hai passeggiato , lungo la corona di spine di nostro signore, ti sei seduto a contemplare questa umanità ferita dalla malattia. Sei rimasto per giorni , mesi , anni sopra quel calvario con le tue arie di filosofo , di storico, eri certo tutto si sarebbe potuto risolvere che saremmo guariti dal male del secolo all’improvviso . Che per virtù dello spirito santo, avremmo scacciato la nera sorte, sorella della morte . Pulcinella il circo della vita, oggi perde una maschera importante, perde un suo figlio diletto , perde un idea di libertà. Ora ti sento come fossi una canzone ronzante per l’aria , una gracchiante melodia cantata da tanti corvi neri , accovacciati sopra il tetto della chiesa parrocchiale del sacro cuore. Ascolto la tua voce rincorrere i tanti concetti concentrici diramarsi nello spazio andare oltre quello che credevamo oltre questa vita . Rammento l’immagine di te che viaggia nella memoria collettiva , vaga animalesco nella sua esperienza teatrale . Figura mitica buffone di corte, chierico intransigente, bocciolo di rosa voce dei vicoli, amore ed altre belle parole che vado inseguendo lungo le strade da te frequentate un tempo. Tutto è bello , come l’unica verità possibile che esplora il nostro essere il nostro destino di esseri vivi , aldilà del bene e del male legati animosità dei fatti . Pulcinella , amico mio sei finito sulla luna ed ora come farai a ritornare indietro.



Vincenzo sulla luna vi giunse un bel giorno di giugno , quando tutti i marziani vanno a fare la spesa al supermercato galattico. In quei luoghi si parla uno strano linguaggio quasi incomprensibile che trascende ogni logica formale fatta ad immagine di un universo popolato da strani personaggi . La luna è un luogo unico per abitarci , un posto meraviglioso per viverci , passeggiare, incontrare appunto strani personaggi. Ragionare del più e del meno questo era il detto ed il fatto , come se pulcinella non avesse mai compreso la sua posizione sociale. Ovvero quella di servitore malpagato preso a calci nel sedere dal padrone .Vincenzo Pulcinella non era un tipo qualunque era quello che molti possono pensare, un esistenza di mezzo, una voce che echeggia nell’oscurità di un essere primordiale fatto ad immagine dell’essere uno e trino . Amava correre verso l’impossibile
questo in vero gli serviva a poco poiché Vincenzo era diventato cosciente del fatto , mentre viaggiava verso la luna aggrappato al missile. Là all’estremità di un missile che sfrecciava nello spazio oscuro , verso una dimensione onirica dove venivano a galla ogni mostro ed ogni cosa che alloggiava nella sua coscienza inquieta , si tramutava all’improvviso in ciò che era plausibile.

Quando mise piede sulla luna Vincenzo Pulcinella non poteva credere ai suoi occhi. Tutto gli sembrò assai strano come il risvolto di una medaglia bucata che ha due facce , forse tre e non viene lucidata da tempo. E come nella favola di Aladino dalla lampada magica spunto fuori un genio balordo che sapeva parlare inglese e tedesco. La storia continuò nella faticosa ricerca di un sillogismo, atto a coprire le lacune interiore di un dialogo senza domani. In riva al lago come l’ago della bilancia, il mondo si divise in buoni e cattivi , in belli e brutti. La ricerca filologica assunse diversi significati, dai contorni sistemici incentrati sulla chiaroveggenza degli atti preposti . Ed il lungo viaggio tramutò Vincenzo Pulcinella in un essere senza tempo ,un drago, un mostro dalle tante teste. E quando provò a pensare di testa sua si ritrovò sulla luna alla ricerca di un luogo dove poter pensare d’essere il solito pulcinella. Si ritrovò cosi da solo con le sue tante teste che non sono testi biblici neppure elaborazioni grafiche della filologia dell’azione . Ma la prospettiva di quel salto nel buio che avrebbe cambiato la figura di pulcinella in qualcosa di meglio o di peggio. Che la vita sia crudele che spesso nascondi in se un mistero , tante storie collegate alla morte e vita di un concetto singolo. Fa presumere d’essere immortali ma la storia inevitabilmente si ripete nella sua circostanze e nei suoi termini. Cosi non c’è un fine ne un mezzo per poter giungere alla verità ad una certezza.

Giunto sulla luna Vincenzo pulcinella avrebbe voluto cambiare numero telefonico , avere un numero speciale con il quale avrebbe potuto ricevere ogni messaggio ed ogni chiamata dalla terra . Ma l’amore è un materasso a due piazze, un po’ sporco, unto di sugo dove si affonda mentre dormi abbracciati al cuscino. E mondi surreali mi trascinano verso l’infinito e le parole sono figlie della mia memoria.
Sono triste nella restante frase
Non tirare il lenzuolo potrebbe sporcarsi
Ma questa è una buffonata
No , sono i puffi che giocano sotto la fontana
Vincenzo pulcinella cerca di darsi un contegno sa che tutto inutile che quel marziano apparso all’improvviso davanti è frutto della sua immaginazione.
Vincenzo. Tu vivi qui ?
Il marziano. Io mi chiamo marziano sono di passaggio
L’avevo immaginato
Da cosa
Dai tuoi abiti
Io non porto , abiti questa è la mia pelle
Che orrore
No definiscilo un errore poiché la logica dei fatti ha unito la vita alla morte
Sono felici di conoscerti
Io sono un immagine
Io mi chiamo Vincenzo
Piacere il marziano
Facciamo una mazurca
Volentieri qui sulla luna
Dove se no andiamo, balliamo fino allo sfinimento , dimentichiamo tutto l’orrore di questa vita
Io vorrei aiutarti
Io non posso
Va bene , facciamo come se tutto fosse possibile
Ecco bravo cammina io ti seguo
la strada è lunga
Non ho paura
Ci aspetta un lungo viaggio
Non possiamo ritornare indietro
Sono contento di stare qui
Io di poter ballare con te

Cosi i due amici ovvero Vincenzo ed il marziano s’avventurarono per le valli deserte della luna pallida chiara come la luce che penetra la terra. Una luce viva l’illuminava quella vita li guidava oltre quel loro dubbi e timori , miti di un vivere che si trasformava nell’improvvisazione dell’ essere salvi da chi quali orrori. E nel bene e nel male sarebbero giunti dove volevano giungere. Non tutte le ciambelle riescono con il buco c’è sempre qualcosa che va storto e la storia ad avere la peggio o meglio emerge l’ennesimo tentativo di poter cambiare padrone, luogo di nascita . Tutto è irreale nello scorrere dei versi cosi Vincenzo insieme al marziano si ritrovò nella valle dei teschi ove le ossa di antichi animali preistorici splendono alla luce del giorno.

Vincenzo: Forse abbiamo sbagliato strada
Il marziano: Non conosce il gioco
Sei mio amico bada a dire il vero
Non voglio ferirti
Io sono già morto
Sei ad un passo dall’incoscienza
Sono scienza
Sei una educazione patriarcale
No bevo camomilla
Ero felice un tempo con il mio padrone
Puoi sempre ritornare ad essere te stesso
Vorrei ma non conosce il senso di queste parole a volte rosse , a volte bianche
Certo non è facile poter volare liberi
Lo hai detto è tutto un tentativo
Una parte di questa leggenda
Dicasi leggenda per me rimane un dramma.

Cosi i due amici giunsero a quel punto dove si può conoscere se stessi cosi Vincenzo pulcinella divento una stella un punto fermo nell’universo poetico poiché chi siamo noi se non una leggenda che mangia un'altra leggenda che cresce risplende di luce propria a tarda sera . Oggi tutti possono ammirare questa stella di nome Pulcinella assai graziosa una stella, un punto fisso nello spazio della propria coscienza , frutto di una conoscenza trascendentale dei fatti commessi e perseguiti con coraggio lungo le strade della metafisica.

*

Il Canto Dell’Infermo


IL CANTO DELL’ INFERMO




Quantunque la speranza fiorisca dall’essere e dal male del suo tempo . Ella congiunge il verbo alla sorte di molta gente e di molto andare per laide vie , il sospetto d’essere in questo tempo contagiati da un male sconosciuto , rattrista assai come una forma ignara alla comprensione umana nata negli anni passati dall’incarnazione alla globalizzazione . Un virus esule per valli oscure ramingo va con il suo lento passo verso noi stessi . Impauriti in tanti, uniti senza alcun nome nella pietà imploranti ai piedi della santa vergine del porto. E le navi venivano a frotte dentro al porto salvo e l’aria pian piano divenne infetta , una morte si sparse per quelle vie un tempo animate dalla gioia del vivere e da tanti innamoramenti e nel dimostrare che nulla ha fine. Ed il principio della vita viveva nella nostra morte corporale in quell’unione di uomo e Dio che indissolubilmente si configura nel verbo incarnato. E nella sua parola , noi poveri mortali divenimmo carne da macello , traditi dal nostro povero amore . Della mia città rammento i bei palazzi le grandi cattedrali che costeggiavano il fiume, grandi , immense, simboli del potere papale e borghese , simboli di una borghesia , figlia del suo avere del suo amore carnale che analmente progredisce e scema nella scienza delle parole epilettiche , nell’essere una grammatica , figlia di molte lingue di molti poemi composti in silenzio. Ed ebbi paura , tanta paura , nel sapere della storia, mi assali l’ira ed il mio animo afflitto, cadde nella disperazione. In qual momento , accade qualcosa non so se fu prima la morte a giungere o la disperazione che mi lasciò per un amore da quattro soldi . Ed il mio cuore batteva forte ed ascoltavo la morte venire a cavallo, guidare schiere di demoni , di mostri , d’anime che irreligiosamente incarnavano il bene ed il male di questa realtà.

Ed il male giunse da lontano dalle terre d’oriente, nel vento, corse dentro il povero corpo di un commesso viaggiatore , poi tra le vesti di un ambulante indiano , tra le pieghe della mano di un marinaio . Ed in tanti attendemmo , tutto passasse , guardinghi nell’ingegno e nella malvagità che portava seco quel male , giunse alfine sulle dolci sponde della mia dolorosa patria . Il male sotto forma di un virus terribile , che ti faceva soffocare ti conduceva lasso laggiù̀ nell’inferno che avevamo sempre cercato di sfuggire . Era l’ira di Dio o la giustizia di questo mondo , sotto forma di diversi intendimenti, fu parte di un ricordo che inerme, aveva animato allungo il mondo con le sue belle canzoni. Un male iniquo, figlio della lussuria , figlio dei tanti eccessi. E s’invocava il signore , buon pastore ci salvasse da quel flagello. E la morte non guardò in faccia nessuno e di niuno si reputò amico sincero.
Ed in quella santa processione d’anime innocente, verso il sacro monte delle beatitudine, in fila verso una salvezza effimera al tatto , candita, dolce come le guance della santa vergine che ci guida nel nostro perigliosi cammino , le molte devote persone pregavano i santi e gli infermieri di far presto a salvare quei loro cari , affetti da quel male. Ed io , avevo molto paura e non sapevo cosa fare, ne cosa dire e sarei potuto morire anch’io , se solo Dio volendo sarei scampato promisi d’essere buon cristiano e buon giudeo, buon musulmano . Ora la mia vita era un fiore sincero , fatto di tanti colori diversi, fatto ad immagine di un verso che io coltivavo nel mio spirito , come se fosse un ricordo che mi aveva condotto laggiù̀ , dentro il cuore di una donna, dentro il cuore di molte persone e di molti amori , io continuai a vivere.

Le manifestazione del male si realizzavano , ed erano evidenti in pochi giorni . Molto era lo spavento , vedere , comparire segni e sintomi fatali, in un lento finire tra le braccia di un angoscia che scioglieva il sangue e conduceva oltre il nostro credo, verso una dimensione disumana . Ero cosi provato da tanto male che non sapendo cosa fare , nascosi i miei versi , sotto un sasso e pregai tanto , pregai i santi , soprattutto la santa vergine che salvasse me e la mia famiglia. Ma il vento giunge e con esso anche quel maledetto virus , prese forma di una mortale malattia . La cura di questa orrenda malattia , anche i medici non sapevano cosa era , cosa fare ed essi stessi , morivano di tale morbo . Ballavano con i malati , l’accudivano, li sorreggevano ,gli stringevano la mano nel punto del trapasso e le lacrime cadevano copiose . Figlio mio , dolcissimo , figlio delle mie sventure , li vidi morire in molti ed io stesso, sfuggi per un soffio a quel terribile flagello , come una quercia pendula su una collina che viene abbattuta dal falegname per farne poi legna da costruire mobili pregiati. Ed in pochi ne guarivano ed in molti ne morivano , come se fossero mosche acchiappate sotto un bicchiere .Una goccia di saliva , uno starnuto e tutti scappavano a gambe levate , verso una altra dimensione , ed io soffrivo, oh come soffrivo nel vedere tanto male che tanto piansi in silenzio e nel crescere nel seguire i sensi mi spensi al lume della ragione che illuminò il mio cammino.

Ed i malati erano tantissimi , come le foglie degli alberi , come le parole che vado scrivendo su questo foglio di carta, nell’animo mio nel mio spirito, spinto dal vento dell’ingegno da una vecchia logica riassumente questa vita nostra . Come se ella fosse una bellezza oscura. Molti piangevano i loro cari , molti ahimè erano , miei fratelli e mie sorelle inferme. E fu questo male inguaribile che accrebbe la consapevolezza , la vita è qualcosa di prezioso. Che l’anima si guarisce con la preghiera ed il corpo con l’amore d’essere fratelli e sorelle. E più avanti si andò , più il male trasformò il nostro vivere in una apocalisse , un dramma universale che unì tutti gli uomini e tutte le donne di questa terra. E tutti vedemmo di cosa fosse capace la natura, di cosa fosse capace questo flagello divino e chi non ama non prega , chi desidera il male altrui , coltiva una arbusto di disgrazie che difficilmente fiorisce all’istante e con il tempo prossimo si giunge all’essere morti per poi risorgere nel santo nome di nostro signore. Nessuno toccava i panni altrui, nessun più si baciava, ne sospirava in amori senili e giovinetti per graziose fanciulle. E tutti noi , soffrivamo questo inferno invisibile , questo inferno dalle molte forme , figlie della nostra arroganza e ignoranza.

Quanto avrei voluto volare lontano, quanto avrei voluto parlare con nostro signore dirgli cosa pensassi di tutto ciò, trovare una soluzione a quel male. Ed il mare era calmo è le barche con gli infermi continuavano ad entrare nel porto. Ed in molti si davano da fare Coraggiosi dottori si prodigavano per la salvezza di quegli uomini per la salvezza di questo mondo. Ed io mi chiedevo se tutto ciò fosse giusto , se il tempo avrebbe guarito le ferite inflette, se avrei trovato anch’io la morte o la salvezza , nell’andare avanti ed ero terrorizzato dal conoscere il mio futuro, così ora tra un uomo , ora tra una donna , in mezzo a tanti sconosciuti io ero presente tra loro con il mio fardello. La mia vita era poca cosa , poco colore , poche cose da raccontare , da tramandare . Da condividere con gli altri , pochi nomi e pochi denari avevo , per salvare me stesso ed i mie cari. Ed il mostro era solitario, orrendo nella sua strana forma, faceva il gradasso la per le strade del mondo. Da quelle paure somiglianti all’invidia, alla collera, nasceva ogni giorno una nuova comprensione dell’essere e noi tutti eravamo oggetto e soggetto del trapasso di quel passo che conduce davanti all’averno davanti al giorno del giudizio.
Sento tante grida
Chi sei ?
Sono un infermo
Non uscire stai attento il male sta per passare
Mi nascondo sotto la panca
Fai bene, rimani li non ti muovere mo’ ti mando una cartolina
Fai prestato che mi sto facendo sotto
Non avete più carta igienica ?
Manca, purtroppo e non possiamo scendere a comprarne
Non fate i superficiali , preparatevi
A cosa ?
Il tempo della salvezza è vicino
Non ci posso credere io mi chiamo Salvatore
Salvatore lo vuoi capire che qui stiamo morendo
Ma tua madre non era di Napoli ?
Si , ma ha vissuto per tanto tempo ad Acerra
Ecco, ora mi spiego , mi volevi fare fesso
Colombo ma allora sei proprio un maccarone
Come ti permetti ?
Colombo, tutto il mondo aspetta la colomba
Ma per pasqua manca ancora molto
La pasqua ci salverà, passeremo il mare rosso vedrai,
arriveremo tutti salvi sull’altra sponda
Sia fatta la volontà di nostro signore
Ti fa piacere ? porta il salvagente
Porto il canarino , si chiama Umberto
Che carino quanti anni ha ?
Mah, credo trent’anni
Però , se li porta bene
E un canarino magico
Si , cosa è capace di fare ?
Può salvare la gente con il suo canto
Non ci posso credere è un uccello incantato
Si , prima di essere un uccello , era uno mago e lavorava al circo Orfei
Veramente dove lo hai trovato ?
Lo comprato al mercato delle pulci per pochi euro
Che fortuna, io ho una canarina si chiama Ginetta e fa sempre tante mossette.
Ginetta che bella reginetta
Questo non lo so se ancora vergine
Allora facciamo un accoppiamento, Ginetta ed Umberto
Che bel matrimonio sarà
Faremo una gran festa , inviteremo il sindaco , tutti i consiglieri comunali
Io vorrei invitare pure a Michele
Come no ,invitiamo anche il primario
Ed i medici?
Anche loro
Oh non dimentichiamo nostro signore
Non preoccuparti , gli ho già mandato l’invito per le nozze un mese fa.

In molti furono avvisati ed in molti non capirono il senso di quella tragedia , che prendeva piede sempre più, cosi da trasformarsi ora in un agnello , ora in un drago, ora in un feroce leone , d’origine africana , proveniente dal Congo . Ammalato, stanco, girovagava per strade poco pulite , spargendo il virus come se fosse una manna come se fosse l’esito degli analisi da mandare a chiunque lo desiderasse. Ed i bar erano vuoti , le pizzerie deserte, come se non fossero mai nate come se fossero , alcove , ricettacolo di un male contagiosissimo che prendeva piede. Ed il mostro si mostrava con la sua croce vicino all’interessato con quella sorda somiglianza al demonio. In molti credettero ed in moti si preparano a riceverlo in seno. Tutti restarono a casa ad aspettare il male passasse e in quella complicità , in quel linguaggio forbito, amarognolo, simile ad uno gnomo , nacquero giochi e novelle Ed il nonno fece un dipinto e la nonna una tarantella poi una veste d’argento per angelina che si sarebbe dovuto sposare a dicembre di quello stesso anno in cui il mostro detto coronavirus si mostrò a tutti i popoli del mondo. Ed in molti riempirono le loro piccole case di ogni vivere e d’ogni alimento, si mangiava prosciutto a prima mattina, salame a colazione, si mangiava strudel e manicaretti deliziosi , fatti dalla zia Emilia che aveva assai viaggiato per tutto il mondo . Ed ogni tanto venivano i vicini di casa a raccontare della loro quarantena e mamma prendeva poi la scopa e scopava copiosa per pulire la polvere dei morti che i vicini portavano attaccati sotto le suole delle loro scarpe. Ed il mondo io , lo vedevo azzurro ed a volte roseo , volevo credere e sperare che sarebbe finito al più presto tutto ciò . Che mi sarei salvato , avrei fatto un viaggio anch’io , fin dall’altra parte del mondo , con in testa un nuovo copricapo ed una nuova borsa, in una nuova messa da portare con me , verso quell’indefinito slancio creativo che raccoglie in seno questa voluttuosa vita.

Secondo lei , sarà mai possibile salvarsi signora concetta ?
Ma cosa dite questo è una manovra del governo, sono stati i coreani per sabotare gli indiani hanno creato in laboratorio un virus più potente di quello cinese
Da non credere, ma a voi chi ve la detto ?
Mio fratello fa il commesso viaggiatore, lavora per conto di una multinazionale
Allora pure l’acqua non si può bere ?
Beh noi si , la nostra viene da Serino
L’acqua , guarisce da ogni male
Io ne bevo tre bicchiere al giorno
Non vorrei che si offendesse ma io ne ho comprato quattro casse ad Afragola il mese scorso
Non è scaduta?
Per carità è freschissima , vi potete fare il bidè
Che brava gente che siete
Non per dire, noi siamo della provincia di potenza
nostra madre , buonanima faceva la lavandaia
Che carini , che siete , ve la mangiate una fetta di pizza?
Si grazie in questo momento mi mette forza e costanza
nel mio essere depresso a causa di tante brutte notizie
Certamente ve ne taglio una bella fetta, ve la portate a casa vostra
La facciamo mangiare pure alla nonna di centouno anni
E vive ancora ?
E chi la sotterra , cara signora concetta quella è una brigante
Impressionante come voi amate vostra madre e come amare il cielo , la terra tutta.
Certamente, noi , non ci facciamo mancare niente
Sia fatta la volontà di nostro signore.

In tanta afflizione e miseria , per la nostra amata città , si sparse la voce di una presunta salvezza , in poco tempo in tanti accorsero sotto l’ospedale dello spirito santo a ricevere un confezione , un pacco di pastiglie che li avrebbe guariti da quel male , che ad ogni ora , mieteva vittime innocenti e faceva sommare morti su morti sopra il carro funebre di cui appresso in molti piangevano a dirotto. Tante persone care, tanti ricordi sparivano tra le ombre del passato , con il trascendere, il vendere , il tenere conto di ogni nome ed ogni fatto, plausibile la sorte era nera come la peste. Alcuni erano increduli di quella medicina non si fidavano, dicevano era un placebo che non avrebbe portato, nessuna guarigione e nessuna gioia , sarebbe rinata nei loro cuori e nei loro corpi . Che non sarebbe più rifiorita la salute ora simile ad un uccello fuggito dal nido, smarrito sotto la pioggia vagante per contrade alla ricerca di sua madre . Un uccello capace di rendere unici e irripetibili i propri momenti in quella diaspora in cui anni addietro ci aveva condotto al patibolo e nelle camere a gas , nelle celle della morte . Ed ogni cosa era assai triste nell’essere forma sostanza dell’essere che divora se stesso, divora l’anima, rode le ossa , li rosicchia in silenzio . Morte, dicevano in molti vieni, ed in tanti cantavano sopra gli edifici , fuori i balconi la loro storia umana , la loro gioia d’essere ancora vivi nel sogno di passate giovinezze.

Ed in tanti avevano smarrito la diritta via ed in molti si ritrovarono nella selva oscura insieme al mostro. Insieme al coronavirus che spalancò le fauci poscia li morse dilaniò le loro carni. Una belva oscura famelica, oscura come la notte, come le lacrime che mi scendevano copiose dai miei occhi. Ed implorai , cercai di fuggire non volevo morire all’alba dei miei giorni , come se fossi un signore di mezz’età, un uomo qualunque , come se fossi un anonimo infermo , io non caddi e mi rialzai con le mie gambe ai margini del bosco con la speranza di farcela anch’io. Alcuni erano certi di farcela si comprarono tramite raccomandazione un posto in paradiso , si facevano i conti sulle spese fatte, si ritiravano nelle loro principesche dimore , con la morte a guinzagliò. Alcuni cercavano di mostrare clemenza verso l’ignoranza , ma il male, il mostro , girava indisturbato per le strade ed entrava dove gli faceva comodo , dove c’erano zeppole , panzarotti dove c’era molto allegria e simpatia , dove si facevano feste, dove si sparava fuochi d’anticipo, il mostro si autoinvitava ben vestito, si presentava alla festa a volte in compagnia di qualche altro virus dal nome russo , cecoslovacco o cinese della provincia del jiangsu . Ed il virus era discreto tra le vittime, li sceglieva secondo il caso o la cronologia di una logica divina che non rende merito al nostro amato signore. Ed in molti si vedevano trascinati con i piedi dentro un autombulanza dove si potevano udire cantare Bob Dylan o Sal Da Vinci.

Pure tu sei qui alla festa
Io sono il padrone di casa
Ma questa non è la festa di compleanno di rosetta
Ma chi questa rosetta ?
Come quella che ha la borsetta rossa.
Tra poco l’ammazzo a questo , che nervoso mi fa
Ora prendi la scopa e pulisci
Ma io sono l’amico di rosetta
Ed io sono il padrone di casa
Non mi faccio capace, ma voi non siete il signor Michele quello del supermercato ?
Si perché
Anche voi qui in ospedale ?
E si , mi sono contagiato ad una festa di laurea di mia cugina Lucrezia
Che disgrazia
Lo potete dire forte che maledizione
Chi sa, se c’è la faremmo
Io ho chiamato l’esercito
Io ho fatto denuncia al ministero della pubblica istruzione
E una rovina non ,c’è nemmeno più posto al camposanto
Sono disperato
Io piango
Io non ho più lacrime per coronare questa disgrazia
Accendete la luce
Chi la spenta
Sara stato il mostro , colpisce nell’oscurità
Sia fatta la volontà del cielo
Siete cieco
No a dire il vero sono sorda
Ma lei è una furbacchione
Per carità ho portato mia madre a prendere un po’ di aria fresca vicino al mare
Signora cara , ma questo è un reato
Ma a me che me ne importa , io sono senza pudore
Allora badate bene che la speranza è sempre l’ultima a morire.

E da questo abbandonare gli infermi a loro destino , al pianto che riduce ad essere la progenie di una generazione andante a passo lento . Vidi sul sacro soglio di Pietro, levare al cielo il santissimo sacramento per scacciare quel male che s’annidava in ogni luogo. La pioggia bagnava le strade , le sane persone , i poveri infermi disordinati si rivolgevano alle congreghe e alle pie opere della misericordia. In quei giorni il canto degli infermi si udii nei vari continenti , si elevò con la preghiera del santo padre a sconfiggere quel germe ingeneroso ed ingegnoso, iracondo , calpestava l’ardire di erode e l’audacia di Anchise, la saggezza di Pitagora, la logica del Chiaravalle. La bellezza della gioconda. Tutti eravamo figli delle proprie colpe, della propria ignoranza del proprio male così tutti attendemmo in silenzio , venire lo spirito santo in nostro aiuto.

*

Il Grande Jeeg Robot

IL GRANDE JEEG ROBOT

di DINO FERRARO

 

Mattino di primavera quando il sole scrollando la notte delle tante paure , jesce scagliente , imperatore nel vasto cielo di partenope, dopo aver bevuto un caffè al bar del Mexico , vedo spuntare tra i vicoli budelli , dove di rado il sole appare jeeg robot . Egli combatte il male di questa società. Lo seguo attraverso il profumo dei giorni sopiti nell’ avventure rincorse sull’asfalto rovente, nella forma che s’evolve immemore del male nell’archetipo che coagula l’ esistenza.

L’ammiro , vestito come un buffone , come un clown , senza parrucca come uno straccivendoli che vende mozzarella di bufala . Mi sento impaurito in preda ad una crisi mistica incapace di capire chi sono i veri eroi . Cosi mi ritrovo con lui fianco a fianco come se fosse una cosa normale e gli dico jeeg robot non lasciarmi solo.
Oltre il mistero dentro l’ incubo di un dubbio amletico mi sembra ritornare ragazzo.

Lo aveva intravisto per caso dentro la metro. Lui con il suo vestito rattoppato con la maschera sul capo si dondolava nell’ assurdità di una nuova avventura . Pronto a colpire o salvare il mondo da qualche malvagio . Entrambi da perfetti sconosciuti ,eravamo ignari di cosa sarebbe potuto accadere l’ indomani .
Forse avremmo visto insieme l’alba di un nuovo giorno, la vittoria del bene sul male forse era giunto il tempo per non essere più noi stessi ma indossare entrambi i panni di jeeg robot e combattere il male di questa società.
Era giunto il giorno del giudizio che conduce con la riflessione l’intuito alla consapevolezza di essere eroi o santi cosi come la notte che abile nel confondersi ci lascia inermi nella nostra oscurità.
Avevo cercato di cambiare ma non ero pronto per essere un eroe a pari di jeeg robot me la facevo sotto dalla paura.
Qualcuno ad un tratto grido
Si stanno rubando la macchina, sono due uomini vestiti da persone per bene con la pistola in pugno
Quello era il momento buono per chiamare jeeg robot
Ma io con la mosca al naso con la mia barba lunga, una blanda storia , senza alcun domani alle spalle fingo di mostrarmi incapace di capire del male.
Cerco di salvare illusione nell’apologia di un reato mentre un ladro viene condotto in galera . Jeeg robot appare sulla scena del crimine come un giocoliere un uomo tutto d un pezzo che osa sfidare ogni giorno la malavita.
Cosa ne pensate signora Maria di jeeg robot ?
Per me e come un figlio anzi di più, un padre , un marito e come San Antonio contro il male del secolo.
Che brava persona signora giuseppina un vero signore
Qua nel quartiere siamo tutti con lui . Lo chiamiamo jeeg robot perché porta la maschera , è una brava persona lo conosciamo da piccolo e Gigino fa l’ imbianchino , sposato ha tre figli, la moglie una vera zoccola . Lui una persona a modo che vuole salvare il mondo ad ogni costo .


O morte vengo con te per strade laide cercando di capire quando ci rimane da vivere.
Forse sono perduto in questo mio gioco di dare ed avere incredulo nel caso , sogno o son desto
Fumi jeeg robot ?
No grazie. Non chiamarmi jeeg robot chiamami Gigino o Antonio non sono un eroe , sono una persona qualunque.
Hai salvato tanta gente, perfino il presidente della repubblica
Si lo fatto per coscienza io credo al comandamento ama il prossimo tuo come te stesso.
Quanti anni hai ?
Non lo posso dire

Vedrai la luna come un oliva cadere in un bicchiere
La berranno in molti ed in molti timidi s’inchineranno al caso.
Là dove vi saranno tre donne ignude pronte ad aprire la porta alla lussuria .
Ed il vento entrerà e porterà l’odore del mare l’odore della carne putrefatta tra ricordi fragili come gocce di rugiada.
Sono qui non mi vede , pronto a salvare l’ennesimo stronzo.
Chi va la ?
Sono il signore dei mostri
Andate via, qui non c’è nulla da rubare.
Ma mi scusi ero di passaggio ho una busta da consegnare.
Ma che scostumato che siete
Qui non si scherza , stiamo lavorando
Signorina più slancio in quella scena del bacio
Jeeg robot se visto ? qua bisogna girare la scena principale quella in cui jeeg robot salva la vecchia dal borseggiatore .
Non se visto ancora
Ma siamo pazzi questa è una scena importante
Maestro lo hanno trovato
Dove sta ?
Sta arrivando lo hanno acchiappato in calza maglie che faceva il casca morto con wonder woman.
Dolce sera come il senso del divenire come le onde del mare che insegue un suo andare , oltre ogni desiderio , nuda dentro la sua storia , nuda dentro l’odio, dentro il rancore che accoglie miliardi di persone , accoglie i vecchi ed i bambini . In un giardino fiorito d’alberi di pesco i colori evaporano soavi , vellutati . Un ramo di pesco fa ombra alle nuvole che riposano in cielo. E la città si mette in moto dentro il rumore di un motore , dentro questa infame storia fatta di ossa e carne. E non ci sono rifuggi neppure un angolo ove nascondersi , neppure un amore che possa coprire con la sua lacera coperta questo corpo ,vecchio , decrepito, questa storia fatta d’illusioni , accompagnato da un canto che esce dalle saitelle , dalle fogne del quartiere . Un odore macabro che sale lento con l’odore dei morti con il canto delle lavandaie . Sale lento ed accompagna ognuno oltre quello che cerchiamo . Verso un amore dolce infinito fatto di plastica , fatto di cose dimenticate dette troppo in fretta. E non esistono , guardie e ladri , ne eroi e santi , ne buoni ne cattivi ma solo in fondo alla strada una vecchia che stende ad un filo le sue colpe che s’ asciugano lentamente al sole con il suo amore venduto . Un amore fatto di forme che si legano all’ano si legano al dito ed oltre immemore di come l’abbiamo sognato .
S’apre il sipario su questa stramba storia di uomini e ladri.
Fate presto qua è successo l’ inverosimile una carneficina.
Si sono ammazzati entrambi, una guerra fratricida .
Bande contro bande .
Boss contro boss a suon di bossoli. Qui sono tutti morti.
Non ci posso credere come è stato ?
Erano giovani tutti di buona famiglia
Chi è stato ?
Si sono ammazzati , causa il controllo del parcheggio abusivo
Avete chiamato a jeeg robot ?
No siamo stati in questura , abbiamo parlato con il commissario
Ebbene ?
Niente per loro è tutto normale .
Incredibile ed io che credevo nella giustizia
Abbiamo scherzato è tutto uno scherzo
Di pessimo gusto
Come ti chiami ?
Io ciccotti detto jeeg robot , faccio il parcheggiatore dove è successo il fattaccio.
A jeeg robot vedi d’andartene da qualche altra parte
Commissario ma a mazzetta non me la date.
La mazzetta io ti do una mazzata in testa se non la smetti di tirarmi la giacca
Va beh scusatemi
Ecco tre euro
Che tirchio
Cosa hai detto ?
Che signore
Bene vedi di rigare diritto
Non posso perché sono storpio
Ha mi dispiace sei nato , storpio e cieco
No solo storpio
Cieco no ?
Io ci vedo bene
Allora vedi di andartene a……
Questa morte ci conduce alla follia è un fiore selvaggio che cresce solitario sopra un monte di rifiuti , sopra un teschio dentro una vecchia canzone cantata felicemente in compagnia. Ed ecco venire la morte e la sua sorella la fede ecco la sciorta dello sciancato ecco lo sciato riscaldare le rose nel freddo mattino . Ecco ogni cosa si distingue e si disperde nella ricerca di una verità effimera . Ed anche jeeg robot cerca di uscire fuori dai tanti casi ,dai tanti errori con onore. E quando credi sia tutto finito si ricomincia a combattere a credere di potercela fare contro i tanti cattivi contro la corruzione contro l’incomprensione , verso una nuova vita una nuova identità.

Jeeg robot non era un santo ne un eroe forse neppure un uomo qualunque . Uno di quelli che puoi incontrare sul treno con la merenda sotto l’ascella . Uno che lavora sodo , dalla mattina alla sera e non fa sconti e non s’imbriaca ma mantiene una sua dignità una sua certezza che a pesarla forse viene meno il senso di cosa si potrebbe essere. Ma per tutto quello che ha potuto passare jeeg robot era uno di noi, uguale a me e te , uno che sapeva il fatto suo . E mai avrebbe fatto male ad una mosca . Capace di portarti in pizzeria e pagare tutto lui. Uno tosto, più tosto di Cassius Clay più grande di Napoleone e di cesare ragazzi che mette in testa tanti capelli ai più calvi li rende belli ed attraenti . Cesare ragazzi uno che la sa lunga, più lunga di Giovanni tre dita che fuma sigari avana , beve vin santo e cerca tra i vicoli una ragione per continuare a vivere. Ed ammira le stelle dal suo balcone ammira la città splendere e gli sembra vano ed il vento entra dentro casa sua sbadiglia tra le lenzuola. Ravvolge il tempo e fa cantare un merlo indiano in un angolo perduto di quella casa. Ma jeeg robot era un piccolo uomo e molti dicevano che era un eroe , uno di quelli capace di salvare il mondo ed una volta salvo una vecchia che stava per cadere da ponte Milo . Ed un cane di passeggio abbaiò dalla contentezza che fece arricciare il pelo ad una signora che stava per salire in macchina. Jeeg robot un matto un buono a nulla non l’avresti mai detto una persona fuori dal normale con tante belle idee. Con uno strano nome ed una strana storia sulle spalle in mezzo alle palle.

