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Raccolta di testi in prosa di Loredana Savelli
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

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La panchina verde

 

Quella notte che dipinsi la panchina, sverniciai me stessa e scoprii che ero verde. O meglio, a chiazze di diversi verde.
Il sole la asciugò in fretta e poco dopo chiunque poteva accomodarsi su di me (?), la prima fui io stessa.
Mancava un cuscino, lo volevo di iuta. Comprai la stoffa e aspettai. 
Sembra nuova con la vernice brillante ma non nasconde le fibre più scure, oblique, tagliate di netto.

L'indomani mi venne in mente una frase saggia: "Il tempo è un fornaio".

La meditai a lungo: ne scaturì quasi un sillogismo.
Lo smalto dura nel tempo. Il tempo è un fornaio. Lo smalto è un panettiere.

Chi si siede sulla panchina può sostare a lungo e gustare del pane.
Mi ritenni soddisfatta e sistemai il cuscino di iuta. Mi accorsi che il cuscino non desiderava altro che essere schiacciato sotto il penso del tempo. O del pane?

 

 

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Cose di mare

 

Ciò che muove le cose in questo mare domestico che è l'Adriatico è proprio l'Adriatico.

Per cose, intendo tutto ciò che, pur afferendo all'anima, assume per chi guarda l'aspetto di materia. Genericamente, materia.

Qui il vento è una certezza. E il vento è di mare. E il vento è il mare.

Il mare qui è chiave dell'umana (r)esistenza, spazio per l'immaginazione, novità che tuttavia non porta eventi strepitosi, piuttosto una pacificata rassegnazione.

Non ha senso chiedersi se esse, le cose, soffrano. Da sempre vivono mediante l'anima che le possiede. Il mare e il vento sono nelle cose, il vento e il mare sono le cose. E le cose sono il corpo. 

L'anima è una madre antica che le vivifica dopo averle generate. 

 

 

 

 

 

*

L’astronave

 

Il momento in cui sintravede la felicità, sottoforma di una grande astronave.

Senza maniglie per appoggiarsi.
La fuga fu – il primo fosti tu – un modo per prendere le distanze dal colore accecante che scioglieva i confini dello spazio.
Il problema era
averla “a disposizione”.
Ma cosa: la fuga?
(In realtà intendo la bellezza, in un'atmosfera totalmente arrendevole.
Morbida come burro.)


Pioveva pochissimo, e sempre a comando.
Il sole creava riverberi ed essi impreziosivano i nostri occhi.
I miei erano più chiari, i tuoi si celavano dietro ciglia più folte.
Ma è probabile fosse timidezza.


La fuga, dunque.
Metodo infallibile per sentirsi coraggiosi, seminare la paura
alle spalle.
Poter dire: ho scelto la libertà.
Dopo fuggii io.
Convinta di aver scelto non la libertà ma un sacrosanto Ruolo.
(Usavo le maiuscole con disinvoltura, prima di decidermi a livellare tutto.)
Ogni fuga è centrifuga.

Nel nostro caso, siamo rimasti in orbita, equidistanti dal centro.
Agli antipodi, geometricamente simmetrici.
Un modo per non perderci di vista, forse.
Cos’è stato il passaggio ad ovest, un graffio sul volto dell’universo? Un oltraggio alla bellezza?


 

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Storiella elementare

Nello spazio siderale vivevano Aria e Fuoco.
Aria era di temperamento libero. Danzava, inseguiva la sua ombra ed esplorava il cielo.
Fuoco giocava a circondare Aria con fiammate fugaci. Emanava energia, luce e calore ma non riusciva a catturarla.
Aria trovava Fuoco
inconcludente.

Un giorno decise di provare ad addomesticarlo.

Fuoco si lasciò trascinare, più sorpreso che tramortito, e pian piano perse baldanza e sicurezza. Sembrava rassegnato all'ubbidienza e i due procedettero a lungo insieme.

Aria ora aveva un compito da assolvere: tenere al guinzaglio Fuoco,  domarlo senza annientarlo. Rifletté: - Non sapevo di conoscere così bene me stessa!
Legati insieme, Fuoco appariva come una scintilla debole ma costante, Aria una brezza fresca e inoffensiva.
Dopo un lungo percorso, Aria infine allentò la presa e Fuoco non provò più ad incendiarla. Erano vicini, ma separati, potevano ancora guardarsi senza più temersi.
In comune avevano una storia e un tratto di strada.
Lì dove si erano fermati, si accumulò della cenere.
Entrambi pensarono: - Sono stati i nostri anni migliori.
E, voltandosi indietro, furono colmi di tenerezza.

