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Raccolta di testi in prosa di Genoveffa Morganella
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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La Donna della montagna e il Lupo dal pelo giallo oro

Nelle contrade di un paesino, nascosto tra ripide pareti rocciose di antiche montagne, si narrava del passaggio di una donna, la chiamavano la "Donna della Montagna".
Si diceva avesse strani poteri e che parlasse agli spiriti della foresta.
La vedevano camminare fiera su per quei sentieri tortuosi e scoscesi sempre scortata da un lupo dal pelo giallo oro.
Quel lupo le camminava sempre accanto, come se fosse la sua ombra, non la lasciava mai, sembrava esserci un filo magico ad unirli.

Lupo era forte e tenace, i suoi occhi di laguna blu penetravano la foresta e sembrava dominare gli elementi, correva lontano dal branco e impavido la difendeva dagli oscuri cavalieri che venivano a sconsacrare la castità della foresta.

Si teneva alla larga dalle "umane genti", scontroso e irascibile ringhiava a chi tentava di avvicinarsi, ma soprattutto era per lei che avrebbe dato la sua vita.
Senza di lei smarriva la porta del suo sé e vagava su e giù per i sentieri del suo essere senza più conoscersi, ma quando le era accanto tutto mutava, ritornavano i colori e diventava docile e mansueto.
La donna conosceva la sua vera natura, la sua anima delicata e tra quei monti diventavano una cosa sola; così diversi, così uguali.

C'è chi giura di aver sentito lei chiamarlo "Lupotto".
La Donna era una creatura leggera, quasi diafana, apparteneva al vento e con Lupo correvano la libertà, correvano, correvano…

Appariva così, come faceva l'alba, dietro la linea curva di quelle vette ombrose e svaniva all'improvviso come se si dissolvesse tra quelle sfumature di verde, come se la montagna stessa la inghiottisse; nessuno sapeva dove andasse e quando avrebbe fatto ritorno.

Il tramonto di un nuovo evo.
Il lupo ritornava inquieto, il suo ululato giungeva agli abitanti del paesino come un pianto, nessuno osava avvicinarsi; le creature del bosco cantavano alla luna e le rocce tuonavano dalle profondità della terra, ritornava uomo...
Durante quei giorni da umane vestigia si aggirava solingo non lontano da dove l’aveva vista apparire l’ultima volta.

Era un maleficio quell'attesa, gli alberi maestosi si ammantavano  di oscuri presagi, le foglie mute e la luna velata di rosso gli coprivano il volto di lui uomo, maschera di fuliggine, salvato dalla delicata fanciulla da un atroce destino.
Volle salvarlo dal sortilegio che sua Madre, gli scagliò contro per aver infranto le leggi della montagna e usurpato la terra dei folletti in cambio di qualche moneta d'oro.
La Donna emergeva dal fogliame rugiadoso senza far rumore, sembrava fosse sempre stata lì.

Si guardavano, la magia si insinuava tra i loro corpi, ogni spavento cadea e si lasciavano accarezzare dalle fronde mosse dalla brezza notturna, un'alchimia selvaggia si sprigionava come quando il fulmine si schianta contro la terra e il cielo lotta con le nuvole.

Anche gli animali ora tacevano la loro nenia, solo lo scintillio delle stelle faceva rumore nei loro cuori e lui era di nuovo lupo, il suo lupo.

Lei gli entrava dentro la pelle con i suoi occhi scuri, le sue dita fragili e forti premevano contro il suo corpo vigoroso e scacciava via ogni tenebra che lo dominava.
Lupo era forte, era fragile...giocava con la Donna della Montagna come quando era bambino nella terra di suo padre.
Lei sorrideva, era felice quando i suoi muscoli rigidi si addolcivano sotto il tocco delle sue mani e docile si accoccolava sulle sue gambe, lo chiamava "Lupotto".
Amava sentire quel corpo contro il suo e lo accarezzava, lo accarezzava, lo accarezzava...fino a quando sentiva il sibilo sottile del suo respiro rapito da Morfeo.
Erano forti, era fragili...insieme!
Finalmente potevano vedere le loro anime nude chiuse nel loro abbraccio e la loro aura cantava una melodia meravigliosa, la melodia della “Grande Madre” a proteggere la purezza di quei luoghi inaccessibili all'uomo usurpatore.
Era questo il potere della "Donna della Montagna", portare l'amore dove posava il suo sguardo e Lupo amava sprofondare in quelle pupille eteree che sembravano non avere mai fine e fluttuare con lei in quel cielo stellato e taciturno.