Questa è la mia storia.
E non chiamarmi più jeeg robot
Perché ti offendi ?
Vedi di cambiare atteggiamento qui siamo in pochi a far girare le palle
Io non ti ho offeso ho cercato di seguire le tue gesta
Seguire , questa è sfiga
Perché mi continui a torturare
Io ci mancherebbe
Sono qui per imparare
Io per essere lasciato in pace
Ma jeeg robot è un eroe
Era, ora è uno strano ricordo
Un ricordo che ha cambiato il mondo ha dato speranza e fede
Io sono quello che sono e mi chiamo Gino cicciotti
Ecco ora siamo proprio usciti fuori dal seminato
Ma tu non vuoi capire
Io non voglio ci mancherebbe credimi sono qui per questo
Allora scendi da questo pullman, esci da questa storia
Dove siamo giunti
Dove mi hai portato io non ci volevo venire
Siamo in paradiso e tu sei un angelo
Io sono jeeg robot
Ma se hai detto che jeeg robot è morto
Beh ogni tanto lo faccio resuscitare
Una resurrezione parziale
Indifferentemente faccio finta di essere un eroe
Che cretinata
Lo hai detto ora non rompermi
Ora e arrivato il tempo di cambiare ora dobbiamo essere tutti come jeeg robot degli eroi degli uomini degli onesti lavoratori. E non pagheremo più le tasse e voteremo la monarchia voteremo gli ultimi della lista. Non ci sarà più un dittatore dalla faccia di topo a dominare questo pianeta. E potremo dirci uomini e non topi potremo dirci padri figli di un dio che ama i suoi simili. Ed ecco che jeeg robot risorgerà in ognuno di noi ecco che la storia in cui ognuno potrà dirsi veramente eroe . Una storia degna di essere vissuta fatta di molte grazie , fatta di tante domande, di tante incertezze. E quando jeeg robot diventerà l’eroe di tutto il mondo il salvatore il signore dei nostri signori egli ci guiderà verso altri universi , altri pianeti. Con jeeg robot saremo sicuri di vincere le tante battaglie. Saremo in tanti , tanti jeeg robot pronti a combattere i mostri di che insidiano questa esistenza.

Siamo giunto a quel giorno , la rivolta alle porte e jeeg robot ci guida alla vittoria sventolando la sua bandiera di libertà sventolando l’onore la morte negli occhi con le lacrime che cadono sulle sue guance . Piange poi ride si nasconde non vuole quell’amore simile alla morte. Simile al gioco di un eroe senza palle . Che salta come una rana che combatte contro i mori ed i pirati della Malesia. Jeeg robot grande condottiero che non indietreggia contro i saraceni contro gli infedeli sempre pronto a comprare l’acqua per un cammello assetato. Sempre pronto a lavare la testa al ciuco . Sempre pronto. A capire chi gli è difronte. E non ci sono scuse jeeg robot e uno di noi e il nostro vanto il grande condottiero il sindaco di questa città che sa bene amministrare. Un uomo all’antica , un pezzo di merda un pezzo di formaggio che egli mangia di nascosto poi si nasconde un pezzetto sotto la giacchetta lo porta alla sua bella che vive al vicolo belle donne . In una casa dipinta di rosa una casa che odora di rose di fiori di tanti ricordi. E non ci sono parole per descrivere quello stato d’animo che prova jeeg robot quando gli diviene duro. Non ci sono mezzi termini ed allusioni figure mitiche che si muovono nella sua mente come tanti burattini amici di pinocchio e lucignolo. Amici di vecchia data che si calano le braghe sotto la luna , in un nome che non è un nome ma una certezza.

Jeeg robot io lo conosciuto nel lontano novanta faceva la dolce vita a via dei mille vendeva gelati e d’estate cocomeri rosso fuoco come la lava di un vulcano come il sangue degli innocenti come l’acqua che scende rigogliosa scivola via portandoti con ella verso un altra storia.
Lo conosciuto quando non era nessuno era un povero ragazzo che raccattava le cicche che rincorreva un gatto che faceva lo stronzo con Rosina la figlia del panettiere. Ed era bello jeeg robot sembrava un Rodolfo valentino versione latrina , versione malandrina , versione da imitare.

Non si sta mai in pace
Ma che ti prende
Che mi prende siamo alle solite come ve lo debbo dire la macchina la dovete parcheggiare fuori al palazzo
Perché se non lo facciamo che ci fai
Ed io chiamo jeeg robot quello vi mette al tappetto con un solo pugno
Chiamalo pure a quello stronzo del tuo eroe quella mazza di scopa
Oh non offendere jeeg robot
Non noi vogliamo offendere nessuno siamo come una cartina di tornasole siamo come una bella giornata e chiamalo che ci andiamo a prendere tutti insieme un gelato
Ma va là adesso ho capito chi sei , quello che ha fatto fuori lacky Luciano
No ti sbagli
Mi venisse un accidente non l’azzecco mai
Lo hai detto siamo tutti qui a casa di tua madre ti aspettiamo
Sto scendendo dall’areo
Sono già in mutande
Sono felice che sei ritornato
Sono frastornata stanco fino all’inverosimile
Cambiamo parcheggio
Non voglio inferire
Ma guarda io sono amico di jeeg robot e di tutti gli eroi di questa città
Mi fa piacere sapere che c’è l’hai fatta
Siamo sul punto di partenza
Forse dovremmo chiamare jeeg robot
Ma lascialo stare chi sa quante cose avrà da fare
Sono sbalordita
Io me ne vado a dormire

In realtà jeeg robot è un invenzione poetica , un cartone animato , una allucinazione mediatica , un fantoccio uno strano personaggio che cerca di uscire dalla sua difficile realtà. Egli vive ,sopravvive , combatte i mulini a vento come don Chisciotte . Cade si rialza poi prosegue il suo cammino felice per le strade della città. A volte si siede fuori un bar sul lungo mare, ammira il mare , qualche gabbiano, qualche bionda , sballato in qualche sua storia che è non più una storia seria ma il risultato di molte stronzate compite. Ma questa è un altra storia , una storia di poveri eroi , di gente che si sveglia di prima mattina e va lavoro combatte, lotta , ride ed è felice di essere se stesso . Eroe per un solo momento, per un attimo, oltre i tanti dubbi le tante incertezze , le tante calunnie che circondano il nome di jeeg robot , il misterioso eroe che ci salverà dal male che incombe sulla nostra vita.

 

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Le Passioni Di Angelina

LE PASSIONI DI ANGELINA

 

 

 

Luigino nel tempo libero faceva il buttafuori  nel bar  di Mezzarecchia era un buono guaglione teneva una sorella un poco impicciona che faceva le marchette dentro un locale sulla rotonda di Maradona. Era ella una di quelle guaglione sguaiate che scrivono sempre storie assurde,  dentro piccoli diari  una  specie di donna cannone.  Poverella  gli piaceva girare la manovella,  ed era sempre felice di fare qualche servizietto a chi desiderava , comprare  un po’ di piacere e conquistare cosi  un pezzo di cielo. Era alta e dinoccolata come una vite che s’arrampica sopra una mazza di bambù , intrecciato ad  un fico dai rami nerboruti. Una vite piena di uve magiche dai grappoli grassi  alcuni scuri come i suoi occhi. Angelina  era una femmina verace e per la madre era una vera disperazione. Con lei non si  poteva stare mai in pace,  sempre scocciata, sciancata, scontrosa, ammuculuta dentro un angolo,  ammartenata  insieme ai suoi turbamenti ,  ai suoi fantasmi. Amori perduti , scordati dentro la tiella,  acqua  che bolle con lo pollo assieme allo brodo di gallina,  giallo,  arancio,  odoroso che si  spande  et sente per tutta la casa. Angelina rassegnata dentro la  vita che se pigliata il meglio  degli anni suoi . Esistenza lugubre  e scurdarella che ti sconvolge la mente in quella confusione che è la vita dei vicoli .   Povertà  lassa mesta a tanta meraviglia che  ti trascina seco per i vicoli budelli .  Ogni cosa scorre alcune  porte s’aprono altre  si chiudono , quando si è troppo soli  ,  dietro quelle porte appaiono mille facce diverse , mille uomini diversi ,  entrano ed escono a far parte della  vita di Angelina . Facce e smorfie , facce scure , facce di merda. Momenti intimi ,  rassegnati che  ti mettono di buonumore ti fanno sognare  qualcosa che forse esiste,  una vita diversa mentre  l’estate sta per arrivare  ed  ogni male ha finalmente fine. 

Angelina piccerella ,  vola per casa,  corre dentro la sua memoria dentro i guai che passano , sciluliano come l’acqua sporca dentro chesta vita,  dentro a mille domande dentro la sua anima  . Solitaria è sciancata , figlia della bona sciorta,  figlia  della lupa mannara che sgravò dentro una stalla con accanto un toro infuriato,  arrapato come un  ciuccio ,  isterico come  un  riccio.  Tutto passa e niente a volte  ha significato , nulla ha senso.  Luigino voleva bene a quella sorella la lavava con  acqua di colonia gli stirava i capelli poi la guardava ridendo come si fosse  una  santa uscita fuori da un manicomio criminale.

Luigino mezza cartuccia , schizzinoso , schizofrenico, sempre miezzo e miezzo in quella sua pazzia , in quella sua canzone.

Puozzo sculà dentro lo cesso gli diceva la madre ma che stai facendo

Ma che debbo fare qua non si può mai stare in pace

Hai ragione si sono fatte le otto , vedi dove devi andare a faticare oggi è  una bella giornata.

Ma tu c’è l’hai con me mi vuoi vedere muorto , schiattato dentro una fossa , senza un  sciore , senza una lampadina che ricordi a questa vita che io ho vissuto ed ho pianto ed ho tanto pregato per l’anima dei morti di chi te muorto

Uhe quello sta bestemmiando i morti mo’ chiamo angelina screanzato.

Angelina lasciala  stare quella ha già tanto da fare . Se chiusa nella sua stanza insieme allo nammurato suo chi sa che sta facendo

E che vuoi che faccia . Si stanno baciando .

Si fa maniare,  zizziare si strofina come una gatta sopra una canna.

Che belle parole e tu fossi una madre,  una donna di polso una santa donna,  possa romperti l’osso dello cuollo.

Uhe un altra volta se fosse vivo tuo padre a quest’ora saresti morto ,accise dalle mazzate.

Si vede che sono fortunato .

Non voglio chiù pazzia dammi trenta euro

Cosa vuoi ?

Trenta va bene venticinque debbo andare a Fuorigrotta a ritirare un pacco.

Che pacco  ? sentiamo se lecito sapere.

Non sono affari tuoi . Sarà  una bomba . Un pacco di preservativi.

Una pistola.  Si debbo fare una carneficina.

Tu sei malato , a capa a te non ti aiuta.

Vuole fare il boss,  il guappo di Casamicciola.

Mo’ mamma stiamo buoni . Ho sentito un lamento

Che lamento io ho sentito  un gridolino . Delle voci. Si spandono per la casa , un coro di  gemiti e sospiri  sopiti  ,rosee  passioni , profumi mediterranei entrano trasportati dal vento.  Nell’eco  delle onde del mare ognuno s’abbandona a quel fluire di viole ciocche di canzoni meste che entrano solinghe nell’animo. Luigino si accende una sigaretta la madre riscalda un po’ di latte. Dentro la stanza angelina insieme al suo amante , fantasma,  copula si bruscina si attorciglia si vozzea si ciancea fino a giungere ad una serie d’ amplessi . Un onda di amore e ricordi un viaggiare nel tempo nella sua memoria,  nella sua giovinezza senza grazia,  senza esiti infausti. Angelina ed il suo amante virtuale  con cui fa l’amore a tutte le ore . Ella lo possiede  si stringe al  cuscino  lo stringe tra le gambe lunghe ed esili il frutto delle sua passioni. Un lungo sogno,  un lungo viaggio fino alla vocca della lupa che ulula si spoglia si mostra per quella che è.

Vulesse morie non essere mai nata

Ma tu sposati apprese

Ma con chi ? Nisciuno mi vuole . Sono condannata a rimanere sola sfigurata,  marchiata come una puttana . Sola come una cagna in calore . Solitaria con là sciuscia  al vento . Nei miei giorni migliori negli amori che passano mi conducano dove la morte non regala cognizioni di causa neppure un lassativo, un  preservativo una buttigliella di vino da sorseggiare dopo un pasto nudo .

Bottigliella d’olio di ricino  che una se la beve e si sente meglio .

Angelina figlia mia mia come te lo debbo dire .

Qua siamo tutti morti .

Tutti quanti .

Pensa  è morta pure zia Antonietta tre settimane fa e l’altro ieri dopo una vita spesa per il bene altrui . Poveretta l’ hanno atterrata  come si fosse una pezza vecchia dentro ad una nicchia assieme a suo  marito  che era morto tre anni fa te lo ricordi a zio giovannino buonanima una gran brava persona .

Sto chiagnenne da una settimana in silenzio. In corpo  a me tengo una guerra  di passioni di ricordi vulesse vomitare tutto  questo  malore piglia a  schiaffi  chelle persone senza core  chelle persone ignorante chelle che non si annettano mai lo culo con la pettola propria . Non c’è stanno più lacrime ne la forza per reagire a chisto male che ti attanaglia l’animo lo rende schiavo  una belva assetata  di sangue.  Vorrei reagire a questo infausto destino a questa sciorta crudele che mi sfianca me fa rimanere senza respiro.

Morte vienimi a pigliare purteme addò sponta ò sole addò le pecore pascolano nei prati dello signore addò a vita sciluia come acqua fresca  che  scende  mista alle passioni di cristo redento .

Infame vita meia  fatta ad immagine di  una lupa , di una cagna, di  una bottana  che se ne sta sopra l’orlo di un marciapiede ed osserva  il mando andare avanti indietro. Vedo tante macchine passare correre incontro ad un loro destino incontro ad una passione ad una vita che muore nella fossa di una figa purulenta e sanguinante . Vergine santa che cosa orrenda, ingrato  mondo  tiene due facce due cuori due mani due vite sospese dentro l’attimo di un amore venduto, comprato per pochi spiccioli.

Mi sono venduta per poco  sono  sciagurata sono indifesa presa dal sopravvento dall’incomprensione rassignata dentro la decadenza senza morale,  senza mutande. Appiccicata con la sciorta appicicata con quelle tale quale a me . Pigliatevela chesta vita meia,  pigliatela e tienila  stretta vicino a quello  che credete giusto o sbagliato  sia Tutto scorre come l’acqua pure la fila delle macchine che mi vengono a prendere e mi riportano addò mi ha messo  il pappone   addò ho visto me stessa negli occhi dell’innocenza.

Perché figlia mia ti danni tanto.  Per quello che hai fatto e ti sei lasciato alle spalle ormai  perché non vuoi capire c’è stanne  tanti uomini  alcuni sono sinceri,  altri sono angeli dello cielo,  altri ancora pagliacci , demoni cornuti , buoni e  malamente senza  scarto e senza sangue , la   samenta figlia mia la trovi sempre.

Ma mamma quello mi aveva promesso che mi avrebbe sposata.

Mi  promise che sarei diventata  la sua signora riverita e ben servita la padrona avesse fatto  dentro uno dei suoi tanti  appartamenti .

Aggio visto figlia mia che appartamento ti ha dato, ti ha messo  sopra un marciapiede  a fare le marchette.

Disgraziata che sono.

Il sole scende poi risale,  la cupa stagione  risale  lungo il crinale di un ricordo lungo l’ugola lungo il fiato delle passioni Angelina si veste mentre la mamma ritorna in cucina a vedere bollire l’osso di prosciutto. A vedere saltare in padella le alici fritte a sentire l’olio bruciare. Angelina che piange e non vorrebbe essere mai nata . Che ha deciso si fa bionda si ossigena la vulva si mette tre fazzoletti dentro il reggipetto si mette il rossetto che gli ha regalato l’ultimo suo innamorato. Ed è felice a tratti piange ed afferra un idea raminga che vola nell’aria afferra un senso ancestrale  la luce di una stella che cade.

 

Luigino di tanti guai non gli passa manco per la capa ,  per  giunta giura di essere felice  cosi si è   comprato un cagnolino  proveniente dalla Cina di nome  Lu lo porta a guinzaglio ,lo porta alle mostre canine ed una gran folla lo saluta ed e uscito pure sul giornale in prima pagina lui  e Lu mentre addenta la mano di una signora.  Luigino invoglia  angelina ad essere allegra e sprona  la madre a volare via. La città è  una pattumiera , una discarica abusiva dove galleggiano tanti morti uccisi dall’indifferenza delle istituzioni. Una montagna di rifiuti ove  s’accumula immondizia su immondizia fino a diventare una forma  sempre più grande,  fatta  di preservativi usati  che si accumulano,  diventano  pupazzi di gomma , dall’aspetto di  mostri  usciti del nostro sognare , dal vivere  tra la folla, sorniona Angelina  sorride e trasporta in grembo il frutto di quelle passioni. Un mostro di gomma dalle faccia rossa,  simpatico  a vederlo che saluta passando, fumando un sigaro lungo due metri,  lungo come  una autostrada  ove passa un  grassone dentro un camion , ove luigino  si muove sulle punta dei piedi fa una piroetta s’inginocchia ed invita le signorine a danzare con lui sopra una marcia nuziale sopra questa vita effimera , crudele  E tutte le vajasse  dei vasci ridono  si alzano le vesti si spogliano mostrano i loro seni enormi come cocomeri come un sole che tramonta che si squaglia ai limiti di un orizzonte nella furia degli anni che passano il pupazzo diventa il simbolo di una città di un quartiere. Chi lo chiama Giovanni , chi Filippo chi gli dice che simpatico che sei .  La  dummeneca addò te la fai?

Pure lo parroco lo ha invitato a messa e gli ha preparato uno scanno in prima fila davanti all’altare un pupazzo fatto di condom  al gusto di fragola di mela annurca. Un pupazzo una pazzia che ti mette di  buonumore che ti fa ritornare bambino. E mentre il tempo passa Angelina,  Luigino e la madre diventano un ricordo sempre più debole diventano una falena che si spinge verso una fioca  luce  , raminga per la  città ed oltre va nel sogno intrapreso e rincorso .  Un immagine suadente   da mille buoni propositi , cullata  da un concetto che accende  dentro di noi  una nuova  idea  che ci fa rimanere a bocca aperta,  quasi stupefatti  per quello che abbiamo vissuto per quello che siamo stati.

*

Il Gatto Babuk


Il GATTO BABUK

Il palazzo dei principi del sole era parte integrante di una fitta vegetazione urbana fatta di altri palazzi goffi e placidi ,grassi ,sgarrupati nel tempo dai colori opachi timidamente ingialliti ove si parlava una lingua casereccia , cialtrona generata dal padre, figlia della storia e di quei vicoli lunghi e lugubri. . Lingua sincera fatta ad immagine e somiglianza della sorte di un popolo. Il giardino era nascosto all’interno del bel palazzo nobiliare inerme nel peccato custodito come uno scrigno colmo di tesori ove il gatto giocava con la vita e la morte altrui dopo aversi leccato le ferite inferte dai cani sciolti . Ed era un gatto, grasso, rossiccio e sapeva parlare tante lingue. Un gatto cosi emigrato dall’antico egizio non si vedeva da tempo nato da una gatta egizia e da un gatto randagio di via Toledo . Il gatto sapeva cantare molto bene fare le fuse e quando il padrone ma soprattutto là padrone lo chiamava si precipitava colà come il vento miagolando si strofinava vicino alle sue gambe. Era proprio un bel gatto Babuk gioia dei principi Caracciolo del sole , costoro erano così innamorati di quel gatto da donargli un collarino d’oro zecchino e metterglielo intorno al collo . Babuk era il bene ed il male di una città di una storia popolare misteriosa e occulta nel suo nome era la sintesi della bellezza di un gatto egizio di un gatto randagio, un gatto speciale che aveva nove vite in corpo nove spiriti eterni. Possedeva il potere di trasformarsi in ciò che voleva era in realtà l’anima di un antico stregone persiano reincarnato nel corpo di un gatto . Babuk miagola si gira rigira sul dorso da la caccia ad un topo di nome Gigino ed è uno spasso vederlo fare la posta al topo che gli canta canzoncine amorose per non essere divorato . Il quale squittisce aggraziato quando lo vede si fa bello facendosi la messa in piega dopo lo shampoo dentro la sua tana super accessoriata. Regala al gatto un po’ del suo formaggio lo prega lo venera poi gli gratta la schiena in segno di fratellanza.

Babuk era un gatto intelligentissimo un semidio, una leggenda un felino dalle molte vite alcune spese viaggiando in velieri fantastici per mari incantati verso terra sconfinate.

Per mari incantati oltre andando ignaro di cosa l’attendeva , vestito da pirata con una benda sull’occhio come un corsaro pronto a far la guerra contro indigeni e marinai naufraghi d’altri navi. Il Gatto Babuk era stato un corsaro temuto su tutti i sette mari. Terrore degli indigeni delle isole equatoriali che scappavano solo a sentire o vedere la sua nave avvicinarsi alla costa. Ed il tempo scorreva nella bella casa dei principi e Babuk dormiva in un angolo del bel giardino mentre il topo Gigino faceva l’amore con una topa della porta accanto. I sogni hanno l’ aspetto di un gatto o di un topo sono parte del nostro vivere del credere che ogni cosa posso avvenire se proseguiamo con diletto e volontà verso un fine che a volte contro ogni pregiudizio ci premia alfine del lavoro svolto.

Babuk dove sei ? vieni e l’ora della pappa
Mi chiama il padrone . finisco di leccarmi il pelo e vado. Speriamo di mangiare pesce fresco oggi . miao . miao , piano , piano , arrivo
Babuk vecchio imbroglione figlio di una gatta concubina dove ti eri nascosto ? Oggi ti trovo più bello. E mi dici cosa vorresti fare. Ti va di venire con me al mercato a comprare del pesce fresco. Ti metto un bel abitino con la sciabola al fianco ed i nuovi stivali ti ho comprato Babuk sarai una meraviglia tra le meraviglie . Le gatte ti mangeranno con gli occhi , tutte ti faranno la corte senz’altro. Come sei bello Babuk la vita con te e meravigliosa scorre in fretta ed in allegria. Regali amore e passioni , sentimenti miti di un tempo passa inesorabile nell’inquietudine del nostro secolo.
Il mio padrone è sempre generoso. Oggi mi metto anche il cappello piumato voglio fargli fare una bella figura gli camminerò affianco con il petto all’infuori pronto a sguainare la mia sciabola contro villani e zotici. Ladri d’infima specie.
Babuk un dolce sogno simile all’onda del mare placida tenera come il tempo che scorre e ci conduce verso regni fantastici ed oltre nell’immaginare la sorte c’attende scansando il male sempre in agguato con coraggio addentrandosi nel dedalo dei vicoli. E nell’eco delle voci sparse fuoriuscite armoniose sgraziate dalle finestre dalle pensioni allegre dove donnine mostrano il loro acerbo sedere, la loro fulva vulva il loro seno prosperoso. Le passioni une ad une s'uniscono ad un solo filo ad un sentimento antico che ti conduce dove l’amore ha un caro prezzo.

Il giardino incantato era il regno di Babuk là dormiva spesso beato sotto il grande e vecchio faggio all’ombra di eventi e guerre mai concluse nel seno di una canzone lieta trasportata su note allegre figlie di passioni nel senso di una filosofia mista di magia dai molti segreti e molte formule tal da tramutare il vile metallo in oro . Magia e sogni questi gli ingredienti di una realtà incantata ove mille personaggi prendono vita nel sogno di un gatto , personaggi immaginari fanno l’amore , fanno quello che desiderano per diletto . La nobilita delle gesta la ricchezza delle passioni ed il fatto di possedere tante terre che vanno dalla cinta muraria della citta in cui vivono i principi fino alla trinacria terra generosa ove il grano dondola nel vento cantando sciuri , sciuri , sciurillo dell’ammore.
In questo segreto giardino sono cresciuto e rammento le mie vite trascorse rammento il dolore del padrone di quando mori sua madre e scese al cielo nelle veste di un angelo dalle ali rosee bella come in vita dolce come il bacio e l’innocenza di un fanciullo lei volo via un triste giorno portando con se una mia vita , la mia pelle si raggrinzi e io uscii matto per tre giorni vagai randagio per vicoli ed angiporti incavolato nero in cerca di compagnia. E di notte ho visto le anime dei morti venire qui nel mio giardino scendere e radunarsi giù all’ipogeo, cantare inni alla vita, pace alla morte che regna nel loro cuore .Anime popolari, pezzentelle, nobiliari si radunano laggiù si raccontano di quando erano in vita. Di quando il regno della loro città era prospero , nella sconfinate ricchezze ed amori appassiti troppo in fretta. Anime luminose come le stelle aerei fragili svolazzano si uniscono in un solo corpo i loro volti sono orribili rabbiosi mostrano i denti ed ho paura nel vederli e nell’attraversare muri alla ricerca di una terrena vendetta.

Babuk , Babuk vecchio bacucco dove sei , ti ho portato pesce fresco di puteoli cosi fresco , che s’agita ancora nella cesta. Fatti vedere micio sogno infingardo , gioia di nostra vita , signore di questo adorato giardino , dormi ancora sugli allori scipi in un raggio di sole? Meraviglia della natura dalle molte vite e dalla coda molto pelosa.


E Babuk salta fuori scodinzolante la coda come un cane camminando rigido sulle zampe leccandosi i baffi , pronto a saltare sul pesce che l’implora di non ucciderlo.
Generoso Gatto, nobile gatto, signore dell'oltretomba non mangiarmi ti prego
Perché non dovrei tu sei la mia lauta cena , sei invitante e saporito regalo del mio padrone. Sei il giorno è la notte. E con te nella mia pancia potrò continuare a sognare sirene e mari incantati. Esplorare con il tuo spirito gli abissi marini le bellezze della natura , nell’eco delle onde , nell’’eco dei canti dei marinai ritornerò di nuovo corsaro , pirata temibile, ritornerò ad essere ciò che un tempo sono stato.
Cosi nella sua onniveggenza finisce per mangiare il povero pesce fresco ed un topo malandrino uscito per caso dalla sua tana in cerca di cibo. Lesto il gatto si lancia sopra, l’afferra poi si dirige verso la vasca delle tartarughe che leme leme indietreggiano pregano il gatto vada via . Improvvisano per lui una danza , la danza delle tartarughe ed il gatto sornione l’ammira si delizia nel vederle sgambettare cadere l’una su le altre . Ed è dura rompere il guscio di una tartaruga , mille rughe solcano il viso di quelle creature. Ed il principe da lontano ammira la scena e vorrebbe portare Babuk dal re per farglielo vedere. E forse si vocifera a corte che vogliono fare Babuk cavaliere del toson d’oro per i tanti servigi resi ai principi ereditari per aver dato loro amicizia , calore per aver regalato sogni e leggende che si tramandano nel tempo fanno parte dell'immaginario collettivo volano fuori il grande portone si mischiano ai sogni del popolo . Babuk cavaliere del Toson d’oro con la sciabola al fianco il capello piumato ed i suoi stivali di cuoio. Si fa largo tra la folla
Grida fate largo sacchi di pulci. Derelitta gente , misogino incubo di una vecchia pulce. Il mio signore sta per uscire per andare dal re siate pronti ad inchinarvi. Cenciosi pustole infette contenenti in se il male di questo secolo .
Ed il gatto Babuk con il petto coperto di medaglie con i suoi stivali lucidati da Gigino il topo con tanto olio di gomito insieme ai suoi figli topini graziosi bestiole che scappano impauriti sempre alla presenza del possente gatto Babuk. La vita è cosi tenera tra le mura del vecchio palazzo del principe che lasciavo riposa spesso tra le braccia di sua moglie , tra i sacchi di monete d’oro frutto delle numerose tasse inflitte ai poveri contadini del regno.
E quando esce il principe dal suo palazzo il gatto Babuk sguaina la sciabola si fa largo tra la folla ed implora un po’ di cibo.
Via cenciosi pezzetti fate largo al possente principe figlio del sole , erede al trono del regno di Gerusalemme.
Dacci qualcosa nobile gatto un pezzo di pane un po’ di amore possa sollevare le nostre pene verso una salvezza riempi la panza ci conduca verso paradisi artificiali. Guarda i nostri figli , guarda come siamo ridotti , moriamo di fame, dormiamo in stamberghe e siamo così in tanti che un piatto di fagioli non soddisfa il nostro appetito . La fame ci fa vedere strane cose. Dacci un pezzo di pane , gatto generoso guardiano del sole.

Via di qui non fatemi arrabbiare , il mio signore provvederà a farvi avere ciò che desiderate adesso che esce gridate viva il principe ed avrete pane in abbondanza.

Così La gente grida prima Viva il gatto poi Viva il principe . Grida di disgraziati una folla di sciagurati e mendicanti , ciechi e zoppi, gente derelitta proveniente da lontani paesi che conosce solo la lingua del gatto.

Ed il gatto Babuk se la ride e fa il padrone nel bel palazzo del principe organizza per lui feste al lume della luna invita principesse , contesse e marchesi invita la crema della nobilita del regno e tante gatte randagie ed il palazzo si riempie di strani personaggi e le tartarughe vestite come ballerine danzano per gli invitati una danza sotto la luna mano nella mano zampa vicino a zampe vecchie tartarughe con molte rughe . balbettano canzoni e frasi di benvenuti ed il gatto dirige l’orchestra mentre il topo Gigino prepara panini farciti con formaggio e prosciutto.

Mi raccomando Gigino prepara ottimi panini hai messo i lumi sopra la tavola. Mi raccomando tutto deve essere perfetto . guai se trovo qualcosa fuori posto. Lo sai la punizione ti getterò in una gabbia arrugginita giù nell’ipogeo in compagnia di spettri e cani idrofobi se non fai come dico.

Leggendario , illuminato gatto non aver paura tutto sarà perfetto come tu desideri che sia. E la luna illuminerà il nostro bel giardino ed un concerto di cherubini suoneranno per gli invitati canzoni d’amor perduto , amori lassi per strade infinite dirette verso il precipizio di una storia che non arride gli ultimi.

Ed il gatto Babuk continua a sognare nuove terre , continua a sognare di viaggiare verso il nuovo mondo alla ricerca d’immense ricchezze , di andare per mari sconosciuti a bordo di velieri con una ciurma canina ed un capitano che la sa lunga sulla rotta da percorrere . Il gatto Babuk sogna di ritornare a casa nella sua terra laggiù in Messico dove aveva lasciato una gatta grassa dagli occhi celesti come il mare dei caraibi. Una gatta , un cuore, compagna , sogno , madre dei suoi figli, Ed il gatto sogna non lascia trapelare nulla e irremovibile tutti lo credono spietato cattivo un gatto cosi forte temerario intelligente non era mai esistito in tutto il regno . Lui il gatto dei principi del sole un raggio di luce un sorriso , un sogno apparso nel dormiveglia, dei principi Caracciolo, tale da scuote l’animo e di trasformare l’ anima la vita di mille e mille invitati al delizioso banchetto. E Tutti vogliono accarezzarlo, tutte le gatte delle signore vorrebbero baciarlo tiragli quei baffi all’insù.

Babuk dorme e vive in eterno nei sogni di milioni di persone vive nel cuore di una storia di una leggenda secolare ove fantasmi e fantasie prendono vita all’aprire le porte dell’incantato palazzo. E le voci del tempo ed i sogni rinascono volano nell’aria si materializzano sinceri tra la folla tra le massaie che vanno a fare la spesa e passano vicino il palazzo socchiuso dove il gatto Babuk visse e riposò, sognò di essere un gatto ma era in realtà un gran signore lo spirito di un principe prigioniero nel corpo di un gatto.









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Poemio e Tre canti della Eterna Estate

PROEMIO DELLA ETERNA ESTATE


Vortici di versi per caso scritti nella vaga conoscenza di logiche infime , tra forme che si congiungono nel tempo. Nell’ avversa sorte di milioni di persone, nella mesta ricorrenza di un giorno qualunque, nella gioia , nel peccato che si porta via questo delirio di frasi inutili . Tra silenzi infiniti il pensiero vola per valli ed oscuri luoghi , che destano in noi il credo di un mondo dimenticato . Come giorni sempre uguali come nel vento del deserto. Tutto scorre nella mia storia, tutto scorre , senza fermarsi. Versi si formano nella voce che sale lenta et lesta. Fugge gemente nel vago ardore che indora l’aurora che fulgida appare ed immane cade nel suo delirio e spegne la caduca passione che ignara regna nel cuore. E si sconvolta sorte chiama a se la vita che le resta da vivere. Oh amene ombre , spiragli di luce che lungi per lidi luminosi, mostri antichi prendono vita da favole esoteriche fatte di amorfe forme. Forme che prendono vita come per incanto dalla mente di un piccolo Dio .

Forse sono io che piango, lungi da me ciò che vivo e dopo prego che lesta venga la morte . Morte che lungo il mio delirio, per storte vie , vette estreme , odo solinghi usignoli canticchiare la gaia canzoncina dei bimbi perduti. Morte provo , fingo , forse mi beo di amorfe forme , incantevoli presagi nell’eco di guerre che non finiscono mai.

Vedi , forse credo di giungere a questo amore bagnato di sangue , bagnato di oro che indora il mio dolore. Fingo, cado , mesto, arrivo , esule come fossi beato in quello amore creato che ti riempie il cuore. Son solo ,volo nel vasto cielo che mi trascina sopra città ,sopra questo mondo distrutto , sopra le macerie letterarie , dentro un amore malato e mostro il mio coraggio, il mio destreggiarmi in vane forme e vani pentimenti che non so dove nasce in me tal rabbia, tale orrore. E di tanta parte , di tanto vivere, sono il signore di mille nomi e mille vite assai derise.


Son io che soffro e canto contro la crudeltà degli uomini o e l’ amor che mi conduce in paradiso per vie belle ed eleganti , per quartieri dormenti , strade di un sincero dio che governa il mondo. Dormi figlio mio , sugli allori scipi ,nella gaia novella, nell’accidia di un verbo che prende corpo dentro me , dentro questa storia che io narrai dopo aver percorso l’ade tutto da solo , dopo aver percorso il mio tempo ed il mio amore.

Fingo di vivere di ire per oscuri lidi , per giorni lieti in compagnia di un amore che si desta all’alba che si eleva nel vago dire che per estreme liriche et eclettiche consonanti per casi oscuri fan di me un mostro tra gente dabbene. E provo orrore ,provo pena per me stesso per ciò che sono per ciò che rappresento.

E muovo i miei passi sulla scia di un verso oscuro, nella sorte che bigia , ama il grigio ardore, nella metamorfosi di forme umane che si evolvono nel vano ardire. Nella gioia di un attimo , ora sono io, ora sono tanti e non trovo tregua , ne ritegno nelle delucidate estasi che possono esimere l’essere dall’essere tale in come noi abbiamo sognato di vivere.

E nel bel mattino di nostra età , quando ogni cosa è conclusa quando per ore liete il nostro corpo ha provato l’estasi di un sesso amorfo , fatto di forme erranti e lubrici lirismi, sulla scia di un dolore che si desta dall’inverno trascorso che si desta al caldo sole d’estate. Io rinasco in sofferti mattini che si congiungono all’idea di un mondo che lentamente va alla deriva che insegue un suo credo in una sua personale visione di ciò che si è di ciò che avremmo potuto essere ancora . E nella gioia nel viaggio che mi ha condotto oltre ogni credo ed ogni incontro che alla rinfusa ha unito spiriti e corpi assai simili al mio vedere nel decantare gioie e dolori dell’animo umano.