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La leggenda del ciliegio

Un vecchio saggio avverte l’avvicinarsi della fine e chiede di essere seppellito sotto un ciliegio.
La morte lo coglie dopo qualche istante. Nessuno è a conoscenza delle sue ultime intenzioni.
Stando sotto terra, il vecchio decide di dissanguarsi lentamente affinché i frutti del ciliegio assumano il colore del sangue.
Giorno dopo giorno la terra si imbeve del misterioso umore, ma solo il ciliegio ne assorbe l’essenza.
La gente si meraviglia nel vedere l’albero, che pareva rinsecchito, ritrovare improvvisamente il vigore di un giovane virgulto che dà alla luce frutti carnosi e sanguigni.
Il vecchio sorride nel constatare che, nonostante nessuno si ricordi di lui, tutti se ne nutrano inconsapevolmente, giovandone corpo e spirito.
Sta in pace, sapendo di aver fatto tutto quello che era in suo potere.

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Quando fa caldo

Quando fa caldo, i pensieri si sciolgono. Nel corpo fattosi molle, si mescolano i liquidi vitali. 
Ciò può rivelarsi positivo: un qualsiasi - anche bizzarro - contenitore potrebbe accoglierci. Si riempirebbe del nostro ego e, se quest'ultimo fosse eccedente, prenderebbe la forma di chiazze sul pavimento, simili a sudore.

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S-tanato

L’uomo è un animale che tanifica.
Parole, gesti, oggetti, memorie, nomi e volti misurano confini territoriali inoppugnabili.

L’uomo vi si accuccia eroicamente, pronto a morire a difesa di gonfie certezze.
A volte le tane spariscono, abbattute da feroci ordini superiori.
L’uomo corre con un passo che non è il suo, estremo tentativo di salvarsi.
Ma troppo corta è la vista e la corsa troppo rischiosa per non scegliere infine la dissimulazione dentro ovattati rifugi, per quanto precari.

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Ride bene chi ride ultimo - malasanità -

Ride per ultimo il dentista quando consegna la sorridente protesi alla vecchina.

Lei paga in contanti. Il dottore è uomo d’onore: niente fattura, prezzo scontato.
La donna elargisce all'uomo un riconoscente sorriso, purtroppo ancora sdentato.
Lui fa altrettanto, cosa che fa apprezzare, anche ad un occhio non clinico, un arco dentale ancora integro che si sposa a un'indiscutibile estetica. Il bianco spicca sul volto abbronzato!
Nessuno scambierebbe per un ghigno il sorriso smagliante del dentista.

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Dinamismo di un cane

Ho al collo ancora il segno della catena, come il cane grasso della favola.

Non avevo un cortile per scorrazzare ma un piccolo spazio davanti alla cuccia, con uno stendipanni che limitava i miei movimenti, già ridotti dalla catena. Ma potevo contare su pasti sempre caldi.
Arrivava vento di mare che portava anche profumo di fiori soprattutto quando si avvicinava la primavera, che in genere asciugava tutto. Fino a quel brutto giorno del terremoto in cui tutto saltò e davanti al prato sconfinato e battuto dal vento, dovetti camminare, anzi correre per recuperare posizioni. Seguitai a correre per giorni e giorni.
Riconobbi il vento di mare, lo stesso che arrivava in primavera. Mi suggeriva di seguirlo. Lo seguii, senza sapere dove mi portasse...
Non so quanto tempo sia passato da allora e come infine sia stato possibile ritrovarsi nello stesso angusto cortile da cui ero fuggito.

Ora è mattina, non porto la catena e, a dire il vero, non ho neanche certezza del cibo. So di aver imparato un nuovo stile di corsa, ignoto a noi cani, più consono ai disinibiti cavalli.
Improvvisamente ho preso una decisione: innanzitutto spazzerò il cortile da cima a fondo, ricaverò lo spazio per lo stendipanni, poi troverò l’angolazione esatta per prendere il vento dalla parte giusta e infine i panni sporchi li laverò in casa!