Ora potevano correre di nuovo insieme.
Qualunque cosa fosse accaduta sarebbero rimasti sempre insieme.
Il Lupo dal pelo giallo oro e la Donna della Montagna.
Nessun uomo avrebbe più osato profanare quei luoghi e i segreti delle sue foreste.

Il Lupo dal pelo giallo oro e la Donna della Montagna, custodi fedeli del corpo puro della Dea Madre.

Morgana

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La Terra piange

 

Ci sono cose che neanche la poesia sa raccontare, 
quasi mi abbandona,
l'abbandono, 
non più complice di un tale affanno inveritiero. 
Un fluido denso di ribellione, 
uno schiaffo lacera il silenzio immutevole: Basta!
C'è chi usa la poesia per commettere crimini contro l'anima
e mutare l'ignominia in verso, 
parole sporche di catrame di lingue inquinate
divengono beltà del verbo su certi taccuini.
Bada,
lì dove l'Io prende forma l'ipocrita canta
e ruba l'amore ai gentil boccioli,
l'ultimo alito di preghiera impiccato ad un abbraccio bugiardo.
Povero uomo senza cammino
solo indietro il tuo arido esistere,
brucia l'iride nel girone dell'inferno,
vacuità di costole nutre il tuo destino,
nessuna pietà per il sangue bevuto,
il Sé è deceduto,
carne meschina non abita l'amore.

 

Genni Morganella

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Pensieri...

Onde di pensieri si infrangono contro le barriere del tempo.
Rimiri lontano la danza onirica di deboli ramoscelli mercè del vento.
Ramingo vai via e ti fondi in quello scenario irrequieto.
Non ti voltare indietro ma non guardare avanti,
segui il tuo sentiero ma non lo calpestare,
dai voce alla tua voce ma non urlare nel silenzio,
sii tu la tempesta e tu il faro,
non sussurrare leggiadre parole a chi non può udirle,
non mostrarti ad occhi che tu stesso hai reso ciechi,
il sole rovente non ha pietà per chi ha cercato di dissetarsi 
lì dove nessuna fonte può trovare vita!
 
Genni Morganella

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La ladra di lucciole

Era una bambina e inventava fiabe d'amore sul tetto di una rimessa per la legna.
Da quel tetto,calandosi giù da una finestra,non era più scesa.
Si sentiva inadeguata a quel mondo che aveva dimenticato dove dimora il cuore.
Lui sapeva,
l'avrebbe raggiunta,lì,su quel tetto,dove dimora il cuore,per non dimenticare dove abita l'amore...
 
Genni Morganella

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Il dolore dimentica

Lasciatemelo dire...
Alcuni dolori entrano così in profondità da perdere la voce e anche l'anima arretra senza mai poterlo guardare in faccia.
Quasi una morte apparente nel mentre una lama ti attraversa da una parte all'altra le costole e allora in quel momento ogni cosa cessa di esistere e anche tu, cessi di esistere. 
Non c'è respiro, nè pianto alcuno, ma un'apnea inquieta come di un bimbo appena fuori dalla vagina materna fintantoché non riesce a capire come si faccia a far entrare aria nei polmoni e a rigettarla fuori, altrimenti per lui sarà la fine.
Ed è questo quello che farai anche tu, vomiterai aria malsana a riprendere il battito...tum-tum...
Ma dopo un'altra te sarà ad attenderti e forse non ti riconoscerai, bada...
Lancerai l'ultima lucciola al manto oscuro perchè non potrai negarle la sua libertà di luce e se guarderai bene resterà lì ad illuminare la tua notte anche quando non saprai distinguerla e penserai ti abbia dimenticata, a vegliare silente e senza affanni e questa sarà la tua forza.
Perchè il dolore dimentica.
 
Genni Morganella