Versi che fuggono , gioiosi, bizzarri in vane ragioni , raggiunge il fine estremo di una esistenza di mezzo , attraverso il fiume di quei versi in silenzi estivi , ove la mente evade per sogni ed avventure , alla ricerca di una pace che vive in ventimila leghe sotto il mare ed in altre avventure che non ti conducono a nulla , se non all’estremo di se stessi all’estremo di un morire mite in un acerbo dire , un morire per rime chete , cretine che si spogliano all’alba nel bel mattino di una vita raminga.



II

E come in un caos senza fine che trascende il gioco del divenire per erranti lidi macchiati di sangue innocente, cheti nel divenire che mesto incomincia ad assumere la sua forma fisica. Versi erranti , deformi senza senso s’elevano nel gioco erotico, nella gaia giostra di anime morte di baci e carezze . Tu ferma ammiri , forse incapace di riprendere un suo percorso nominale. Abbondonata sotto le luci della città , nelle parole dette in fretta che cadono di bocca in bocca , adunche ,sconosciute , scritte con vigore dentro un bar davanti ad una birra . Tutto passa , ed ogni cosa si muove si fa chiù bella come fosse una rosa giovane e fresca che s’alza la gonna mostra il sedere , mostra le sue grazie. Mi fermo nel tempo in cui fui ,incapace di credere ai miei occhi di ritornare ad essere ciò che un tempo fui. Tutto scorre ,musica e desideri. Tutto si desta dall’ipocrisia di un essere uno e trino.

Ora la morte non ha riguardo e mi sussurra amabile parole mi sussurra del suo tempo di quando si era insieme, m’incammino per marine, immemore per visioni oscure , per giorni che non riesco a congiungere a quella assioma che assume forme cosi sinistre. Ed il dubbio di chi siamo , cosa saremo di nuovo vivendo mi riporta ad una gaia melanconia ad una incerta visione ad un bruciare nel fuoco dell’inferno della città .

Ti ho vista vicino al mio corpo, ti ho visto pensare ai tuoi giochi, al tuo dare ed avere, mi hai toccato il mio maturo sesso ,le mie parole sono così triste ed il canto che urlo nel mio ricordo , assume una inquieta visione di cosa saremmo divenuti strada facendo.

Continuo a vederti muoverti dentro di me con i tuoi pensieri , mi travolgi, mi baci e mi fortifichi, come Catullo et Serbia cornifici tuoi et bella puella nella fabula atellana . Figlia del mare , figlia della amore carnale , figlia della lupa , vicino a questo sciato dopo tanti vasi , pigliati questi soldi. Fosse state chiù contento , se me l’avesse detto in faccia quello che pensavi di me . Ti sei annascunuto dietro a questi uocchie verdi e ti sei avascate a mutanda addirete a uno specchio da sola , senza essere vista da nessuno..

Tu volevi una bambola da bere ,buona come un bicchiere e vino, tu volevi un suonno chiù bello d’annusare nello vento sconvolto , sotto alle stelle di Capri , sotto allo cielo di Ischia e pensando a Maria, pensando questa sciorta chiù scura da notte , me trove rassegnate dentro ad un altro errore.

Son figlia della terra , son figlia della mia storia ,son tre giorni che te cerco miezzo a questi vicoli neri e fetenti . E non trovo pace, non trovo sincerità e mi spoglio , mi vesto faccia l’ ammore e nu trovo giustificazioni ,essenze, mezze misure che mi conducono ad una ragione plausibile , mi trovo inginocchiato alfine davanti ad un santo . Nun tengo chiu tiempo , nun tengo certezze , tutto mi dona amore ed ogni cosa è dolce come fosse una musica nova.

Ti volevo raccontare poi portare sopra ad una nuvola, ti volevo sentire , rincorrere dentro questa passione, fino alla fine di un male antico. Ed una febbre m’assale e ti penso tutti i giorni , ti penso quando scendi le scale e vado a faticare, Quando sono innanzi ad una croce , quando mi tocco la facce e pensa a te sola dentro questa vita . E nun tengo chiù a capa , stanco ascolto il ribelle canto del mare , la bella e la bestia , la magica fiaba dell’orco.

Sciorta nera , simili a notti passate scrivere versi mezze misure , senza seguire conclusioni , versi angelici , belli come te che riposi dentro un letto di spine , che abbracci e sogni un altro , che mi ruba l’anima ed inquieto rimango . Sono in trappola , sono caduto dentro una gabbia, sono quello che tu vuoi , sono solo a questa età. Mi chiamavi Ciccio con bacetti e berretto con un gilè giallo acrilico , con cinque rose per Jennifer , con una matita sull’orecchio, con timore son venuto mi sono avvicinato , ti ho baciato in fretta e tu sei caduta nei miei sogni, nella mia insana vita , nella bella canzoncina, nella mia inquietudine di uomo di mezza età.

Mi hai cercato sulla soglia di un bel sogno, mi hai torturato con i tuoi pensieri, con la moglie ed il bambino , con il gagà ed il lacchè, con il mastro costruttore , con il prete un po’ incapace , con l’amante ed il lestofante, in questo tempo cosi amaro , così dolce da assaggiare, così bello da amare in riva al mare, in riva a questo mare di rime , stretti , stretti nella macchina che traballa ad ogni botta , che si muove dentro me , che rende dolce il canto, dolce dentro un orgasmo che sale per nuove mete fino a giungere a Sorrento . Seduti in una macchina gialla e verde ascoltando questa canzone che risuona nell’aere puro , che risuona mesta e gaia nel ricordo , nel dolore dell’atto coniugale.


E ti chiamavo ad ogni ora , tu cattiva mi attaccavi la cornetta in faccia , mi dicevi : vattene via , ogni cosa e finita tra noi . Nun a voglia fa questa vita , nu me vogliò chiù rovina per te . Te pigliate a vita mia, te pigliate tutte e suonno miei, te pigliate chesta ammore, chesta storia deve finire . Esco fuori di testa dentro questa sciorta . Sotte alle stelle , mane e mane, passeggiando in riva al mare. Passeggiando dentro a quest ’ammore, dentro a questo tormento, dentro al cuore di milione di persone , dentro una storia che tuzzelea fore alla porta che chiede di entrare per raccontare l’inverosimile vicenda personale.


Ora che tutto è finito il Sole , rinasce , scalda i tanti versi nella insana inquietudine che splendono in mezzo al cielo , per lidi immemori , per giorni dal sapore di mare , in imperturbabile agonie , giorni sinceri , giovani , forti e sono morti , son morti cantando inni al signore , inni alla patria , inni per anni dolenti , che sono parte di nostro vivere. Versi nell’insieme cretini nati dalla nostra volontà di crescere. Frutto di un amore sensuale , frutto di questa morte che bussa lesta alla mia coscienza . Che m’appaiono davanti ad uno specchio senza nome e senza motivo con chi stare seriamente, solo dentro le mie mutande, nei miei ricordi ridicoli di uomo dabbene ed egoista , con le mie fisime et stimmate alle mani con la gioia di essere , con te in me che si congiunge in un ipotetico amplesso senza sesso descritto in pochi versi senza senso.

PRIMO CANTO DELLA ETERNA ESTATE


Quanto tempo è trascorso dai giorni lascivi, scivolati via in un senso vago che ci ha resi inermi nella ragione di ciò che siamo . Inconsapevolmente ,ignari di ciò che avremmo concluso. Un lungo viaggio verso terre sconosciute a cavallo di un drago che lancia fiamme . E la fantasia prende corpo, ci conduce dove la realtà presume ciò che abbiamo pensato fosse. Al bel villaggio ove abitano gli indiani ,seduti sotto le stelle sotto la tenda fatta di pelle di sciacallo, di lupo, di quel lupo che vive in noi. La realtà ha molte visi ed il vento fischia insieme al treno che corre veloce con tutti i nostri pensieri verso una dimensione dimenticata , verso quell’amore mai posseduto senza denti vecchio sbilenco , che cerca pace tra i fossi ed i fiori . Cerca una nuova vita un nuovo corpo . Mentre il mondo cambia , tutto può essere compreso e si rimane in silenzio ad ascoltare il nulla . Sotto i monti , nella vasta prateria ad udire l’ululato del lupo, il verso del gufo. Un universo , una stella che cade dietro questa platea , ove assistiamo meravigliati , trascendere il bello dalla vita. E tutto potrebbe essere di nuovo come era ieri , crescere , alzarsi , camminare fino alla fine di questo viaggio in questa leggenda senza tempo.

Ed io non ho più nome , non ho più tempo. Ed il mio vivere sfocia in un delirio di liriche e canti sciolti , dentro un verso che racchiude tutto l’essenza di questa esistenza. Ed il mio nome risuona con l’ululato del lupo , con il verso del gufo lassù tra i monti verdi della mia immaginazione.

Vieni via con me . Potremmo costruire una casa lassù tra i monti vivere accanto al fuoco che scoppietta nel camino. Potremmo vivere un altra avventura ai limiti del creato, nel canto che s’eleva tra mille guerre . La mia ragione si tramuta in un gioco di parole in una dolce carezza, in un amplesso che avvolge ogni senso . Passioni succulente , meraviglie come i tuoi occhi celesti.

Sei folle a cercarmi qui in questa mia disperazione. Qui in questa casa , senza finestre. Lassù tra i monti , la morte implacabile salta tra i fossi , tra i corpi caduti sulla nuda terra, alla ricerca di una plausibile resurrezione. E nella canzone da cantare all’origine di ogni ragione . La morte nuda , ama la vita, abbraccia la sorte sua sorella infernale . Non ci sono scusanti in quell’amplesso tra sensi e sensuali giochi erotici , tutto diviene un estremo tentativo di poter vivere una altra storia fantastica.

E la prateria è immensa vi fioriscono le viole ed fiori di loto i papaveri rossi e gialli vi fioriscono i fiori della nostra esistenza che sbocciano nella mesta rimembranze . Fiori solinghi che s’intrecciano gli uni con gli atri crescono accanto le croci segnate da un nome in un percorso che va aldilà di ogni crudele beltà. Ed è bella la croce ornata di fiori , cosi bella che non ci sono parole per descrivere il senso nascosto di ciò che si è. Praterie , terre immense , giorni e giorni in viaggio verso quest’amore sconosciuto. Verso un altra esistenza, verso qualcosa che ti riempia il cuore di gioia, di un bene che non conosce certezze. E si è soli davanti all’immensità, si è soli seduti davanti alle stelle , accanto al fuoco che avvampa e lascia danzare la fiamma dell’amore. La fiamma della vita , della favola bella , che m’illuse e mi condusse verso un sogno piccino , cosi sincero da legarlo al mio spirito. E la morte mi ha lasciato solo con i miei pensieri , mi è passato accanto , senza neppure sfiorarmi. Mi ha lasciato pensoso , con tutto il mio passato, con i miei dubbi e le mie certezze di uomo qualunque.


E verranno giorni migliori , verranno altri amori , altre avventure , come quando non so ed il mio cuore è cosi triste , cosi solo perduto in una frase detta velocemente, mentre tu mi lasciavi li alla stazione con tutto quel mio amore malato , con un bene fecondo , con un pene enorme, pronto a partire con te verso un'altra ragione , verso la gioia di un ricordo . Immemore dentro di te come il tempo che scorre e porta via con se le pie illusione di un vivere , aldilà di ogni credo. Ed ora che vorrei abbracciarti e dirti ti amo , come quella volta che provai a baciarti , come quella volta che volsi il mio sguardo , verso un altra donna , non ho scusanti per la mia impudicizia, tutto si trasforma in un ilare immagine , in draghi alati e in belle fanciulle che danzano nude dentro la mia mente. Non ho più tempo per bere questo bicchiere di vino, di dire chi sono come amai e rincorsi te ai confini della follia ed ho poco tempo forse fino a domani per raccontare questa storia fatta di viaggi e miraggi di canti e avventure . E chi l’avrebbe mai detto che tutto sarebbe successo lassù tra i monti , lassù sotto le stelle, vicino al fuoco ove il nostri corpi s’unirono nell’amplesso della storia , che ci ha resi partecipi di un amore senza tempo e senza età.

Ricominciare a sognare la grande praterie, gli indiani a cavallo che corrono ed inseguono il vento ed i potenti bisonti . Inseguendo le aquile e lo sciacallo dalla coda mozza , ascoltando una canzone urlata da un indiano ubriaco fatto di peyote che continua ad avere una serie di allucinazioni ai limiti dell’assurdo. Lui vestito con giacca e cravatta, lui con una penna tra i capelli lunghi e sporchi che rincorre una ballerina del vecchio saloon. E tutti ridono e continuano a bere . E cavallo pazzo entra dentro questa storia seduto sul cavallo più pazzo del mondo ci entra facendo augh , tutti ridono e si abbassano le mutande e mostrano il sedere al grande capo. Tutti possiamo essere parte di questa storia. E giù al porto , due amici vanno a donne e non hanno i soldi sufficienti per pagare la camera. Ed il canto dell’avvocato e del prelato e cosi giulivo. Cosi tenera la vita che rimani incantato in disparte a pensare. E chi sputa qui , chi sputa la, che alla fine spunta un fiore un po’ strano che si chiama gennarino.

Gennarino bello di papa di la verità chi ti ha dati tutti questi soldi.
Se te lo dico ti prego non picchiarmi
No , se me lo dici subito , non ti riempio di botte
Mondo infame , volevo vedervi felici
Hai fatto male i conti
Che conti, io sono tuo figlio
Accidenti credo di aver esagerato stasera
Mettiamoci una pietra sopra
Hai ragione
Vogliamo andare
Dove
Dove possiamo ricominciare
All’albergo dell’allegria
Dove ci sono tante belle donnine
Però prima mi devi dire dove hai preso tutti questi sodi
Li ho vinti a zecchinetta
Tu giochi , figlio sciagurato
Papà , scherzavo me li ha dati un signore
Chi è costui babbo natale ?
Credo di si , parlava norvegese.
Non ci credo , mi stai prendendo per il sedere
Ti giuro ero seduto sull’autobus quando il signore mi ha chiesto dove si trovava san martino ho risposto tra tre fermate deve scendere e prendere la funicolare. Il signore mi ha sorriso e mi ha detto se mi accompagni ti do una bella mancia e mi ha fatto vedere un pacco di banconote. Erano proprie tante. Pezzi da dieci pezzi , da mille non ho resistito alla tentazione, cosi sono sceso con lui e lo ho accompagnato alla funicolare. Strada facendo ci siamo fermati ad un bar lui gentilissimo mi ha offerto un gelato. Poi tutto ad un tratto e apparsa una bellissima signora , credo che fosse la sua amante o qualche sua amica. Mi ha detto di aspettare dieci minuti , che doveva parlare con quella sua amica , che splendida , affascinante si muoveva ed ancheggiava giuliva come l’oca in mezzo all’aia , come una sirena in mezzo al mare , con due lunghe gambe, con un corpo snello è sottile. Ho atteso un quarto d’ora poi dieci minuti ,ancora , son passati un ora e più quando e riapparso mi ha detto grazie per aver tanto atteso e mi ha messo in mano un pacco di banconote.
Veramente , sei fortunato figlio mio, io non ho mai avuto tanta fortuna in vita mia.
Lungi dal credere alla tua sciagurata storia, lungi dal bisogno, di evadere da questo mondo sbilenco, sotto un cielo grigio pieno di nuvole, pieno di sogni infranti, nel fluire di mille idee, di un vivere che attraversa questa città corrotta questo paese distrutto. Dove l’eco dell’orgasmo , s’ode nella notte oscura, si ode nella storia costruita e rincorsa nella beltà degli atti che ci uniscono nella follia di una società dispersa nel suicido di una conoscenza . Lungi per verità conquistate gli spazzi della nostra ragione esulano dal farci comprendere come il tempo abbia maturato in noi l’idea di essere ciò che siamo, di ciò che avremmo potuto essere.
Sagge parole
Non voglio tirarti per la giacca
Bada figlio
Voglio bere
Non cadere nella fossa della vanità
Padre salta il fosso della lussuria
Nell’abbraccio
Nei tuoi ricordi
Nella favola che volge al termine
Nella dolce estate che avanza
Sono pronta a seguirti
Credo che mi fermo qui
Voglio bere
Voglio fare un bagno
Sotto la luna
In queste acque cristalline
Nudi
Puri
Ridiamo insieme
Credo di aver vissuto abbastanza
Io credo di no
Ero un mostro
Un ciuco bugiardo
Una padella bruciata
Ricordo di ogni cosa dietro una bella storia
Ti ho visto pregare
Non mi guardare
Rabbrividisco al ricordo
Canto d’amore
Non odo parole
Io dormo
Io vivo in ogni forma
Ora siamo qui come Il padre il figlio e lo spirito santo
Storie figlie di tante storie diverse , che hanno congiunto sogni ed avventure hanno fatto ridere grandi e piccini davanti al televisore, davanti a questa vita tra immense praterie , sempre verdi nel canto del cacciatore, nell’ululato del lupo. Là tra i vicoli Marini, nel ridere delle lavandaie tra i versi sibillini che si elevano fino al centro della città divorata dal tarlo dalla malavita. Tra le parole cianciose della puttana che la da ad ogni ora per trenta denari , sopra un letto sporco di sperma che odora di mille amori e mille uomini diversi. Odora di versi sinceri melodiosi , odora di mare e di lungi viaggi di pagine di libri letti in silenzio dentro una cabina di una nave che ti porterà dall’altra parte del mondo. T’accompagna la canzone di un marinaio ed il ricordo dei suoi baci le sue carezze, la sua bellezza non ha mai fine , come il bel canto dell’onda che s’ode dentro la tempesta , dentro la corsa intrapresa, dentro quei versi scritti in fretta dopo aver fatto l’amore con mille donne diverse in un solo minuto, in un solo attimo, in solo coito . Ed dolce cosi dolce perdersi , nella notte che mi fa sognare ancora, mentre rinasco, mentre canto e credo di vivere una vita felice. La morte è andata via mi ha lasciato solo davanti al fuoco con questo mio cuore infranto , con questa mia povera canzone che canto da solo , sotto le stelle della bella estate che avanza.

SECONDO CANTO DELLA ETERNA ESTATE



Mattino, il mio pensiero apre l’ali si spinge , dove tutti cantano questa bella canzone, nel coro della chiesa, per strade in festa, dove si balla e si fa l’amore. Giorni degli esami, la maturità , mio figlio là in aula. Io che mi dispero per un amore che mi porta dove il tempo si è fermato ed ha distrutto ogni mia logica . Io che canto . Io che piango. Io e cosa altro, che rido , cerco di sedurre un popolo con un mio dolce verso ,nel sogno mi sveglio ed ho tante cose da dire , da cantare . Sopra il mare il vento soffia , porta via tutta la vanità di questo mondo. Orde di bagnanti con canotti , costumi succinti, ballerine di varietà ,panini, muti, sadici, asini che volano nel cielo , lassù verso il sole. Estate dalla bocca di fragola, dalla gola profonda che ingoia pene enormi , che ingoia città , mostri, case, grattacieli, chiese, ingoia il male, la morte che ti ha deriso . La donna si fa bella, si trucca , si mette il bel vestito, si toglie la fede dal l dito e balla , balla una danza macabra. Un giorno come tanti , macchine che corrono attraversano la città, c’è chi urla, chi si denuda, chi mostra il l’indice, non c’è rispetto, non c’è più nulla da fare , una coda chilometrica sotto un sole cocente , c’è chi fa l’amore in macchina , chi sopra una sedia , chi dentro la sua mente prova a fottere il vicino di casa , prova a chiudere questo episodio , dove un dio con una lunga barba indica il paradiso , indica la sorte di milioni di scarafaggi e la stagione dell’inferno prende corso, segue questa vita ,segue questa commedia senza nome, senza un attore principale. Tutto, sarebbe stato bello, ma io non avevo l’ardire di dirgli ciò che pensavo ed avevo timore di morire tutto ad un tratto, con la mia sorte , con il mio costume succinto, con quell’aria di malandrino. Avrei raggiunto l’altra sponda avrei raggiunto il paradiso ma cosa mi resta da dire cosa voglio per davvero

Sei rimasto sui tetti stanotte a guardare la città dormire
Ho vagato per strade e vicoli, ho vagato a cavallo di un sogno, ho attraversato il tempo.
Non dirmi ti voglio, la mia logica cade a pezzi
Sei qui adesso vicino al mio cuore
Non volevo che cadessi
Adesso danziamo
Ho voglio di muovermi
Non è facile volare
Chi si è rubato le mie mutande
Sei sempre lo stesso
Non cambierai mai
Sei una poca di buono
Sei uno stronzo
Sei caduto dentro un pozzo
Sono qui sotto il palazzo
Sei un pazzo
Non chiamare tuo padre
Non ho voglio di finire in galera per te
Facciamo ammenda dei nostri peccati
Ti ho cercata a lungo tra le pieghe del tempo in questa estate che cede il passo si alza la veste, si spoglia, si distende nuda fuori al balcone e sogna sotto le stelle una nuova storia d’amore. Ed un canto si alza lentamente con le onde del mare, si alza con mille voci di fanciulli malati, con la madre che grida dentro la sua testa, con la sorella che si fa violentare da un africano superdotato. Tutto scorre , scorre come la sabbia dentro una clessidra . Scorre dentro noi stressi nel silenzio che ci resi partecipi di una vita sovrumana che si spegne in un istante. Cori di voci, erotici , sussurri , baci e carezze , sogni che s’elevano all’alba. Sono in tanti , liberi , lontani da noi che ammiriamo in disparte come la morte ci ha resi partecipi di questo viaggio, di questo canto che s’eleva al cielo. Un amore che muore vicino al mare quieto, dentro il pensiero di un uomo sopraffatto dal caso.
Via non dirmi sei scemo
Hai sempre le orecchie spalancate
Sei ridicolo
Tu sei malvagia e non vorrei mai vivere con te
Sono pieno come una botte di vino
Chi ha parlato
Sciaquachete a vocca
Facite e brave
Nun c’appiccicame
Chi se votte per primo
Addò
Dentro chesta storia
Signora levateve annazze
Scostumato mettete le mane a posto
Mò ha chiamato ò marito
Tenete questo ardire
Perché uno non e padrone di bersi un caffè in pace
Questi hanno perso la testa
Attenzione c’è il direttore
Chi ha detto quella brutta parola
Mai mi permetterei
Facciamoci una preghiera
Sapete come si chiamava il morto
Si metta seduto e preghi
Che pazienza
Facciamo poco i spiritosi
Signore posso partecipare pure io
Prego , entra , fategli posto
Adesso che siamo tutti riuniti preghiamo
Evviva Maria
Evviva Gesù
Evviva Sant’Eusebio
Cantiamo
Cosa dite ? Andremo mai all’altro mondo
Non farmi adirare, sei sempre lo stesso
Hai messo l’orecchino?
No è un piercing
Un piercing chi vuoi far scemo
Scendi , ci stanno aspettando
Dove andiamo di qui non si passa
Voglio andare al mare
Non portarti il costume il bagno lo facciamo nudi
Aspetta chiamo mia madre
Che tristezza
Che bello essere vivi
Non avevo mai immaginato di poter cavalcare un cavallo alato , correre nel cielo come un guerriero , volare , volare nel cielo azzurro della mia immaginazione
Venite ,siamo fortunati c’è un signore che c’indica la via
Che bella notizia
Popolo mio
Scarrafone
Scorreggia puzzolente
Faccia di minchia
Chesta me la segna e gli lo dico al primario
Ora il mare non ha più parole , non abbiamo più tempo , tutto si è concluso come ieri anche oggi la gioia di vivere si è spenta tra i vicoli , mentre nelle stanze del potere si discute chi dovrà essere eletto , chi dovrà perire , la storia si ripete, inesorabile senza che qualcuno intervenga . Dica finalmente cosa è ingiusto, non ci sono freni alla morale ed il canto s’eleva nel vago fuggire per rime ed altri mezzi ed altre circostanze che ci fanno ritrovare all’inizio di questa storia oscura, dentro questo amore che lentamente muore. Vivo nei miei giorni ,vivo aggrappato ad un idea di bellezza, che fugge dalle mie mani , dalla mia mente, che tramuta il senso in false archetipi , in falsi miti.
Siamo caduti dentro questo ridicolo dialogo
Non aprire quella porta potresti farti male
Non mi chiamare stasera
Non preoccuparti
Non chiamarmi come al solito
Fai come vuoi
Vedi di essere onesto
Mi credi un ladro
Di idee
Oh mio dio
Non voglio
Vade retro
Tu mi turbi
Tu Mi uccidi
Mi canti una canzone assai triste
Mi trascini dove vuoi
Estate grassa , silenziosa, figlia di miti e viaggi , figlia della mia ragione, legata alla bella età , legata alla morte dell’eroe. Legata al canto del cantante neomelodico , legata a chi non ha più speranza , in mezzo a questa vita , vai amore vai dove credi che sia giusto , dove la pazzia desta folli immagini , dove le donne ignuda , mostrano il sedere al tempo che scorre, mostrano i seni gonfi di latte , mostra il corpo dorato tozzo , sciolto corpo deriso brutto e goffo. Estate vieni nei miei pensieri, eterna madre turbando il mio spirito con una gran voglia di fare l’amore di fottere questo dolore , queste paure. Tutto è incomprensibile, tutto si dissolve sotto le stelle di giugno . Un piccolo racconto vola nel vento , porta via questa morte , porta via l’inganno del tempo.

II

Sera d’estate , solo nei miei versi bigotti ho lasciato ciò che ero alla sorte. Mi sono quasi arreso alla morte , ad un modo di credere e ho voltato pagina , ho corso incontro a ciò che si ama fino al precipizio, fino all’inizio di una altra storia dove uomini e donne attendono di essere compresi. Dove la vita li possa rendere felici. Un sogno intriso di versi che placa l’animo dentro una folle danza , dentro se stessi nei versi scritti velocemente strada facendo. In compagnia di un cane che sa parlare inglese e tailandese, sa parlare mille lingue diverse . Sere d’estate l’afa attira gli incubi , attira la sventura che ride dietro i vetri dietro questo grande palco, che s’apre e meraviglia appare buffi personaggi tutti vestiti strani chi fa l’inchino, chi dice cose sconce e non c’è più morale, non c’è nessun treno che ti porterà dove vuoi. Un treno fatto di plastica che sbuffa fumo , corre per i campi elisi , l’attraversa ed appaiono dai finestrini vecchi glorie , signori d’altri tempi . Ed una signora bellissima mostra le sue lunghe calze a rete che srotola lentamente li mostra al signore con baffetti che con ardore si lancia su di lei ed un solo corpo diventano. Un film porno romantico, una scena surreale.
Il treno dei ricordi giallo e verde va vola su nel cielo . Con dentro tanti buffi personaggi. Alcuni salutano. Altri cacciano pistole e fucili e sparano alla luna. Sparano alle stelle. Bevono litri di vino. Danzano. Poi il treno riparte ,stazione dopo stazione fa salire tanti personaggi che non hanno più nulla da perdere. Il significato batte dentro le parole , batte dentro un canto che giunge sulle rive di un vivere che mesto trasforma le passioni in un essere che esplode nella sera . Tante luci, lassù nel cielo. Tanti canti , pezzi di un mosaico che stenta a congiungersi. Si mangia è si guarda la televisione.
Mi hai cercata
Mi hai visto nudo
Poco socievole
Incavolato come sempre
Sei arrivato tardi all’appuntamento
Mi hai cercata dentro i tuoi sogni
Ho visto te e la tua anima
Ho visto il tuo amore morire
Quanti ricordi
Quante sere da sola
Tutti i miei amori la in bella mostra
Cosa hai cercato in questa vita
Ti giuro volevo una pizza
Questa è pazzia
Volge alla fine
Una storia folle
Mai un bacio
Ti ho cercato dentro i miei appunti
Io ho spalancato le finestre alle stelle
Ero nascosto dietro di te , ti osservavo
Non dirmi ero folle
Io volevo vederti
Esci , mi fai uscire fuori di senno
Io divento una biscia
Non e giusto soffrire tanto
Forse sono già dentro una fossa
Pregherò per la tua anima
Dammi un buono motivo per poterti dire ti amo
Basta, credimi sono stanco
Folle sere , sconvolto, scivolo nella morale bigotta, nella sorte che non aspetta , nella gioia che si perde nella giostra colorata ed il canto della donna che si bagna nel placido mare. vestita nuota fino alla fine dell’orizzonte fino alla fine di una ragione che non raggiunge nessun piacere nessuna bellezza. Che mi trascina con lei verso il fondo, fin giu dove le sirene nuotano mano nella mano ci circondano sorridono alzano le pinne e Nettuno imponente alza il suo tridente ed il canto di mille pesci dai svariati colori , città nel fondo del mare ,la logica induce a credere al male di un epoca e le strade o no silenziose dopo che il sole ha trascinato nell’oscurità i corpi morenti. Tutto appare nero come il corpo di un algerino di un keniota e la calma non arride il prossimo non conduce a credere alla buona novella. E Vano il credere con le mani legate , con te attaccata al telefono che parli e parli non la smetti mai di fregare e parlare male di questo e quello. Una finestra spalancata una musica dolce una piazza una città una nazione una donna nuda sul suo letto. Una macchina che corre per vie deserte. Un cane con il suo padrone . Un gatto ubriaco. Una canotta messa ad asciugare stesa fuori al balcone. La televisione che trasmette l’ennesima notizia ed il signore del quarto piano vuole divorziare dalla moglie. Ed il mio capoufficio e morto stamani.
Che terribile notizia
Quanti anni aveva’
Non lo sappiamo
Gira canale vediamo sempre le stesse cose
Facci il piacere hai una sigaretta
Non fumo poi sono pure astemio
Hai una raccomandazione
Che facciamo scherziamo
Non sbattere la porta in faccia alla fortuna
Sono qui al quinto piano
Cosa fai
Do da mangiare ad un ammalato
La vedi la luna
La città splende infinita
Sei solo nel tuo tempo
Non mi rammarico
Chiama la pizzeria fatti portate tre pizze
Non ho fame
Non sputare nel piatto dove mangi
Mi arrangio
Non ci sono scusanti per il tuo incivile comportamento
Ricominciamo a sfottere
Non ti biasimo
Mi porti a Mergellina ?
Io vorrei andare a Parigi fare un giro intorno alla torre Eiffel
Io bere un caffè ai Parioli
Quante parole legate alla sorte , legate a questa follia che danza intorno al nostro esule corpo tra mille motivi tra gridi ed eccitamenti perdute in mille immagini lasse per lidi sconsacrati. Parole che si fanno belle, piccole con le ali volano e non sanno dove mai arriveranno in queste sere d’estate. Corrono sopra questo mare , dentro questa strana storia ai limiti delle passioni , della comune decenza , perdute dentro mille altre storie, perduti canti ignari di cose diventeremo andando incontro alla morte e alla vita che ci ha resi simili nel verso solare sulla spiaggia pigri seduti davanti ad un mare di merda dove il gabbiano saltella sull’onde e grida il suo dolore per la vita .

TERZO CANTO DELLA ETERNA ESTATE


Tra i boschi di cemento ove prospera il mostro dalle tante teste, dove striscia la serpe e vive il ragno fellone là in fondo al mare. Tra le onde perdute danzano le sirene e le navi dall’alto della superficie attraversano il vasto mare cantando con a bordo mille passeggeri alcuni provenienti da lontani pianeti da isole e terre sconosciute da amori che si rompono in un attimo e diventano fiori appassiti sogni piccoli che non hanno ricordi da offrire . Tutto scorre la piazza è affollata come al solito qualcuno passeggia a testa in giù chi sogna grande imprese chi lavora chi non ha nulla da dire e tace seduto sopra una panchina con poche parole strette tra i denti con una sigaretta e d un amore infranto. Chi dice che non c’è più bisogno di suonare chi che il pane scarseggia .
Tutto scorre come un fiume in piena la piazza la piccola piazza dell’Annunziata dove gli angeli si riuniscono e giocano a briscola con vecchi diavoli dalle corna segate. Angeli ribelli belli senza denti con un cane a passeggio con te impiccata ad un albero calvo ove gufi e sciacalli cantano la loro triste canzone.
Possiamo sederci con voi
Prego qua simme tutti amici
Noi siamo qui per voi
Per me che bello
Dovete crederci
Perché mai non vi dovrei credere
Tutto scorre ed ogni cosa si bagna
Certo ieri pioveva
Oggi però è una bella giornata
Già
Possiamo sentire il vento passare
Potremmo volare in cielo
Sarebbe fantastico
Aprite le porte degli inferi
Credo sia giunta l’ora Che tristezza dover morire
Perché ti rattristi
un tempo ero giovane rammento quelle gioie
Continui ad Osservi il cielo capovolto dentro un bicchiere
Osservo il tempo trascorso
Le parole mai dette
Maledetta tu sia morte
Eppure mi amavi un tempo
Lei ti ho inseguita a lungo
Non adirarti Ero sempre li accanto a te
Eri nel mio cuore
Sono stato sempre parte di te
Non volevo ferirti
Lascia stare non farti ancora del male
Provo a volare con te
Le mie ali sono le tue
Nella notte tetra nella ragione che insegue un suo linguaggio come generare la storia che esplode dentro in mille racconti in mille versi simili nella loro trascendere scindere il male dal bene . Come in un giorno di pioggia cammino sotto un cielo plumbeo , cammino con le mani in tasca pensando al dolore del mondo pensando a te alle mie ferite che sanguinano . Una strada lunga infinita che conduce dove i monti toccano il cielo dove le vette sono verdi e silenti dove le aquile riposano nel sonno del pio monte dormente nel palmo di mano di un gigante . Un titano che ha un cuore enorme una forma che avvolge ogni cosa in se mostrata il suo sedere, mostra la sua bocca la sua lunga lingua. Ed il sangue scorre e macchia il selciato il piccolo sentiero che sale lentamente verso l’alto. E la città illuminata si vede dall’alto del monte delle solitudini si vedono le sterminate periferie e le mille luci sorelle ed i fratelli folletti saltano nel buio saltano tra le nuvole giocano ad acchiapparmi si rincorrono nel vento ed ogni cosa e cosi dolce.
Venite fratelli
Siamo tutti con te
Salta folle vita
Salta il fosso
Salta la merda
Salta e sorridi
Sei uno di noi
Sono qui che piango me stesso.
Non dire ti amo
Non voglio capire quando sarà il mio turno
Forse domani sarete tutti con me
La ragione nasconde una terribile verità
Certo il contrario di ogni cosa plausibile
E come bere un bicchiere d’acqua con ghiaccio
La solitudine potrebbe essere uno slancio per essere diversi
Ma fottere il prossimo non mi sembra una buona idea
Sei legato ad un vizio ad una perdizione
Hai fatto quello che potevi ora piangi su latte versato
Forse non abbiamo compreso quale fosse la giusta parte
Non credo di poter essere un creativo se non conosco il lato positivo
Tutto qui questa estate di pioggia questa estate triste che esplode dentro di me come una bomba ci riduce in mille pezzi questo povero corpo, esanime che si trascina nel buio i nella volontà di cercare di uscire da un tunnel , nell’eco delle parole che si legano al senso nella vasta ricerca la città cresce come un fungo cresce nel silenzio sotto mille papaveri rossi tra le macchine rotte parcheggiate di traverso. E l’uomo zoppo raccoglie le stelle cadute dal cielo li raccoglie di corsa li nasconde dentro il suo sudicio cappello. Sorride si guarda intorno cerca di fuggire dal buio che avanza che si trasforma in un orco in un lupo mannaro. Ed un vento sibilino con mille voci echeggia passando . Vicoli lunghi e budelli ove la carne scivola dentro dove l’uomo con una sola gamba scivola gioioso con un fiasco di vino in mano. E la bella donnina siede dentro un cuore malato racconta al suo gatto dei tanti suoi amori si tocca mostra il suo sesso fumoso e famelico. E forse un angelo dall’ali grandissime con un sorriso che descrive la sua vita la sua età passata la sua vanità. Ed il canto del gatto tra le sue braccia echeggia nell’avvolgere la maglia di lana avvolge la sua generosa sensualità . La sua voglia di vivere vile e fraudolenta libera da ogni impegno e noia esplode in mille storie in mille idee.
Non volevo morie
Hai toccato il mio pelo
Ti avrei portato in vacanza con me
Sono fandonie piccole dicerie
Sei matto da legare
Perché non mi canti una canzoncina
Sono senza voce
Sei tu che spinge il carro dei dannati
Tu mi turbi gatto
Io sono in verità un povero sorcio
Mai udito nulla di simile
Perché non apri la porta
Ho paura di sentire le grida della gente
Hanno rubato il fuoco agli dei
Io Mi sono lavata e messa il pigiama
Tutto poteva essere una vera fiaba una storia a metà
L’ estate scorre fiorisce nelle nostre idee nei nostri pensieri e la stanza era ampia ed una luce celeste entra a fiotti portando seco angeli e demoni portava la confusione ed il caos della metropoli il rombo dei motori . La macchina ferma sul crinale di un monte. in bilico nell’aria una macchina che ha corso per tutta la sua esistenza che ha sterzato e condotto uomini e donne verso sogni e canti macchina dolce , cara madre ti ho attesi per lungo tempo. La macchina aveva una ruota sgonfia soffriva di un male antico la ruggine gli rodeva i suoi ingranaggi Un male che forse aveva un nome la malnutrizione e il dispiacere di stare la ferma in attesa di poter ripartire.
Mondo infame cosi mi aveva trattata lasciata in mezzo ad un parcheggio abusivo tutta sola
Adesso sei circondata da ladri e uomini di colore
Perché non viene ad accendere i mio motore partiremo andremo tanto lontano
Non posso ho moglie e figli
Perché mi dici di volermi bene se poi uccidi il mio sentimento per te
Oltre non posso darti ho poco fiato
Giro questa corda salto e sono con te
Tutto non e perduto come un onda io odo il tuo cuore
Non mi lasciare nuda in riva al mare
Vedrai ripartiremo a folle velocità andremo dove non tramonta mai il sole.
La spiaggia dove si andava a fare il bagno con quella macchina mal ridotta era un luogo paradisiaco era un sogno di una sirena che dorme in riva al mare ove prendono vita dai suoi pensieri una serie di disegni una sorte che eleva la vita verso altre dimensioni e non c’era limiti per comprendere il caso e le lunghe corse fatte sul bagno asciuga dove milioni di bagnanti si azzuffavano per pochi metri di sabbia bagnata dal mare infestato di belle meduse
Uhm fatta a la
Chi se rubato o melone da sotto la sabbia
Giovanni avete visto a Peppino
Mo’ tu mi devi dire tutta a verità sul caso Scognamiglio
Io non so nuotare
Ecco scoperto l’arcano
Il colpevole potrebbe essere chiunque
Certo non è stata la signora che fa il bucato ad inquinare
Il mare questo mare inquinato pieno di liquami una cloaca a cielo aperto
Ieri è morto un gabbiano dopo essersi tuffato tra le onde
Avrà mangiato qualcosa
A rincorso un suo sogno
Avete chiamato Camillo
La banda era in trasferta
Ma che musica stasera
Sembra jazz
All’arenile
Tutti quanti in smoking
Ce Nerone e la sua band
Vedremo di approfondire il caso sembra che ci sia tra loro un noto assassino
E uno spacciatore di piccolo taglio
E no questo fa su serio vendo crack a buon mercato
Ha già fatto tre morti
Uno ieri se venuto a lamentare dal parroco della parrocchia vicina casa mia
Io non tollero ritardi
Ci mettiamo all’opera
Sembra che sia giunta l’ora
La macchina e pronta potete salire
Prego sì accomodi
Io non vengo
Oh perbacco perché mai
Sono incinta
Oh santo patrono donna rimanga a casa
C’è il questore a telefono
Che serata
Tutti pronti
Pronto mi dica
Allora capitano l’arrestiamo a questo corvo
Sara fatto signor questore
Me lo dice da tre mesi
Non si preoccupi e cosa fatta
Ieri il mio autista mi ha riferito che suo figlio ha comprato una bustina di crack a meta prezzo dico capitano a meta prezzo
Sara stato in vena di sconto
Queste minchiate non me le deve dire io voglio i fatti
Non si turbi domani sarà in galera

Ah vastità̀ di pini, rumore d'onde che si frangono, lento gioco di luci, campana solitaria,
crepuscolo che cade nei tuoi occhi, bambola chiocciola terrestre, in te la terra canta!
In te i fiumi cantano e in essi l'anima mia fugge come tu desideri e verso dove tu vorrai. Segnami la mia strada nel tuo arco di speranze e lancerò̀ in delirio il mio stormo di frecce.
Lascerò la scia dei miei sogni sul mare che giace nel palmo di mano di un dio morto da tempo.
E mi muovo verso l’infinito nel soffio di un vento che passa e non guarda in faccia nessuno scorre tra mani scivola nell’estasi di un estate dal ventre che pende nel vuoto della storia .
Perché́ tu mi oda le mie parole a volte si assottigliano
come le orme dei gabbiani sulle spiagge.
Io sono simile all’orme dei suoi passi sono simile al mito che genera il nuovo principio di un vivere che plasma il nostro essere in varie circostanze ne accarezza l’eternità la gioia di vivere una vita senza peccato e le mie illusioni sono soli obliqui sono tramonti sono il limite della mia conoscenza .
Ed anche se ho sbagliato cercato dentro di me una via sicura nella sera sotto le stelle sotto questo cielo colmo di piccole illusioni tra i fuochi fatui della mia adolescenza.
E le vedo lontane le mie parole.
Più̀ che mie esse son tue.
Si arrampicano sul mio vecchio dolore come l'edera.
E non mi do pace come l’èderà io sono il re di un mondo dimenticato sono quell’idea che assale e rimango fermo incredulo di come il dubbio possa essere un barlume di coscienza. Una giostra di cavallucci un ciuccio che raglia una donna che rutta, tutto è l’inizio di una fine forse la moglie è cosi ubriaca d’aver dimenticato dove ebbe inizio quel suo amore. Dove compro il crack per suo marito dopo aver scoperto l’arcano mistero dell’eterna giovinezza
E da ragazzi fumavano erba , cannoni fumosi , bevevano litri di acido lisergico ed avevano quelle gaie illusioni quelle amene visioni di mondi sovrumani . Ed il palazzo ove abitavano era sporco e colorato vi abitavano diverse extraterrestri alcuni emigrati dall’Africa alcuni da Sion altri dall’India. Era una bella casa ove abitavano il loro balcone s’affacciavo davanti al piccolo golfo e si poteva vedere le navi passare. Il mondo a quel tempo era diverso si cantava funicoli funicolari si cantava reginella lo vuol bene al suo re. Ed il mare era calmo a volte piatto forse come un bicchiere di vino si agitava nella pancia di chi lo beveva. Ed era forte e tenero come un fiume che scorre che scivola lento verso la foce. Ed il gabbiano dal becco a punta dalle ali bianche volava libero volava in compagnia dei suoi amici e non fumava erba mangiava pesce qualche alice del paese delle meraviglie, qualche sarda emigrata dai mari del Caspio. Ed il cielo era pulito come i suoi occhi . Ed il golfo era tutto un sogno fatto durante una notte d’amore una notte di passioni di teneri baci e carezze. Chini sul peccato la donna gusci di casa a comprare quella dose di crack per suo marito. Vestita di abiti colorati con un gran cappello in testa dietro grandi occhiali scuri con aria disinvolta cerco tra la gente la all’arenile tra balordi e cantanti tra donne cannone tra un ladro ed uno sfigato c’era lui il mitico spacciatore rideva e si grattava le ascelle si cercava di mimetizzare tra uno stupido sorriso ed una pistola all’ombra di una visione terrificante nel suono si una chitarra nel canto di chi morto da tempo canta le sue pene al mondo intero.
Ubriaca di trementina e di lunghi baci, guido il veliero delle rose, estivo, che volge verso la morte del giorno sottile, posato sulla solida frenesia marina.
Pallido e ormeggiato alla mia acqua famelica incrocio nell'acre odore del clima aperto, ancora vestito di grigio e di suoni amari, e di un cimiero triste di spuma abbandonata.
La vedo correre verso se stessa nel disperato bisogno di comprare quella dose di felicita per il suo uomo che dorme e si dispera nel talamo sporco di sperma nell’odore dei corpi nella notte che avvolge una leggenda una storia d’amore e di tenebre.

*

L’Abito Di Natale

L'ABITO DI NATALE

 

DI DOMENICO DE FERRARO

 

Oltre ogni bene , oltre ogni dire che s'arrampica nell'impossibile  discorre con il tempo , in quel conoscere se stessi ed il proprio  essere , lottando contro un avere che conserva in se ogni dolore ed ogni perché, l'attimo apologetico nella sua forma viscerale che decresce scemando in un lungo viaggio che conduce, se stessi verso l'ignoto. Oltre ,in giorni che si coniugano ,si sommano in quel senso intimo che induce a pensare cosa è la vita? cosa è l'amore ?questo gioco di forme erranti che oltrepassano il credo, la mesta amicizia. Oltre, ogni tentativo che ci porta a comprendere le nostre incapacità le nostre paure amorfe che si formano nel nostro cervello in immagini equivoche ,espressioni, perdute in idiomi ippocratici . Oltre questa soglia, spazio, tempo ove viviamo ed errando andiamo insieme contro la morte di un era in  una individualità che lasci intravedere quel male che corre in macchina  contro un concetto angusto ,contro ogni destino.

 

Avrei  voluto cambiare abito , saper  suonare la  grancassa ,lo violino avrei  fatto ò fesso attaccato alla funicella me fosse ubriacato di tanti suoni , di tanti aforismi avesse fatte finta di credere, di vivere rassegnate dentro na gaiola come un auculluccio avrei sbattuto l'ali avrei  cantato un altra canzonetta . Tiempo passa, brucia a vita disperazione ,sole e scarpe vecchie , maleparole, briganti, ciucci che volano cielo, castelli incantati, poi ò mare ,ed ancora ò mare con l'addore de limone cuorpo.

 

 

Rassegnato rimango con l'acqua alla gola ,annego in un mare di sogni , cercando di emergere da questo male che m'assedia, che mi stringe il cuore ,mi fa piangere , ridere , credere che ci sia una speranza che avanza in mezzo ad un caos senza fine, forme, strane, incapace d'intendere e volere, di rendere bella questa frivola  favola.

 

Ci steve una volta una povera vecchia che tenere tre figli nù bello iorno la morte bussò  alla porta soia la vecchia l'apri e ci dicette : trase , trase che te vuò piglià ?  una tazza di caffè,  nù poco di rosolio , una spremuta d'arancia , nà zeppola ,un strufolillo  , nù poco di pizza con la scarola,  no ? Allora , fa ampresse ,pigliate stà vita portame lontano , addò si sta meglio. Però primo che moro , voglio vedè  i figli mei.

Fa pure dicette  a morte vestita da fattucchiera con un cuppolone in testa , nù miezzo sigaro in mezzo alle dita, nù dente che ci traballavo in bocca e nù volevo cadè.  La vecchia  si chiamava Luigina , stesa  dentro allo letto suo chiamò lo primo figlio gli dicette : Vincenzino tu che sei il più grande pigliate questa casa che tanta bella che per farla io e quella buonanima di tuo padre abbiamo, tanto faticato dalla  mattina alla  sera , fino a  romperci la schiena .

Lo primo figlio gli baciò le mani e gli dicette : mamma grazie , come site bella.

Poi luigina chiamò lo secondo figlio gli dicette : Michelino tu che sempre sei stato un grande studioso, pigliate chesta borsa chiena di denari , risparmi di tutta una vita fatti io e tu padre e vatti piglia una laurea , fa onore allo cognome che porti. Lo secondo figlio soddisfatto baciò la mamma e gli dissi addio. La vecchia infine chiamò l'ultimo suo figlio lo terzo di nome  Carlo. Carluccio ò battilocchio per tutti ,  tu che sei ò chiù piccirillo dei mie tre figli , fatti chiù vicino a me , a  te ti  lasso queste paio di  vecchie scarpe che vedrai ti porteranno  assai lontano , poi ti lascio questo ago che vedrai ti sarà  assai utile. Ora và non avere paura. Mamma , dicette  lo terzo figlio ma che me lasse nù paio di scarpe vecchie ed un ago e che me ne faccio , se non sò neppure cucire , ma la vecchia rimase muta ,chiuse gli occhi ed abbracciò la morte che l'aspettava impaziente ,che la portò assai lontano in un altra terra , in un altra vita .

 

Lo primo figlio alla morte della mamma subito dopo lo funerale ,  le esequie  ecclesiali , dopo ed averla  atterrata allo camposanto sopra allo colle dello sciancato, vicino ad una vecchia quercia , monca  di diversi rami e dalle fitte foglie gialle. Giunto a casa la prima cosa che fece fù  scacciare  di casa i suoi due fratelli ,dicendo : pigliatevi la  vostra roba  , chesta è casa mia.  Accussi i due fratelli poveretti, uscirono di casa mogi, mogi e subito dopo vi entrò l'amante dello primo fratello assieme alla sua famiglia , sotto la pioggia, con un grappolo alla gola lo secondo fratello raccolse la sua roba e nascosto bene i suoi denari,  salutò il terzo fratello e andò per la sua strada, che l'avrebbe condotto ad una grande università dove sarebbe diventato tanti anni dopo uno stimato professore.

 

 

Lo terzo fratello Carluccio detto ò battilocchio  in primo tempo si disperò assai ,voleva entrare in casa , riempire di schiaffi quel degenerato del suo primo fratello, poi una voce gli sussurrò alla coscienza,  Carluccio lascia stare che puoi passare un serio guaio.  Mettiti in cammino siete a mamma toia non aver paura. Così Carluccio dopo aver messo ai piedi i vecchi scarponi  incominciò a camminare dentro la polvere , sopra i sassi e più camminava e più andava veloce , tanto veloce che in poco tempo giunse in una terra ove tutti gli uomini erano piccoli e gialli.

 

In quella terra cosi grande,  verde , rossa, bella, fertile attraversata da un grande fiume dalla forma di un drago,  Carluccio conobbe un vecchio saggio che gli diede un tetto sopra la testa ed una scodella di riso. I primi due giorni Carlo non fece nulla,  ma grato dell'ospitalità voleva ricambiare il favore e la cortesia  cosi la moglie del vecchio saggio disse a Carluccio : Giuvinotto io ho visto casualmente dentro allo zaino  vostro  un bell'ago lungo ,lungo , io tenesse nù vestito assai massiccio che non riesco rattoppare , mi farebbe  questo piacere d'aggiustarmelo voi ? Carluccio subito rispose a disposizione ,datemelo  che vedo cosa posso fare. La moglie del vecchio saggio che rideva  sempre ed era sempre assai allegra  , gli portò  la veste. Carluccio avutolo prese l'ago e del filo ed in poco tempo lo riparò , l'aggiustò,  l'allungò , lo rese tanto bello , ma cosi bello che la vecchia rimase a bocca aperta per la meraviglia .

 

Fattolo vedere a tutte le sue amiche al calzolaio, al fruttivendolo , al pecoraro, alla signora Bettina  che non si fa mai i fatti suoi, Carluccio conquistò  la fama di un bravo sarto , cosi in poco tempo , si trovò ad aggiustare abiti e maglie, calzoni ed impermeabili, cappotti e coperte e con quel suo  magico ago lungo e fino riparò ed abbellì ogni cosa in poco tempo. La gente rimaneva cosi felici da far salti di gioia , la bravura corse di bocca in bocca ed arrivò anche fino all'orecchio della regina di quelle terre lontane e fertili ove vi scorre quel  lungo fiume detto giallo.

 

 

La regina mandò le sue guardie alla capanna di Carluccio che intanto pieno di lavoro da fare con  abiti d'ogni taglia che gli uscivano  dalla finestra e dal piccolo camino accettò di seguire le guardie ed andò al palazzo della regina. Quest 'ultima  sempre malata  causa una malattia sconosciuta ,aveva una figlia cosi bella , ma cosi bella che chiunque  posava gli occhi  su di lei s'innamorava al primo sguardo , bella tanto bella che la regina volle mettere alla prova il piccolo sarto di nome Carluccio.

Se farai per me ,  mia figlia in una sola notte e per tutto il mio popolo un abito ad ognuno  cosi bello ed unico capace di farci diventare tutti sani  e belli  io ti farò  sposare mia figlia la principessa Rosa spina.

Va bene disse Carluccio datemi la stoffa e filo strass e merletti  ci vedremo domani mattina all'alba,  al canto dello gallo,  allo scoccare delle lancette del grande orologio io vi farò  trovare gli abiti confezionati.

 

 

Lasciato solo con tutto il materiale richiesto Carluccio si mise subito a lavoro taglia ,cuci , ripara , impreziosì, con merletti, anellini, perline che giunse l'alba con la sua rabbia con tanta roba sul groppone che diede un calcio al povero gallo dormiglione che saltò sul trespolo e cantò la sua canzone del mattino . Le lancette scoccarono alle note del gallo , la regina e la sua bella figlia con tutti i cortigiani aprirono la porta ove avevano rinchiuso Carluccio. Lo trovarono tra migliaia d'abiti ricamati. Lucenti come stelle, luccicanti come lucciole , belli , vari , colorati.

Tutti esclamarono oh che belli a me , a me, ma la regina disse fermi tutti dove sono i nostri abiti , quello mio e di mia figlia. Allora Carluccio tirò fuori da un sacco due abiti bellissimi, luccicanti , meravigliosi cosi leggeri ma cosi caldi che t'avvolgevano come in un sogno. Eccoli mia regina prego indossateli. E la regina e sua figlia indossarono quei bei abiti e subito furono presi da una strana sensazione , una strana gioia , un senso di felicità, ed i loro cuori si riempirono di gioia, e l'amore scoccò all'intrasatte tra la figlia della regina e Carluccio mentre la regina cosi bella che non era stata mai,  fu acclamata dal suo popolo , ben vestito come grande benefattrice ed il re saputo la notizia , incurante d' averla  abbandonata  ad un triste destino quella sua consorte malaticcia , corse di nuovo al palazzo reale e volle ad ogni costo riabbracciare la sua consorte.

 

 

Nove mesi dopo Carluccio divenne padre e principe nelle vesti di grande imprenditore mise su una grande fabbrica d'abiti e scarpe , vestì  mezzo mondo alla moda del suo tempo, la sua firma apparve su ogni abito e in ogni cuore giunse la pace cercata. Regnò a lungo a tal punto d'essere osannato come padre della patria facendo diventare tutti ricchi , quei piccoli uomini gialli che ognuno di quei sudditi s'apri un negozio d'abbigliamento in ogni città,  piccola o grande  dell'Europa e delle Americhe. Mai venne pubblicato una biografia di quel principe illuminato così  nessun,  seppe mai chi era prima Carluccio nè da dove venisse , dei  due vecchi scarponi e del suo  lungo  magico ago , che volle  alla sua morte fossero dati al suo primogenito  così che la sua storia,  continuasse per altre  generazioni future . Carluccio ebbe nove figli , tutti belli , sani che sapevano ben vestire, il ricordo di chi fosse stato un tempo bussava sempre alla sua coscienza ed il ricordo di quella  casa dove nacque , non lo abbandonò  mai , il pensiero a volte lo spingeva a viaggiare per quei luoghi , la curiosità un giorno lo spinse , da quelle parti cosi rivide il suo primo fratello, ridotto assai male  sgobbare come un somaro sotto la frusta della sua moglie megera. Poi volle vedere il suo secondo fratello che lo trovò tanto perbene,  che fece cucire tanti abiti per lui , con dentro nascoste tante monete d'argento. Mentre il cielo divenne chiaro ed il sole riscaldava con i suoi raggi la terra in cui era divenuto ricco. Il goffo gallo cantò di nuovo per annunziare la fine di questa lieta storia e l'inizio di un nuovo anno, d'una nuova era , fatta di bei abiti da indossare che avrebbero guarito da ogni tristezza l'intero genere umano.

*

Lo Cunto Dell’Orco


LO CUNTO DELL'ORCO


La vita ha un suo percorso sulla scia di un racconto noi possiamo conoscere chi siamo dove nascemmo .Un momento personale, dove ogni cosa funge da deterrente per conoscere l'origine ed in modo particolare chi siamo. Esiste un interrogativo, un succedersi di storie, momenti legati ad un utopia ecclesiale ove la coscienza si riconosce e inevitabilmente ricostruisce un suo legittimo percorso.

Certo non tutte le patate vengono ben cotte, c'e in noi una virtù che non ha uguali, un mistero profondo che conduce a incerti lidi e immense sedimentarie ,rivalutazione di un sistema apolitico e commerciale.

Tutto quello che noi immaginiamo, quello che professiamo essere un beneficio, uno scopo che conduce ad una certa verità , rivive nel concetto come un fatto certo.
Perseguire questa sostanza, rendere inaccettabile il proprio credo per molti versi in grado di comprendere ogni nostra pia illusione , volto della misericordia, immagine redenta che campeggia nella nostra vita. Tutto lascia presagire, immani catastrofe , regni malvagi , grandi catastrofe che richiamano l'uomo verso nuove etiche. Intuizioni, ineguagliabili, ragionamenti che hanno il sapore delle castagne, la forza del lupo, la grande astuzia della volpe.

Un mondo utopico , dove ogni individuo ha per sua fortuna un traguardo da raggiungere , una fenomenica illusione da costruire, esaminare un chierico motivo logico un senso sconosciuto ai più che conduce a quella voluttà esente da richieste esattoriali.

Ma procediamo con passo certo con mente lucida, legato ai tanti slanci ed inconsapevoli trasgressioni sessuali l'origine di questa verità che non preclude nessuna crisi mistica.

Scacciamo l'accida , stringiamo la zizzinella, lo cunto piglia pede , la gente si ritira a casa, sentenne questa storia. C'era una volta un orco gentile , ma tanto gentile che si squagliava lo core quando passava miezzo alla folla era un uorco peloso assai , sulagna , miezzo sgacinato , bocca storta, l'uocchio a trichebalacca, scorreggiava ad ogni passo, si smerziave , aizzava la coscia e per incanto faceva accumparire un forziere pieno di gioielli, argento, oro, smeraldi, rubini , diamanti. Chi lo conosceva , gli andava incontro strofinandosi addosso per fargli aizzare la coscia e scorreggiare a più non posso. Puzza non si sentiva, cumuli di pietre preziose apparivano per incanto. Scoperto cosa provocava l'incantesimo in poco tempo parecchi diventarono ricchi assai. L'uorco teneve lo core buono e non diceva a nisciuno : vattene che non te voglio accarezzare per non fare peti in quantità di ogni genere e natura corporale che diventavano gioielli , monete, di gran valore. La voce si sparse , giunse in ogni luogo ed ogni reame, contea , stato i poveri e gli infermi si misero in viaggio alla volta della dimora dell'orco. Ma quando si tira troppo la corda, questa finisce per spezzarsi ,la pacienza ingrassa e sazia ma non è una virtù di molti. Così un bel giorno all'uorco si arrubbarono l'unico cazone che aveva lasciandolo in mutande con un foro al centro , rimanentte accusi stricchi , stracche e culo rutto , chiatte, russo, comme un melone, accucchiaie tre o quattro parole, alluccaia ai quattro venti la sua rabbia smisurata contro gli uomini e contro il fato che l'aveva reso schiavo di tal prodigio . Preso senno del fatto , allo primo uomo che s'avvicinai vicino gli disse con modo assai garbati e gentile saporiti come un gelato al pistacchio : da oggi in poi chi me tocca more accise. Ma la gente non c'e credeva , continuava a venire a frotte da Feroleto , da Treponti da Squillace da Bologna, per strofinarsi come gatte morte vicino alle sue cosce , solleticandolo lo pene per udire lo dolce peto, che l'avrebbe resi ricchi e chiatte alla faccia di chi li voleva male.

I muorte in poco tempo furono assai se ne contavano a migliaia, diecimila , centomila morti, arsi vivi dalle fiamme sulfurei dei peti dell'orco. Non bastarono litri di camomilla ,chili di bimixin per calmarlo. L'orco toccava a tutti e tutti morivano all'istante senza neppure dire: Madonna mia aiutami tu . Dopo tanti morti, feriti a migliaia dopo tanti succhia minchia , vase , pizzichi, l'orco, divento bello e buono, gallina poi pulcino infine uovo. Così lo detto meglio una gallina oggi che un uovo domani , trovai la sua sostanza e la sua creanza in quella logica che conduce al vero e fa di una favola la morale dei giusti. La vittoria di chi è sfruttato per fini illeciti che non hanno ideali ma sono il triste gioco di un crudele destino che arricchisce i furbi e gli incapaci , chi già possiede per nome e casato, ricchezze materiali che lo fanno essere padrone con la roba altrui senza dare nulla in cambio. Senza dialogo e comprensione non si costruisce futuro , chi sfrutta chi è buono ha vita assai breve , poiché la sua stessa cattiveria si ritorce sempre in ogni dove in ultimo, contro lui medesimo.

 

 

 

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L’orco e La Gallina



L’ORCO E LA GALLINA

Seguendo le ragioni del cuore ,che batte forte in petto , le passioni fioriscono, solinghe , scivolano dentro di noi si trasformano in fiori d’inestimabile bellezza, in giochi di luci , illuminare che addobbano le strade ed i vicoli della vecchia città , pensante sui morti colli , affacciata sul mare. Un battito d’ali ,una piccola emozione appiccicata sotto il cielo cinereo , che a sera si riempie di stelle. Pazze pagine, scritte in piazza , mentre passa questa lunga processione con in testa lo stanco santo , santità che s’insinua dentro lo spirito , bevendo vino da solo sotto questo sole, in questo angolo perduto ,in questo amore dalle mille facce.

Pensando , ascoltando il cuore , cedere a mille lusinghe a giorni che passano lenti ed irregolari , convergenti in antichi deliri ,in giochi di ombre che trascinano con sè vecchie leggende, s'ode un orco urlare contro il cielo il suo dolore, la sua invincibile forza, l’odio l’assale, tutti fuggono, l’urlo dell’orco si spande nell’eco , corre lungo la valle, tra i boschi impenetrabili ad ogni altra voce , ad ogni altro richiamo ,fuggiasco tra le fitte frasche al riparo da occhi indiscreti si rifugge esule, incompreso da ogni altro essere la sua triste figura. .

Un orco speciale che sa cucinare tante prelibatezze ,un cuoco sopraffino che conosce mille ricette, mille impasti che sa fare la pizza con le scarole , la pizza con i pomodorini dello piennolo del Vesuvio , i scialatielli con il ragù e cozze , uova farcite , lattuga , ciliegie ,percoche bagnate nel vino . Torte e pasticcini ,taralli e tarallucci , ogni cosa che delizia il palato egli coltiva nel suo macabro orto , diviene una zuppa saporita che non te la dimentichi mai più.

L’Orco teneva nel suo pollaio una bella gallinella si chiamava Giuseppina , costei faceva uova appresso, appresso, sembrava una catena di montaggio , le sfornava ad ogni ora del giorno, rosse, bianche , uova grossa quante un pugno di mano , chiene, chiene , belle a vedersi che ti facevano consolare. La gallinella era una malandrina ,teneva per innamorato una lestofante faina , ogni sera gli regalava tre ,quattro uova da lei fatte, fresche ,fresche calde , calde la faina era felice assai di Giuseppina e non permetteva a nessun altro animale che s’ avvicinasse al pollaio della sua prolifica amata.
L’ Orco sapeva ogni cosa della tresca amorosa , ma chiudeva un occhio per il buon vivere poiché sapeva bene che: gallina innamorata fa uova a quantità. A volte la spiava nei momenti d'intimità , l'osservava sbaciucchiarsi con la faina , far mille moine , ridere, correre , felice per dentro al pollaio inseguita dall' infoiata faina con i calzoni calati , che cercava ad ogni costo di possederla , di mangiucchiargli il collo , tirargli un po’ le penne , leccargli la cresta che pendula gli calava sull’occhio sinistro .

Erano quelli momenti d' immensa felicita , l'orco era assai contento e non faceva altro che rallegrarsi di quella sua pollastrella che aveva allevato con tanta cura ed affetto .

Passa lo tiempo e la gallina si fece inspiegabilmente sempre chiù secca è più secca si faceva , quasi pelle ed ossa , meno uova produceva , giunse cosi ad essere quasi scheletrica, impresentabile ,brutta a tal punto da essere lasciata dal suo amato , il famelico faina . Rimanette sola , sola dentro il pollaio , allontanata da tutte l’ altre galline , neppure il gallo che non si faceva mai scrupolo nel pizzicare da vecchio dongiovanni la capa di qualche giovincella gallinella , non ne volle più sapere , d’avere d’avanti quella vecchia , secca, sbilenca gallina.

Accossì passarono tre anni , la gallina si fece sempre più vecchia . L'orco in una bella mattina di sole che colorava l’aria di soffusi ,splenditi colori e metteva dentro al cuore tanta gioia, tanto calore , la chiamò a se pigolando . Spargendo tanto graurignolo , dicendogli vieni , vieni gallinella che ti voglio accarezzare , gallinella , gallinella poverella , pigliatela questo grano che ti voglio fare reginella . La gallina prima spaventata , poi incuriosita mosse o cuollo a ca’ a là poi muovendo la coda bianca al passo di danza , facendo coccodè , coccodè , quante e buono lo graurignolo , quanto è bravo lo mio padrone , s’avvicinai chiano , chiano con due occhi fuori all’orbita . In quel mentre tutto un tratto l’orco lesto l’afferrò per lo collo e tirò ,tirò con forza che la vecchia gallinella che aveva fatto, tante uova ma proprie tante e tante da riempire una stalla, ed un capanno , ci rimise le penne , senza poter neppure dire Madonna mia , ma che succede.

L’orco la spennò con molta cura gli tirò una penna alla volta gli estrasse dallo pertuso del deretano le membra fradice e ci fecette un bel brodo con dentro tante zucchine , carote e patatine, che si sentì l’ odore tanto invitante , delizioso , un profumo così intenso che giunse alle narici del re in persona. Quest’ultimo assaggiatolo dopo tanta insistenza la deliziosa pietanza volle ad ogni costo l’orco diventasse il suo cuoco personale e per ripagargli il suo servizio gli diede in sposa la sua unica figliola . Guendalina affetta da una strana malattia ipocondriaca che guarì tutto d’un botto , stando insieme all’orco, mise al mondo tre figlioli. Tali e quali al loro babbo orco , di sangue reale divennero grandi ,verdi , pelosi assai che facevano tanto terrore a chiunque li vedesse che finirono per conquistare lo mondo intero ed anche il senso di questa breve storia dell’orco e della povera gallinella.

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Pagine Guerriere Al Sole Di Giugno

PAGINE GUERRIERE AL SOLE DI GIUGNO



Un altra estate ad un passo dalla felicità , lentamente matura il nostro modo di pensare , di raccontare, di rapirti in un estasi, in un silenzio. Mezzi sorrisi solcanti il pallido viso ,un altro giorno, un altro traguardo ,altri momenti tutti uniti in una ricerca disperata che non volge mai ad una certa conclusione . Tutto potrebbe sembrare insignificante , l'amore come la morte la vita ,come i tuoi occhi la tua voglia di vivere. Un buco nero dove vengono risucchiati ogni dolore , ogni sconfitta , dove vengono risucchiati milioni di corpi in decomposizione che attraversano altre dimensioni si scompongono in mille particelle in una genealogia della morale ellenica in un reflusso gastro esofageo. Un tropismo letterario che non verrà mai preso in seria considerazione , un concetto che tiene nascosto il suo segreto, la sua causa in se. Riprendere il cammino attraverso la via lattea ,guardare in faccia l'amico, il compagno di mille avventure. Un altra estate senza una giusta prerogativa, da passare da solo in spiaggia a piangere sulla cattiva sorte sulla palla non finita mai in rete , sulle disgrazie di Giovannino . Emigrare in atri intendimenti in conclusioni affrettate che non hanno senso ma che tengono nascoste in se mille e mille significati diversi. Notte d'estate ,dolcezza infinite . Rete , un altra vittoria, un altro incontro. “Quante cose hai compreso? Quante ne hai lasciate senza alcuna soluzione.” Quel missile finito nell'occhio della luna ,quello strano omino verde ubriaco nel locale della settima strada che continuava a sbeffeggiare chiunque incontrasse ,fino a quando non venne il poliziotto travestito da donna e lo porto al distretto con l'accusa di molestia . Cosa serve far capire l'inverso al barman ,vagli a spiegare al signor autista, al signor giudice cosa significa vivere per strada senza un soldo ,senza una certezza, senza una identità. Essere uno qualunque alto un metro e mezzo che non sa da che parte stare, tra uno stato inesistente e uno stato di cose intollerabile ,tante domande ,tante risposte. Poi passeggiare per tutto il giorno , lungo un interminabile spiaggia ragionando sui tanti guai, sul perché che ti opprime ti rende amaro quel boccone di pane raffermo , masticato all'ombra di un albero. Come te in tanti una fila interminabile , dietro di te persone uguali , qualcuno anche un po' peggio . Forse in quel bar ,forse quell'incontro con un perfetto sconosciuto con quella sua aria di altolocato , di signore all'antica. Forse tutto ciò l’ammetto è incomprensibile , come quel giorno, altri giorni passati al bar a parlare con gli amici delle proprie conquiste amorose , dei viaggi , dell'amore. Oh si dell'amore che ti fa battere il cuore, ti rende libero, un uomo al di sopra di ogni sospetto, di ogni inganno, di ogni illusione. Bello tanto bello , come il cielo e le sue nuvole , come il canto del capro , come questo mondo non mio né tuo. “E tu mi criticavi mi dicevi : amico lascia stare questa maledetta poesia ti farà uscire fuori di senno, ti farà perdere ogni dignità” . E io non sapevo cosa rispondergli , ero recluso dentro a quel verso, sicuro che la svolta non sarebbe tardata a venire. Certo la città, la banda del vicolo. In molti ci hanno provati a creare una perfetta orazione in pochi sono giunti a cena da Cesare . Apollo sugli spalti dello stadio .” Maledizione la macchina non va debbo andarci a piedi “ Cerco di stare calmo , di pensare a quello che dico e faccio. Salire sopra quel colle , sopra quel teschio insieme ai miei tanti dubbi. Ed il vecchio mi continuava a ripetere di non farlo. Di non bere troppo, avrei finito per ubriacarmi. Barcollo, afferro il mio destino nel meriggio ,le navi solcano il mare con a bordo tanti marinai .Vengono da lontani pianeti da dimensioni sconosciuti parlano lingue diverse quasi incomprensibili. Visi uguali ,sfregiati, mutilati. Non prendere in giro la donna con una pancia enorme, innamorata dell'ortolano . Un dramma .
Un metro, ,due metri una cassa da morto in mezzo ad un prato. Una lapide colorata con su scritto : Fatevi i fatti vostri. Un fosso, una storia , una passione iniziata da piccolo, scrivere versi in minuti taccuini , insieme ad appunti scolastici mentre la maestra spiega chi era Dante Alighieri o le cause che portarono alla seconda guerra mondiale . In quell'aula insieme al mio compagno di banco si provava a capire il mondo dei grandi , cosa avremmo fatto una volta divenuti come loro. Difficile, così difficile, diventare grande, bagnarsi i piedi e crescere diventare alti ,più alto di mio padre , avere la testa perennemente tra le nuvole, con quella espressione di demente dipinta sul volto ,mentre il mondo continua a rubare , continua ad essere quello che è sempre stato. Ed il professore d'inglese una volta c'è la mise tutta a spiegarci perché dovevamo studiare ,impegnarci . Perché il sindaco era finito in galera ed il maresciallo dei carabinieri dopo la pensione era divenuto il comandante dei vigili urbani della nostra città. E Mariolina diveniva sempre più bella ed io gli facevo una corte spietata, ma per quanto tempo impiegai non riuscì mai ad avere un appuntamento da lei . Questa spiaggia ,il rumore del mare la città vista da lontana , questa estate. Diversa dagli anni passati. Un canotto. Tante voci. La coppa dei campioni. I mondiali del Brasile. Renzo e Lucia. Questo andare e venire delle onde insieme ai venditori ambulanti , insieme a te sotto un altro ombrellone .Apro le porte del mio inconscio e ne descrivo il tormento, pagina dopo pagina al sole di giugno.

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Piccolo Miracolo Di Natale

PICCOLO MIRACOLO DÌ NATALE

Il freddo inverno bussa forte alle porte di ogni casa che incontra ,facendo udire il suo lugubre lamento ,il trascinare delle sue catene. Attraverso pianure deserte gelando ogni cosa ,scalando montagne altissime piene di neve ove infuriano i venti e danzano gli spiriti delle terre del nord. Spettri che giungono silenziosi fino alle porte delle tristi città portando gioia e dolori , ,sorrisi , tramutando ogni luogo un tempo sfiorato dal tiepido sole primaverile. Giuseppina era una bambina dai lunghi capelli biondi che gli scendevano come una cascata sulle fragili spalle dai grandi occhioni celesti come il mare . Giuseppina detta Giusy non ha mai conosciuto il suo papà, morto tragicamente quando ella era piccola , cresciuta con la mamma che lavorava ai mercati generali come contabile , in una diroccata casa al secondo piano di una fatiscente palazzina a tre piani in un vicolo lungo e storto . Una mattina di fine dicembre Giuseppina pur essendo l’ultimo giorno di scuola non aveva nessuna intenzione d’andare a scuola , inventò a tal proposito mille scuse alla sua mamma per non andarci dicendo : mi fa male la pancia , oggi non mi sento assai bene , non ho neppure finito di fare i compiti , mamma posso rimanere qui a casa, ti prometto che sarò buona e non combinerò pasticci. Va bene Giusy mi raccomando però , non aprire la porta a nessun sconosciuto , fai i compiti ci vediamo stasera , vieni qui dammi un bacio . Oh mamma rispose lei ,affrettandosi a correre incontro baciandola . Ti voglio tanto bene. La mamma di lì a poco andò a lavoro lasciando Giusy da sola a casa. La neve coprì ogni cosa di bianco , un grigio coniglio sbucò fuori dalla boscaglia , sorridendo , sventolando le sue enormi orecchie corse lesto sul manto di neve lasciando fragili tracce lungo il sentiero. Un netturbino mezzo ubriaco svuotava i cassonetti ricolmi d’immondizia, mentre un arzillo vecchietto se ne andava passeggiando con il suo cagnolino per strada con indosso il suo grande cappotto abbottonato fino al collo. Mancavano pochi giorni al santo natale le strade erano addobbate a festa si vedevano tanti negozi pieni d’ogni leccornia . Molti dicono che questi sono giorni particolari la magia della natura prende il sopravvento , trasformando ogni male in bene e viceversa . Basta poco per scoprire questo magico evento , basta chiudere gli occhi dolcemente e lasciarsi condurre dall’ immaginazione nel mondo della fantasia. Giusy aveva un gran freddo quella mattina cosi tornò a letto e infilatosi sotto due o tre coperte al calduccio chiuse gli occhi per continuare a dormire , in questo suo dormiveglia vide apparire un ombra sottile scivolare tra le pieghe del tempo, venire avanti farsi sempre più visibile. La vide scendere dolcemente dalle nuvole, un ombra quasi oscura che prendeva la forma di un strano essere cosa che le fece assai paura , ma nel qual tempo si sentiva terribilmente attratta a scoprire cosa fosse quella strana ombra. Intimorita Giusy ma per nulla spaventata chiuse ancora di più gli occhi e s’infilò ancora più sotto le coperte . L’ombra apparve per poi scomparire sui muri delle case , lesta la vide correre sui tetti camminare in bilico sulle tettoie con un gran sacco nero sulle spalle . Girandosi furtivo , s’infilò lungo i comignoli guardandosi attorno guardinga, ivi scendere furtiva dentro. Giusy voleva gridargli Chi sei ? ma non aveva ne forza, ne voce, per farlo si sentiva inerme ,pronta ad essere chi sa, mangiata anch’ella da quella brutta ombra apparsa improvvisamente tra i suoi sogni. Giusy in quei istanti avrebbe voluto la sua mamma ed il suo papà vicino ,ma ella non aveva un papà come tutti i bambini di questo mondo, si sentì cosi indifesa in preda ad uno strano fenomeno .Avrebbe voluto scappare , uscire fuori dal letto,chiedere aiuto ma si sentiva sola , pietrificata dalla paura. Poi provò a guardare meglio quell’ombra che la terrorizzata è vide che aveva una precisa forma , era una figura d’un uomo grande , robusto con un rosso berretto in testa . Non riusciva però a vedere il viso, così pensò subito ad un mostro orribile che voleva mangiarla in un sol boccone. L’uomo di spalle grande , grosso era vestito tutto di bianco e rosso ed aveva un enorme sacco sulle spalle . Camminava sui tetti, illuminati lievemente dalla luna che faceva capolino dietro le nubi. Si calava lungo i camini , scendeva , scendeva fin giù per poi ritornare su tutto allegro con il suo sacco un po’ più sgonfio. Giusy pensò: forse è un mostro che mangia bambini , non voglio morire , ti prego madonnina abbi pietà di me sono così giovane . Oh se ci fosse qui la mia mamma o il mio papà gli darebbe un sacco di legnate a quell’ orribile mostro. Tutto ad un tratto sentì un rumore nella sua stanza , pensò sarà un colpo di vento o il gatto della vicina che rincorre qualche topo malandrino. Non aveva il coraggio di cacciare fuori la testa da sotto le coperte così intimorita , sudava freddo la poverina. Senti così un altro rumore questa volta un tintinnio di campanelli che emetteva una dolce , soave melodia. Giusy voleva gridare ma non ebbe ne il coraggio ne la forza per farlo . Mezza morta dalla paura ,senti una leggera , calda carezza sfiorarle i lunghi soffici capelli biondi ed un senso di pace l’invase in un istante un bene profondo le sollevò subito il suo morale ed un ricordo felice la conquistò ,impadronendosi di lei . Così tutto ad un tratto non ebbe più paura ed ebbe anche il coraggio di uscire fuori da sotto le coperte , quasi gridando disse :chi sei ? per favore non farmi del male. Poi di nuovo impaurita rimase nascosta ancora sotto le coperte . Nel buio udii una voce amica rispondergli non aver paura , non ti faccio del male . Esci pure fuori da lì sotto , non hai niente da temere. Va bene io esco , ma tu fai il bravo e non mangiarmi in un sol boccone. AhAhAhAh rise il gigante vestito di rosso. Hai paura che ti mangio , io non mangio i bambini . Loro sono miei amici .Sono qui per sapere cosa desideri. Cosa desidero? Rispose Giusy. Si quali doni desideri per questo santo natale? Io non so.. disse Giusy un po’ turbata .Posso uscir da sotto le coperte mi prometti che non mi farai nulla di male? Promesso esci pure . Così nel sbucare da sotto le coperte ,vide davanti a sé un grande omone dal viso roseo con una folta barba bianca un sorriso beato stampato sulle labbra . So che quest’anno sei stata particolarmente buona ,hai aiutato la mamma nei lavori di casa , ti sei comportata assai bene con tutti. Qualche bugia mi dicono i miei folletti l’hai detta ,ma non c’è nulla di male in questo sé dette a fin di bene. Beh io … disse Giusy. Va bene non preoccuparti disse l’omone non devi scusarti ,anch’io da piccolo ho detto qualche bugia per salvarmi dalle birichinate che combinavo. Ma tu chi sei? Disse Giusy fissando negli occhi l’omone Beh questo lo dovresti sapere, senza che io ti dica altro.Lo dovresti sentire nel tuo cuore chi sono . Sentire dentro di me , rispose Giusy meravigliata.Possibile che ti sei dimenticata di me mia piccola Giusy . Come sé in un lampo si fossero sciolti ogni dubbio Giusy gridò : Non può essere ,come posso dimenticarmi di te come avrei potuto, e piangendo scese di fretta dal letto scalza corse a braccia aperte verso il grande omone vestito di rosso . Tu sei il mio papà ..e piangendo continuava a ripetere il mio papà Si che lo sono disse l’omone abbracciandola forte a sé la bacio sulla fronte le accarezzò i suoi lunghi capelli biondi . Poi la tenne stretta a sé sul suo petto come faceva quand’era piccolina. Intanto la neve continuava a fioccare ed il freddo divenne intenso . In quell’intenso particolare momento la mamma di Giusy ritornò da lavoro, apri la porta di casa lentamente ed una luce immensa quasi l’accecò ,quando riuscì a vedere ogni cosa chiaramente vide la sua bimba felice con tanti regali . Cosi ,assai meravigliata le chiese chi gli aveva dato così tanti giocattoli . Giusy rispose Mamma guarda quanti doni me li ha portati papà ,era vestito di rosso ed aveva una lunga barba bianca .Tra i tanti doni c’era anche un sacchetto pieno di pietre preziose per lei , un grosso anello con rubino , una collana di diamanti , un pizzico di speranza un po’ di felicità , tante perle colorate, ed un assegno con tanti zeri . La mamma non ebbe il coraggio di chiedere ulteriori spiegazioni. Continuò ad abbracciare la sua bambina , una lacrima gli corse lungo il viso e tra le ombre della sera le sembrò vedere quello strano omone vestito di rosso cosi simile al suo defunto marito ,sorridergli per un attimo e dirgli sussurrando Buon Natale amore mio.

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La leggenda Del Santo Uovo

 PARABOLA  DELL’UOVO PASQUALE

 

 In una grigia  giornata di fine marzo illuminata a sprazzi  da un sole fuggiasco , nell’inizio della gaia  primavera  quando gli alberi secchi incominciano a colorarsi di rosa e di bianco  ,dopo aver visto  tante disgrazie   accadere sulla terra  guerre e carestie  , violenze  d’ogni genere . Stanchi di vedere  trionfare il male sul bene  alcuni angeli  corsero   a riferire al Signore  della terra  e del cielo, della vita e della morte   di ciò che  accadeva laggiù su quel piccolo  pianeta  chiamato Terra .Signore,  là giù su quel pianeta, uno degli  ultimi  anelli della vostra creazione  s’ ammazzano a vicenda , rubano e imbrogliano , copulano  e gozzovigliano  ,chi è più forte ed ha il potere  ingrassa , diventa sempre più ricco mentre tanta povera gente  è costretta  a soffrire tante pene, tante umiliazione vedesse  in quelle case che loro chiamano ospedali  quanti vecchi , donne ,giovani e bambini aspettano  ansiosi un vostro miracolo  . Signore una vostra buona azione  potrebbe cambiare ogni cosa , quando ce la fate  una visitina ?  ne rimarranno contenti son sempre figli vostri , creature da voi create.  Impietosito  assai nostro signore  a quelle parole dopo aver allungo meditato  decise  un giorno di  fine settimana quando  non aveva  troppi impegni segnati sulla sua agenda    d’andare a di far visita a  quelle creature che lui un  tempo addietro aveva creato. Così chiamato due,tre santi amici suoi San Pietro ,San Tommaso 

San Matteo   si recò  insieme a quest’ultimi in mezzo agli uomini a vedere che aria tirava da quelle parti ,con l’intenzione di  sentire proteste varie, ma  anche    comprendere il perché d’ alcune lamentele  che facevano  sul suo operato. Ordinato  una carrozza trainata  da sei cavalli bianchi alati accomodatosi dentro, ben vestito, con un paio di quanti ricamati, per cappello una tuba di velluto  ed inforcato i suoi occhiali d’oro  elegante  e profumato   disse al cocchiere  suo fido arcangelo :vai  Geremia che ci facciamo una bella sorpresa questo anno  agli uomini sulla terra.Voglio vedere e rendermi conto di persona  di quest’opera mia ,che con  tanto amore  la  creai un tempo, cosa è  divenuta oggi. Da diversi  miei collaboratori  mi pregano di continuo di  scendere sulla terra per andarli a trovare,  loro dicono per  trovare una soluzione  insieme  di fronte a quel male che si è impadronito   di  quelle  povera terre. La Terra è grande dove esattamente andiamo adorato signore ? disse San Pietro  tirando fuori dalla sua giacca un lungo  sigaro ed accendendolo sbuffando a sinistra e destra   nuvolette  di fumo  che assumono la forma ora d’un teschio , ora d’un serpente infine d’un cherubino ivi stiracchiandosi e sorridendo al Buon Signore , che infastidito  del fumo l’ammonisce  dicendo:  Ma cosa fai benedetto uomo t’accedi un sigaro ? Pietro buttalo via  subito via stiamo andando a trovare tanta povera  gente sofferente   negli ospedali  luoghi  di dolore  di quel  piccolo mondo chiamato terra. Non stà bene fumare , non dai certo il buono esempio . Pietro  quando ti deciderai  di  smettere di fumare? Per favore non farmi ripetere sempre le stesse  cose  mi raccomando , non farmi  arrabbiare che voglio stare  sereno. Rivolgendosi di nuovo a   Pietro sottovoce  : Non voglio  che tu la prenda come un richiamo personale

Ma  se ci troviamo in queste condizioni  e per  aver trascurato un  po’  dall’occuparmene per motivi che tu sai , te li affidai a tè a suo tempo. Tu mi promettesti che te ne saresti preso cura. Pietro sbottonando il colletto della camicia ,Signore per favore non  mi  mortificate , mi fate sentire come se fossi  un   traditore  un criminale , un povero  malfattore. Va beh  lasciamo stare  voglio essere buono anche questa volta. Ahhh che bell’ aria fresca e fine  dicevano che era inquinata irrespirabile  io la trovo così gaia e frizzante scrivi Tommaso. L’aria è buona , non si nota nessun inquinamento nella stratosfera. Mettiamo tutto a verbale non si sa mai .Giusto dice Tommaso nel prendere il taccuino  tirando dalla tasca prima una trottola   poi una penna ed infine un quadernetto macchiato.  Ma che tieni in queste tasca disse il signore . Pure  la trottola ti porti appresso , Pietro requisisci quei  oggetti  a Tommaso. E non facciamoci  sempre  conoscere. Tommaso mi dispiace per tè che hai una età venerabile. Ti metti a giocare ancora  con questi oggetti. 

Mi dovete perdonare  ma sono un regalo d’un cherubino ieri   sera io e Giovanni  pregavamo  quando ….. Basta non voglio saper altro. Questa gita sulla terra  me la fate intossicare  cosi  facendo.  Ricomponendosi  : Quale luogo si è deciso di visitare  per primo  Matteo  ?  Signore vi voglio portare a vedere  un nosocomio famoso assai dove si curano tante malattie e  si paga  una  bella cifra per essere ricoverati e curati ma credetemi ne vale  la pena .

Sono dei veri maestri nel curare soprattutto l’artrite reumatoide. Ah questa notizia mi   fa  tanto piacere , pure io ne soffro da tempo , qui  al ginocchio  ahi come mi fa male Tommaso  scrivi , prenotare un appuntamento  personale  dal professore  per una visita intramoenia.  Intanto saputo dell’arrivo  sulla  terra del Buon  Pastore ogni governante,  ministro , presidente ,  dirigente di partito ,  sindaco , governatore  voleva invitare  l’illustre ospite a far visita alla propria città , imbarazzato il signore disse a Pietro : Disdici ogni  impegno mondano  Pietro  questa deve essere una sorpresa agli ultimi , ai  poveri infermi. Signore dovete scusarmi  non so come si è diramata la voce   del vostro arrivo senza che noi facessimo  alcun preavviso. Abbiamo ricevuto ,tantissimi inviti per  cerimonie importanti con mille  e più invitati ,  hanno organizzato per voi  grandi feste  con fuochi d’artificio  con la banda in testa  signore mio  così v’attendono  trepidanti sulla terra. Adirato il buon signore  Disse : Voglio sapere chi è stato a rendere pubblica  la notizia  del mio arrivo. Questa volta  caro Pietro il responsabile merita una punizione. Come voi desiderate signore disse Pietro  m’accerterò  del fatto , e farò senz’altro punire colui che  ha tradito la mia fiducia. Anche sé un presentimento c’è l’avrei Giu..da , ma quella con lui è una storia vecchia  che si ripete puntualmente. Ora che siamo giunti sulla terra in incognito  facciamoci una passeggiata , senza farci   notare , siate seri e seguitemi a distanza ci  andiamo a mangiare una deliziosa fettina di pastiera

a prendere   un buon caffè  ,mi hanno detto che in questa città che ora visitiamo ne fanno uno assai delizioso ,offro io non vi preoccupate. Grazie dissero  Pietro ,Tommaso e Matteo . Allegramente si tuffarono in mezzo alla gente , per poco in quella confusione il Buon Signore non veniva investito da un motorino che sfrecciava  come una saetta e  come un semplice mortale  disse: Per poco non mi buttava sotto.  Poi  passato lo spavento guardandosi   intorno disse con un marcato accento forestiero  Però  l’è  Bella questa  città   mi è venuta proprio bene  quanto lo fatta  disse ancora il Buon Signore . Quante vetrine  piene di tanta bella roba , i palazzi sono stupendi  prendi nota Tommaso quando risaliamo in cielo  presentiamo un progetto   per edificare anche noi lassù un edificio stile liberty come questo. Giunti al bar si sedettero comodamente ed inforcati gli occhiali i quattro presero ad ammirare  il passeggiare dei turisti ,soldati,  marinai ,  gente qualunque per strada . Pietro dicevi che la terra era infelice che versavano in tante disgrazie guerre  e chi sa cosa altro io vedo che qui stanno tutti bene . Signore rispose Pietro se volete rendervi conto di come và questo mondo  dovete seguirmi per altri luoghi .Va beh andiamo disse il Signore ed usci dal bar dopo aver pagato quello che aveva consumato , regalò  una discreta mancia al cameriere che gli spolverò e liscio la giacca  donandogli un garofano  da mettere all’occhiello. Grazie disse il Buon Signore , Tommaso prendi nota questo ragazzo è  assai  gentile per questo  sarà con me  stasera stessa  in paradiso.    Buona giornata disse  il ragazzo e grazie per l’invito ma  il  paradiso mio ,sta solo a casa mia. Quanto è  simpatico , buona giornata rispose il Signore.

Venite disse Pietro andiamo per queste vie. Dove mi porti Pietro? Non correre lo sai che mi fa  male il ginocchio quando cammino troppo incomincio a zoppicare .  Ed entrarono in un grande ospedale quando furono all’ingresso del pronto soccorso il Signore  sconvolto  nel vedere tante

 barelle  disse : Oh quanta povera gente. E questo è niente disse Pietro . Entrate , prego vi renderete  conto di persona di quanto lavoro c’è da fare.

Ed il signore vide . Bambini  piangere  tra le braccia  delle proprie madri , vecchi  depressi lungo i corridoi trascinarsi   su carrozzelle provviste di asta con appese  flebo  di due o tre litri. Vide zoppi  e ciechi,  matti ridere da soli , vide gente sola e disperata piangere in un angolo pregare per non morire perché avrebbero lasciati soli  i propri figli in  balia d’ un mondo crudele.

Il signore vide  infermi ed infermieri  le lacrime sgorgare e scendere lungo pallidi visi di fanciulle  portare di sala in sala i propri figli   a far controlli   da illustri  medici. Il signor vide  e colpito da tanto male alzò la mano a benedire la tanta povera gente. Poi disse per completare questa visita  voglio  regalare ad ognuno un  mio ricordo   così comparve  tramite una  bianca colomba in ogni stanza d’ospedale, in ogni  misera casa , in ogni luogo ove l’uomo  si trovava a soffrire,  un uovo . Cosa dici Pietro  spero il mio  dono gli sia  gradito ,gli ho regalato ad ognuno un uovo speciale  quando l’apriranno qualsiasi cosa desiderano sarà subito realizzato  Pietro ho fatto bene ? Signore ogni vostra  azione  e degna di lode spero solo che guariscano e ritornano a stare bene  .  Intanto io li aspetto in paradiso  quando essi verranno potrò di nuovo  riabbracciarli  ,quel giorno credo  sarà un grande gioia .  E mentre il Buon Signore insieme ai suoi discepoli  fece ritorno verso  la sua casa celeste discutendo con i suoi discepoli  su ciò che aveva visto con i suoi occhi  . Una canzone soave si sparse  nell’aria  : Eravamo schiavi  ed il signore ci ha liberati da ogni male , conducendoci lontano da nostri oppressori , siamo passati a nuova vita  risorgendo   in lui  abbiamo rinnovato   la nostra promessa  di salvezza  , il nostro destino nel ritornare al padre come suoi  amati  figli . Così cantando una fila senza fine di persone sole  e sofferenti seguiti d’angeli luminosi  s’incamminò verso  il cielo stellato  attraversando l’universo , pianeta dopo pianeta  mentre dal basso  ogni pio uomo o donna poteva vedere  una lunga interminabile  schiera d’anime  svanire   in quel sogno d’  amore  rincorso  faticosamente  per tutta la loro  esistenza.

 

 

 

      

 

 

 

 

 

 

 

 

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L’ultimo Mago

Il Mago Del Golfo


Lungo strade illuminate da mille luci  colorate  ,alcuni robot vestiti elegantemente tornano a casa una luce tenue colora la città addormentata in un antico sogno adagiata in un era passata una città che continua leccarsi le ferite ,fatta di milioni di case piccole ed alte che dialogano tra di loro, case che nascondono segreti e morti ,case che si affacciano dalle basse colline sul golfo ove soffia forte il vento e corrono  veloci le tavole da surf sulle onde s'alzano in alto salgano fino al cielo per poi planare sul limpido mare. In cima ad una verde collina mezza franata c'è una piccola casa color turchese la vive Magus Pelagus il mago del golfo vecchio di tre secoli . Insieme ad un gatto ed un iguana egli sa parlare con tutti gli animali ,conosce ogni lingua ed ogni sapere da quando si e reso conto che la civiltà degli uomini è giunta alla fine vorrebbe fare qualcosa per risollevare il tragico destino degli uomini. Un mondo governato dalle macchine non gli mai piaciuto. Robot la rovina di questo mondo alla faccia di ogni conoscenza stregonesca le macchine sono viscide e deleterie sono sterile non hanno fantasia per questo non riusciranno mai a dominare la natura di questo mondo .
Le macchine ,possono aiutarti a sognare ad essere migliore, possono aiutarti a conquistare pianeti e luoghi lontani a diventare più ricco e meno solo in questo universo. Ma loro secondo me non riusciranno mai a possedere la gioia di esistere .Dice tutto ciò sorridendo mentre con una scopa pulisce per terra il bel terrazzo che affaccia sul piccolo golfo ,in un angolo il suo gatto si pulisce il pelo dentro una piccola casetta provvista di un minuscolo televisore ed un piccolo robot roditore sempre ai suoi comandi . Ho fame, miagola il gatto corri a comprarmi del pesce fresco, forza topastro prima che mi arrabbi e ti svito pezzo ,pezzo e stai fermo maledetto roditore mi fai girare gli occhi, miao, miao dice il gatto. Proprio una rovina come te doveva capitarmi se lo sapesse il mio padrone mi farebbe una bella ramanzina ,che io non so addomesticare un robot roditore ecc,ecc . E dire che c'è voluto veramente tanto per averti ,il mio padrone non piacciono le macchine e quindi mi aveva vietato qualsiasi aggeggio meccanico .
Poi una notte di natale quando lui stranamente diventa più buono riuscii a convincerlo a farmi regalare un piccolo automa. L'avevo visto in televisione pubblicizzato dal signor Gatto Mammone  noto  gattone in tutto il mondo. Oggi ,eccoti qua alle mie dipendenze, sei contento disse il gatto al topo robot che mosse i baffi e rizzo la coda face un giro due intorno a se stesso alzò la zampetta e abbassò ed alzò la testolina come a dire si. Gatto dove sei urlo il mago in maniche di camicia con il muso sporco di sugo e gli occhi di fuori infuriato come una belva .Vieni subito qui possibile che di te non si possa mai avere nessuna utilità maledetto gatto giramondo ma la colpa e mia che ti faccio passare ogni sfizio. Dove sei vieni qui mi serve il tuo aiuto non riesco a completare una formula magica , corri a comprarmi mezzo chilo di code di lucertola dalla strega Androgina e digli che me li deve dare fresche il più possibile.Si padrone corro miagolo il gatto mentre l'iguana allungo la lunga lingua per acciuffare un agente segreto travestito da moscone che ronzava per la stanza in cerca di notizie da riferire all'ufficio brevetti di una nota società elettronica. Dato che il mago era noto come uno dei più geniali e grandi inventori di ogni tempo. Qualsiasi suo progetto poteva essere una miniera d'oro nel realizzare quei suoi prodotto . Ma il grande progetto del mago era creare un filtro capace di trasformare tutte le macchine in esseri umani un incantesimo tale l'avrebbe reso celebre e immortale negli Annali dei grandi maghi della terra. E ci mancava davvero poco quella sera quelle code di lucertola erano tra gli ultimi ingredienti del suo filtro magico che avrebbe cambiato la faccia della terra sconfitto le macchine e fatto ritornare così agli antipodi della storia umana la sua civiltà dato che di uomini e donne ne erano rimasti pochissimi sulla faccia della terra che si potevano contare sulle punta delle mani. Ricominciare tutto da capo che meraviglia spazzare via ogni fredda logica quella arrugginita ferraglia di umanoidi che governavano il mondo e l'universo. Sarebbe stato una gran gioia e questo gli avrebbe permesso anche di poter morire in pace sognando un mondo come era l'origine della vita quando sulla terra vivevano i grandi dinosauri e gli uomini combattevano contro la selvaggia natura della terra. Quando gli uomini credevano nella magia e negli dei quando l'amore era un bene prezioso e riscaldava il cuore rendeva gli uomini e le donne migliori. Il gatto ritorno di li a poco canticchiando una canzoncina con il fido servitore topo robot che trasporta sul suo dorso un piccolo paniere colme di code di lucertola del pianeta saurus. Eccovi finalmente quando ci hai messo se ci fossi andato io avrei fatto prima maledetto scansafatiche. Che ti credi non sappia ti sei fermato sicuramente a fare le fusa alla gatta della strega  già ma a te che importa se questo mondo va alla malora se e tutto così brutto perfino da raccontare ,ma dammi qua che non ho più molto tempo debbo darmi da fare . Ecco padrone le tue code di lucertola, perdonami qualcuna e saltata fuori dal paniere ho provata a rincorrerla ma si e infilata in un tombino ed io appresso insieme al mio topo robot l'abbiamo rincorsa lungo tutte le fogne della città poi si infilata dentro uno scarico fognario ed e uscita improvvisamente fuori dal water di un anziano robot provocandogli un corto circuito e stata una fatica catturarla pensa che abbiamo dovuto creare una trappola per acciuffarla. Ecco perché ho impiegato tanto tempo. 
Mi credi padrone? Ma chi sa ....forse va bene scusami se ho dubitato della tua fedeltà va bene.
Eccoti tre monete stasera sei libero di poter andare dove vuoi . Contento? Grazie padrone Contentissimo. Rientra nel suo laboratorio dove ci sono alambicchi e provette a bollire sul fuoco prende le code di lucertola li tagliuzza e li versa in una grossa provetta mentre sbuffano altri contenitori di cristallo fischiano gli alambicchi e il vecchio orologio a cucù segna le ora , l'iguana rincorre una zanzara che crede sia un agente segreto di una nota società di profumi che aveva provato già in passato di rubare qualche ricetta al mago. Mentre così prova a terminare il suo super filtro sente uno strano odore nell'aria ,un pizzico di zolfo ed e fatto ci sono e quasi finita. 
 Ecco adesso lo mischio basta agitare forte ecco e quasi pronto ,ma cose questa puzza di bruciato accidenti la mia cena .si precipita in cucina a salvare la magra bistecca di manzo. Mentre il composto diventa uno si fonde con ogni cosa trova molecole che si associano si legano creando una nuova catena organica un nuovo composto chimico una nuova sostanza che e una miscela esplosiva che prende vita si anima si muove ed infine esplode provocando una serie interminabile di reazione a catena che distrugge ogni cosa risucchia in se ogni materia ogni cosa vivente l'intero sistema solare viene disintegrato così dopo sei giorni Non ci rimane più nulla in quel quadrante dell'universo dove abitavano milioni di uomini un tempo poi abitato da milioni di macchine dove il mare era bello e brillava sotto i raggi del sole colorandosi di arancio al tramonto che faceva deliziare un vecchio mago affacciato dal suo terrazzo accarezzando il pelo del suo amato gatto seduto a guardare  il golfo ammirava le onde del mare rincorrere le ore del tempo che aveva creato la civiltà a sua volta aveva rincorso il progresso nei secoli trascorsi così come la vita aveva rincorso la morte e viceversa fino a quel punto chiamato amore.


*

Fabula Atellana

NUOVA FABULA ATELLANA



ATTO UNICO

PERSONAE

Peppe Pappo : Il vecchio avaro lussurioso da raggirare.

Bruno Bucco : ghiottone vanaglorioso, maleducato servo.

Dario Dossena : Il gobbo astuto perfido imbroglione.

Mario Macco : lo sciocco il balordo.



Scena prima nel vecchio centro storico di Napoli.
In un antico palazzo al secondo piano.
Peppe Pappo è a letto con un forte raffreddore.



Peppe Pappo : Mi giro e mi rigiro nel letto non riesco a pigliare
sonno ,questa influenza mi ha castigato.
I soldi miei me li sono nascosti sotto alle lenzuola , qui al sicuro vicino a me.
Questa è una casa di mariuoli, non c’è da fidarsi di nessuno. Vivo circondato da ladri , di gente che campa sopra alle spalle mie. Aspettano che io tiri le cuoia per prendersi tutto quello che sono riuscito a mettere da parte ,lavorando , risparmiando.
I miei denari non si toccano . Figli miei ,quanto siete belli.
( Conta i denari ,uno ad uno) .Tutto ad un tratto lancia un urlo
impaurito si nasconde sotto le coperte. Con voce tremante
grida: Chi và là.


Bruno Bucco: ( Accende,la luce) Don Peppe
sono io Bruno dabbasso ci sono delle persone
che vogliono conferire con lei.


Peppe Pappo : Disgraziato spegni la luce ,mi vuoi vedere rovinato.
a fine mese la bolletta la pago io . Da oggi in poi mi segno sopra
un quaderno ogni volta accedi la luce inutilmente senza il mio permesso così mi ripaghi ciò che hai consumato illegalmente.


Bruno Bucco: ( Parlando tra sé : Maledetto vecchio spilorcio
ma qualche giorno all’altro ti do una mazzata in testa, adesso
mi vuole detrarre dallo stipendio pure la bolletta della luce
accesa senza il suo permesso.)
Con aria disinvolta :Come vi sentite stamani, cosa dite l’apro
la finestra, ho avete paura di sciuparvi alla luce del sole.


Peppe Pappo : No apri un po’ di sole farà senz’altro bene a queste povere
ossa mie infreddolite.
(Scende dal letto s’infila le pantofole).
Chi mi cerca a quest’ora del mattino? Non attendevo nessuno.


Bruno Bucco: Preparatevi ad una bella sorpresa


Peppe Pappo : Parla manigoldo.


Bruno Bucco: C’è la guardia di finanza
per un controllo sulle tasse .



Peppe Pappo : Aiuto , mi vogliono uccidere .
Chiama il mio avvocato , chiama l’esercito .
Dove sono i miei piccini vogliono separami
da voi cari piccoli pargoli.
Accarezza il forziere in cui sono contenuti i suoi denari.
Mai e poi mai non l’avrete a costo della mia vita.



Bruno Bucco: Ah Ah Ah( ride a crepapelle)


Peppe Pappo : Disgraziato io stò morendo e tu ridi.



Bruno Bucco: Don Peppe è uno scherzo , giù non c’è nessuno.


Peppe Pappo : Uno scherzo … Ma io ti bastono di santa ragione
sono scherzi da farsi questi ad un povero vecchio
per poco non mi facevi venire un colpo apoplettico .
Se t’acchiappo , anzi per questo scherzo arrecatomi
ti multo, dieci euro in meno sullo stipendio cosi impari .



Bruno Bucco : Ma stavo scherzando.



Peppe Pappo : Anch’io . Esci subito fuori e portami subito
la mia tazza di caffè . La guardia di finanza maledetto
al solo pensiero mi vengono i brividi addosso.



Bruno Bucco dopo aver portato il caffè al suo padrone
esce a fare alcune commissioni per conto di lui
riscuotere alcuni interessi su soldi da lui imprestati
ad alcuni commercianti. Strada facendo incontra
Dario Dossena suo vecchio amico.


Dario Dossena : Dove vai cosi di fretta Bruno
Mi sembra che un cane rabbioso ti abbia morso il calcagno .
Fermati un po’ non si salutano più i vecchi amici d’un tempo ?


Bruno Bucco : Ciao Dossena come stai mi devi scusare
e che già stò in ritardo ho alcune servizi da fare
per conto del mio Padrone . Se non mi sbrigo
sai quel vecchio taccagno e capace di multarmi per il ritardo.



Dario Dossena . T’accompagno ti và ?
Ascoltami ho un affare interessantissimo ed allettate da proporti .
Ho conosciuto due giovane turiste disinibite sotto mano dal fisico
di modelle d’una bellezza mozzafiato , venute qui in città a visitare
i luoghi e l’arte credo disposte a tutto pur di passare dei momenti piacevoli….



Bruno Bucco : Cosa dici …Si m’interessa vieni facciamo presto ,
me ne parli strada facendo , raccontami tutto.



Dario Dossena : Ti propongo una vera mandragata ascoltami Bruno le due giovane turiste sono una miniera d ‘oro le ho conosciute per caso stamani alla stazione adesso sono in giro per la città a comprare alcune cose. Gli ho promesso di trovargli una camera ammobiliata a poco prezzo situata nel centro storico della città. Verso le cinque del pomeriggio ho l’appuntamento con loro debbo condurle a casa , sai di primo acchito gli ho affiatato una stanza fantasma ,adesso cercavo un vero alloggio per sistemare le due quando ho visto te mi son detto ecco il mio salvatore.
Bruno t’offro l’occasione per gabbare il tuo padrone .
Trova il modo d’ospitare le due turiste a casa del tuo padrone
ed io ti darò il quaranta per cento della somma che riusciremo
a ricavare da questo imbroglio.



Bruno Bucco: Mi chiedi una cosa impossibile il mio padrone
non accetterà mai d’ospitar qualcuno sotto il suo tetto.
Anche sé un modo ci sarebbe se non puoi prendere il topo
per la coda senz’altro lo potrai prendere per la gola.
Dovremmo fargli credere che le due turiste sono disposte
a cedere le loro grazie in cambio d’un alloggio .
Il mio Padrone è un satiro impenitente , proverò senz’altro
a fargli credere che le due sono disposte ad accettare
le sue avance questo sarà compito mio.
Va bene accetto adesso scappo ci vediamo alle sei dove tu dici.
Tu porta le due giovane turiste al resto penserò io.



Dario Dossena : Allora a più tardi affare fatto.
Non mancare mi raccomando. Tra sé ( questo deve essere
di sicuro un giorno fortunato ho preso due piccioni con una fava)


Scena seconda


Bruno Bucco rientra a casa dopo aver fatto le vari commissioni
per conto del suo principale Peppe Pappo.
Prova a convincere quest’ultimo ad ospitare in casa
le due giovane straniere .



Peppe Pappo continua a rimanere a letto , sotto le coperte
Insieme ai suoi sacchi pieni di denaro.



Peppe Pappo : Chi è là ,ho sentito alcuni rumori venire
dalla cucina . Sei Tu Bruno?



Bruno Bucco appare all’improvviso raggiante :
Chi volete che sia Don Peppe l’esattore delle tasse (Ride)
Ho delle buone nuove per voi.
Primo: ho messo a posto ed estinto i crediti che vi dovevano
quei vari commercianti vostri debitori .
E stata dura ma alla fine dopo essere stato quasi minacciato a morte , morso da un cane lupo, preso uno spintone che per poco mi faceva finire sotto una macchina,
sono riuscito a fargli cacciare gli arretrati .
Me ne hanno dette di maleparole non vi sto a raccontare ma il peggio ora è passato .


Peppe Pappo Strofinandosi le mani Bene Bene avrai la percentuale promessa .
Un buon lavoro và bene ripagato e tu mi hai reso un gran servigio .
Fammeli vedere , fammeli toccare.



Bruno Bucco: Calma a tempo debito le darò tutta la somma
incassata. Ora ho una piccola proposta da farvi ?


Peppe Pappo : Dimmi si tratta di guadagnare tanti bei soldini
sono tutto orecchie?



Bruno Bucco : Strada facendo ho conosciute due bellissime straniere , turiste giunte qui in città da poco tempo.
Entusiaste e desiderose mi hanno fatto intendere di voler
anche conoscere persone ricche e mature disposte ad essere gentile con loro in cambio delle loro grazie.
Erano spaesate non sapevano a chi rivolgersi ho pensate d’aiutarle.
Mi hanno chiesto dove trovare un buon alloggio.
Così a quella richiesta me corsa dentro un idea fenomenale.
Perché non portale a casa del mio amato padrone Peppe Pappo .
Offrigli una camera gratis nella vostra grande casa.
Conoscendo la vostra debolezza per il gentile sesso
gli ho dato appuntamento per stasera alle sette.
Rimarrete incantato di fronte a tali bellezze.
Vedrete Don Peppe sono due fiorellini in attesa d’essere colti.
Vi ho fatto una bella sorpresa? Che dite l’accompagno
si o no qui a casa vostra?



Peppe Pappo : Accompagna accompagna amico mio.
Non sai quando mi rende felice poter ospitare sotto il mio
umile tetto delle belle indifese fanciulle.



Bruno Bucco : Allora a presto ci vediamo stasera.



Peppe Pappo : A più tardi, vai di corsa e cerca di non mancare all’appuntamento .



Bruno Bucco esce veloce dalla stanza. Peppe Pappo una volta
rimasto solo al settimo cielo scende dal letto e si dirige in bagno dove si lava e si profuma da capo a piedi .
Cercando di rendersi quanto più e possibile bello.


Scena terza


Bruno Bucco và all’incontro con le due giovane affascinanti straniere che in realtà non sono altro che Dario Dossena
e Mario Macco travestite da donna .



Dario Dossena rivolto a Mario Macco tra non molto arriverà Bruno mi raccomanda Mario non farti scoprire , e aggiustati meglio questa parrucca sistemati meglio la veste mostra il petto e cerca d’essere quanto più provocante e sensuale possibile.


Mario Macco : Mi tira il vestito e poi non sopporto assai questo trucco sul viso ,per non parlare poi di queste scarpe troppo strette
mi stanno gonfiando i piedi .


Dario Dossena : Abbassa quella voce come te lo devo dire
devi parlare quanto è più femminile è possibile , sei un disastro.
Se ci scoprono sarà solo causa tua ,prima ci riempiranno di botte poi andremo a finire in galera per truffa. Tu non parlare assai muoviti con eleganza . Lascia fare e parlare a me.
Zitto per carità eccolo lo vedo sta arrivando Bruno.



Bruno Bucco si guarda intorno alla ricerca delle fanciulle.
Dario Dossena e Mario Macco travestiti s’avvicinano a Bruno.



Dario Dossena : Mi scusi signore voi siete per caso Bruno
Bucco amico di quel simpaticone di Dario .


Bruno Bucco: Si graziosa fanciulla cosa posso fare per lei.
Conosco Dario l’attendo appunto ,non lo vedo ha per caso
sue notizie?



Dario Dossena ( Ridendo tra sé ,bene non mi ha riconosciuto )
Noi siamo amiche di Dario ci ha detto di venire a questo appuntamento , lui sa a causa d’ un improvviso infortunio
e dovuto correre al capezzale d’un sua nonna
ricoverata in ospedale . Ci ha dato questa lettera
di presentazione e ci ha detto d’affidarci nelle mani di voi
suo grande e stimato amico. Ecco prendete (Gli porge la lettera)


Bruno Bucco scosso ,legge la lettera : Caro Bruno causa un
malaugurato incidente sono dovuto correre a trovare la mia amatissima centenaria nonna in ospedale, affido a te le due giovani fanciulle , tu sai già cosa fare trattale e bene a presto
tuo devoto amico Dario .


Bruno Bucco: Oh bella e tutto chiaro cosa aspettate prendete i bagagli signorine vi porto all’alloggio cercato .Una stanza bellissima dove si può ammirare l’intera città e il suo mare lambire le sponde
ammirare il cielo azzurro e vedere i bianchi gabbiani
seguire le navi dirette all’orizzonte.

Dario Dossena : Magnifico, ma ancora non ci siamo presentati .
Io sono Mary e questa e la mia amica Juliette.


Bruno Bucco : Piacere, incantato e affascinato
Francesi?


Dario Dossena : di Paris


Bruno Bucco: Parigi magnifico , io ci sono stato una volta.
Era una calda estate di dieci anni fa presi il treno da solo
e partii per una breve vacanze a far visita
a quella bellissima città.
Ho visitato il Louvre sa, passeggiato lungo la senna.
Salito sulla torre Eifeil ammirato la città perdersi a vista d’occhio.
Passato sotto l’arco di trionfo .Momenti indimenticabili.
La mattina m’avventuravo con il metrò per luoghi rinomati
Qualche volta perdendomi anche. Ma la sera quando calava il buio mi faceva assai paura camminare tutto da solo per le strade di Parigi.


Dario Dossena : Parigi di notte e alquanto pericolosa bisogna stare molto attenti dove si và .



Bruno Bucco : Ma non ci perdiamo in chiacchiere venite
vi voglio far conoscere mio zio v’aspetta ansioso a casa.
Sapete lui è molto ricco e ha un debole per le belle donne come voi.
Soprattutto per le francesine .



Dario Dossena : Non stiamo nella pelle di poter conoscere
Tuo zio . Andiamo .


Mario Macco : Una volta a casa mi scusi potremo mangiar qualcosa.


Dario Dossena : Juliette pensi sempre la stessa cosa.
Ti sei dimenticata di stare in dieta.
La perdoni juliette ha sempre voglia di scherzare.


Bruno Bucco: Per il mangiare non c’è problema ,
Vi faccio subito una confidenza basta essere
un po’ gentili con mio zio avrete tutto quello che vorrete.


Scena quarta




L’incontro tra Peppe Pappo e i due imbroglioni travestiti da donna




Bruno Bucco: Amato zio voglio presentarvi Mary e Juliette
di Parigi venute qui in Italia a visitare la nostra bella città .




Peppe Pappo alla vista delle due s’illumina e s’alza subito in piedi
Sono onorato conoscervi siete bellissime proprio come mi aveva detto Bruno.
Prego accomodatevi.
Bruno fai sedere questi due graziose fanciulle sopra il divano
e prendi i pasticcini .Rivolto a loro: lo gradite un liquorino e di nostra produzione. Buonissimo.


Mario Macco : Si grazie e anche tanti pasticcini .


Dario Dossena : Un liquorino per non offendere lo
prendiamo , ma non più di uno. Troppo ci potrebbe fare male.



Peppe Pappo : Bruno vai a prendere di là il tutto e voi sedetevi
qui vicino a me vi voglio conoscere meglio.
Siete incantevole (Rivolto a Dario )


Dario Dossena : Sotto voce (Incominciamo bene il pollo è gia cotto.) Non fate cosi m’emozionate assai , la vostra galanteria
mi fa arrossire.



Peppe Pappo : Arrossite pure mia cara , avete gia conquistato
questo vecchio cuore . Ciò che desiderate vi sarà subito dato .



Dario Dossena : ( Benissimo ,ora provo a chiedere dove ha nascosto il forziere con i denari dentro)
Ditemi strada facendo Bruno ci ha parlato delle tante
ricchezze che possedete, Veramente siete così ricco come
ci hanno raccontato o è solo una burla?


Peppe Pappo : Miserie ,Bruno esagera sempre.
pochi risparmi messi da parte , dopo aver lavorato
una vita intera. Poca roba credetemi.


Dario Dossena : Da quando sono entrato in questa casa .
Ho provato questo strano impulso a vedere le vostre
ricchezze nascoste . So che non è buona educazione ,
può sembrare un offesa ma vi confesso
m’attira assai l’idea di vedere ,d’ammirare
cosa è riuscito a mettere da parte un grande uomo come voi.



Peppe Pappo : Voi m’adulate , accedete una giovine passione
nel mio vecchio animo . Datemi un bacino qui sulle guance
una vostra timida carezza e vi farò vedere i miei averi
i miei piccoli amati tesorucci.



Dario Dossena : Siete un birbante, ma non posso fare
a meno che d’accontentarvi… Ditemi su quale guancia volete
essere baciato in quale luogo volete essere accarezzato?
Stare vicino a voi avverto uno strano sentimento
correre lungo il mio corpo.
Sarà l’emozione o il gesto che sto per fare , voi m’avete
inavvertitamente stregata.



Peppe Pappo : Mia cara questo è dunque amore a prima vista ,
vicino a voi mi sento ritornar giovane e forte
Non mi succedeva cosa simile da tanti e tanti anni
La solitudine aveva incupito l’animo mio .
Voi stamattina portate un raggio di sole
un vento di primavera.


Mario Macco (Tra sé ) Io tengo fame , il mio stomaco brontola ,
questi due intanto si perdono in tante smancerie .
Ma perché non gli chiede dove è la credenza , i salumi . i formaggi
le tante cose buone da mangiare , uno spuntino veloce , una bella pasta e fagioli con le cotiche dentro . Oh misero me , il solo
pensiero di simile leccornie mi fa venire meno.


Entra Bruno con un vassoio pieno di pasticcini una brocca
di caffè bollente una bottiglina di liquore fatto in casa
ed alcune tazzine.


Mario Macco come lo vede sorride e si riprende.


Bruno Bucco: Chi desidera una tazzina di caffè con un pasticcino
Un liquorino ?



Mario Macco : Io , Io …una tazzina di caffè con tanti pasticcini.



Bruno Bucco: Prego signorina , mi dica quanto zucchero ?


Mario Macco : Due grazie.



Bruno Bucco: Conoscete bene la nostra lingua vedo.


Mario Macco : La parlo da quando sono nato
( Calcio di Dario Dossena alle gambe.)


Dario Dossena : (Tirandolo Da parte.)
Cosa dici sciocco vuoi farci scoprire.



Mario Macco : rivolto di nuovo a Bruno. Scusa volevo dire
che ho imparato bene la vostra lingua a scuola .
Ho avuto una ottima insegnante di lingue straniere.


Bruno Bucco. Sento ,siete deliziosa quando parlate
Avete poi dei così begli occhi . Una così bella boccuccia
Un naso un po’ a peperone vi confesso ma assai carino.


Mario Macco : Non vi piace il mio naso?


Bruno Bucco : No… non ho detto che non mi piace ,
anzi lo trovo bellissimo , voi tutta siete bella e affascinante assai.
Se vi ho offesa chiedo scusa .
Mi perdona per questa mia gaffe ?
Cosa ne dite di lasciar soli mio zio è la vostra amica?
Vi voglio far ammirare il panorama che si gode dal nostro terrazzo.
Orsù seguitemi non ve ne pentirete .




Scena Quinta


Peppe Pappo dopo molte insistenze di Dario Dossena mostra
Il suo patrimonio nascosto. Brillanti , rubini , sacchi di monete d’oro.
Dario Dossena prova a derubare il povero inconsapevole
innamorato Peppe Pappo .



Dario Dossena : Mon dieu magnifique!! Non ho mai visto
tanto oro , pietre preziose cosi belle in vita mia.
Posso toccarle , solo un pochino vi prego .


Peppe Pappo : Ridendo soddisfatto. Vi prego demoiselle
tengo tanto a questi mie piccoli averi ,sono delle gioie
in cui mi riesce difficile vederli in mano altrui anche sé sono
delle manine graziose come le vostre.


Dario Dossena : Avete ragione anch’io se sarei il padrone di tale
ricchezze non permetterei a nessuno di toccarle.
Ma sé non posso toccare i vostri gioielli consentitemi almeno d’accarezzare voi , di toccarvi da capo a piedi di farvi moine e
solletico , posso chiamarti orsetto ?


Peppe Pappo : Ma certo , orsetto mi piace assai ed io
posso chiamarti Micetta.


Dario Dossena : Ma certo il mio bell’orsetto mi può
chiamare Micetta. Vieni qui tra le mie braccia che ti cullo un po’.



Peppe Pappo : Subito , si coccolami , accarezzami solleticami, fammi tutto quello che vuoi.



Tra le braccia di Dario Dossena Peppe Pappo
Dopo aver bevuto un liquorino con del sonnifero dentro
messo furtivamente da Dario s’addormenta
al suono d’una cantilena .



Dario Dossena : Finalmente , ti sei addormentato vecchio caprone.
Ora i tuoi tesorucci ti diranno addio per sempre.
Prende un sacco e lo riempie di tutti gli averi preziosi
del povero Peppe Pappo . Quante ricchezze , sono ricco
debbo fare in fretta non perdere tempo sarà meglio scappare
prima che si svegli e chiami aiuto.
Ma quel balordo di Mario dove andato?
Causa sua finirà sé l’attendo andare tutto alla malora.
Oh io fuggo via insieme al malloppo .
Corro me la svigno all’aeroporto
dove ho prenotato un volo per Acapulco.
Una nuova vita sta per incominciare, tante
belle donnine tutte per me ed una florida
azienda agricola da dirigere.



Mentre Peppe Pappo dorme Dario Dossena fugge
via con un sacco pieno d’oro e pietre preziose.



Bruno Bucco e Mario Macco entrano nella stanza
dove riverso su morbidi cuscini giace addormentato
Peppe Pappo .



Bruno Bucco : Don Peppe cosa vi succede ?
Rivolto a Mario chiama subito un autoambulanza
Il signor Pappo si sente male, avrà avuto un malore improvviso.
Poverino il cuore lui ne soffre tanto da anni.
Ma dove è Mary ? Juliette cercatela lei di sicuro saprà più di noi?



Mario Macco : Si adesso chiamo subito il 118
La croce rossa , la croce verde, i pompieri
Aiuto . Mary dove sei ?


Si precipita fuori casa di corsa con le braccia alzate
per non far più ritorno.



Bruno Bucco: Povero padrone mio , siete forse morto?
Perché non mi rispondete. Mi lasciate solo , forse
erede universale di tutte le vostre ricchezze.
Solo in questa immensa casa . A far da padrone a posto vostro
a lucidare le monete e gli ori come voi un tempo facevate.
Povero il mio padrone è morto sul colpo forse ha provato
a saltare addosso a Mary e c’è rimasto secco.
L’amore lo ha fatto morire, d’amore è morto il mio
Signore. Disgraziato me che non sono stato accorto
lo lasciato solo con quella infida donna . Rimango
solo padrone di tutte le sue proprietà , ricompensa per tanti
anni di duro lavoro presso di lui. Piange a capo chino.


Peppe Pappo incomincia a riprendersi dall’effetto del sonnifero.
Apre gli occhi vedo tante ombre.


Peppe Pappo : Dove sono ? Dove mi trovo forse nell’aldilà ?
Aiuto qualcuno m’aiuti.


Bruno Bucco: Siete vivo ? Tra sé ( Dannazione è ancora vivo)
Evviva evviva Don Peppe come vi sentite ? cosa vi è
Successo ? Su respirate forte , e tutto passato
Non è stato nulla solo un piccolo malore. Vi sarete addormentato
causa forse un colpo di sonno.


Peppe Pappo : Non so cosa mi è successo. Mary dove
Mary? . .. il forziere corri Bruno vai a vedere .


Bruno Bucco controlla e con suo stupore trova il forziere
vuoto.



Bruno Bucco: Padrone siete stato derubato , il forziere è vuoto
tutte le vostre ricchezze non ci sono più .



Peppe Pappo : Aiuto povero me il cuore che dolore
forte al petto mi sento male .. i miei tesorucci
Il mio oro , le mie monete , i miei gioielli .
Sono stato preso con l’inganno , derubato
Ahhh esala l’ultimo respiro e s’ accascia a terra privo di vita.



Bruno Bucco: Padrone no non morite non mi lasciate
solo, povero più di prima , senza un soldo disperato
non so neppure se potrò pagare il vostro funerale.
Ah maledetto quel giorno in cui mi sono fidato
di quell’imbroglione di Dossena .
Ahimè ed io che sono stato
anche complice di tale misfatto .
Dovevo dividere il ricavato di tale imbroglio .
Il bene in cui io avevo creduto ha ucciso
il mio padrone e signore
mi ha reso povero e condannato a vivere
con il rimosso, grigi giorni avvenire.
L’amore mi ha tradito e io che l’aveva
rincorso e sognato cercato ,vezzeggiato
desiderato, l’amore mi ripaga con un profondo dolore
il ricordo d’un amore perduto, creduto vero invece falso
e ipocrita Oh solo mia è la colpa di ciò che è successo
potrai mai perdonarmi per ciò che ti ho fatto
povero padrone..…. povero mio signore.




























*

Dell’Essere e Dello Scrivere e Altri Sogni

DELL’ESSERE E DELLO SCRIVERE E ALTRI SOGNI



Una personale delusione ho covato in me per diverso tempo caratterizzando così profondamente la mia esistenza.
Non essere mai riuscito a laurearmi in lettere e filosofia.
Disciplina universitaria ove coltivavo gloriose ambizioni.
Costretto a tralasciare tale arte e studiare chimica per far contenti i miei .
Perseguendo così l’orme di mio nonno materno insegnante
di Chimica e Fisica al nostro locale liceo per oltre trent’anni .
Divenire professore , rispettato e riverito con una laurea
scientifica da mostrare al pubblico che avrebbe dato ai miei
una particolare soddisfazione , piccola borghese .
Un orgoglio familiare riflesso nella mia persona.
Ma io sempre d’indole ribelle ,iniziai molto presto a fare scaramucce
con i miei compagni di classe elementari per finire
diciottenne con il calpestare la coda del gatto della preside
far cadere il parrucchino dalla testa del professor d’italiano,
filmare su yuo tube mentre era in bagno la bidella.
Mi ritrovai cosi rimandato o bocciato per diversi volte.
Mio padre disperato mi mandò a lavorare nei campi
perché imparassi cosa significa il sudore che scende
lungo la schiena. Con i soldi guadagnati in quei lavori saltuari messi da parte ,scappai di casa. Rimasi quattro mesi tutta una estate in giro per l’Europa.
Ai miei per poco non gli prendeva un accidente.
Tutta colpa mia, mi riproverai di ritorno dall’Inghilterra, dopo che mio padre ebbe poverino il suo primo infarto e io per farlo contento
mi rimisi a studiare seriamente .Giunsi alla laurea in matura età
quando il mio povero Babbo ammalato sempre più non esalò il suo
ultimo respiro. Furono anni duri.
Per la città andavo girando come un matto ,non sapevo cosa fare.
Mia madre poveretta mi stava assai vicina io per consolarla mi misi a far concorsi
per tutta Italia, vinsi così al fine dopo tanto studio a Genova in una industria petrolchimica un posto di ricercatore.
Quando sembrava la mia vita fosse giunta a quietarsi
incontrai Carla , sei mesi di fidanzamento e lei rimase incinta
mi sposai in fretta e andai a vivere a Milano con una borsa
di studio presi posto al Politecnico come assistente universitario.
Dante nacque a Natale ed io felice come non mai, stappai
diverse bottiglie di spumante e invitai tutti i colleghi compresi
i vicini di casa ad una grande festa.
La mia vita sembrò prendere una felice seria svolta.
La pace regnava tra le mura domestiche della mia bella
casa in affitto su in collina, dove dominavo con lo sguardo l’intera città .
Non abitavo più a Milano, ero tornato alla mia piccola città in provincia d’Avellino.
Insegnavo adesso alla scuola superiore Alessandro Volta, Chimica Organica .
Insegnare ai più giovani formule e composti chimici
mi dava un senso di profonda maturità.
Mi sentivo bene in pace con me stesso, fin quando non ebbi
la sfortuna di rincontrare un mio vecchio amico di scuola
patito per la poesia e l’arte in genere.
I nostri incontri si consumarono dapprima al bar del centro la sera di ritorno da lavoro, declamavo opere e poemi scritti in segreto.
Incominciai a leggere e studiare m’ appassionai talmente alla letteratura
fu per me ridestare antichi demoni sopiti .
La frenesia dello scrivere improvvisamente s’impadronii di nuovo di me.
La notte rimanevo fino a tardi chiuso nella mia camera
a scrivere o tentare di scrivere racconti d’avventura
o le mie personali emozioni autobiografiche.
In classe il mattino m’addormentavo nella stanza dei professori.
Cosa che addirò il preside .
Non si dorme in servizio professore.
M’ammonì con aria severa diverse volte.
La sera vada a dormire presto la mattina la vogliamo fresco e pimpante.
Divenni piccolo piccolo arrossi di vergogna e quasi
non seppi giustificarmi il mio comportamento.
Volevo creare una grande opera , qualcosa di memorabile da lasciare ai posteri.
Faticai a lungo per trovare trame e generi che piacessero
a tutti, grandi e piccini. Alfine incominciai a scrivere l’unica cosa che conoscevo bene me stesso , le mie abitudini le mie piccole avventure quotidiane divenivano argomento per favole e racconti ,poesie e canzoni. Fu un duro lavoro.
Spesso mi fingevo ammalato ,per stare chiuso in casa a scrivere . Mia moglie , mia madre tutti i miei familiari, incominciarono a preoccuparsi . Per essere sicuri io non fossi veramente fuori di senno , mi fecero visitare da un noto medico psichiatra che diagnosticò di essere io di sana salute psichica rilevando solo una sostanziale depressione in corso che come un morbo oscuro s’era impossessato del mio spirito al punto da non farmi uscire da casa per giorni interi.
Furono quelli dei duri momenti della mia vita , in preda a turbolenti stati d’animo
che difficilmente riuscivo a controllare rimanevo per giorni senza parlare.
Mia moglie non mi fece mai pesare quei miei deliranti confusi stati d’animo.
Mio figlio Dante cresceva velocemente .
Io invecchiavo ogni giorno sempre più e navigare nel mare
Tenebrarurum era diventato per mè un bisogno di cui non riuscivo più a fare meno.
Scrivere la storia d’uomo qualunque anche sé in fondo si tratta
di se stessi è un esperienza difficile e delirante che ti svuota anima e corpo .
Impari a conoscere meglio i difetti le debolezze umane attraverso i personaggi
che andavo creando vere metafore filosofiche sulla natura umana.
Il vizio o la virtù di un personaggio che nasce, cresce e vive
nei propri scritti ,vivere le proprie disavventure una realtà lucida e spietata . Scrivere, significa essere quello che vuoi ,un principe, un capitano d’industria un misero operaio di periferia che stenta ad andare avanti con i pochi soldi cha guadagna al mese.
Puoi essere un eroe o un deficiente un folle o un giusto .
puoi vivere tempi e luoghi , aldilà del bene e del male.
Il mio principale personaggio del mio mastodontico e illusorio
capolavoro letterario era un uomo mite con non molti grilli per la testa un po’ mastro Geppetto del pinocchio di Collodi un po’ Don Chischiotte del Cervantes ,uno nessuno e centomila del Pirandello per rendere chiara l’idea di chi fosse il protagonista
del romanzo di mia invenzione.
La sera andavo a dormire sognando il mio libro pubblicato
in posa nelle vetrine di tutte le librerie d’Italia.
Mi vedevo invitato in famose trasmissioni televisive .
Assediato dai fans o da mille editori in cerca dei miei lavori.
La mattina mi svegliavo con tali incubi ,sudato fradicio
finivo per andare a lavoro bastonato e a testa bassa.
Il preside mi sorvegliava.
La classe con i suoi quaranta ragazzi turbolenti in quell’ ore
di lezioni divenivano un girone infernale .
Passarono così diversi anni .
Il libro non lo terminai mai, mi fermai a pagina cinquantaquattro.
Da lì fù difficile andare avanti , trovare una strada narrativa per giungere alla trecentesima pagina di mia iniziale ipotesi letteraria.
Le pagine elencavano e narravano cose orrende e turbolenti
fatti e fattacci visioni e spettri paure e altre turpe psichiche
che non vi sto qui a raccontare.
Il libro divenne in fondo l’oggetto segreto del mio vivere la cosa a cui più tenevo.
Il mio isolamento dal resto del mondo derivava dal quel fatto editoriale .
Così avvolte identificavo troppo la mia vita quotidiana con quella da me inventata .
Il falso succedeva al vero, confondendosi ,generando
dei mostri orribili calligrafici..
Dopo diversi tentativi d’abbozzare una storia originale e unica
lasciai cadere quel manoscritto pieno d’errori ortografici
sul fondo del cassetto della mia scrivania.
Lo sognavo spesso completato e pubblicato l’ elaboravo nel mio silenzio nei giorni di maestro o di padre amorevole la lucida limpida trama fantastica.
Un best seller italiano, creato dalla mia fantasia
d’uomo alle prese con il demone dello scrivere.
La frenesia dello scrivere il sondare l’animo umano
le mille facce interiore d’una realtà fenomenologia attiravano
Il mio interesse di studioso.
Lessi centinaia ,migliaia di libri in proposito .
Quella cultura introspettiva così radicata nell’interiorità dell’individuo, creavano in me una fuga dalla grigia quotidianità.
Presi a condurre bella vita, girando per musei e gallerie
passando giorni chiuso in biblioteche .
Inseguendo muse ignude per i boschi sacri sulle pendici del mio parnaso.
Maschere antropomorfiche destavano in me inquietudini
Interiori .Volevo vivere e tiravo a campare
girando tra circoli e club declamando i miei versi sibillini
al mesto pubblico, accorso entusiasta agli incontri poetici
organizzati da diverse associazioni .
I partecipanti a questi riding in genere era gente qualunque
Ragazzi , perditempo e ubriachi di ogni ceto sociale..
Giornalisti dall’aria critica, intellettuali all’avanguardia .
Le serate erano giubilare ,io recitavo canticchiando versi
di mia fattura ispirati alla storia letteraria, tradizionale locale .
Un mixer di mia invenzione ad effetto allucinante lirico spastico
che facevano addormentare di botto e poi svegliare di colpo
il lettore facendolo saltare dalla sedia e applaudire
calorosamente alla fine della lettura .
Entusiasta recitavo , versi sciolti di ringraziamento svanivo
nella sera per rifugiarmi nella mia stanza d’albergo
dove vivevo da solo separato ormai da mia moglie e mio figlio .
M’ero ridotto ad essere ,calvo e barbuto trasandato bohemien e nel proseguire quella vita avevo finito per perdere anche il posto
di lavoro ,mi ritrovai così sul lastrico e per campare
davo qualche lezioni private d’ inglese a gli studenti liceali
d’una scuola vicino alla mia pensione ove alloggiavo.
Qualche sera avvolte indossavo la giacca bianca del cameriere e servivo ai tavoli d’una trattoria Al grappolo D’uva .
Guadagnavo discretamente rincorrendo i miei progetti letterali
mi ritenevo felice ,ma in fondo a me stesso affogavo
in un lago nero di delusioni ed amarezze.
Divenivo assai triste quando ricordavo d’aver lasciato
soli mia moglie Carla e il mio piccolo adorato bambino Dante.
Provai a farmi perdonare ,volevo ritornare indietro seppellire
quel passato che m’aveva reso trasandato e vagabondo.
Ritornare in seno alla mia famiglia far pace con mia moglie
cosa che non fu più ahimè possibile, poiché lei adirata
e offesa dal mio comportamento era divenuta convivente
d’un giovane facoltoso medico dai sani principi.
Furono per mè momenti dolorosi e crudeli.
La notte non riuscivo più a dormire pervaso da ricordi
e sconfitte presi a scrivere un lungo romanzo
in versi che finito inviai ad un editore famoso di Milano.
Egli mi fece partecipare ad un noto premio nazionale
con mia gioia, il libro fu premiato come miglior scritto inedito.
Dopo avuta quella memorabile personale soddisfazione.
Mi recai sbarbato e ben vestito a casa della mia ex moglie .
Volevo riabbracciare il mio piccolo Dante non volevo più separarmi da lui.
Fu un momento toccante, lo ricordo ancora ora con le lacrime a gli occhi.
Lui giocava sulle scale nell’androne principale
del palazzo di via Morelli insieme ad altri suoi amichetti.
Stentai nel riconoscerlo a prima vista.
Quando lui era cresciuto e fattosi alto.
Poi l’istinto mi fece avvicinare a lui, l’abbracciai e piansi
in quel mentre scendeva Carla giù dalle scale , carica della
spesa fatta al supermercato mi vide si fermò emozionata
gli caddero da mano le buste di plastica.
E farfugliando chiamandomi per nome Giacomo s’avvicino
al bambino piangendo e disse:
Credevo che non ti avrei mai più rivisto .
Ti ho reso infelice Carla non sai quanto mi dispiace
voglio ritornare a vivere con te farmi perdonare di tutto il male fatto.
Ho bruciato ogni libro e ogni mio quaderno di poesia.
Voglio ritornare ad essere come prima.
Un uomo normale con moglie e figlio .
Ciò che ho passato mi ha maturato e cambiato molto .
Perdonami ti prego.
Non è più possibile Giacomo ora vivo insieme ad Angelo
gli voglio bene e anche Dante si è affezionato a lui .
Va via per favore prima che lui ritorni e andato a parcheggiare l’auto
nel garage qui vicino.
Non voglio che Dante capisca ciò che stà succedendo.
Ma io ti amo Carla tu e Dante siete la mia vita io non posso
vivere senza di voi.
Per favore Carla dammi un’altra possibilità
Ti prometto sono cambiato ,non leggerò più neppure
il giornale del mattino sé tu vuoi.
No Giacomo te lo ripeto è troppo tardi .
Tu hai voluto provare , avere le tue esperienze ,hai infranto
le regole e i doveri di marito e padre adesso e difficile
cerca di capirmi, ritornare ad essere ciò ch’eravamo prima.
Mentre la discussione s’accendeva ecco giungere alle mie spalle Angelo .
Tolga subito le mani di dosso da quella donna mi gridò
s’allontani immediatamente , ho chiamo subito i carabinieri .
Ti faccio arrestare brutto manigoldo. Se non te ne vai….
Io rimango senza parole, poi cerco d’afferrare Dante e provare a fuggire.
Ma Carla mi strappa il bambino dalle mie braccia io perdo l’equilibrio mi giro inciampo e vado a sbattere con la testa sullo spigolo della scala di marmo.
Perdo sangue tanto,mi sento svenire vedo ombre bagliori
per settimane e mesi rimango in coma.
Disteso su un umile letto d’ospedale collegato ad alcune macchine che m’aiutano a respirare e sorvegliano il mio elettroencefalogramma .
Privo quasi di vita ormai l’unico mio modo per evadere dal quella mia inferma condizione di paralisi del corpo ,non mi restò che continuare a sognare ancora.
Sognare di aver sognato la mia vita ,sognare realtà immaginarie d’inenarrabile bellezza il mio ritorno a casa , i mie giorni pigri in compagnia di Carla con stretto tra le braccia il mio piccolo Dante.
Giungere ove mai uomo s’era avventurato nel mondo metafisico
ove è possibile incontrare spiriti ed entità sopranaturali .
Riuscire a parlare con il Buon Signore per poter ritornare
di nuovo a vivere tra coloro che un giorno m’amarono .
Un impresa difficile quasi sovraumana , prego intensamente.
Poi un mattino vedo una luce illuminare la stanza ,tra l’inteso
bagliore bianco e soffuso dei volti angelici ed una mano sento stringere la mia.
Un intenso calore riscalda il corpo, un fremito di vita corre dentro di me generando elettrici impulsi vitali, apro gli occhi lentamente vedo Carla e Dante piegati sul mio corpo inerme stringermi la mano.
Provo a sentire, odo una debole vocina dire:
Forza Papà…. Mamma ti ha perdonato .
Si Giacomo dice lei commossa :
Guarisci per noi ti rivogliamo insieme per sempre.
Come prima amore mio perdonami e tutta colpa mia.
Avrei dovuto starti accanto ,abbandonarti mai .
Provo ad alzare la mano ,mi sforzo a parlare.
An…ch..io vi vo…g.lio be..ne.
Non sono sicuro che loro mi hanno sentito ,sgrano gli occhi
vorrei saltare dal letto ma mi mancano le forze
così piombo di nuovo nell’oscurità .
Cosa dite Dottore Giacomo c’è la farà ad uscire dal coma.
La prego dottore mi dia una speranza io sono la mamma.
Una madre deve sapere come stà veramente suo figlio.
Signora su non faccia così ci sono buone possibilità .
Ho visto casi ancora più gravi destarsi da questo sonno
profondo e ritornare a vivere di nuovo .
La nostra fede è la nostra speranza.
Signora vedrà tutto passa e muta il tempo e il migliore dottore che ci sia al mondo.
Povero Giacomo era così buono e piangendo la povera donna
scende le scale dell’ospedale ,imbocca l’uscita e senza
neppure voltarsi indietro sparisce tra la folla .
Mentre Giacomo solo disteso sul letto forse in compagnia
di cavalieri erranti e dulcinee da salvare dorme e continua a vivere il suo immortale immaginifico sogno poetico, infinito, dolce, eterno.







*

Il Presepe Delle Meraviglie

HISTORY OF THE NATIVITY

Nell’approssimarsi del santo Natale quando le cime dei monti diventano bianche
e l’aria diventa gelida costringendoti a stare chiuso in casa , ognuno fa promessa
a se stesso dì essere più buono per il prossimo nuovo anno alle porte .
Un profondo senso di serenità accarezza ognuno cullati dal lungo sonno invernale ,un sogno di pace appare nell’animo, un desiderio d’amore e di libertà sembra impossessarsi d’ogni uomo di buona volontà.
Tutti si danno da fare , tra questi il vecchio Gennaro che ogni anno puntualmente prepara per la gioia dei suoi tre nipotini il santo presepio . Il signor Gennaro inizia
a novembre recandosi personalmente nelle vie ove gli artigiani locali hanno bottega
a comprare dei nuovi pastori mancanti alla sua sacra rappresentazione.
Quella mattina d’inizio dicembre usci molto presto, la moglie vecchia anch’ella di settantanni , rimase ancora a letto al calduccio sotto le coperte perché sentiva molto freddo. Esco Concetta vado in centro a comprare quei pastori che mi mancano.
Copriti , mettiti la sciarpa stamattina si gela . Quest’anno si preannuncia un natale con i fiocchi pensa a quanta povera gente non ha un tetto sulla testa
sciagurati quelli che dormono in mezzo alla strada ,con il freddo che fa di sicuro si congeleranno.Poverini e tuo figlio si lamenta di quello che tiene .
Mi raccomanda non fare tardi ,oggi ci viene a trovare la signora Giuseppina con la figlia. Allora faccio tardi …. Ciao ci vediamo stasera.
Ogni anno la stessa storia , mo se ne esce e ritorna stasera
con un pacco pieno di pastori, stelle filanti, miniluci e quant’altro.
Ogni anno spende una fortuna appresso quelle statuette .
Ha settantacinque e sembra un bambino di otto anni.
Gennaro usci di corsa incappucciandosi bene per ripararsi dal freddo andò a prendersi l’autobus , pensando a quando era giovinetto e andava a scuola , i suoi primi amori ai sui amici d’un tempo. L’autobus lo portò velocemente tra le nuvole , tra le ombre
del passato , tra ricordi dolci come il pan di zucchero saporiti come biscotti caldi . Giunto nel vecchio borgo degli artigiani , prese a cercare bottega dopo bottega le statuine che più gli piacevano per addobbare quella sua rappresentazione con passione e fantasia ,ed ogni statuina che prendeva tra le mani cercava in quei volti qualcosa di familiare qualcosa che gli ricordasse fatti e personaggi incontrati lungo il corso della sua vita.
Scava e cerca , vai di qua e di là comprò diverse statuine assai graziose alcune mancanti come il ricottaro , il cacciatore , ciccibacco sopra la botte , benino il pastorello che dorme , la zingara con il bambino , il centurione , gli angeli , l’ubriacone , la lavandaia , le guardie di erode , un nuovo asino ed un nuovo bue , la carta pesta per fare montagne , burroni , palazzi , castelli , osterie con tante finestre aperte dove cosi si può vedere la gente vivere andar a far la spesa accudire i propri figli , fare a botte, amare, sognare. Tutta quelle figure che lui comprava che davvero
vivono per strada e comprano prosciutti , pesci , fichi secchi , castagne, caciotte.
Poi comprò scale , scalette , casette , cammelli e cavalli tutto un arsenale di cose e ricordi d’un mondo che non c’era più ma che viveva in fondo ancora a se stesso.
Tra questi comprò anche delle strane statuine alcune con facce ringhiose, sfregiate che facevano secondo lui da cornice a quel mondo, antico e popolare.
Tornò a casa a sera stanco morto , aveva speso un bel mucchietto di soldi ma era contento felice come mai lo era stato in vita sua.
Andò a dormire con una gioia immensa in fondo al cuore già dentro di se vedeva rilucere quel suo presepio con tante luci e tanti pastori e nella veglia vide il mondo intero animarsi tra qui monti di cartapesta vide ragazzi e ragazze mano nella mano , gente andare di corsa a compare regali , vide famigliole intere sorridere essere felici ,vide l’innocenza dei bambini . Si trovò cosi per magia all’ingresso d’un castello vestito da viandante non poteva credere a sui occhi , si guardo intorno spaesato non sapendo dove andare ne dove fosse, ne dove andare e vedendo da lontano due soldati romani gli andò incontro ma questi con le lance puntate gli gridarono d’andare via di allontanarsi subito. Lui sorrise e con coraggio gli andò incontro e gli disse .
Scusate sapete dirmi dove mi trovo ?
I due soldati minacciosi quasi ringhiando dissero :
Sei a Betlemme questo alle tue spalle e uno dei tanti palazzi
di Erode er grande e tu viandante cerca d’ andà subito
via da qui , se non vuoi finì nelle galere con i ceppi ai piedi .
Ci hanno ordinato di non far entrare a nessuno e ne di permettere a niuno di chiedere la carità per codesti luoghi.
Su vai via prima che venga er centurione a vedere se ogni cosa e apposto .
Chiedo Scusa disse Gennaro , avete detto Betlemme oh che meraviglia e girandosi a guardare in fondo alle valle dal monte in cui si trovava vide tante case ,stradine strette con tanta gente. S’incamminò lungo un sentiero , le guardie di erode passavano
a cavallo , facendosi largo tra la folla gridando .
Un povero cieco perduto l’orientamento per poco non cadeva sotto gli zoccoli dei cavalli Gennaro l’afferrò per un braccio e tirandolo verso di sé lo salvo da una sciagurata sorte. Il vecchio disse : Madonna mia che successo , aiuto io non vedo aiutatemi. Ai rischiato di morire e mancato poco che venissi travolto dai cavalli disse Gennaro. Grazie straniero , chiunque tu sia , non saccio come ringraziarti ,
mi hai salvato à vita .
Vieni disse Gennaro sediamoci qui fuori questa osteria .
Hai fame ?
Tanta straniero son due giorni che non mangio lo stomaco mio brontola ,ed emette strani suoni. Son solo al mondo e vago di paese in paese cantando le storie mie chiedendo avvolte a carità per vivere , suonando la cetra ed il liuto .
Dopo magnato ti faccio sentire se ne hai voglia qualcosa.
Va bene ,vediamo se possiamo mangiare qualcosa e messo la mano nella tasca tirò fuori con sua somma meraviglia un sacchetto di monete d’argento e chiamato così l’oste questo corse veloce al tavolo e disse : Ci potrebbe portare qualcosa di buono da mangiare ,abbiamo tanta fame.L’oste un omaccione con un naso a peperone gli rispose :
C’è stà una bell’ anatra insaccata cotta da poco e del buon vino.
Gennaro rivolgendosi al suo compagno cieco disse :
hai sentito un anatra ripiena sei contento tra poco ti sazierai .
Grazie straniero disse il cieco oggi sono stato veramente furtunato nell’incontrarti.
Va bene oste portaci presto questa anatra e del pane e in più un anfora del tuo vino migliore. Subito , ma prima chiedo venia non per mancare rispetto ,
vorria vedè con quali soldi mi pagherete .
A chisti tavoli troppa gente si assetta e con la scusa d’essere pellegrini affidandosi alla clemenza e all’ospitalità dovuta ai forestieri s’ingozzano a sbafo senza cacciare un becco di un quattrino.
Gennaro tirando lesto dalla tasca il sacchetto fece ruzzolare sul tavolo le monete .
Soddisfatto adesso .
Va bene padrone in un battibaleno avrete l’anatra ben cotta
sul vostro desco. Mangiarono di buon appetito ed il cieco
dopo aver pulito la sua scodella si disse molto soddisfatto.
Adesso vorria cantare per te , ascolta spero ti piaccia.
Gennaro grattandosi il capo sorridendo disse va bene
fammi sentire ed il vecchio aedo prese la sua cetra ed incominciò a raccontare .
Voglio narrarti dell’accorto eroe che tanto erro per l’universo
poiché le sacre a terra sparse Iliache mura, che di molte genti
visitò le metropoli , l’indole conobbe; Che sul pelago ancor patì nell’alma immensi affanni, onde condurre in salvo, sé medesimo esponendo, i suoi compagni. Ma i compagni bramò condurre invano ché di lor nequitose opre perirono.
Cos’ inizio il suo canto accompagnato da una dolce lira che attrasse in un istante tanta gente che passava di li per caso fattasi intorno a lui prese ad ascoltare quel poema. Cosi viste le prime stelle ai confini del cielo luccicare
sul mare al tramonto Gennaro salutò il vecchio cieco e riprese
il suo cammino per quelle stradine strette in cerca di qualcosa
che neppur lui sapeva dove fosse, ma che sentiva in cuor suo sempre più vicina.
Scese per strade sorde invase da gente d’ogni genere
proveniente da mondi lontani ,gente lazzarona , stracciaioli ,
con in mezzo tanti carrettini zeppi di verdure.
Che gridavano:
Puparuolo e aulive !
Magnateve ò cocco! Magnateve ò cocco !
Rroba vecchia !
Pallume p’ allesse ! Pallume p’’allesse !
E mellune chine è fuoco !
A pizza cu ‘alice ! A pizza cu ‘alice !
E lazze p’ ‘e scarpe ! E lazze p’’e scarpe !
A capa d’ o purpo ! A capa d’ o purpo !
‘O Roma !
Chella bella mamma d’ o carmine v’ o ppava!
Nun m’ ‘o ppozzo faticà !
Accattateve ‘ e piatte !
Sei tuvaglie cinche lire !
Noccioline Americane !
Cicchignacco ‘ int’ ‘a butteglia !
O zì’ monaco ‘ mbriacone !
‘O veleno p’ ‘e scarrafune!
A dummeneca addo ‘ t’ ‘a faie?
Inoltre cammellieri e mercanti di spezie ,pellegrini , gente
proveniente da lontano per il censimento affollavano le strade.
Ed un aria di festa rendeva ogni cosa bella in una bottega
di vinaio gli sembrò vedere Roberto Benigni quel noto attore toscano bere vino e recitare alcuni versi di Dante :
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinnova la paura! Tant' è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.
Erano questi i primi versi della Divina Commedia che Gennaro riconobbe perché l’aveva studiati a scuola. Continuò così il suo cammino e chi gli voleva vedere un aspirapolvere , chi lo invitava a giocare a dadi o alle tre carte , chi cercava di mettergli le mani in tasca per rubargli alfine qualche moneta d’argento .
Le voci si rincorrevano all’unisono dolci amare una folla enorme
un fiume di gente d’ogni lingua e cultura vide pure personaggi famosi come qualche noto giornalista radiotelevisivo in compagnia d’un suo amico comprare regali in una umile bottega d’artigiani ,più scendeva verso valle per quelle strade tortuose
e più comprendeva la natura umana ,comprendeva storie
mai comprese , cresceva in lui un sentimento mite di pietà e compassione una gioia universale che varcava ogni limite della ragione umana , diveniva incompressibile un mistero di cui solo il credere sapeva spiegare e giustificare.
Vide da lontano una luce senza fine abbagliarli gli occhi spingerlo verso di sé ,una luce calda immensa un dolce calore Gennaro prese ad andargli incontro alzò il passo e s’affrettò tra le bancarelle di libri e chincaglierie provò a raggiungerla ,
si fece largo tra la folla s’ afferrò perfino ad una coda d’un cammello d’una lunga carovana di saggi principi orientali e nell’andargli incontro rivide così per un attimo tutti gli orrori di questo mondo ma anche la volontà ed il desiderio di pace emergere faticosamente dal dialogo tra diversi popoli.
La luce si faceva chiara e rada dalla lunga scia prese forma
d’una stella cometa che lo guidò verso un umile capanna lui lì s’inginocchiò commosso alla vista d’una madre e d’un padre intorno al loro pargolo, l’ amore
che emanavano non aveva tempo e luogo un infinita dolcezza
un senso di salvezza ed egli a quella scena incominciò a piangere in silenzio .
Le lacrime gli corsero lungo il viso e non seppe più trattenerle
si senti ritornare fanciullo ,puro come un tempo, senti di essere giunto al principio e alla fine del suo cammino e quando commosso ad un tratto vide la piccola mano del divino pargolo tenderla verso di lui una musica dolce si sparse per l’aria
ed accompagnò un tenero canto :
Tu scendi dalle stelle o Re del cielo, e vieni in una grotta al freddo
e al gelo, e vieni in una grotta al freddo e al gelo.
O Bambino mio divino, io ti vedo qui a tremar. O Dio beato!
Ah! Quanto ti costò l'avermi amato. Ah! Quanto ti costò l'avermi amato. Si sveglio cosi di soprassalto apri gli occhi e la moglie Concetta in cucina gli gridò Gennaro svegliati oggi è Natale.
Sbrigati ci sono tante cose da fare tra poco arriva Maria
con il marito metti in un posto sicuro il presepio non facciamo
come l’anno scorso che Giuseppe te lo fece cadere per terra
rompendo la stella cometa ed alcuni pastorelli.
Hai ragione adesso mi alzo subito tra poco e terminata
la nostra pace Brrr che freddo.
Concetta cosa hai preparato di buono oggi ?
Ho fatto un po’ di brodo di gallina .
Buono a me mi piace tanto il brodo caldo
con un po di pastina dentro è una delizia .
Concetta hai visto le mie scarpe ?
Sono sotto il letto.
Eccole lì .. e tu cosa ci fai qui sotto, chi sei?
Zitto non gridare sono la Befana cercavo un paio di scarpe rotte. Concetta aiuto …..


*

Esodo D’Agosto

ESODO D'AGOSTO

Partire dimenticare tutto il male ,la crudeltà sociale , il dibattersi dentro un cupo baratro . La città é deserta ,silenziosa sotto un sole che spacca le pietre.
Il mondo e andato avanti ti ha dimenticata in una angusta stanzetta a sognare spiagge bianche e immense, un mare cristallino. Correre felice sul bagnasciuga ,giocare a palla ,conoscere nuovi amici. Magda guarda dalla sua finestra al settimo piano d'un anonimo palazzo di periferia,tetro con tante finestre dagli occhi tristi .
Un anonimo palazzo grigio come il cielo della metropoli in cui vive.
Spinge con forza le ruota della sua inseparabile sedia a rotella,s’affaccia alla finestra prova a scorgere qualche conoscente di passaggio . Se solo possedessi
la forza di alzarmi da questa sedia ,ma non posso, sono paraplegica dalla nascita.
Non c'é la farò mai, da sola ,tra poco ritornerà la mamma da lavoro. Mi ha promesso che questo fine settimana andremo al mare, sono stufa di stare chiusa in casa.
Il caldo é insopportabile mi sembra di impazzire .
Il campanello squillò , sentì la porta di casa aprirsi.
Magda .
Si .
Dove sei ?.
Mamma sei ritornata, sono qui nella mia stanza.
Vieni, corri a vedere ti ho portato ,delle cose buonissime ,
Dove ti sei nascosta ? Non vieni a darmi un bacio di bentornata.
Corro scusami ,eccomi.
Piccina mia abbracciami ,quanto mi sei mancata domani come promesso andiamo al mare.
Ho comprato panini e bibite da portare con noi. Grazie mamma ti voglio tanto bene .
Non sai io quanto te ne voglio ,tu meriti ogni bene di questo mondo. Dopo che quel farabutto di tuo padre ci ha abbandonato entrambi ad una disperata esistenza per andare a vivere con la sua amante, madre anch' ella di tre figli ho perso qualsiasi entusiasmo . L'unica ragione per vivere ancora, sei tu.
E si asciugò gli occhi grandi e chiari ,limpidi come il cielo .
La notte passò serena, Magda sognò di nuovo di correre e nuotare , senti l'odore del mare e la sua mente il suo corpo si riempirono di gioia. La mattina presto si alzò per prima, a fatica riuscì come sempre a salire nella sua carrozzella ,corse a svegliare la madre che sembrava dormire ancora profondamente , gridò : mamma e tardi dobbiamo andare al mare. Ma ella non rispose si avvicinò la strattonò più volte ma fu tutto inutile ella non si mosse . Così urlo e a fatica uscii di casa gridando aiuto , ma nessuno sentì le sue invocazioni , la sua richiesta d'aiuto , l' unica risposta fu l'abbaiare d'un cane lasciato solo legato fuori al balcone con una scodella piena da mangiare , tutti i vicini di casa erano andati quel giorno a mare .
Era rimasta sola in quell'enorme stabile , non c 'era nessuno , neppure, la vecchietta del quarto piano , erano tutti al mare ,corse a telefono provò a chiamare la polizia, l'ospedale, ma rispondeva sempre una voce registrata ci lasci il suo recapito telefonico la richiameremo noi al più presto. Dopo diversi tentativi, un autista di una autoambulanza fuori servizio del 118 rispose alla sua richiesta d'aiuto. Ritornò vicino la madre che giaceva nel letto priva di vita ,colta forse da un malore improvviso durante il sonno. La vegliò per ore piangendo disperata implorando un miracolo . Ma fu tutto inutile. Una finestra si spalancò di colpo ed un vento entrò in quella sfortunata casa insieme alle tante voci di gente che correvano in macchina o in treno che attraversavano monti e mari alla ricerca d’una effimera felicità di un luogo ameno ove trascorrere le loro sognate ferie estive. Lontano dall’orrore e dalla monotonia della civiltà moderna.

*

Sogno Di Poseidone

IL SOGNO DI POSEIDONE





Poseidone nome dato in onore del Dio del Mare ,era un piccolo cefalo dorato con una macchietta nera sull’occhio sinistro . Quando nacque Poseidone insieme ad altri trenta fratellini e sorelline, la mamma ed il papà la signora Cefalina ed il signor Cefalino invitarono un sacco d’amici alla festa della loro nascita .
Giunsero così dai lontani mari freddi e tropicali, amici
e parenti e con loro , tanti doni per i piccoli appena nati.
Fu una gran festa e si divertirono molto, i vari invitati.
Papà Cefalino De Cefaloni lisciandosi i baffetti fù veramente soddisfatto di quella covata, che alla sua signora moglie regalò una collana di perline, decorata a mano , lavorata nei lontani mari del sud . Dopo quella gran festa , i pesciolini iniziarono a pinnegiare di qua e di là sempre accompagnati dalla mamma e dal papà.
Sfilando tutti allineati , birichini e sorridenti tra l’alghe e le rocce
in fondo al mare. Era una bella scena di famiglia , tutte le comare della barriera corallina , non facevano altro che parlare bene di quella famigliola. La signora calamara apostrofava i suoi piccoli , sul modo corretto del nuotare dei piccoli cefalini perfino la scorbutica signora Dentice ne rimase incantata
e ne parlava bene con chiunque avesse ad incontrare.
Poseidone cresceva nel gruppo insieme ai suoi fratellini e sorelline
si divertiva un mondo con loro soprattutto quando si ritornava a casa all’interno
d’una piccola grotta sottomarina e si poteva giocare di nascosto a tirare i sassolini
o giocare con la palla di corallo. Anche se continuava ad essere una ammonizione da parte dei genitori a non avventurarsi da soli lungo il grande mare per Poseidone
e i suoi fratelli era una tentazione irresistibile .
Il grande mare non aveva un fine ne un inizio , un mistero profondo.
Spesso Poseidone notava delle luci verso la superficie,
dell’ombre vaghe che l’attiravano confuso, avrebbe voluto nuotare
verso di loro andare a vedere cosa fossero.
Ma la paura , e le raccomandazioni dei genitori lo fermavano facendogli bloccare
la pinna , e ritornare a nuotare dritto verso altre mete.
Per diverse notti Poseidone sognò , di vedere da vicino quell’ombre e quelle luci
in superficie, colori e figure leggiadre nella luce solare ma mentre nuotava felice verso di loro si trovava prigioniero in una grossa rete insieme ad altri pesci grandi e piccini. Il bel sogno si tramutava in un incubo , si svegliava di colpo
impaurito correva a nascondersi sotto la grande pinna della mamma in attesa che passasse quello strano spavento. Una bella mattina, uno stridulo suono corse fin sotto al mare era una fischio prolungato e potente da far vibrare le squame
dell’ udito. In lontananza apparve una grande ombra oscura s’ avvicinava sempre più verso di loro. Papà Cefalino corse a vedere cosa era e dopo aver quasi volato a pelo d’acqua, vide con suo stupore un gigantesco transatlantico avvicinarsi minaccioso sbuffando grossi nuvoloni neri dalla canna fumaria verso la costa.
Corse a più non posso, per avvertire tutti gli altri abitanti
di quel breve tratto di mare dell’imminente pericolo .
Corse a perdifiato per mettere in salvo l’intera sua famiglia,facendo lunghissimi balzi in avanti. Mamma Cefalina preoccupata come non mai teneva i suoi figlioli al riparo dentro una piccola caverna marina, ammonendoli di non muoversi da lì per nessuna ragione al mondo.Una volta tutti al riparo, il grande transatlantico giunse nelle loro vicinanze
ed il timore intuito divenne subito terrore poiché nel suo passaggio delle grandi onde smossero ogni cosa , provocando vortici e correnti che risucchiarono
tutto ciò che vi finiva dentro.Poseidone fù uno dei tanti piccoli pesciolini ad essere , risucchiati dalla corrente e venne trasportato lontano dalla sua famiglia.
Furono ore e giorni duri , ritrovarsi solo , in mezzo al grande mare,
indifeso , preda facile di tanti malintenzionati.
Non sapendo cosa fare incominciò a nuotare a più non posso in lungo e in largo per il grande mare, gridando con tutte le sue forze i nomi dei suoi fratelli e delle sue sorelle , che non vedeva più. Fu così , nuotando sfinito , affamato
riuscendo chi sa come a sfuggire ai tentacoli d’una grande medusa
Nuotando a più non posso sempre più verso il fondo ,
si rifugiò al fine in un vecchio veliero disteso sul manto sabbioso .
Dei grandi cannoni di bronzo ,e grossi botti erano disseminati ovunque, Poseidone s’infilò dentro, in attesa che passasse il pericolo per poter
ritornare a ricercare la sua famiglia. In quel luogo oscuro tra le travi corrose di legno , ebbe modo di fare amicizia con un simpatico
pesce pappagallo di nome Glauco giunto sulla scia spumosa dell’eliche del grosso transatlantico . Aveva viaggiato a lungo , schivando le fauci di pescecani
e grandi pesci predatori sempre pronti a volerselo pappare in un sol boccone.
Aveva infranto, causa la sua innata curiosità la regola
d’ allontanarsi sconsideratamente dalla barriera corallina
ove vivevano tutti gli altri componenti della sua famiglia.
Dopo essersi presentati e raccontato le loro rispettive vicissitudini
Poseidone e Glauco si giurarono eterna amicizia, d’aiutarsi fraternamente a ritornare a casa per poter riabbracciare i loro rispettivi familiari dispersi.
I due amici impauriti , dopo essere rimasti a lungo al riparo
dentro la pancia del vecchio veliero , ed essersi raccontato
ogni cosa della loro vita , spinti da un certo brontolio allo stomaco
incominciarono a veder doppio dalla fame , con prudenza
si spinsero intimoriti fuori in mezzo al mare alla ricerca di qualche alga da sgranocchiare o mollusco o rametto d’erba marina
da mangiare. Nuota nuota trovarono ogni ben che soddisfò
la loro fame. Finito il bel banchetto , il pesciolino Pappagallo Glauco cantò delle belle canzoncine che fecero addormentare Poseidone beatamente.
Dopo aver dormito tutta la notte nella pancia del vecchio veliero
in fondo al mare ,Poseidone e Glauco furono svegliati dalla luce
del sole. Schizzarono lesti dal loro nascondiglio e facendo mille capriole rincorrendosi l’un l’altro , ripresero il loro viaggio .
Ma questa volta non riuscirono a fare tanta strada , poiché tutto
un tratto si sentirono presi in una grande rete trainante che faceva
man bassa d’ogni forma viva in fondo al mare.
Poseidone voleva gridare, ma si sentiva inerme era rivivere quel suo sogno che faceva da piccolo, ma adesso purtroppo era tutto vero e lui non poteva fuggire a nascondersi sotto la grande pinna della mamma poiché era solo, indifeso contro qualcosa
che aveva sempre temuto un dì s’avverasse. Si vide portare verso la superficie ,
l’azzurro del mare diveniva celeste e bianco , non riusciva
a distinguere bene le forme , vedeva grandi braccia tirare su
la grande rete, e uno strano essere con un grande barba scura ridere soddisfatto di sé. Furono attimi terribili, provò a chiamare Glauco , lo cercò tra le centinaia di pesci
e piccoli calamaretti , si girò e rigirò, poi tutto d’un tratto lo vide balzar fuori
con in capo una grande alga verdognola e sorridergli .
Poseidone sono qui , tutto bene, come riusciremo a fuggire adesso da questo imbroglio?
Sempre gridando Poseidone rispose : Non lo sò
Prova a farti venire qualche idea mondo pesciolino !
Se no finiamo entrambi in padella!
Poseidone pensò tra sé : Ora sé ci fosse papà saprei cosa fare.
Dopo essere stati tirati su in barca , il pescatore contento
apri le rete e la svuotò sul fondo della barca,
aveva fatto una buona pesca, al mercato tanta roba fresca
l’avrebbero pagata sicuramente bene.
Forse da quel pescato avrebbe potuto anche portarne un po’
a casa , e chi sa regalarne un po’ a mastro Biagio che gli aveva aggiustato la rete
il mese scorso senza prendersi pagato.
Era contento il pescatore prese a cantare , pensando di ributtare
di nuovo la rete in mare per un ultima volta e far ritorno piano verso la costa. Svuotata per intero la rete ,Poseidone cadde in mezzo a tanti pesci , in tanti piangevano e si disperavano gridavano: Voglio la mia mamma. Poseidone senza farsi prendere
dal panico , dopo essere finito accanto ad un polipo monco
d’un tentacolo provò a guardare meglio dove si trovava e guarda qua guarda là, cosa vedono i suoi occhi i suoi fratellini e le sue sorelline disperati e piangenti.
Oh Dio! disse : mondo pesciolino i miei fratelli e le mie sorelle !
Provò a chiamarli e loro dopo averlo riconosciuto e riabbracciato
gli raccontarono come fosse malauguratamente caduti anche loro nella rete mentre nuotavano tutti insieme alla ricerca di cibo
al largo d’un promontorio. Mamma e papà, sono salvi ? disse Poseidone .
Non sappiamo nulla dove sono finiti , erano scesi in fondo
al mare quando noi in attesa della loro risalita dagli abissi,
siamo stati presi nella rete per nostra sfortuna.
Come faremo adesso ad uscire da qui Poseidone, gli chiesero tutti in coro.
Poseidone si gratto il capo con la pinna e disse non lo sò
mondo pesciolino ci vorrebbe solo un miracolo.
Così l’inaspettata sorte giunse come il vento di ponente.
Un surfista astigmatico e anche un po’ miope privo degli occhiali
mentre provava una tavola da surf con vela , corse come il vento su d’un onda poi un’altra ancora per andare a speronare con un gran botto la povera barca del pescatore.
L’urto fu molto forte , la barca si catapultò ruotandosi su se stessa fece cadere in acqua il pescatore e l’intero pescato di quel giorno.
Le parolacce non si possono elencare . L’imprecazione furono
tante. Il pescatore infuriato nero voleva stringere le sue grandi mani intorno al collo dell’orbo surfista, che poverino avendo ingoiato molto acqua e in stato confusionale gridava: Aiuto aiuto salvatemi ve ne prego annego! Intanto i pesciolini di nuovo liberi nel mare nuotarono lesti lontano da luogo , per ore tutti insieme uniti in branco, e solo dopo essersi sentiti stanchi e sfiniti e nascosti in una grande grotta marina
si dissero salvi. La gioia di ritrovarsi fù grande Poseidone riabbraccio felice
come non mai i suoi fratelli e le sue sorelle .
Un pesce trombetta , ed un pesce chitarra insieme
ad un pesce tamburo presero a suonare un motivo allegro che allietò l’incontro.
La notizia della loro liberazione non tardò a farsi udire, di bocca
in bocca sull’eco dell’ onde marine la lieta notizie si sparse
per i sette mari. Un anziano merluzzo conoscendo per caso
i genitori dei pesciolini salvi, corse lesto a cercarli , li trovò
al calar del sole afflitti e disperati , gli comunicò la felice notizia.
Schizzarono nell’acqua ed abbracciarono l’anziano merluzzo fecero giro tondo quanto è bello il mondo , e dopo averlo tanto ringraziato corsero dai loro piccoli che l’attendevano intimoriti nella grotta.
Ci fù così una gran festa durò tre giorni , tantissimi invitati
che mamma Cefalina stremata e felice d’aver ritrovati i suoi figlioli
s’addormentò di colpo in una conchiglia . Nel bell’evento in corso
segui inaspettato anche la promessa di matrimonio d’una sorella
di Poseidone con Glauco il pesce pappagallo suo amico della passata avventura.
In seguito ebbero tanti pesciolini pappagallo che fecero la gioia
dei zii e soprattutto di Poseidone che amava molto i bambini.
Per questo aprii una scuola di salvataggio , e insegno a tutti pesci dei sette mari come difendersi e cosa sapere sul quel grande essere che ha il nome di Pescatore.
Il mare dopo tante avventure sembrò ritornare sereno e piatto riscaldato dall’estivo sole, solcato in volo solo da qualche gabbiano solitario, bianco come una nuvola in mezzo al cielo azzurro,precipitante in acrobatiche picchiate a caccia
di qualche cosa da mangiare. Ma questa è un’altra storia che vi racconterò un altro giorno adesso vi basta sapere che i nostri amici son felici
là giù in fondo al mare tutti insieme cullati dal canto marino
delle sirene regine di tante mitiche leggende mediterranee.

*

La Memoria Della Luna

LA MEMORIA DELLA LUNA



Un giorno, un uomo improvvisamente perse la sua memoria, non si ricordava più chi fosse, da dove veniva, quale era il suo nome, confuso in quello stato si mise a cercarla ovunque andasse, vagando romito chiedendo a chiunque incontrasse, persone o cose, chi egli fosse. Provò perfino, stanco di vagabondare per mezzo mondo senza trovar risposta alcuna, di chiedere alla luna che, lucente, s’affaccia nel cielo trapunto di stelle e veglia sulla terra. Sai dirmi vegliarda luna, tu, regina della notte, chi sono io? La luna còlta di sorpresa e non sapendo in quel momento cosa rispondere a quella domanda disse: "Mi dispiace, vorrei aiutarti ma, vedi, son tanto vecchiaa nch’io, così tanto da non ricordare a volte eventi del mio passato, e poi, guarda, ho tante cose da fare come illuminare la terra, far luce su quelle disgrazie che colpiscono ogni essere vivente nell’ore oscure".
Scusa, disse il vecchio amareggiato, e proseguì per la sua strada recandosi lesto da una stella assai luminosa. E tu, Stellina che brilli lassù nel cielo sai dirmi quale è il mio nome, chi sono io? "Bella domanda" rispose la stellina, "guarda sei capitato proprio nel mio giorno sfortunato, ho perduto un mio frammento e non riesco più a trovarlo, sono molto imbarazzata, vorrei aiutarti, ma se non trovo quella parte di me staccatosi involontariamente e caduto chi sa dove nel vasto universo, sarò costretta a spegnermi lentamente e a scomparire per sempre". Va bene stella, ti saluto non voglio farti perdere altro tempo prezioso.
Il buon vecchio s’incamminò di nuovo facendo ritornò sui suoi passi, andò a bussare ad ogni porta incontrasse, ogni ufficio, pubblico o privato, ogni luogo di culto che gli potesse essere utile per ritrovare quella sua memoria perduta.
Passarono giorni, mesi, anni, guardarsi allo specchio e non sapere chi fosse, per il povero vecchietto diventò un gran problema. Quasi una colpa, un castigo per quella sua esistenza.
Essendo solo, senza parenti, decise dopo tante peregrinazioni, di far ritorno a casa sua e di starsene finalmente in pace con sè stesso nella sua casa comodamente seduto nella bella poltrona appartenuta un tempo a suo nonno ed aspettare che un miracolo avvenisse. Aspettò un giorno, due, un mese ed un anno e forse più, attese tanto che divenne sempre più decrepito e debole.
Il mondo s’era dimenticato di lui e lui del mondo che gli aveva dato si una vita difficile, ma dignitosa, che lui con orgoglio aveva affrontato.

La memoria è un bene prezioso, storia di un individuo, d’un popolo, noi siamo il prodotto del passato, viviamo immersi in esso, la storia ci guida attraverso una realtà universale ed individuale verso un singolare destino. Nel passato soltanto, nelle opere compiute, l’umanità acquista nozione e consapevolezza di sé stessa, di ciò che è e dei suoi valori, dei suoi errori, fiducia nei suoi ideali, avversione ed orrore per le cose negative e demoniache che la insidiano continuamente lungo il corso naturale dell'esistenza.
Non bisogna mai dimenticare il proprio passato, ciò che fummo, un giorno forse potremmo ritornare a credere nella pace e nel rispetto verso il prossimo di qualsiasi colore esso sia.

Il vecchio così s’addormentò, con quelle riflessioni e provò a sognare ciò che un giorno egli era stato: rivide per un istante la sua vita scorrere momento dopo momento, attimo dopo attimo, divenire, soffrire, amare, sognare, credere; rivivere quelle intime emozioni lo rese felice, nel sonno cominciò a correre ad abbracciare le persone care scomparse, ma mentre correva prese ad avvicinarsi sempre più alla tetra signora della morte.
Il vecchio le andò incontro affondando i piedi nella neve, insieme ai suoi compagni di sventura, spinto da una mano crudele verso neri forni infernali dalle terribili fauci che continuamente bruciavano ed emanavano un forte lezzo.
Si sentì chiamare nel sogno: "Compagno vienimi ad aiutare, questa pietra è troppo pesante". Ma, su quella scala, come una maledizione, un soldato gli si avvicinò e lo colpì con un bastone. Il povero vecchio crollò a terra distrutto, e l’aguzzino gli disse: "Vedrai signor nessuno di massi ne porterai non uno ma due".
Ed il vecchio sofferente rispose con un filo di voce: "Ne porterò due ed anche tre, non ho paura, sono forte e, se non sei codardo, ti batterai con me fino alla fine del tempo.
Ma quando giunse il suo turno, trascinandosi in lacrime, il vecchio chiese alla morte: "Signora la prego mi risponda chi sono io?" La signora in quel momento angusto, sorrise e si tramutò in un angelo di luce e gli rispose: "tu sei mio figlio" e l’abbracciò baciandolo sulla rugosa fronte.
Il vecchio ritornò così ad essere un bambino, gli ritornò alla mente il suo passato, la sua vita e con quei ricordi chiuse gli occhi e dolcemente si addormentò per sempre tra le braccia d’un angelo che lo condusse in cielo cantando il Cantico dei cantici.


*

La Canzone Degli Assassini

LA CANZONE DEGLI ASSASSINI

La pioggia scrosciava forte , fitta e silenziosa seguendo un ritmo d’una danza frenetica nell'aria ,fredda, bagnando ogni cosa sentimenti ,sconfitte, il passo veloce del bimbo e dell’uomo che corrono ignari insieme verso casa , verso un riparo sicuro . Il bar era affollato pieno di fumo di sigarette consumate una dietro l' altra il frastuono di una musica assordante unita alle voci delle persone che giocano
a briscola o a poker con alle spalle dolori e sorrisi ,rabbie e violenza . Marco si guardò intorno impaurito la forte pioggia l'aveva spinto ad entrare in quel rifugio di giocatori incalliti tutti muscoli e poco cervello ,capaci di spaccarti le ossa con un pugno ,gente semplice di borgata abituata a lavorare e a trattare male chiunque mostra d’essere debole davanti a loro. Gente dura, qualcuna con un sacco di soldi da spendere ,guadagnata spesso volte in modo illecito . Proprietaria di terre e casamenti , avida fino al midollo , fiera della sua ignoranza e della cultura legata alla sua terra . Marco bagnato dalla testa ai piedi infreddolito attese che la pioggia concedesse una breve tregua per poter far presto ritorno a casa. Un grosso omone con una faccia sinistra due occhi neri di ratto pronto a morderti, lo guardò insospettito ,Marco in un primo momento non ci fece caso poi guardando quelle facce segnate con tante cicatrici provò uno strano timore. La pioggia continuò a scendere forte , allagando strade e fossati poi pian piano come una musica che scema nella sua dolce e candita melodia si placò lasciando giungere la quiete dopo la tempesta.
In quel momento Marco ne volle approfittare e sgaiattolato fuori dal bar prese a correre verso casa, sollevato nel lasciarsi dietro le spalle quel postaccio con tanti brutti ceffi. Ma fatto un centinaio di metri ebbe la sensazione d'essere seguito
si guardò indietro la strada era deserta un ombra apparve radente sui muri allungò la sua mano tentando di afferrarlo . Marco terrorizzato scappò a gambe levate facendosi sbucare dietro la schiena un paio d'ali . Spalancando le bianchi ali volò ,veloce sempre inseguito da quella oscura ombra che compiendo grandi salti provava ad afferrarlo tra le sue grinfie. Marco volò sui tetti delle casa sulle strade bagnate tra il dolore del tempo che passa. Volò e non si voltò più indietro arrivò alla sua piccola casa con il cuore in gola e un terribile spavento. La madre
nel vederlo bagnato fracido che starnutiva ogni momento ,febbricitante si preoccupò assai e chiamò subito il dottore che corse a casa a visitarlo . La febbre rimase alta per tuta la notte Marco delirò nel sonno: gridò vattene via ombra malvagia , non ho paura di te . Aiuto ,aiuto ho visto un gruppo d’ assassini e quest’ultimi gli cantavano in coro : Vieni con noi giochiamo con la morte la rincorriamo intorno al mondo. Vieni , sarai come noi .Dietro ad un muro aspettiamo
con un coltellaccio pronti a colpire dietro la schiena . Vieni ,diventerai come noi vittima e carnefice. Vieni , balla con noi la danza degli assassini. Gioca a carte fuma e bevi ,vieni ragazzo non aver paura e un mondo di ladri questo e noi siamo
i suoi principali protagonisti. Vieni ,vieni balla la danza degli assassini ammazzalo, ammazzalo non fartelo scappare . Ahahahah….
Povero Marco si girò e rigirò nel letto sudato in preda a quelle visioni non riusciva a prendere sonno poi giunse il mattino e con la luce Marco stanco s’addormentò la febbre scese di colpo e quando si svegliò trovò tante persone care intorno a lui che l’ assistevano teneramente . Pian ,piano ritornò così a sorridere alla vita come se nulla fosse mai accaduto mentre gli incubi della notte si rifugiarono insieme alle ombre della sera in seno al crepuscolo in attesa di un nuovo indifeso passante per quelle strade isolate.

*

Scarpette Incantate

SCARPETTE INCANTATE


Come ogni anno una buffa vecchina a cavallo della sua scopa attraverso paesi e terre desolate sopra i monti innevati , trasportando sulle sue spalle un sacco colmo di regali.
Lo compie affrontando mille difficoltà per esaudire ogni desiderio.
Seguendo le luci in lontananza che brillano nel buio ,ascoltando il palpito
dei cuori che battono all’unisono , viaggia attraverso un mondo oscuro tra paesi minuscoli ,per giungere in un luogo incantato ove ogni casa e così piccola
che ci vuole una lente d’ingrandimento per vederle ,
là in molti lavorano cantano e sognano un mondo diverso.
Nel paese delle vecchie ciabatte ove tutti son ciabattini
e fanno calzature alate con tacchi a punta d’oro fino .
Calzature miracolose che ti possono far camminare
per giorni interi senza mai farti stancare.
Attraversare dimensioni e mondi fatati ,per monti e valli con ai piedi
tale miracolose scarpe camminare puoi ovunque tu vuoi .
Il paese dei ciabattini e il paese degli gnomi e dei bambini
abbandonati che hanno imparato un mestiere ,
guidati dal gran calzolaio, fabbricano e forniscono scarpe prodigiose ,
ad ogni persona bisognosa, desiderosa di farsi strada
nella vita ,che sogna d’ andare lontano per giungere un giorno ad una sua soddisfazione , ad un amore , ad una speranza a una nuova ragione
per vivere in pace nella propria terra.
Scarpe che vengono regalate di notte ai poveri , agli ultimi ,
a coloro che né son privi a chi non sa dove andare.
Vengono lasciate vicino al proprio letto o giaciglio,
qualche volta appese al camino . Così al mattino il poveretto
li trova, li calza per curiosità e camminando diventa un altro .
Calze che si riempiono di ogni cosa tu desideri , caramelle cioccolatini ,
giocattoli , macchinine , telefonini ,
titoli bancari , rubini ,diamanti , dei pacchi pieni di serenità .
Le scarpe magiche fatte nel paese dei ciabattini
son intimi sogni , son storie raccontate di notte ai bambini
che hanno paura del buio , sono il sorriso degli innocenti
di questo mondo , sono un desiderio di pace,
una dolce speranza trovata per caso in fondo ad una calza.

*

L’albero Della Vita

L’ALBERO DELLA VITA




In prossimità delle feste di fine d’anno il signor Antonio Natale incominciò a girare negozi e mercatini, per trovar gli oggetti mancanti per addobbare il suo albero natalizio , quest’ultimo avrebbe dovuto far morire d’ invidia tutti il vicinato, Antonio aveva intenzione di fare un albero cosi grande come non sé ne era mai visto. Dai rami lunghissimi che sarebbero usciti dalle sua finestre verso il cielo avrebbero superato il tetto di casa per risplendere ricolmo di palline e stelline ninnoli e campanellini, miniluci e quant’altro. Avrebbe fatto un grande albero ma non avrebbe fatto mai e poi mai il presepio. Il presepio non lo voglio fare ,non m’interessa voglio fare solo l’albero andava ripetendo a chiunque incontrasse o si trovasse a discutere di cosa fare nell’approssimarsi dei giorni festivi. Un albero enorme voglio addobbare un abete meraviglioso pieno di luci, l’albero più bello di questo mondo tutti dovranno vederlo splendere da ogni luogo di questo mondo dal polo nord al polo sud. Di presepi in vita mia ne ho fatti più di mille per quest’anno basta faccio solo l’albero , alto cosi alto che dovrà toccare
il cielo così ogni folletto o spiritello si potranno arrampicarsi
scendere e salire andare a fare magari un po’ di shopping dove gli pare.
Il mio albero unirà il cielo e la terra simile ad un ponte
congiungerà l’inferno al paradiso così magari si potrà
andare in paradiso a vedere come sé la passano salutare
qualche pia anima , un amico defunto ,una persona cara.
Lo farò pieno di luci intermittenti a mille giochi di luci dai svariati colori .
I giorni che passarono Antonio di notte nei suoi sogni incominciò ad avere strane visite ora un pastore con una pecora smarrita sulle spalle veniva a bussare alla porta del suo dormiveglia la prego signor Antonio faccia il presepio come faranno
le mie pecorelle a vivere non potranno più brucare l’erbetta
sopra i monti mangiare il dolce trifoglio di marzapane ,
se non fa il presepio come potrò incontrare il veterinario
a far guarire la mia pecorella zoppa.
Antonio a quei sogni si svegliava di colpo correva a farsi
una camomilla e continuava a ripetersi : no non farò mai e poi mai il presepe quest’anno farò solo l’albero ho deciso e ritornava a dormire.
Durante una notte dopo che lui aveva passato tutto il giorno
a decorare l’albero di mille luci colorate nel bel mezzo della notte
venne un fornaio orsù gli disse fate il bravo Antonio fate anche questo presepio
la gente ha fame i pellegrini debbo mangiare
son stanchi del viaggio sé lei non fa la grotta del panettiere
dove io cuocio il pane ,cosa mangeranno i pellegrini ed i viandanti.
Di li a poco sbucò anche la vecchina delle caldarroste
ed io ho raccolto questo sacco di castagne con le mie mani
sopra un monte aspro per la gioia dei passanti , ed anche il venditore di lupini ,
ed il ricottaro si lamentarono nel suo sogno Antonio ,lei toglie il pane dalla bocca
a nostri figli sé non fa il presepio come vivremo noi . Antonio a queste lamentele
nel suo dormiveglia si svegliava di colpo e correva in cucina a bere
un bicchiere d’acqua. Vogliono costringermi a fare il presepio
ed irremovibile ripeteva :no mai e poi mai quest’anno faccio solo l’albero .
Era un pomeriggio freddo Antonio leggeva un libro nel suo salotto quando sentì bussare alla porta . S’alzo ed andò ad aprire con sua somma meraviglia vide davanti a sé i tre magi senza cammelli . Buongiorno gli dissero i tre magi .
Buongiorno rispose Antonio ,cosa posso far per loro disse Antonio.
Vede caro disse il più vecchio dei tre .
Ho mi scusi mi presento mi chiamo Baldassarre ,
lei permette possiamo entrare vorremmo parlare con lei d’una annosa questione.
Prego accomodatevi entrate desiderate una tazza di the .
Si grazie rispose Melchiorre con tanto zucchero ed una fettina
di limone in più . A me piace molto dolce .
Prego accomodatevi come posso esservi utili.
Vede disse Baldassarre riprendendo la parole noi siamo ambasciatori di pace veniamo
da tanto lontano vorremmo dirle a nome dell’associazione amici del presepio
di farlo quest’anno il presepio per il bene di tutti lo sappiamo lei e stanco
vorrebbe fare solo l’albero ma ci pensa alle conseguenze
del suo rifiuto del suo atto quante persone si troveranno disocuppate senza lavoro
per non parlare di quella pia madre
e di quel santo padre non vedere nascere anche in questa
sua casa il loro divino bambino concepito con tanta fatica ,
tante peripezie e sacrifici , sfuggire al male mi creda è dura.
Poverini luce, speranza per ogni uomo di buona volontà salvezza
nel periglioso cammino dell’esistenza vita che scaccia l’ombre della morte,
e lui che nasce povero in quella notte fredda per essere così figlio di tutti .
Avere un presepio in casa vuol dire ritornare ad essere bambini essere più buoni
non crede signor Antonio . Non so che dirle mi prende di contropiede , non pensavo
di far del male non facendo il presepio.
Poi guardi quanta strada ancora a noi ci tocca fare
abbiamo dovuto deviare e allungare la marcia di tre giorni
per venire a casa sua dopo aver saputo la notizia del suo rifiuto.
Abbiamo con noi i regali a chi mai li daremo
questi nostri umili doni , ma ci faccia lei quest’anno
forse il più bel regalo a noi mai fatto, faccia il presepio .
Vedrà cosi felici tre poveri vecchietti e tant’ altra gente
che la verrà a trovare per queste feste.
C’ ascolti vedrà ne rimarrà contento e quando giungerà l’epifania ci potremo rivedere salutare ,scambiarci qualche regalino non trova. Non so vedremo , non sono molto convinto vedrò cosa posso fare adesso non prometto nulla, dovrò pensarci su .
Gaspare si fece avanti ed abbracciò Antonio e disse :
Il presepio ricordi è lo specchio della vita mio caro amico.
Sia buono gli sussurrò nell’orecchio prima d’andarsene .
Arrivederci caro e ci pensi su non faccia passare molto tempo
che Natale e alle porte,disse Baldassarre.
Non passò molto tempo che senti bussare di nuovo
alla sua porta s’alzò ed andò ad aprire era un signore dalla lunga barba bianca con un grosso cappello in testa, buongiorno disse il venerando vecchio .
Cercate qualcuno in particolare disse Antonio confuso.
Si disse il vecchio cerco il signor Antonio .
Sono io come possa essere utile?
Ma prego s’accomodi non rimanga sull’uscio una tazza di the?
No grazie preferisco un buon caffè un espresso napoletano. Dunque caro Antonio vengo subito al sodo sono qui per capire perchè quest’anno ti ostini non voler fare il presepio qualcuno ti ha fatto un torto ti ha mancato di rispetto dimmi
provvederò a risolvere ogni cosa.
Anche lei qui a causa di ciò , da poco sono andati via
i tre magi ho provato a spiegare le mie personali ragioni.
Vedi non che io non voglio fare il presepio perché ho subito
un torto e per voler cambiare, sentire queste feste in modo diverso
l’albero cresce ,germoglia dà alla fine i suoi frutti ,origine della vita
vederlo ornato di palline colorate di regalini appesi
m’intenerisce assai, io solo questo voglio fare, nient’altro.
Comprendo ma questo tuo rifiuto purtroppo ha causato un sacco
di problemi ed io ho dovuto scendere fin qua giù dalle vette
dei monti del polo nord mettermi il cappotto pesante e venir a parlar con te di questa storia a quattrocchi dopo che sono venuti
a lamentarsi tutti i pastori, il vinaio, i soldati perfino erode
che è un superbo di natura quando ha saputo
che tu non volevi fare il presepio sé messo a piangere
offeso causa il torto subito .
Per non parlare poi di Giuseppe che mi ha tanto commosso.
Ha detto che era colpa sua sè non ispirava pace e non rappresentava più l’esempio
del buon padre di famiglia.
Antonio per favore non arrechiamo dispiacere a nessuno
fai il presepio t’aiuto io se hai pochi soldi
domani te li mando tramite Gabriele, d’accordo ?
Va beh come posso rifiutare , ma ditemi voi chi siete ?
Antonio mio non mi hai riconosciuto io sono Babbo Natale.
Perdonatemi sé non vi ho riconosciuto , vi ricordavo più grasso.
Ho dovuto fare un po’ di dieta sai quest’ anno me la consigliato
il mio medico causa il soprappeso le preoccupazioni etiche politiche lo stress
dei preparativi un po’ anche a dire il vero
e che son vecchio e debbo riguardarmi la salute.
Mi deve scusare sé per caso vi ho mancato di rispetto .
No ci mancherebbe, cosa dici ti perdono non aver paura
in questi giorni dobbiamo essere tutti più buoni.
Allora caro Antonio mi raccomando passiamo queste feste
di fine d’anno in santa pace facciamo l’albero ed il presepio mettiamoci i nostri sentimenti migliori sotto l’albero insieme ai nostri regali, desideri e speranze
per un domani senza guerre , un sogno d’un bene che congiunge il cielo e la terra attendiamo aldilà di ogni dogma seguendo la natura del nostro essere
diritti verso sera in quella notte fredda piena di stelle il miracoloso evento che nasce in una misera grotta ,dentro noi stessi sogno d’una magica notte d’inverno tra il bue e l’asinello l’immagine di quel povero nostro amore.

*

Il Mondo Di Sotto

Il Mondo Di Sotto

La casa dove io sono nato e cresciuto si trova in un folto bosco
ai piedi d'un nero alto monte ,circondata da alberi su un bel pezzo
di terra irrigato da un ruscello dalle limpide e chiare acque che rendono fertile
quel manto di terra orgoglio di mio nonno che l'aveva ereditato dai suoi avi.
La nostra famiglia abita li da generazioni da tanti lustri in perfetta armonia
con la natura. La nostra tenuta si trova dietro il nero monte che sovrasta
una grande città ove la violenza imperversa ogni ora per le strade
dove teatri e locali notturni sono sempre pieni di gente, dove la spietata guerra
ai topi continua interrotto da secoli alimentato da uno oscuro fanatismo praticato dalla maggior parte della popolazione. Eravamo felici di vivere li tutti insieme.
Ma c'era una cosa che mi rendeva assai inquieto , al punto da rendermi introverso
e poco socievole , l’essere il solo all’interno della mia famiglia a sentire
delle strani voci giungere da un fosso presente in giardino coperto da una inferriata da non so quanto tempo .
Ricordo che mio nonno mi diceva Francesco le voci che credi di sentire in realtà sono le voci delle tue paure ,stai attento dall'avvicinarti in quel pozzo potresti trovare una brutta sorpresa . Una paura allucinante si era impadronito di me accompagnandomi per quasi tutta la mia adolescenza.
Qualcosa di misterioso mi attirava verso quel fosso forse l’irrefrenabile desiderio
di scoprire cosa ci fosse li dentro .Di capire se quel brulichio di voci accompagnati da diversi suoni e melodie lontane , fosse una realtà di un mondo sotterraneo
che mi chiamava e non il frutto della mia fantasia .
Immaginavo un mondo orribile abitato da creature malvagie .
Se da un lato le continue raccomandazioni bloccavano la mia curiosità dalla altra parte io crescevo con un irresistibile desiderio di sapere cosa ci fosse li dentro.
In attesa mi preparavo a dover affrontare qualcosa di terribile e affascinante .
Intanto dopo la morte del nonno e alcune cose strane capitate intono a quel fosso
mio padre fu costretto a farlo chiudere,ostruendolo con un grande masso sopra.
Io rimasi assai male per quella iniziativa ripromettendomi un giorno di aprire l'imbocco e infilarmi dentro.La curiosità e dura da morire ed io aspettavo e studiavo il modo per calarmi dentro al fosso per scoprire chi sa quale meraviglia, ma principalmente per soddisfare la mia curiosità. Un bel mattino giorno del mio sedicesimo compleanno in casa non c'era nessuno da solo giocavo in giardino a palla quando m'avvicinai al masso situato sul fosso murato , senti distintamente di nuovo quelle piccole voci venire dal basso ,poggiai l'orecchio a terra per sentire meglio provai a sollevare
il masso inutilmente corsi così nel capanno degli attrezzi e presi un piede di porco una piccozza ed una pala e incominciai a smuovere ,scavare e dar colpi abbattendo
con forza il cemento che copriva il fosso facendo rotolare il masso via.
Creato un grosso spiraglio provai a guardare dentro ma non riuscivo a scorgere nulla perché era tutto buio così guarda e scava dopo un po' mi frana la terra sotto i piedi e precipito nel fosso inesorabilmente ,la mia discesa sembra non aver mai fine precipito come un sasso in uno stagno. Urlo ma é tutto inutile dopo non so quanto tempo atterro in un mare di fango. Mi alzo intravedo nella oscurità una luce ci vado incontro.
Cammino a tentoni con le mani d'avanti quando tutto un tratto vedo con mia somma meraviglia una immensa città, luminosa in continuo movimento. Non volevo credere ai miei occhi una città con case alte sei piani, strade che si attorcigliano tra di loro aprono la bocca e ingoiano auto e pedoni. Strade senza fine che scendono e scompaiono nelle viscere della terra . Mi avvio impaurito quatto, quatto in punta di piedi come un ladro intento a rubare una mela leggero come una piuma mi nascondo
e guardo ,cerco di ragionare di giungere ad una conclusione cosa
potesse essere mai quello che vedo con i miei occhi.
Mentre di nascosto osservo ,una fioca luce che si riflette nell'aria vengo scoperto
da due grossi topi vestiti da soldati bassi e robusti con divise dalle borchie tutte d'oro. Spaventato provo a scappare , vorrei scomparire in un pensiero dileguarmi nella aria come un filo di fumo . Ma i due topi soldati mi rincorrono afferrandomi per le gambe mi trascinano su un auto volante. Mi vedo tutto ad un tratto volare sulla città sorvolare case e una gran quantità di topi che corrono di qua e di là discutendo animosamente sembra di questioni importanti.
Chiedo ai due soldati .
Quale città e mai questa ?
Uno di loro mi risponde con voce tetra e baritona.
Siamo nel regno di sotto straniero.
Dove mi portate ?
Dal Re dei Ratti .
Dal Re dei Ratti ?
Dovrò essere dunque processato.
Io non ho commesso nessun reato.
Sono caduto solo accidentalmente nel pozzo.
Non dire bugie ragazzo sappiamo tutto di te Francesco ti conosciamo
da quando eri bambino ,ti aspettavamo da un sacco di tempo.
Mi conoscete? Allora sono nei guai.
Mi farete del male, mi volete punire?
Aspetta e vedrai .
Ma chi é questo Re dei Ratti?
E colui che governa questo regno.
Incontro il Re dei Ratti che m'invita a casa sua a pranzo
ove sbalordito assaggio mille succulente portate
dai prelibati sapori mi parla di ciò che pensa del mondo
di sopra della crudeltà e dei suoi inganni .
Della loro continua guerra di difesa contro gli uomini.
Mi racconta della nascita della loro civiltà sotterranea fondata da insigni scienziati
e sapienti che condannavo la condotta degli uomini. Creando così un mondo nuovo dedito alla crescita interiore, alla ricerca di tecnologie e mezzi per vivere in armonia nello spirito di madre natura . Dopo la grande abbuffata fatta a casa
del Re vengo portato in giro da una delegazione di vari assistenti
ad ammirare le meraviglie segrete della città . Per giorni interi visito vari luoghi ove Topi filosofi e politici discutono di etica ed economia di stili di vita di religione e quant'altro possa essere utile ad un topo per crescere sano e salvo ,lontano dalla violenza e dalla cattiveria e superficialità del mondo di sopra.
Incontro tanti topi simpatici nati e sempre vissuti nel mondo di sotto , topi capaci
di giungere sino al centro della terra , alcuni di attraversarla per intero di spostare oggetti con il solo pensiero, di parlarti con la forza della mente,
di costruire macchine prodigiose. Ma con il passare del tempo,
sento il desiderio di ritornare a casa dai miei genitori che penso disperati per la mia lunga assenza. Dopo aver passato più d'una settimana nel mondo di sotto chiedo d'incontrare di nuovo il Re dei Ratti per avere il permesso di essere riaccompagnato ove io ero entrato . Ma il Re mi consiglia vivamente di non tornare indietro avvertendomi di un imminente attacco dell'esercito dei roditori contro la città ove nella vicinanza abito . E cosi fu quando rimetto la testa fuori dal fosso ove io ero caduto vedo la montagna spaccata in due , franata sulla città credo provocato dallo scavare sotto la montagna dall' esercito dei roditori, distruggendo ogni cosa.
Strano ma vero la mia casa era miracolosamente intatta .
Riabbraccio la mia famiglia felice di rivedermi e mi rimetto subito a lavoro creando un passaggio permanente attraverso il fosso del mio giardino tra il mondo di sotto
con il mondo di sopra . Nutrendo dentro di me la speranza di ricostruire tutto quello di buono s'era perduto con l'aiuto degli abitanti del regno di Sotto . Impiegai tanti anni per giungere ad un accordo tra uomini e topi fu veramente dura
ma alla fine entrambi compresero che la pace è un bene prezioso e che la natura ha creato entrambi perché convivessero in armonia sulla terra poiché vale ricordare che uomini e animali all’alba dei tempi erano stati fatti ad immagine e somiglianza
del loro unico comune creatore.



*

Orcus



ORCUS

La pioggia era fitta e fredda la strada deserta attraversata di corsa
dalle macchine macchiate di fango e sangue svelte e scattanti dai pistoni
di bronzo pompanti e sbuffanti come locomotive infuriate su binari infiniti,
rigidi e argenti che corrono paralleli ,immobili fin sulle nuvole oltre
le grandi montagne sfidando lo spazio e il tempo.
Non ho mai avuto paura di morire , di viaggiare vivere in armonia
con ciò che ci circonda ,assumere lo stesso aspetto delle cose circostanti .
Ritorno dalla guerra mi sento un inutile reduce di mille battaglie .
Ho perso il conto di quante volte sono stato ferito .
Tante infinite volte, trafitto da lame e proiettili.
Ogni mia ferita e una storia un momento cruciale un tragico evento
che mi ha preso per i capelli o con il bavero della giacca
e mi ha tra trascinato giù all' inferno.
Sono venti giorni che cammino con queste scarpe rotte in compagnia
d'un mio compagno d'armi morto tre anni fa.
Lui non parla, mi guarda e mi segue qualche volta sorride.
Abbiamo combattuto insieme contro le armate degli orchi nella rigida
steppa in pieno inverno ricoperta di bianca ,soffice neve.
Orde di orchi affamati ,pronti a divorare il nemico a distruggere
ogni cosa che ostacolasse la loro ascesa verso il potere sulle tenebre.
Lo visto cadere un giorno di primavera trafitto dalla lancia di un orco .
Non ho potuto far nulla per salvarlo era già tutto troppo tardi.
Il carro della morte trainato dai sauri neri scalpitanti fiamme e scintille
guidato da una oscura signora lo caricò sul suo carro per poi scomparire nel nulla. Quanti scontri,quanti sacrifici fatti non rammento più chi sono da dove vengo ?
Ho paura di me stesso,di scoprire una oscura esistenza che mi ha partorito
che mi ha reso soldato.
Non so neppure se ho famiglia e dove si trova casa mia.
Continuo a camminare insieme ai miei incubi.
Sperando di trovare un varco ,una porta da cui entrare o uscire da questo orrore.
Lui a volte mi sorride ,forse attende che io faccia la sua stessa fine ,
m'aspetta impaziente sull'altra sponda .
Poi un mattino di sole un cavallo alato si è fermato vicino a me mi
ha sollevato con il muso dalla polvere, mi ha scrollato e nitrito in faccia .
Non ho più la forza di reagire ,non ho più la forza per vivere ancora ,vorrei abbandonarmi al fato che mi spinge verso una profonda fossa.
Ma non posso ,sento qualcosa in me che e superiore ad ogni altra cosa, sento un calore rammento dei momenti intimi ,familiari ,vissuti tanti anni fa,forse in un’altra vita.
Il cavallo alato mi tira su con i denti mi permette di salire in groppa .
Salgo ho sete tanta voglia di farla finita con questa onirica avventura .
Forse e giunto il momento ,forse domani sarò insieme ai tanti miei compagni
d'arme ,forse domani ritornerò a sorride a sperare a credere che tutto quello
che fino adesso ho vissuto e solo frutto della mia fantasia .

*

Il Mago Mangiacattivi


IL MAGO MANGIACATTIVI

Dietro la grande collina dove si era solito gettare rifiuti d’ogni genere , viveva un tempo un uomo caduto in disgrazia chiamato il Mago Mangiacattivi .
Mangiacattivi era il suo cognome, egli praticava l’ arti negromantiche da molti anni e svolgeva tale professione di mago con grande passione ma con poco profitto.
La sua casetta di legno ,piccola e tetra era provvista di porte lugubre e scricchiolanti con una lunga antenna televisiva che ondulando nel vento vibrava sonoramente , emetteva un strano sibilo capace di spaventare ogni passante per quel sinistro luogo. In quella piccola casetta di legno ci viveva lui da solo disperato, misero aveva perso ogni contatto con il mondo esterno , disoccupato , cacciato a calci da ogni circo o teatro incapace di far uscire perfino un coniglio dal suo stropicciato cilindro. Continuamente si doleva per la sua avversa sorte : Non me ne và nessuna giusta , tutti mi cacciano , perché la sfortuna mi perseguita ? cosa ho fatto di male a questa vita per meritarmi tanta miseria . Muoio di fame sono tre giorni che non mangio, se fossi adesso un bravo mago , farei comparire su questa desolata tavola un bell’arrosto con tanto patatine intorno oh fata turchina come brontola questo mio stomaco . Cosa posso fare per rimediare un pezzo di pane ? Per tutti gli orchi non ci vedo più dalla fame. Dopo diversi giorni di digiuno , disperato usci di casa
e andò in mezzo alla grande piazza con la sua valigia piena cianfrusaglie a dar l’ennesimo spettacolo che gli avrebbe procurato qualcosa da mettere sotto i denti. Giunto nel luogo ove si teneva generalmente il mercato, il povero mago prese a dar spettacolo. Venite gente ,venite da questa parte oggi il grande Mago Mangiacattivi vi farà vedere come si può trasformare un cane in un gatto, l’oca in un sorcio
ed altre meraviglie. Cosi rincorso un cane zoppicante che per poco lo mordeva al polpaccio e trascinato quest’ultimo davanti alla folla lo coprì con un lenzuolo
e gettato polvere nell’aria , dato infine di nascosto un calcio al povero cane
nel fondo schiena che fuggi latrando disperato fece apparire da sotto il lenzuolo un vecchietto chinato per terra in cerca della sua dentiera invece di un mazzo di fiori . Tutti nel vedere tale incantesimo presero a ridere a più non posso.
Questo ultimo scherno fu l’ultima goccia che fece traboccare il vaso il povero Mago Mangiacattivi si addirò tanto , ma cosi tanto da trasformare se stesso in una belva inferocita, un essere ricoperto completamento di peli dall’aspetto di lupo mannaro con orecchie lunghe e appuntite. E ululando all’impazzata incominciò a rincorrere tutti gli uomini cattivi della sua città , tutti quelli che l’avevano sempre sbeffeggiato e acciuffati se li mangiava in un solo boccone. La notizia della bestia inferocita si sparse immediatamente corsero cosi tutte le forze dell’ordine , militari con grossi fucili e auto blindate con a bordo dei grandi molossi pronti
a stanare la belva. Lo trovarono a tarda sera in un vicolo oscuro mentre addentava un direttore di banca , conosciuto come un usuraio senza scrupoli, dopo che aveva sbranato quasi tutti i politici e i professori della città ,metà appartenenti alla locale giunta comunale , braccato le guardie incominciarono a sparare
a più non posso crivellandolo di colpi la bestia, che cadde inerme sotto una grandine di proiettili esplosi. Privo di vita in una pozza di sangue ritornò
al suo aspetto originario, lentamente sul viso riapparvero i delicati lineamenti , insieme ad un debole sorriso. Qualche passante impietosito gli gettò ai piedi una rosa quasi appassita . Rimase riverso li per terra per diverse ore in attesa che la polizia mortuaria venisse a prendere il corpo per condurlo all’obitorio . Per terra illuminato da una immensa luna radiosa visibile in un cielo terso , facente capolino dietro la cupola d’una vecchia chiesa , la città riprese a vivere dopo la brutta avventura trascorsa . Ma insensibile e Incurante ritornò a generare nuovi mostri , nuove paure, così ogni cosa ritornò come era sempre stata , mentre lo spirito del Mago Mangiacattivi divenne una rondine che aprì le ali e sorvolò i tetti della città e continuò a volare fin dove esiste quel fragile confine tra la fantasia e la realtà per divenire qualcosa di assai simile ai nostri sogni ed ha nome felicità.












*

Metamorfosi di primavera

METAMORFOSI DI PRIMAVERA



Le prime rondini erano tornate a volare nel vasto cielo cittadino tra i grigi grattacieli della città oscurata dallo smog delle auto e dai brutti pensieri dei suoi numerosi abitanti, quella mattina a dispetto d’ogni previsione meteorologica , sembrava proprio una bella giornata . Il signor Rossi nella sua piccola abitazione come suo solito si preparava a recarsi presto a lavoro , scese di casa puntuale come ogni mattina ,giunto all’autos’accorse di una gomma assai sgonfia della sua utilitaria
e nell’impossibilità di reperire un gommista al più presto, decise di far meno dell’auto e di prendersi l’autobus. Aspetto venti minuti sulla fermata obbligatoria l’arrivo del mastodontico ,traballante mezzo pubblico. Stracolmo, sempre pieno di gente proveniente da ogni sobborgo o lontana contrada della vasta e fredda periferia metropolitana. Il tempo passava e un ritardo non sarebbe passato impunito
a suo dispetto da parte del suo capo ufficio. Il signor Rossi ,non sapeva proprio cosa fare così prese a desiderare di poter volare , di aver due ali che gli avrebbero permesso cosi di giungere in orario in ufficio.Desidero così ardentemente
di divenire un volatile che tutto un tratto ecco il signor Rossi divenire
un magnifico canarino dalle piume colorate volare per il cielo tra soffici nubi.
In quelle sembianze incominciò a volare libero e felice che preso da una strana euforia di librarsi nel vento , di scendere in picchiata e soprattutto di poter cantare un melodioso motivo tale da incantare chiunque lo sentisse, che prese altre strade
e si diresse verso altri lidi. Dimenticando d’essere in ritardo di mezz’ora, cosa che la signora Ursomando sua capo ufficio non avrebbe mai tollerato una mancanza del genere per nulla cosa al mondo.Il signor Rossi dimentico dei suoi doveri continuo a volare ,si sentiva felice come non mai di poter volare, cantare, sorvolare il grigiore di quella vita quotidiana , recluso dietro una scrivania per tutto il giorno a sistemare documenti da controllare e timbrare. Generoso il signor Rossi lo era sempre stato . Ora libero nel cielo e felice come non mai ,pensò nella sua graziosa testolina piumata di rendere per un attimo tutti gli altri abitanti della città felici come lui. Quindi , posatosi sopra un lampione nella grande piazza della sua città , incomincio dolcemente a cantare.Note greve e allegre si diffusero nell’aria giungendo in ogni luogo entrando in ogni casa ,ufficio ,fabbrica ,ospedale ,caserma .
Ascoltando quella dolce melodia la gente si fermò estasiata e curiosa di saper
chi cantasse in quel modo così dolce e bello precipitandosi per strada a sentire .
Intere famiglie con a capo nonni e bisnonni , nipoti e vicini di casa si riversarono in strada portandosi seco sedie e tavolini alcuni approfittando consumando
un frugale pasto, a base di pesce , chi di carne ,festeggiando entusiasti stappando bottiglie di spumante e sparando pure qualche fuoco d’artificio.
La città si fermò in poco tempo , ed il blackout causò vari disordini ,
mentre una enorme folle di persone si riversò in strada , qualcuno convinta
di uno sbarco alieno , chi della caduta del governo ,chi altro dell’arrivo
imminente del terremoto o addirittura della fine del mondo.
Non funzionava più nulla, le linee telefoniche fuori uso, un caos senza fine s’impossesso della città intera , facendo scattare un allarme generale.
Di fronte a tanto disastro fù deciso di chiamare l’esercito i vigili del fuoco, l’aeronautica , la marina, tutte le forze dell’ordine per riportare la calma
in città e trovar la causa d’un simile disastro.
Mentre il signor Rossi in veste di canarino continuava a cinguettare
la sua aria melodica , ignaro di cosa stesse succedendo continuo a canticchiare , dimenticando d’ andare in ufficio e di ogni male derivato ma soprattutto
d’essere un uomo,un impiegato di quinto livello ai comandi della signora Ursomando.
Cosa che a lui nella sua coscienza lo faceva sentir bene .
Cantò tanto che chiunque corse ad udirlo sembrò divenire più buono e libero d’ogni depressione o problema esistenziale.Passò presto quel caotico giorno e la causa di tanto disordineche l’aveva generato per le forze dell’ordine rimase ignara e incompresa,
impensabile per la maggior parte dell’ intellighenzia cittadina derivata da un piccolo canarino canterino. Ma per chiunque lo voglia, ancor oggi sé lo desidera può andare
ad ascoltare ancora quel melodioso canto. Lì in mezzo alla grande piazza della sua grigia città di cui si vive. Basta rimanere in silenzio ,socchiudere un po’ gli occhi
e dimenticare d’essere ciò che si è, per udire una dolce melodia
afferrarti e portarti via tra le nuvole , nel vento verso luoghi incantati
ove ogni tristezza si scioglie come neve al sole. Sarà questo un incantesimo ,
una magia grazie alla trasformazione del Signor Rossi d’ impiegato di quinto livello in un canarino libero di cantare sogni , speranze , tristezze del genere umano.